madflyhalf
Skifoso assolato che fa l'aperitivo
Non ho mai fatto cose estreme come il Blitz, ma sulle Apuane a volte mi sono avventurato in sentieri non segnati o su creste affilate che conducono alla vetta.
Il mio comandamento in questi casi è: non fare un passo in avanti se non sei sicuro di poterlo rifare in senso opposto.
Probabilmente in questo caso Blitz si è reso conto che stava oltrepassando il punto di non ritorno, spinto forse dalla certezza di ritrovare il sentiero più avanti.
Capito l'errore, ha fatto la scelta giusta: chiedere aiuto.
Detto questo, rendiamoci conto che ha avuto l'umiltà di pubblicare il reportage (peraltro stupendo) e di non aver nascosto nulla esponendosi alle critiche, mentre avrebbe potuto benissimo tacere l'accaduto e nessuno l'avrebbe saputo.
In mezzo a mille frasi, filosofie e teorie che si possono fare, l'insegnamento più importante (ma che sicuramente uno con l'esperienza di Blitz HA), è quello evidenziato.
Però capitano gli errori di valutazione... capitano su sentieri, su vie normali, su vie alpine, siamo uomini non automi.
Quanto a filosofie e controfilosofie... l'andar per monti non ha mai certezze, né in un senso, né in un altro: non ha certezze dal più banale dei sentieri, alla più tosta delle vie alpinistiche.
Per questo esiste un mondo che ruota intorno all'andar per monti, che è fatto di solidarietà, di coesione, di aiuto, di tutta una serie di valori che il mondo moderno, turistico, fa passare in secondo piano. Ora c'è competizione, c'è lotta sul tempo, o anche "solo" c'è voglia di arrivare sempre e comunque alla vetta anche quando le condizioni non sussistono; è un modo di affrontare attività già di per sé potenzialmente pericolose se affrontate in modo "normale", che ne aumenta rischi.
Senza divagare, penso che una persona che va in montagna con l'approccio giusto, specie con tanta frequenza, sarà sempre dalla parte della ragione in caso di sfiga/blocco/incidente...
Se ragioniamo con le "certezze" (non si va da soli, non si va fuori dai sentieri, se ti cacci nei guai da solo da solo ti devi tirar fuori), dobbiamo però eliminare una MAREA di attività in montagna a noi care, che spesso percepiamo come la banalità, ma che non sono esuli da rischi d'ambiente o di giornata.
Freeride, arrampicata sportiva, alpinismo, trekking EE, trekking EEA, vie normali etc...
Cosa siamo in grado di valutare, affrontando una via normale, come certo o come impraticabile?
E una via normale a tante montagne non è un sentiero tracciato, ma è qualcosa che si fa... che spesso non serve essere alpinisti...
Nell'andare per monti bisogna accettare tutto: successo,ritirate, purtroppo anche incidenti o "impossibilità" a proseguire o ritirare.
Chi affronta la montagna con questo approccio, sà dare valore a tutto ciò che incontra sulla propria strada, a cominciare dal CAI/SAT per ciò che offre (manutenzione segnaletica, sentieri, ferrate, falesie, rifugi, assicurazioni, semplici ma fondamentali consigli).
E queste associazioni, le loro attività, campano anche di questi associati.
Forse non ci campa il grande turismo degli hotel, i grandi rifugi delle zone iperfrequentate... che campa invece di tante persone che spesso passeggiano senza cognizione di causa, male equipaggiati, con approcci sbagliati agli itinerari, per i quali, gli interventi (per fortuna pochi) di SA sono follie vere e proprie e giustamente pagano.
Tutto questa filosofia per dire: occorre giudizio e cultura.
La cultura della montagna salva la montagna a noi cara.
E salva anche le persone in difficoltà, indipendentemente da quale ne sia la causa.
Certezze non ce ne sono.
Anzi, una c'è: finché ci sarà una montagna, ci sarà sempre un uomo che vorrà andarci in cima. Ci metto la mano sul fuoco!
ps. non sapete quante legnate verbali sto dando ai miei soci di arrampicata/alpinismo su come affrontare la montagna, per molti di loro per i quali sono le prime esperienze in vera montagna. Da piccole banalità di comportamento, a cose che vanno segnalate etc... ed è il bello della montagna: parlarsi, collaborare, COOPERARE.