Il «caso» delle ibride plug-in: dubbi sulla loro reale sostenibilità
(Corriere Della Sera)
«Ormai è quasi una guerra di religione. Eppure il plug-in hybrid è una tecnologia di cui abbiamo ancora bisogno insieme al full hybrid». Carlo Beatrice, dirigente di ricerca per l’Istituto di scienze e tecnologie per l’energia e la mobilità sostenibili (Cnr-Stems), spezza una lancia a favore dei veicoli ibridi con la spina (Phev). Non era così scontato, visto che negli ultimi mesi e anni, questi mezzi hanno collezionato studi che ne mettono in discussione l’efficienza, in alcuni casi evidenziando consumi ed emissioni di CO2 fino a quattro volte superiori ai dati di omologazione Wltp. Sono efficienti solo se si ricarica la batteria«I Phev ci servono per sostenere la transizione che l’intera industria automotive sta compiendo verso l’elettrico — chiarisce Beatrice — e sono efficienti se si ricarica sistematicamente il mezzo». Insomma, più che dalla tecnologia in sé, secondo l’ingegnere i problemi deriverebbero da come la usiamo: dovremmo ricaricare di più, «ma non riusciamo a farlo, perché l’infrastruttura di ricarica è ancora carente». In pratica lo stesso problema che abbiamo con gli EV, ma almeno senza il timore di rimanere a piedi. Bisogna cambiare il modo di guidareE comunque la colpa è un po’ anche nostra: non basta infatti comprare un’auto mild, full o plug-in hybrid per essere parte della transizione verso la mobilità sostenibile, ma «anche la nostra guida deve cambiare», aggiunge il direttore di ricerca di Cnr-Stems. E non vale solo per i Phev, ma per ogni mezzo di trasporto: «Dobbiamo imparare a guidare in maniera più green se vogliamo ridurre consumi ed emissioni», ammonisce infatti Carlo Beatrice. Le ricerche sui PhevIntanto si moltiplicano le ricerche che puntano il dito contro i Phev. L’ultima arriva dalla Svizzera, porta la firma della società Impact Living e dell’ingegnere Marc Muller (leggi l’intervista), e ha indotto l’Amministrazione svizzera del Cantone Vallese a revocare gli incentivi per i modelli plug-in hybrid, ma altre l’hanno preceduta. C’è ad esempio quella realizzata nel 2020 dall’International Council on Clean Transportation (Icct) assieme al Fraunhofer Institute for Systems and Innovation Research (Isi), che prende in considerazione i dati relativi a 100mila veicoli in Europa, Nord America e Cina. In essa si conclude che, in condizioni reali, gli ibridi plug-in viaggiano utilizzando il solo motore a combustione per più della metà del tempo. I dubbi sulla sostenibilità delle auto ibride plug-inLe emissioni vereCiò sarebbe dovuto a diversi fattori, non ultimo il fatto che in molti utilizzano i Phev come se fossero delle normali auto endotermiche, specie se appartengono a flotte aziendali e non devono pagarne carburante. Alla faccia dell’imparare a guidare green. Di tono simile è poi la ricerca commissionata da Transport&Environment, associazione europea che riunisce le organizzazioni non governative nel campo dei trasporti e dell’ambiente e promuove il trasporto sostenibile: in essa si afferma — senza troppi convenevoli — che le emissioni dei plug-in hybrid sono due volte e mezzo superiori a quanto dichiarato dai costruttori. La Commissione europea e i testTutti insieme, questi studi non sono rimasti inascoltati: sebbene ci sia voluto un po’, essi hanno infine destato l’interesse della Commissione europea, che secondo Reuters starebbe già pensando di rivedere il test omologazione Wltp, proprio per renderlo più attendibile nel valutare le emissioni dei motori Plug-In Hybrid e aggiornarlo entro il 2025. Potrebbe tuttavia non essercene più bisogno: «Il Plug-in Hybrid è una tecnologia di transizione fondamentale oggi, ma che credo abbandoneremo presto, nei prossimi tre o quattro anni», svela infatti Francesco Naso, segretario generale di Motus-E, associazione che riunisce costruttori, operatori della filiera automotive e università. «È una tecnologia complessa, che difficilmente arriverà su auto per il grande pubblico come le citycar — continua —, ma per la quale continueremo a chiedere gli incentivi perché nella transizione servirà a diffondere la cultura dell’elettrico e a ridurre i prezzi delle batterie man mano che aumentano i volumi di vendita».