Posso portare l'esperienza personale. Mio padre, ingegnere, dal 1977 al 1981 ha lavorato nella DDR alla costruzione di un grande e moderno complesso siderurgico a Brandenburgo (acciaieria, laminatoio, pressa e trattamento scorie), 50 km da Berlino, e successivamente di uno stabilimento per l'estrazione del piombo dalle batterie usate a Freiberg, tra Dresda e il confine Cecoslovacco.
A Brandenburgo a lavorare era un consorzio di imprese occidentali provenienti da Italia, BRD, Danimarca, Francia, Svezia. Il contingente italiano era il più numeroso, comprendeva personale di due società, nel periodo di maggior lavoro sfiorava le mille persone. L'impianto era modernissimo e all'avanguardia. un'acciaieria a emissioni quasi azzerate, in quanto era previsto un trattamento fumi. Chiaramente la DDR non possedeva minimamente le tecnologie di costruzione adeguate e commissionò il lavoro ad aziende occidentali.
Attualmente l'acciaieria è di proprietà del Gruppo RIva, qui alcune informazioni e diverse foto per chi sia interessato. La ciminiera alta che si vede è parte del laminatoio adiacente (se ben ricordo costruito dalle aziende danesi, francesi e della brd) e non dell'acciaieria stricto sensu.
Mio papà era l'ingegnere responsabile dei lavori relativamente alla parte edile, per il primo anno i burocrati della DDR gli fecero vedere sorci verdi. Un incubo vero e proprio. Macchine operatrici bloccate per mesi in dogana, permessi che non arrivavano, personale bloccato ore per i controlli doganali. Una volta lo chiusero a chiave dentro uno stanzino, durò pochi secondi perché molto freddamente papà iniziò a prendere a spallate la porta. Capì lì per la prima volta che con i tedeschi alzare la voce più di quanto non facessero loro pagava (ricordate il Trap?). Un'altra volta a un suo stretto collaboratore fu chiesto di spogliarsi.
Finché un giorno, mio padre esasperato, parlando con un funzionario del Ministero dell'Industria alzò la voce e a brutto muso disse: "il signor X, che è il vostro delegato a seguire il lavoro sta rendendo tutto impossibile. In quest'anno sono successe tutte queste cose che ora vi elenco. Il lavoro così non va avanti e siamo indietro di sei mesi con il piano previsto. Se continua così io chiamo la mia società e chiedo di ritirarci dalla commessa. Sicuramente mi sarò bruciato la carriera e tornerò in Italia, ma tra voi e me la fine peggiore sa già chi la farà. Per cui queste sono le mie richieste. Se accolte, vi dico fin da ora che recupereremo il tempo perso"
Dal giorno dopo, mio padre non vide più il signor X. Sparito, non seppe mai che fine fece. E come per miracolo, ebbe carta bianca su tutto. Passava (lui e tutti i collaboratori) la dogana con Berlino ovest in pochi minuti. Una volta trovò un giovane doganiere che non sapeva e che iniziava a creare problemi e mio padre disse: "Sto lavorando per il tuo paese, le ore che perdo qui non le perdo io, le perde la DDR. Chiama l'ufficiale responsabile del posto di frontiera, non so quanto ti convenga continuare a fare il duro", sblocco in dogana di macchine, materiali e cibi (la mensa del campo sfamava giornalmente centinaia di persone), permessi che arrivavano in poche ore dopo una telefonata.
Dall'altra parte, fece un discorso ai collaboratori e agli operai, facendo leva sullo spirito di gruppo legato all'essere italiani e la risposta fu eccezionale. Riuscì in un impresa impossibile, compattare come non mai friulani, abruzzesi e calabresi, divenuti una sola cosa.
Durante le feste natalizie più fredde del secolo, (quelle '78-'79) l'unico cantiere delle due Germanie in cui si lavorava, con temperature intorno ai 20 sottozero, era il loro.
RisultatI:
tempo recuperato. La prima colata, con tanto di presenza del Ministro e della televisione di stato (che non menzionò le imprese occidentali, ma era diciamo negli "accordi") fu nel'ottobre del 1979, addirittura con 6 mesi di anticipo rispetto ai tempi previsti dai contratti che parlavano di aprile 1980.
Il governo della DDR assegnò allora altri 4 appalti al consorzio italiano.
la notizia arrivò anche al PCUS, qualche anno dopo fu assegnato anche un grande lavoro a Minsk e l'azienda per la quale lavorava mio padre aprì un ufficio a Mosca.
Alla fiera di Lipsia del 1979 a mio padre fu presentato il "Compagno Honecker"
Papà tornò in Italia a maggio del 1981, quei successi lavorativi in un ambiente che inizialmente definire "ostico" era dir poco, gli spalancò le porte di una carriera dirigenziale ad alti livelli
Quella in DDR è l'esperienza lavorativa che ricorda come la più bella della sua vita, anche per i rapporti umani creati a tutti i livelli dagli ingegneri che lo coadiuvavano, ai geometri, ai gruisti, agli escavatoristi, ai carpentieri, a tutte le maestranze. Si crearono rapporti per la vita, che andarono oltre il lavoro e che durano ancora oggi.
A mio padre alla fin fine piacquero i tedeschi e ai tedeschi piacquero gli italiani.
Tornato in Italia i primi tempi soffrì molto il modo "italiano" di condurre i lavori pubblici, ha rimpianto la DDR per diversi anni. Ah, mio papà non è mai stato comunista
Per quanto riguarda la possibilità di entrare in DDR per chi non vi lavorasse, dopo circa un anno, i funzionari preposti della concessero alle famiglie dei dipendenti la possibilità di trascorrere periodi in loco, emettendo dei visti provvisori con scadenza bimestrale o trimestrale. Credo non fossero visti turistici ma legati al ricongiungimento con familiari presenti nella DDR per lavoro.
Con mia mamma e mia sorella, passavamo i mesi estivi e le vacanze di natale nella DDR. Avevamo assoluta libertà di movimento, chiaramente con la Stasi che ci buttava un occhio e forse qualcosa di più, ma non avemmo mai alcun tipo di problema o coercizione.
Addirittura riuscimmo anche a instaurare rapporti di amicizia con alcuni abitanti. In particolare con una famiglia del posto, che ci invitava spesso in una villetta su un lago, di proprietà del governo della DDR e assegnata loro per i titoli e i meriti ottenuti dal marito della coppia, che era preside. Quando cadde il Muro pensammo come prima cosa a loro. Mio padre ha il dubbio che avrebbero ricevuto l'incarico di passare informazioni qualora richieste.
Ricordo anche Herr Grip, funzionario simpaticissimo dell'ispettorato del lavoro (se ben ricordo), spesso ospite di grandi tavolate e che dopo numerosi bicchieri di vino, grappa e cose del genere si scatenava raccontando barzellette sulla SED e su Honecker.
In un campeggio sul bacino dell'Havel, dove l'impresa aveva ottenuto l'ok per una postazione con due roulotte e delle tende e che, con il gruppo dei collaboratori e le famiglie, frequentavamo per dei barbecue, conoscemmo un gruppo di una decina di ragazzi e ragazze di Gorlitz, paese al confine con la Polonia, che passavano le loro vacanze lì.
Vi giuro, come seppero che eravamo italiani impazzirono. inizialmente ci guardavano come fossimo rockstar. Era imbarazzante, ero bambino e non avevo ben chiara la cosa, oggi mi colpisce. Diventammo amici, giocavamo insieme, cantavamo insieme. Alla fine ci scambiammo alcuni piccoli regali e ci scrivemmo cartoline per un po'. Ho pensato anche a loro quando cadde il muro
E' incredibile come da nessuna parte, nemmeno nei libri scritti e pubblicati in Italia dopo la caduta del Muro, vi sia traccia della presenza di 800 italiani tra il 1977 e il 1983 in DDR.
Il campo di residenza degli italiani confinava con un campo militare dell'Armata Rossa A casa possiedo una cintura originale della divisa dei soldati dell'Armata Rossa. Regalo di un soldato russo in cambio di una bottiglia di Ballantines
Ricordo quei periodi come meravigliosi e a distanza di 35 anni, quando vado a Berlino ritrovo emozioni profonde e mi sento a casa, come e forse più di quando sono a Roma.