Il rapporto costi/benefici del nuovo collegamento va valutato nel suo complesso, non solo relativamente al solo singolo impianto.
Zermatt è piena di impianti che sicuramente sono in perdita in sé, ma nell'insieme del comprensorio contribuiscono a fare di Zermatt AG una macchina da soldi, e di Zermatt una delle località montane più ricche al mondo.
Un grandissimo limite dell'imprenditoria italiana (alla Brasso) è l'incapacità di vedere le aziende come un sistema complesso, e non come una somma di costi.
Ecco che l'impianto X viene chiuso perché "in perdita", quello Y apre solo il weekend perché "fa pochi passaggi", quello Z non viene rinnovato perché "va bene lo skilift e una seggiovia costerebbe troppo".
Nelle località francesi e svizzere (e immagino anche in quelle austriache, ma non le conosco) i comprensori vengono considerati come un unicum: a guadagnare deve essere il sistema, non il singolo impianto.
Infatti sono pieni di impianti, collegamenti e piste (pensiamo a certe nere) frequentati da 4 gatti, il cui costo di funzionamento è certamente superiore ai ricavi dei relativi passaggi, ma che contribuiscono a rendere il comprensorio più attrattivo: se hai più turisti nel loro complesso, poi saranno le aree principali del domaine a fare gli incassi veri.
Se poi, come nel caso della VDA, le società degli impianti sono pubbliche, va da sé che nel costo-benefici va considerato anche il contributo al turismo in generale.
Ad esempio, le valli del Rosa fanno numeri ridicoli come turisti stranieri, rispetto a Cervinia, proprio perché il turista internazionale cerca i grandi comprensori e i grandi tour operator in quelli investono.
Sulla pista poi, è evidente che nessuno vuole aizzare ancor di più i naziambientalisti, ma è evidente (il Vallone l'ho percorso in fuori pista diverse volte), che con una stazione intermedia e qualche accorgimento anti valanghe, è fattibilissima, e potrà essere aperta in un secondo momento.