Povero Everest

Oggi rilasciano (esempio a caso) 100 permessi a 11.000$

Basterebbe rilasciarne solo 10 a 110.000$.

Stesso introito finale, tanto 10 stronzi che pagano quella cifra li trovi comunque, montagna più pulita, forse meno morti (in %).

Il problema, conoscendo l'indole dell'uomo, è che il primo anno i permessi sarebbero 10. Il secondo anno, sempre alla stessa cifra, 20, poi 30, 50 e torneremmo ai 100 come oggi.

E il Nepal più ricco di noi.
 
Oggi rilasciano (esempio a caso) 100 permessi a 11.000$

Basterebbe rilasciarne solo 10 a 110.000$.

Stesso introito finale, tanto 10 stronzi che pagano quella cifra li trovi comunque, montagna più pulita, forse meno morti (in %).

Il problema, conoscendo l'indole dell'uomo, è che il primo anno i permessi sarebbero 10. Il secondo anno, sempre alla stessa cifra, 20, poi 30, 50 e torneremmo ai 100 come oggi.

E il Nepal più ricco di noi.

e le famiglie nepalesi muoiono di fame...

ripeto che il problema non sono i 5-600 scalatori o pseudo scalatori che scalano la montagna, quelli portano soldi e fanno mangiare quelle popolazioni che non hanno niente.

diciamo che forse le società che portano su le persone dovrebbero saper dire no e riportare giù la gente ma capisco che non è facile.

comunque sinceramente io non vedo tutto questo problema, l'everest non è di certo a rischio per 2-300 persone che salgono (se salgono) la popolazione locale è felice; se qualcuno muore sa benissimo a cosa andava incontro e lo ha scelto consapevole di quello che scalare un 8000 comporta. ogni tot tentativi ci sono un tot di morti, è sempre stato così.
 
Oggi rilasciano (esempio a caso) 100 permessi a 11.000$

Basterebbe rilasciarne solo 10 a 110.000$.

Stesso introito finale, tanto 10 stronzi che pagano quella cifra li trovi comunque, montagna più pulita, forse meno morti (in %).

Il problema, conoscendo l'indole dell'uomo, è che il primo anno i permessi sarebbero 10. Il secondo anno, sempre alla stessa cifra, 20, poi 30, 50 e torneremmo ai 100 come oggi.

E il Nepal più ricco di noi.

Premesso che lo scorso anno hanno rilasciato 850 permessi tra nepal e cina, di cui almeno 250 sono per gli sherpa (e vengono pagati dalle agenzie)
10 alpinisti che salgono richiedono 20-30 sherpa impiegati per una quindicina di gg, non 250 per 2-3 mesi...
Poi ci sono i portatori, quel mare di gente che si sposta l'intero circo dell'everest da Lukla
L'everest ha un indotto importante per il nepal, per assurdo i permessi servono più a coprire i costi di gestione del circo che ad altro, ma il fatto che nella stagione delle scalate transitino per il nepal più di 10000 stranieri tra escursionisti, alpinisti e trekker fa si che il paese tenti di salvaguardare questo turismo a 360°, e l'everest è per loro come la gioconda per il louvre.

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l'everest non è di certo a rischio per 2-300 persone che salgono (se salgono) la popolazione locale è felice; se qualcuno muore sa benissimo a cosa andava incontro e lo ha scelto consapevole di quello che scalare un 8000 comporta. ogni tot tentativi ci sono un tot di morti, è sempre stato così.

Ecco, questo è il commento più sensato... perchè alla fine è banale stare qua, seduti davanti a una scrivania, a sentenziare che l'everest è un parco giochi e che l'everest andrebbe chiuso...
Io sinceramente anche se mi "regalassero" una salita non sfrutterei il regalo perchè non ho le capacità per fare un'ascensione simile, ma spero un giorno di poter visitare il nepal con un trekking alla mia portata, ma penso che ogni alpinista, se potesse conquistare la vetta più famosa al mondo, ci proverebbe... e quando superi gli 8000, non c'è organizzazione o istinto di sopravvivenza che tenga, e l'ossigeno rarefatto fa il resto.
 
27 maggio 2019, Un altro morto sull’Everest: siamo a 11

"... oggi un team ha raggiunto la vetta dell’Everest dal versante nepalese. Era composto da 7 scalatori, di cui tre guide, e 9 sherpa. Purtroppo però in discesa la guida statunitense Chris Kulish, avvocato di 62 anni, è morto improvvisamente. Sale così a 11 il totale dei morti sull’Everest e a 21 quello dei morti sugli Ottomila in questa primavera. http://alpinistiemontagne.gazzetta....o-molto-sulleverest-siamo-a-11/?refresh_ce-cp
 
"... oggi un team ha raggiunto la vetta dell’Everest dal versante nepalese. Era composto da 7 scalatori, di cui tre guide, e 9 sherpa. Purtroppo però in discesa la guida statunitense Chris Kulish, avvocato di 62 anni, è morto improvvisamente. Sale così a 11 il totale dei morti sull’Everest e a 21 quello dei morti sugli Ottomila in questa primavera. http://alpinistiemontagne.gazzetta....o-molto-sulleverest-siamo-a-11/?refresh_ce-cp


9+3 = 7 ?

mi sfugge qualcosa

si trovano le statistiche dei morti degli anni scorsi?
 

.

9+3 = 7 ?

mi sfugge qualcosa

si trovano le statistiche dei morti degli anni scorsi?

gli sherpa sono sherpa, gli scalatori erano 7 di cui 3 guide, di norma una guida segue 2/3 clienti, ma dipende dai clienti...

dei morti si trova tutto, se non erro su wikipedia c’é l’elenco, allo scorso anno mi par di ricordare che avessero superato i 300 in totale, su piú di 8300 successi
 
gli sherpa sono sherpa, gli scalatori erano 7 di cui 3 guide, di norma una guida segue 2/3 clienti, ma dipende dai clienti...

ah ok quindi 7+9, avevo letto male la punteggiatura

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trovata un po di casistica
nel 2018 sono saliti in cima in 799 (circa 70 persone al giorno), e sono morti in 5
quest'anno, a stagione non ancora conclusa, sono saliti già in circa 830 (piu di 100 persone al giorno), con 11 morti, solo 1 per incidente:shock:

http://www.mountainblog.it/redazionale/everest-primavera-2019-mai-cosi-tanti-decessi-dati-confronto/
 
Vi faccio una domanda su un aspetto più giuridico o legale, esulando un attimo dal buon senso.
L'agenzia che si occupa dell'organizzazione delle scalate potrebbe essere considerata anche solo in parte responsabile della morte di un suo cliente qualora fosse accertato che è dovuta ad un aumento del fattore di rischio causato dal sovraffollamento in quota? Le agenzie informano il cliente di tale possibile complicazione?
Il mio ragionamento è questo:
Io mi assumo la responsabilità della mia vita in ogni aspetto dell'escursione che dipende da me stesso: abilità tecnica, tenuta fisica per le tempistiche previste, etc...
Ma le ore di attesa a 8mila metri non sono da imputare alla cattiva organizzazione dell'agenzia?
 
Vi faccio una domanda su un aspetto più giuridico o legale, esulando un attimo dal buon senso.
L'agenzia che si occupa dell'organizzazione delle scalate potrebbe essere considerata anche solo in parte responsabile della morte di un suo cliente qualora fosse accertato che è dovuta ad un aumento del fattore di rischio causato dal sovraffollamento in quota? Le agenzie informano il cliente di tale possibile complicazione?
Il mio ragionamento è questo:
Io mi assumo la responsabilità della mia vita in ogni aspetto dell'escursione che dipende da me stesso: abilità tecnica, tenuta fisica per le tempistiche previste, etc...
Ma le ore di attesa a 8mila metri non sono da imputare alla cattiva organizzazione dell'agenzia?


Provo a rispondere.
Immagino che tutte le agenzie e associazioni che organizzano queste avventure siano gestite in maniera intelligente. Sicuramente avranno una assicurazione per ogni persona che "sale" in modo da pararsi da possibili azioni legali nefande per la loro esistenza.
C'è da dire, d'altro canto, che, al pari di un intervento chirurgico coloro che partecipano a quete avventure vengono edotti dei pericoli e senza dubbio firmano una sorta di "consenso informato" al pari di quello, appunto, degli interventi chirurgici.

Fatta questa doverosa premessa e considerando le regole di diritto internazionale privato che imperano in questi rapporti internazionali (l'esempio è quello di un uomo italiano che prova a scalare l'everest e per fare questo si appoggia a organizzatori locali), la situazione è complessa e sicuramente di livello più alto rispetto a quello che normalmente viene discusso in un forum di sci.

In queste vicende "internazionali" si applicano i cosiddetti "criteri di collegamento" e, nel caso di responsabilità extracontrattuale come quella che abbiamo preso in considerazione il collegamento più ovvio è quello del Luogo dove la il danno si produce. Questo ricollega alla fattispecie la norma applicabile del paese dove si è prodotto il danno (morte dello scalatore).

Ora, io non conosco affatto le norme in ambito di responsabilità extracontrattuale nazionali del luogo ( :PAAU ) quindi posso fare solo un parallelo relativamente a quello che succederebbe se un tibetano muore nella scalata del cervino.
Peraltro occorre anche valutare che in italia e più ampiamente in europa una clausola che prevede preventivamente una TOTALE esenzione delle responsabilità del "professionista" non è accettata e renderebbe tale clausola nulla (vedi codice del consumo, art. 33 se non erro). Al contrario, nei luoghi dove l'accordo si conclude, potrebbe invece essere possibile per il professionista (leggi agenzia) esonerarsi anticipatamente da qualsiasi tipo di danno che potrebbe concretizzarsi durante la scalata.

Tuttavia nel nostro ordinamento vige, in casi come quello in oggetto, l'art. 2043 cc, la cosiddetta responsabilità aquiliana. Tale categoria di responsabilità è stata creata dai romani più di 2000 anni fa e, considerando la complessità intrinseca, viene costantemente rivista e rimodellata soprattutto per tutti quei casi che possono ritenersi "limite".
In parole povere, "l'agenzia" è responsabile per tutti i danni ingiusti che per imperizia imprudenza o negligenza si siano concretizzati. Andando più nello specifico e cercando di esemplificare la questione, immagino che possa ritenersi responsabile una agenzia che, non considerando la "fila" che si crea non invia un surplus di ossigeno ai propri scalatori. In imprese di questo genere, dove di prevedibile c'è ben poco, è veramente difficile ricollegare un caso di imperizia o imprudenza all'operato della "agenzia"... a meno che questa non si renda colpevole di un azione o omissione macroscopica cui si ricolleghi il danno.
Per quanto riguarda le "condizioni" dello scalatore, immagino che sia lo steso che dichiara in sede di accordo che tipologia di scalatore è; se ha problemi fisici, di salute, handicap o cose del genere deve comunicarlo in modo di rendere possibile per la controparte creare un situazione di sicurezza nel quale lo stesso possa fare la scalata. Tali dichiarazioni, oltretutto, immagino vengano usate anche per impedire l'ascesa a chi magari non ha le competenze o la salute per farla.

Ho fatto svariate elucubrazioni non conoscendo nello specifico la prassi per questa tipologia di questioni.
Spero di non avervi annoiato e di non essere andato troppo OT
 
Ultima modifica:
Vi faccio una domanda su un aspetto più giuridico o legale, esulando un attimo dal buon senso.

Premesso che il buon senso quando si parla di scalare un 8000 lo si esula a priori.

Le agenzie stipulano un contratto con il cliente, gli forniscono i servizi, i portatori, e i permessi.
E' il cliente che arrampica, e i responsabili dell'agenzia alla meglio possono IMPEDIRGLI di salire per condizioni meteo o di rischio, ma di sicuro non lo obbligano.
Che ci sarebbero state 150-200 persone in salita tra campo4 e la vetta in quei gg, lo sapevano tutti, le guide, gli sherpa, gli organizzatori, i clienti.

Le code si formano per svariati motivi ed è impossibile prevederne i tempi, noi sai se farai coda e quanta ne farai in una qualsiasi ora tu passi in tangenziale, figurati se lo sai a 8000m con centinaia di variabili possibili.
Si sale e si scende, se sei debole, se hai freddo, se entri in embolia, sono cavoli tuoi, al limite l'agenzia ti piazza uno o due sherpa che ti trascinano giù e organizza i soccorsi da campo 3 in giù (fino a campo 3 chiunque deve arrivare con le proprie forze)
L'alpinismo d'alta quota è così e chi lo pratica accetta i rischi che comporta.

Qua si trovano tutti i dettagli e le FAQ e i contratti di uno dei più importanti operatori:
https://www.adventureconsultants.com/expeditions/seven-summits/everest/
 
A proposito di morti....:(

coda-col-morto-everest.jpg
 
A proposito di morti....

E' uno dei tanti corpi senza vita che si incontrano salendo... alcuni sono stati coperti dalla neve, ma altri sono sempre ben visibili, e ogni anno almeno 1 o 2 rimangono lassù...

Poi di cosa ci stupiamo??? il 90% della popolazione mondiale se vedesse un morto steso a terra in città lo ignorerebbe... anzi, ultimamente al limite ci si farebbe un selfie
https://www.ilmessaggero.it/italia/muore_infarto_selfie_verona_oggi_ultime_notizie-4521581.html
 
Alcuni sono diventati degli indicatori di quanto manca per arrivare in cima come green boots ...Scalatore indiano che stava li da 1996. Se non erro l'hanno portato a valle da 1- due anni al massimo.
 
ah ok quindi 7+9, avevo letto male la punteggiatura

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trovata un po di casistica
nel 2018 sono saliti in cima in 799 (circa 70 persone al giorno), e sono morti in 5
quest'anno, a stagione non ancora conclusa, sono saliti già in circa 830 (piu di 100 persone al giorno), con 11 morti, solo 1 per incidente:shock:

http://www.mountainblog.it/redazionale/everest-primavera-2019-mai-cosi-tanti-decessi-dati-confronto/

Ho partecipato ad un incontro con Cazzanelli che l’anno scorso era proprio sull’Everest e disse che fu una stagione “strana”, con una decina di giorni di bel tempo di fila che ha permesso di dilazionare le salite, evitare file e avere tutto il tempo del mondo per scendere.
 
Provo a rispondere.
Immagino che tutte le agenzie e associazioni che organizzano queste avventure siano gestite in maniera intelligente. Sicuramente avranno una assicurazione per ogni persona che "sale" in modo da pararsi da possibili azioni legali nefande per la loro esistenza.
C'è da dire, d'altro canto, che, al pari di un intervento chirurgico coloro che partecipano a quete avventure vengono edotti dei pericoli e senza dubbio firmano una sorta di "consenso informato" al pari di quello, appunto, degli interventi chirurgici.

Fatta questa doverosa premessa e considerando le regole di diritto internazionale privato che imperano in questi rapporti internazionali (l'esempio è quello di un uomo italiano che prova a scalare l'everest e per fare questo si appoggia a organizzatori locali), la situazione è complessa e sicuramente di livello più alto rispetto a quello che normalmente viene discusso in un forum di sci.

In queste vicende "internazionali" si applicano i cosiddetti "criteri di collegamento" e, nel caso di responsabilità extracontrattuale come quella che abbiamo preso in considerazione il collegamento più ovvio è quello del Luogo dove la il danno si produce. Questo ricollega alla fattispecie la norma applicabile del paese dove si è prodotto il danno (morte dello scalatore).

Ora, io non conosco affatto le norme in ambito di responsabilità extracontrattuale nazionali del luogo ( :PAAU ) quindi posso fare solo un parallelo relativamente a quello che succederebbe se un tibetano muore nella scalata del cervino.
Peraltro occorre anche valutare che in italia e più ampiamente in europa una clausola che prevede preventivamente una TOTALE esenzione delle responsabilità del "professionista" non è accettata e renderebbe tale clausola nulla (vedi codice del consumo, art. 33 se non erro). Al contrario, nei luoghi dove l'accordo si conclude, potrebbe invece essere possibile per il professionista (leggi agenzia) esonerarsi anticipatamente da qualsiasi tipo di danno che potrebbe concretizzarsi durante la scalata.

Tuttavia nel nostro ordinamento vige, in casi come quello in oggetto, l'art. 2043 cc, la cosiddetta responsabilità aquiliana. Tale categoria di responsabilità è stata creata dai romani più di 2000 anni fa e, considerando la complessità intrinseca, viene costantemente rivista e rimodellata soprattutto per tutti quei casi che possono ritenersi "limite".
In parole povere, "l'agenzia" è responsabile per tutti i danni ingiusti che per imperizia imprudenza o negligenza si siano concretizzati. Andando più nello specifico e cercando di esemplificare la questione, immagino che possa ritenersi responsabile una agenzia che, non considerando la "fila" che si crea non invia un surplus di ossigeno ai propri scalatori. In imprese di questo genere, dove di prevedibile c'è ben poco, è veramente difficile ricollegare un caso di imperizia o imprudenza all'operato della "agenzia"... a meno che questa non si renda colpevole di un azione o omissione macroscopica cui si ricolleghi il danno.
Per quanto riguarda le "condizioni" dello scalatore, immagino che sia lo steso che dichiara in sede di accordo che tipologia di scalatore è; se ha problemi fisici, di salute, handicap o cose del genere deve comunicarlo in modo di rendere possibile per la controparte creare un situazione di sicurezza nel quale lo stesso possa fare la scalata. Tali dichiarazioni, oltretutto, immagino vengano usate anche per impedire l'ascesa a chi magari non ha le competenze o la salute per farla.

Ho fatto svariate elucubrazioni non conoscendo nello specifico la prassi per questa tipologia di questioni.
Spero di non avervi annoiato e di non essere andato troppo OT
Non mi hai assolutamente annoiato anzi hai centrato il punto del mio quesito.
Se io fossi un parente di una vittima (accertato che il decesso sia stato causato da complicazioni derivanti dall'attesa) chiederei ad un legale di esaminare il contratto per capire se ci sia colposità nella vendita di un numero eccessivo di accessi in proporzione alle possibilità fisiche di passaggio.
Perché io ho capito che a 8000m uno deve sapere etc etc...
Però se un venditore senza scrupoli mi manda su 1 milione di persone tanto poi chissenefrega, dovevi sapere che vai a 8000m, insomma una certa responsabilità ce l'ha. Che ne sa il cliente di quante spedizioni troverà al campo base una volta arrivato. E che fa, torna a casa e rimette 70-80 mila dollari?
 
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