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foto 6
Giusto per fare un poco di informazione.
Foto 1 e 2: si vedono due gatti delle nevi in bilico su un crepaccio che corre sotto l'inizio del ventina.I gattisti volevano recuperare neve verso la pista,uno è finito nel buco e l'altro ci è finito in bilico tentando di aiutarlo ad uscire.I gatti sono stati estratti grazie allo scavo effettuato dal caterpillar giallo che si vede sulla sinistra della foto 2.
Foto 3 e 4: il crepaccio medesimo dopo che sono state portate via le macchine.Si può osservare il ghiaccio e sopra lo strato nevoso dell'anno.
Foto 5 e 6:giornata di fine agosto 2008 con zero termico a 6000 mt di quota,il saldo di neve annuale totalmente evaporato e il ghiacciaio interamente nudo.Si tratta dell' untertheodulgletscher e proprio del tratto che d'inverno si percorre tranquillamente sciando...
Pare che il ghiacciaio di plateau abbia in alcuni punti uno spessore del ghiaccio che supera i 200 mt...
Una considerazione: i gestori delle piste su ghiacciaio segnalano e rendono sicure le medesime piste e sono civilmente e penalmente responsabili per quanto accade su di esse.Fuori dalle medesime piste cessa ogni responsabilità perchè si tratta di ambiente naturale.Chi dovrebbe "palinare" i crepacci?I medesimi gestori?Le guide alpine? Vi immaginate gruppi di pisteurs e guide che si avventurano con mazzi di paline sul bordo dei crepi e che sondano tutto il ghiacciaio per individuare i ponti di neve divenuti cedevoli dopo una scaldata? E se il vento o una nevicata fanno sparire le paline sul bordo di un buco e qualcuno ci cade dentro cosa si fa?Si denunciano forse le guide e i pisteurs per omicidio colposo?Una tale assunzione di responsabilità da parte di qualcuno comporterebbe oneri di personale e di mezzi tecnici che non basterebbero 300 euri a pagare un solo ski pass giornaliero....
L'alpinismo comporta dei rischi e lo sci fuoripista su ghiacciaio è alpinismo,anche a 10 mt dalle corde che delimitano le piste controllate.Chi ama l'alpinismo non è un suicida ma è consapevole di esporsi a rischi di varia natura e non può fare altro se non utilizzare tutte le proprie conoscenze e risorse tecniche per minimizzare il rischio o ridurre i danni quando si realizzano eventi non voluti.
Giudico positiva la volontà di Eno di aprire una discussione sull'incidente perchè rappresenta l'occasione di ragionare sulla sicurezza in montagna e sul principio di autoresponsabilità ed autodeterminazione che ogni alpinista dovrebbe assumere su di sè.
Dal mio punto di vista di persona che su quel ghiacciaio ci lavora e che per passione frequenta la montagna in tutte le sue forme,dalla roccia al ghiaccio,allo sci posso dire che vedo persone consapevoli ma anche troppe che non distinguono un fuoripista su ghiacciaio da un fuoripista a 2000 mt di quota.Ne vedo troppi confondere la facilità di sciata con la pericolosità intrinseca di un ambiente: un fuoripista ripido e con crosta a 2300 mt può essere tecncamente difficile ma non pericoloso, un gran piattone su ghiacciaio può nascondere buchi di 50 mt di profondità senza nessuna difficoltà tecnica per quanto riguarda lo sci.
Anche la consapevolezza non è un salvavita,grandissimi alpinisti sono morti "sul facile".Renato Casarotto rientrando da un tentativo al k2 sfondò un ponte di neve e cadde in un buco ormai fuori dalla difficoltà e vicino al campo base....pare fosse incazzato per il tentativo andato male e camminasse a passi lunghi e pesanti finendo per sfondare un ponte su cui era passato più volte più delicatamente.Patrick Berhault,asso dell'arrampicata e dell'alpinismo,a causa di condizioni meteo pessime, non si avvide di essere su una cornice e precipitò sulla facile cresta dei Mischabel.La consapevolezza, pur non salvandoci la vita,ci pone nell' unica ottica possibile e necessaria quando ci confrontiamo con ambienti naturali estremi come può essere l'alta montagna.