Sci Alpino 4.0 - Tra ideologie e CENSURA :-O

Io in fondo la penso in parte un po’ come lui, mi piacciono le resort a misura d’uomo, non frequento grandi caroselli.

Anche a me iniziano ad andare sempre più stretti i grandi caroselli. Ci vado quando ci sono le condizioni e quando devo per lavoro, ma dovessi andare in settimana bianca a Natale o a Febbraio a Campiglio, ma manco se me lo regalano.

Però se alla gente sta bene di fare la fila per qualunque cosa, fatti loro, chi sono io per dire che non possono? La maggioranza decide, siamo in democrazia. Ultimamente questa cosa temo se la stiano dimenticando in tanti... Importante ribadirla con forza; se no va a finire male, come sempre è successo.
 
Anche a me iniziano ad andare sempre più stretti i grandi caroselli. Ci vado quando ci sono le condizioni e quando devo per lavoro, ma dovessi andare in settimana bianca a Natale o a Febbraio a Campiglio, ma manco se me lo regalano.

Però se alla gente sta bene di fare la fila per qualunque cosa, fatti loro, chi sono io per dire che non possono? La maggioranza decide, siamo in democrazia. Ultimamente questa cosa temo se la stiano dimenticando in tanti... Importante ribadirla con forza; se no va a finire male, come sempre è successo.

Temo che quel treno sia passato oramai. Basta leggere anche su queste pagine, molti non tollerano nemmeno il dissenso o l'opinione, figuriamoci eventuali azioni (tipo un voto dissonante).
 
Anche a me iniziano ad andare sempre più stretti i grandi caroselli. Ci vado quando ci sono le condizioni e quando devo per lavoro, ma dovessi andare in settimana bianca a Natale o a Febbraio a Campiglio, ma manco se me lo regalano.

Però se alla gente sta bene di fare la fila per qualunque cosa, fatti loro, chi sono io per dire che non possono? La maggioranza decide, siamo in democrazia. Ultimamente questa cosa temo se la stiano dimenticando in tanti... Importante ribadirla con forza; se no va a finire male, come sempre è successo.

Se è vero la maggioranza (relativa) decide, bisogna tener presente che la maggioranza NON HA SEMPRE RAGIONE...
 
non capisco cosa ci sia di strano, i docenti volevano un certo tipo di argomento che escludesse lo sci, tutto qua...magari era solo un esercizio
tipo valorizzami Riccione senza sfruttare il mare...è solo una relazione, magari per cercar di farti pensar fuori dagli schemi classici

Ma a Riccione c'è il mare? Pensavo fosse solo una bacinella di acqua salata, schiumata e spesso verdeggiante ... il mare è quello di Ustica. Nessuno va a Riccione solo per il mare. Nessuno andrebbe a Ustica senza sfruttare il Mare con la M maiuscola. A Riccione han già capito da quarant'anni come fare i soldi senza il Mare e con una bacinella di acqua salata...
 

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Questa stagione amareggiata dal Covid ha dimostrato che senza lo sci il turismo invernale montano non esiste.
A parte gli impianti in Trentino tutto il resto può essere aperto. Bar, ristoranti, alberghi. C’è una coltre di neve bellissima che non si vedeva da lustri in questo periodo dell’anno. Chiunque poteva salire fino al 20 di dicembre e farsi le vacanze, nella seconda casa, in albergo o in residence.
Gite con ciaspole quante ne vuoi, slittare, pellare. Hanno pure battuto le piste nonostante gli impianti siano chiusi, per cui si può salire in sicurezza con le pelli o le ciaspole e slittare a tutto spiano con centinaia di km di tracciato pronti.
Eppure tutto e’ vuoto. I pochi alberghi che hanno provato a raccogliere prenotazioni hanno gettato la spugna e richiuso fino a data da destinarsi. A Moena sono aperti solo l’hotel Maria ed il foresta, che sono a gestione familiare e sono normalmente aperto 12 mesi all’anno. Nel resto delle valli non e’ diverso.
Pure le seconde case e gli appartamenti vacanza sono inesorabilmente vuoti. Per cui gente come certi professori dovrebbero mettersela in saccoccia ed imparare.
 
Discussione difficile.
Esprimo solo il mio dispiacere per come una laurea in "Economia, ambiente, clima e territorio" sia considerata poco seria.
Credo invece che il futuro italiano sia in parte anche nello sviluppo di quegli studi.

Certo, bisognerebbe che lo capissero in primis i docenti: la prima parola del corso è ECONOMIA, quella conclusiva è TERRITORIO.
Non c'è bisogno di aggiungere altro, credo.
Indi, ciò che è stato imposto allo studente è sicuramente ben poco intelligente, ma l'istituzione di quel corso di studi ha una sua ratio importantissima.

Non ci scordiamo che in passato si è deriso il corso in comunicazione chiamandolo "scienza delle merendine".
Oggi ci lamentiamo della politica spettacolo, della tv in crisi, dell'informazione deviata, del fabbricatori di fake sul web, etc etc....ovvero tutto quel che fa capo sia all'etica della comunicazione, sia alla nostra capacità di gestirla, sia all'educazione civica all'uso dei media.
Quindi, forse, scienza della comunicazione sarà l'ingegneria robotica del sociale. Molto meno stupida di quanto possa sembrare.

Allo stesso modo, ragionare finalmente in termini di economia sostenibile è la svolta indispensabile per un territorio sfruttato e sovrappopolata come il nostro, ma che tuttavia ha nel turismo una grande risorsa.

Invece, quanto sono utili al futuro italiano 160.000 iscritti a giurisprudenza?
 
Questa stagione amareggiata dal Covid ha dimostrato che senza lo sci il turismo invernale montano non esiste.
A parte gli impianti in Trentino tutto il resto può essere aperto. Bar, ristoranti, alberghi. C’è una coltre di neve bellissima che non si vedeva da lustri in questo periodo dell’anno. Chiunque poteva salire fino al 20 di dicembre e farsi le vacanze, nella seconda casa, in albergo o in residence.
Gite con ciaspole quante ne vuoi, slittare, pellare. Hanno pure battuto le piste nonostante gli impianti siano chiusi, per cui si può salire in sicurezza con le pelli o le ciaspole e slittare a tutto spiano con centinaia di km di tracciato pronti.
Eppure tutto e’ vuoto. I pochi alberghi che hanno provato a raccogliere prenotazioni hanno gettato la spugna e richiuso fino a data da destinarsi. A Moena sono aperti solo l’hotel Maria ed il foresta, che sono a gestione familiare e sono normalmente aperto 12 mesi all’anno. Nel resto delle valli non e’ diverso.
Pure le seconde case e gli appartamenti vacanza sono inesorabilmente vuoti. Per cui gente come certi professori dovrebbero mettersela in saccoccia ed imparare.

però con le attuali regole è vietato andare a fare le vacanze in hotel... hai voglia che sono vuoti...

poi che senza sci la montagna muoia sono il primo a sostenerlo
 
Non vedo come si possa dire che il turismo dello sci non sia sostenibile. Valorizza il territorio, crea lavoro e non consuma risorse non rinnovabili. E soprattutto SOSTIENE decine di migliaia di persone.
Per quello che mi risulta finora gli studi del Prof. Daidola sostengono solo lui. A spese dei contribuenti.

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però con le attuali regole è vietato andare a fare le vacanze in hotel... hai voglia che sono vuoti...

poi che senza sci la montagna muoia sono il primo a sostenerlo

Non e’ affatto vietato. Il Trentino e’ ed era zona gialla. Per cui gli alberghi possono aprire ed accogliere ospiti. E per qualche giorno ci si poteva spostare tranquillamente anche dalla Lombardia perché era zona gialla. E pure Veneto ed Emilia Romagna e giù e giù fino in Calabria. Per cui chiunque poteva salire e farsi le vacanze.
 
MTB fuori dai sentieri da trekking sono per lo più ragioni di sicurezza.
Sacrosante in tantissimi sentieri, e viste certe frequentazioni.

Percorsi per tutti, ma possibilmente differenziati.

Vale anche il contrario eh.

si parlava di mtb xc, da quelle parti enduro o all mountain e’ scarsamente praticato, incontrare un gruppetto di biker che pedala tranquillo su un sentiero non e’ pericoloso, diverso il discorso se ti trovi qualcuno che scende arotta di collo.
 
La mia posizione potrà sembrare paradossale (e verrei probabilmente crocefisso dal relatore di quella tesi), ma io non credo che lo sci da discesa sia particolarmente impattante sull'ambiente, in rapporto al PIL pro capite che riesce a generare a beneficio delle popolazioni delle vallate. Credo anzi che sia uno dei modi più efficienti per creare PIL.

Parto dal presupposto che l'ambiente montano, così come lo vediamo a quota-piste, sia tutto tranne che naturale: con ampi disboscamenti, dissodamenti, terrazzamenti, etc ..., è stato fortemente plasmato da secoli di lavoro umano, per consentire lo svolgimento di attività (agricoltura, allevamento, pastorizia ...) che permettevano a malapena la sussistenza. Probabilmente sarebbe stato alterato anche di più, se fossero già esistiti i mezzi meccanizzati.

Se si esamina la ns. passione nel modo più distaccato possibile, gli sciatori sono persone che in fondo si accontentano davvero di poco: farsi portare in cima a una montagna e poi scivolare giù per una pista.

Con un disboscamento di 100 m di larghezza x 2 km di lunghezza = 20 ha = 0.2 km2 si fanno divertire 2.000 persone ogni giorno (fingo che siano sempre le stesse a girare su un impianto di pari portata oraria), le quali avranno portato all'economia almeno 150 eur cadauna (fra skipass, pernottamento, pasti, etc ...), ossia 300.000 eur. Non so quanto sia il valore aggiunto insito in quel fatturato, ma fosse anche solo del 10%, sarebbero 30.000 eur al giorno di PIL che va a beneficio delle popolazioni locali. Basta poi moltiplicare quel numero per 100 giornate e si arriva a 3 Meur di PIL, numero che dà da mangiare a circa 100 bocche.

Quanti km2 di suolo sarebbe stato necessario disboscare e trasformare in campi o in pascoli, per generare lo stesso reddito?

Non entro nel dettaglio degli altri fattori (acqua, energia elettrica, gasolio) e mi limito a considerare che solo il combustibile che muove i gatti delle nevi è una fonte visibilmente non rinnovabile e tale da squilibrare il bilancio della CO2. Qualcuno più esperto di me potrà dire quanti ha di bosco serva lasciare integri, per "mangiare" la CO2 emessa dai gatti e restituircela sotto forma di ossigeno.

Per venire al cuore di questo ragionamento, credo che l'elemento davvero impattante di questo modello di generazione della ricchezza (non lo sci in particolare, ma il turismo in generale) siano le infrastrutture di accoglienza che devono essere create, inevitabilmente sovradimensionate per fare fronte alla stagionalità del turismo.

In città, bene o male, la popolazione è abbastanza stabile nell'anno e quindi abitazioni, strade, acquedotti, fognature, elettrodotti, etc ... sono dimensionati su un carico medio.

In montagna (o in una località di villeggiatura) sono invece dimensionate sul carico massimo della stagione turistica ed è probabilmente qui che si annida il sovraccarico sull'ambiente montano. E, lo sottolineo, a pari numero di turisti attratti nelle valli, ha poca rilevanza che gli stessi calzino sci da discesa, da fondo, da scialpinismo, ciaspole o scarponcini da trekking o vadano ad ascoltare un concerto in un rifugio, perchè alla fine tutti devono dormire e mangiare da qualche parte.

La soluzione, al limite, sarebbe stata quella di mettere un numero chiuso ai turisti in generale (o agli sciatori, in particolare), al raggiungimento della piena occupazione della popolazione autoctona. Se camerieri, cuochi, governanti, etc degli alberghi devono essere tutti importati come stagionali da altre regioni d'Italia o dall'estero (questo è ciò che vedo da almeno 30 anni nelle Dolomiti), a me è abbastanza evidente che da tempo ormai immemore il giro d'affari sia andato ben oltre il dare un buon reddito alle popolazioni delle vallate. Ma ormai così è e dubito che i valligiani accetterebbero un ridimensionamento del loro reddito annuale.

Sempre nell'ottica di evitare un sovraccarico infrastrutturale, un errore madornale che si sarebbe dovuto evitare è quello delle seconde case, che portano un grande carico antropico nei periodi di villeggiatura, ma decisamente meno PIL per i valligiani, rispetto agli alberghi. Dove sono stati più accorti, lo hanno evitato come la peste, ma in tante vallate hanno preferito l'uovo oggi alla gallina domani.

Quindi, lunga vita allo sci :)
 
Ma a Riccione c'è il mare? Pensavo fosse solo una bacinella di acqua salata, schiumata e spesso verdeggiante ... il mare è quello di Ustica. Nessuno va a Riccione solo per il mare. Nessuno andrebbe a Ustica senza sfruttare il Mare con la M maiuscola. A Riccione han già capito da quarant'anni come fare i soldi senza il Mare e con una bacinella di acqua salata...

era un esempio proprio a caso il mioHIHIHI

il succo del discorso era che il ragazzo doveva fare un esercizio per riuscire a valorizzare/recuperare un'area guardando dalla parte opposta della classica destinazione d'uso, ovvero lo sci
 
Questa stagione amareggiata dal Covid ha dimostrato che senza lo sci il turismo invernale montano non esiste.
A parte gli impianti in Trentino tutto il resto può essere aperto. Bar, ristoranti, alberghi. C’è una coltre di neve bellissima che non si vedeva da lustri in questo periodo dell’anno. Chiunque poteva salire fino al 20 di dicembre e farsi le vacanze, nella seconda casa, in albergo o in residence.
Gite con ciaspole quante ne vuoi, slittare, pellare. Hanno pure battuto le piste nonostante gli impianti siano chiusi, per cui si può salire in sicurezza con le pelli o le ciaspole e slittare a tutto spiano con centinaia di km di tracciato pronti.
Eppure tutto e’ vuoto. I pochi alberghi che hanno provato a raccogliere prenotazioni hanno gettato la spugna e richiuso fino a data da destinarsi. A Moena sono aperti solo l’hotel Maria ed il foresta, che sono a gestione familiare e sono normalmente aperto 12 mesi all’anno. Nel resto delle valli non e’ diverso.
Pure le seconde case e gli appartamenti vacanza sono inesorabilmente vuoti. Per cui gente come certi professori dovrebbero mettersela in saccoccia ed imparare.

Mah, non mi pare che questa stagione possa dimostrare alcunché, vista la particolarità della stessa.
L'unico modo per fare delle ferie in montagna sarebbe stato partire fino al 20: quanti sono in smart working, hanno una connessione utilizzabile, e sono disposti a sopportare i disagi di una seconda casa in un paese fantasma?

E, per chi va in albergo, quanti sono disposti a prendersi 5 giorni di ferie pre-natale / hanno la disponibilità economica per farsi due settimane di ferie natalizie / sono disposti a non aver libertà di movimento?.

Ma, soprattutto, in quanti erano consapevoli delle piste battute (e quindi frequentabili in sicurezza da ciaspolatori e scialpinisti "improvvisati")? Che tipo di comunicazione hanno fatto le stazioni sciistiche?
 
Non vedo come si possa dire che il turismo dello sci non sia sostenibile. Valorizza il territorio, crea lavoro e non consuma risorse non rinnovabili. E soprattutto SOSTIENE decine di migliaia di persone.
Per quello che mi risulta finora gli studi del Prof. Daidola sostengono solo lui. A spese dei contribuenti.

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Non e’ affatto vietato. Il Trentino e’ ed era zona gialla. Per cui gli alberghi possono aprire ed accogliere ospiti. E per qualche giorno ci si poteva spostare tranquillamente anche dalla Lombardia perché era zona gialla. E pure Veneto ed Emilia Romagna e giù e giù fino in Calabria. Per cui chiunque poteva salire e farsi le vacanze.

Gigiotto va bene che vivi in Canada, ma forse non ti sei accorto che tutta l'Italia sotto Natale è arancione o rossa a seconda dei giorni

se mi spieghi in base a quale regolamento io possa partire da casa in Piemonte e andare in Trentino...
 
La mia posizione potrà sembrare paradossale (e verrei probabilmente crocefisso dal relatore di quella tesi), ma io non credo che lo sci da discesa sia particolarmente impattante sull'ambiente, in rapporto al PIL pro capite che riesce a generare a beneficio delle popolazioni delle vallate. Credo anzi che sia uno dei modi più efficienti per creare PIL.

Parto dal presupposto che l'ambiente montano, così come lo vediamo a quota-piste, sia tutto tranne che naturale: con ampi disboscamenti, dissodamenti, terrazzamenti, etc ..., è stato fortemente plasmato da secoli di lavoro umano, per consentire lo svolgimento di attività (agricoltura, allevamento, pastorizia ...) che permettevano a malapena la sussistenza. Probabilmente sarebbe stato alterato anche di più, se fossero già esistiti i mezzi meccanizzati.

Se si esamina la ns. passione nel modo più distaccato possibile, gli sciatori sono persone che in fondo si accontentano davvero di poco: farsi portare in cima a una montagna e poi scivolare giù per una pista.

Con un disboscamento di 100 m di larghezza x 2 km di lunghezza = 20 ha = 0.2 km2 si fanno divertire 2.000 persone ogni giorno (fingo che siano sempre le stesse a girare su un impianto di pari portata oraria), le quali avranno portato all'economia almeno 150 eur cadauna (fra skipass, pernottamento, pasti, etc ...), ossia 300.000 eur. Non so quanto sia il valore aggiunto insito in quel fatturato, ma fosse anche solo del 10%, sarebbero 30.000 eur al giorno di PIL che va a beneficio delle popolazioni locali. Basta poi moltiplicare quel numero per 100 giornate e si arriva a 3 Meur di PIL, numero che dà da mangiare a circa 100 bocche.

Quanti km2 di suolo sarebbe stato necessario disboscare e trasformare in campi o in pascoli, per generare lo stesso reddito?

Non entro nel dettaglio degli altri fattori (acqua, energia elettrica, gasolio) e mi limito a considerare che solo il combustibile che muove i gatti delle nevi è una fonte visibilmente non rinnovabile e tale da squilibrare il bilancio della CO2. Qualcuno più esperto di me potrà dire quanti ha di bosco serva lasciare integri, per "mangiare" la CO2 emessa dai gatti e restituircela sotto forma di ossigeno.

Per venire al cuore di questo ragionamento, credo che l'elemento davvero impattante di questo modello di generazione della ricchezza (non lo sci in particolare, ma il turismo in generale) siano le infrastrutture di accoglienza che devono essere create, inevitabilmente sovradimensionate per fare fronte alla stagionalità del turismo.

In città, bene o male, la popolazione è abbastanza stabile nell'anno e quindi abitazioni, strade, acquedotti, fognature, elettrodotti, etc ... sono dimensionati su un carico medio.

In montagna (o in una località di villeggiatura) sono invece dimensionate sul carico massimo della stagione turistica ed è probabilmente qui che si annida il sovraccarico sull'ambiente montano. E, lo sottolineo, a pari numero di turisti attratti nelle valli, ha poca rilevanza che gli stessi calzino sci da discesa, da fondo, da scialpinismo, ciaspole o scarponcini da trekking o vadano ad ascoltare un concerto in un rifugio, perchè alla fine tutti devono dormire e mangiare da qualche parte.

La soluzione, al limite, sarebbe stata quella di mettere un numero chiuso ai turisti in generale (o agli sciatori, in particolare), al raggiungimento della piena occupazione della popolazione autoctona. Se camerieri, cuochi, governanti, etc degli alberghi devono essere tutti importati come stagionali da altre regioni d'Italia o dall'estero (questo è ciò che vedo da almeno 30 anni nelle Dolomiti), a me è abbastanza evidente che da tempo ormai immemore il giro d'affari sia andato ben oltre il dare un buon reddito alle popolazioni delle vallate. Ma ormai così è e dubito che i valligiani accetterebbero un ridimensionamento del loro reddito annuale.

Sempre nell'ottica di evitare un sovraccarico infrastrutturale, un errore madornale che si sarebbe dovuto evitare è quello delle seconde case, che portano un grande carico antropico nei periodi di villeggiatura, ma decisamente meno PIL per i valligiani, rispetto agli alberghi. Dove sono stati più accorti, lo hanno evitato come la peste, ma in tante vallate hanno preferito l'uovo oggi alla gallina domani.

Quindi, lunga vita allo sci :)

La posizione è interessante: credo che però se nel computo inseriamo anche le esternalità negative generate dallo sci (danni al paesaggio, necessità di costruire gli impianti, consumo degli stessi, consumo dei gatti da neve e così via) il bilancio si ridimensiona in modo considerevole.
Ora, non voglio essere un "anti sci" tout court: la cosa che voglio stressare è che non necessariamente "più sci" sia l'unica risposta possibile alle esigenze di sviluppo montano, e probabilmente, poste altre forme di turismo, non necessariamente la più efficiente in termini di generazione di reddito
 
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