Il caso: le ordinanze che vietano lo sci fuoripista
Lo scorso febbraio, le ordinanze "a stampino"
dei sindaci di cinque comuni dell'area
della Via Lattea hanno vietato la pratica
del fuoripista, bloccando, nel contempo, anche
l'attività delle Guide alpine locali. Il tutto, a fronte
di una giustificazione tecnica dedotta da
un bollettino valanghe con scala di pericolo 3.
L'iniziativa, subito impattante, ha mobilitato
il Collegio Guide del Piemonte, facendo sortire
un positivo dialogo allargato a sindaci e
Comunità montana, in cui hanno trovato spazio
sia la problematica di una legge regionale
sull'istituzione delle commissioni valanghe,
mai attuata, sia il ruolo della Guida alpina non solo
come diretto interessato per lo svolgimento
della propria attività professionale, ma anche
quale interlocutore tecnico per la corretta
valutazione e gestione del rischio.
Alcuni precedenti di analoghe ordinanze si hanno
in Veneto (ma non saranno certo le sole...):
in particolare, il sindaco di Roccapietore,
con una filosofia che ci sembra più circostanziata,
ha vietato il fuoripista nelle aree incidenti
sulle piste da sci. Ordinanza che ci risulta
emanata nel gennaio del 2001 e più revocata.
Partendo da questi casi, pM ha sentito la necessità
di affrontare l'argomento nella consueta
rubrica legale, analizzando le caratteristiche
di questo strumento amministrativo e calandolo
nella specifica realtà del management montano;
sperando di contribuire a informare e sensibilizzare
tutti i soggetti attivi e passivi coinvolti.
CHE COS'è UN'ORDINANZA SINDACALE?
E' un provvedimento motivato contingibile ed urgente che può essere emanato dal Sindaco al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità dei cittadini.
Quando può essere adottata?
Un'ordinanza sindacale può essere adottata solo in casi di gravi ed eccezionali necessità al fine di tutelare l'incolumità pubblica.
Come può essere impugnata?
Un'ordinanza sindacale può essere impugnata avanti al Tribunale Amministrativo Regionale con ricorso motivato.
La pratica dello sci fuoripista in questi ultimi anni sta diventando un fenomeno sempre più diffuso; ma, purtroppo, le conoscenze tecniche, l'esperienza e le valutazioni che prima e durante la gita gli sciatori devono compiere per percorrere l'itinerario in sicurezza, troppo spesso sono insufficienti. La superficialità e la leggerezza prendono così il sopravvento determinando un forte aumento dei rischi connessi alla pratica di questo sport.
Se già per la pratica dello sci in pista nessuna normativa nazionale ha ancora disciplinato quale debba essere la condotta dello sciatore durante la discesa, nessun riferimento legislativo, neppure regionale, è possibile rintracciare per quanto concerne la regolamentazione dello sci fuoripista che, fin dalle sue origini, risulta essere la massima espressione di libertà dello sci.
Il grande aumento del numero di scialpinisti credo sia dovuto proprio alla possibilità di vivere a diretto contatto con la natura, con la montagna, con il paesaggio invernale senza i divieti, gli obblighi, le limitazioni che ogni anno aumentano sulle piste di sci senza però sortire gli effetti voluti e sperati.
Sono altrettanto convinto che la strada da seguire sia un'altra, quella dell'educazione alla montagna e dell'obbligo di aumentare e migliorare l'informazione agli sciatori in pista e fuoripista per ridurre i margini di rischio.
Tornando allo sci fuoripista, giuridicamente, unico soggetto esposto a un giudizio di responsabilità in caso di incidente -in assenza di una normativa specifica che ne disciplini l'attività- è colui che si avventura su itinerari che possono risultare pericolosi in relazione alle condizioni nivometeorologiche di quello specifico percorso scialpinistico.
La valutazione della pericolosità e della conseguente percorribilità di un itinerario sci alpinistico deve necessariamente tenere in debito conto tutti i fattori non direttamente riconducibili alla condotta dello stesso sciatore quali distacchi naturali, distacchi provocati da altri sciatori, distacchi provocati da animali, caratteristiche del terreno, variazioni meteorologiche.
La valutazione quindi deve essere completa, comprendere tutti i possibili elementi di rischio e basarsi sull'analisi del bollettino valanghe che deve sempre essere confrontata in loco con la verifica della stabilità del manto nevoso e quindi della corrispondenza delle condizioni dell'itinerario rispetto a quelle del bollettino valanghe.
Negli ultimi anni i sindaci di alcuni comuni montani, ritenendo doveroso un loro intervento per tutelare l'incolumità pubblica -dato l'aumentare del numero di scialpinisti e degli incidenti in alta montagna- hanno emanato delle ordinanze di divieto della pratica dello sci fuori pista.
Tale potere ha la sua origine nell'art.54 comma 2° del Testo Unico delle Leggi sull'ordinamento degli enti locali, il Decreto Legislativo n.267 del 18/06/2000.
Se in astratto sembra che tale strumento normativo sia pienamente legittimo in funzione della prevenzione e della eliminazione di tutti i possibili pericoli che possono minacciare l'incolumità dei cittadini, un'interpretazione più approfondita della norma pone invece molte perplessità sul potere del Sindaco di adottare tale tipo di provvedimento e, di fatto, di paralizzare non solo lo sci fuoripista, ma anche molte attività professionali ad esso connesse.
Le ordinanze che vietano di praticare lo sci fuoripista su tutto il territorio comunale, o in prossimità delle piste di discesa servite dagli impianti, sono generalmente emanate in considerazione delle condizioni nivometeorologiche di pericolo che derivano da precipitazioni nevose intense, dall'instabilità del manto nevoso, dai eventuali sbalzi di temperatura nell'arco di una stessa giornata.
La legittimità di tali ordinanze dipende dalla verifica dell'esistenza dei presupposti di cui all'art.54 del T.U. n.267/2000. che sono la contingibilità e l'urgenza del provvedimento.
In assenza quindi di circostanze di grave ed eccezionale necessità e urgenza, tali provvedimenti sono da ritenere viziati da un eccesso di potere del Sindaco e pertanto possono essere impugnati al fine di ottenerne l'annullamento.
Questi provvedimenti non possono imporre divieti temporalmente illimitati, in quanto è intrinseco che il perdurare delle condizioni che la legge definisce eccezionali si limitano al massimo a qualche giorno, vale a dire il tempo necessario per l'assestamento del manto nevoso.
Ogni ulteriore valutazione di merito deve compiersi comunque caso per caso, in seguito ad un'analisi di tutte le circostanze rilevanti ai fini dell'accertamento della loro esistenza.
Ulteriore considerazione che ne deriva è che il divieto deve essere circoscritto e individuato territorialmente con precisione, in quanto ogni generalizzazione è in contrasto con la ratio sulla base della quale il sindaco ha il potere di adottare tale provvedimento.
Da queste brevi riflessioni non è possibile trarre alcun giudizio sulla legittimità delle numerose ordinanze adottate da alcuni sindaci dell'arco alpino e, in alcuni casi, ancora in vigore perché -come specificato in precedenza- ogni valutazione deve essere compiuta caso per caso, leggendo attentamente il contenuto dell'atto e la sua motivazione.
Si deve però fare presente che l'uso di un provvedimento di tale genere, proprio per la sua eccezionalità e per le sue inevitabili gravi ripercussioni nella realtà montana, prima fra tutte l'assoluta paralisi delle attività non solo sportive ma anche professionali come quella delle Guide alpine, deve essere ponderato e soprattutto preceduto da un preventivo approfondimento da parte di una commissione di esperti di nivologia e valanghe che accertino la gravità e l'eccezionalità della situazione di pericolo e il momento della sua cessazione.
In mancanza di valide e qualificate motivazioni queste sono esposte al rischio di una declaratoria di illegittimità, con la conseguenza di innescare possibili azioni risarcitorie da parte di chi ha dovuto ingiustamente astenersi dal compiere le attività vietate.
Dr. Marco Del Zotto
Maestro di Sci
studiolegale@delzotto.it
http://www.montagnaonline.com/pm/pm66_file/pm66_6.html