Credo che, nel confrontare il lavoratore dipendente con la partita IVA in regime forfettario, venga fatta un po' di confusione, probabilmente dovuta al fatto il primo mediamente ragiona a salire dal suo stipendio netto, mentre il secondo a scendere dal suo fatturato.
1) Per un
lavoratore dipendente, il
reddito è il suo
stipendio lordo, che consta di una parte
immediata (la RAL, immediatamente tassata) e di una
differita (i suoi contributi previdenziali, che idealmente incasserà sotto forma di pensione e che verranno tassati allora). Se la prima vale il 100%, la seconda incide per il 33%. Un dipendente che abbia una
RAL al limite dei
50.000 Eur/anno per non pagare il 43% di tasse (ossia un quadro, non certo un operaio o impiegato di livello medio/basso) ha quindi un
reddito immediato + differito di circa 50.000 * 133/100 =
66.500 Eur/anno, che andrà confrontato con quello della partita IVA.
Limitandosi al reddito immediato, l'
aliquota media applicata al dipendente di cui sopra è pari al
28,8% (30/100 * 23% + 26/100 * 25% + 44/100 * 35%), da cui risultano
14.400 Eur/anno di
tasse da pagare subito.
Se un dipendente ha una vettura aziendale in uso promiscuo, il controvalore economico di 15.000 km/anno viene conteggiato come
ulteriore reddito (fringe benefit) e viene a sua volta tassato secondo i normali meccanismi dell'IRPEF.
2) Per un
forfettario con la partita IVA che abbia un
fatturato esattamente al limite degli
85.000 Eur/anno per non passare nel regime ordinario e che svolga ad esempio un'attività "di concetto", il
reddito stimato dall'agenzia delle entrate è di 85.000 Eur * 78% =
66.300 Eur, che già tiene conto dei costi deducibili presunti (e, immagino, di un certo uso promiscuo di alcuni beni strumentali, come l'auto o il PC).
Dato che nulla è casuale nell'architettura del sistema fiscale, il reddito immediato + differito del dipendente "al limite" e della partita IVA "al limite" sono praticamente identici
A questo punto si
accantonano i
contributi previdenziali del 26,23% (17.390 Eur) e quindi resta un
reddito immediato di
48.910 Eur, che - guarda caso - è di nuovo quasi identico ai 50.000 Eur del dipendente.
Limitandosi al reddito immediato, l'
aliquota flat è però del
15%, corrispondenti a soli
7.337 Eur di tasse da pagare, in pratica la META' del dipendente con pari reddito.
Pur ponderando le differenze che ballano fra i due profili di contribuente (retribuzione durante la malattia, ferie, contratto a tempo indeterminato per chi ce l'ha; per contro flessibilità del calendario e orario di lavoro, possibilità di usare in modo promiscuo alcuni beni dell'attività professionale, ...), la differenza fra il 15% e il 28,8% di tassazione mi sembra una sperequazione sociale davvero enorme. Per mediare tutti i pro e i contro, avrei trovato più condivisibile un'aliquota flat del
23%, come quella proposta da Forza Italia.
Nell'azienda per cui lavoro, si è ovviamente valutato di sostituire i contratti a tempo determinato con collaborazioni a partita IVA di pari durata, così da restituire a chi ne sia interessato questo enorme vantaggio fiscale e da ridurre il cuneo fiscale, ma la normativa lo impedisce, perché un dipendente che si trasformi in partita IVA non può lavorare per il precedente datore di lavoro per un certo numero di anni e deve comunque avere un numero minimo di committenti distinti.
Capisco che ogni coalizione cerchi di portare acqua al mulino dei propri elettori, ma ritengo che debba esserci un'
equità fiscale di fondo e quindi mi auguro che qualcuno sottoponga la questione di legittimità alla corte costituzionale, così che l'aliquota flat venga prima o poi alzata almeno al 23%. A voler pensare bene, il 15% è forse un'aliquota-civetta per far venire alla luce del sole gli elusori/evasori, per poi salire a una tassazione più congrua in futuro. Credo però che un evasore (quasi) totale si guardi bene dal fare emergere i suoi redditi, se non ha al contempo la certezza del condono tombale sulle annate precedenti.