Premessa
Se ne è parlato già diffusamente, comunque ho deciso di scrivere un report dettagliato sul mio primo Mont Blanc Freeride.
Più che altro l’ho fatto per me stesso, per fissare le forti emozioni della gara.
Ho deciso di condividere questo report personale perché credo che possa essere interessante anche per altri, per capire cosa voglia dire partecipare ad una gara del genere.
Premetto che sono uno sciatore più o meno autodidatta. Nel senso che non ho mai fatto gare ufficiali o allenamenti agonistici seri.
Finora avevo partecipato a qualche gigante open molto casereccio e in pochissime occasioni.
Sono cresciuto sciisticamente in Abruzzo, a Campo Felice, dove ho sciato per molti anni dentro e fuoripista in media 40-50 volte a stagione. Il tutto anche con maestri e aspiranti maestri. Quindi la mia tecnica è sicuramente sopra la media, ma non ho abitudine alla velocità e non ho un allenamento adeguato per scendere a cannone per lunghi tratti.
Attualmente scio, in tranquillità, per una trentina di volte l’anno tra pista e scialpinismo.
Come molti mi interrogo anch’io sull’opportunità di fare gare di freeride, considerato che la parte free si perde in gran parte.
In effetti, le partecipazioni a gare del genere a mio avviso sono mosse da motivazioni diverse da quelle che ci si aspetta in genere dal free o dallo sci non agonistico.
In gara, almeno per quanto mi riguarda, il piacere della sciata si perde in gran parte. Oggettivamente mi sarei divertito di più andando ai miei ritmi e godendomi i pendii.
Personalmente ho sofferto come un cane per gran parte delle prove. Le mie gambe e il mio fisico hanno urlato pietà mille volte e in alcuni tratti mi sono anche un po’ cag@to sotto per l’eccessiva velocità… ma a dire la verità è proprio questa sofferenza che mi farà ricordare per sempre la mia prima gara di freeride.
La tensione agonistica ti porta a fare cose al di fuori della normalità e a superare limiti e barriere che ognuno di noi ha e che servono a darci sicurezza.
Sono tornato da un paio di giorni e ancora adesso ho l’adrenalina che mi scorre a 1000 nelle vene. Mi è scattata una molla che mi spingerà a superare sempre di più i miei attuali limiti, naturalmente con la testa, per migliorare tecnicamente e fisicamente.
Sci a parte, l’evento ha anche una carica umana e sociale notevole. Quando sei li, ai briefing, nei pre-gara e nelle premiazioni senti di far parte di una tribù. Si ride, si scherza e si condividono le emozioni della discesa con naturalezza con persone delle quali neanche si conosce il nome.
Io ho passato molto tempo con Lorenzo e gli altri del PowderMob e mi sembrava di conoscerli da una vita. Ho avuto anche modo di conoscere Enrico e molti altri.
Probabilmente rimarremo in contatto e ogni tanto ci si incontrerà per condividere qualche sciata e magari si diventerà anche grandi amici. “Solo” per questo è già valsa la pena partecipare al Mont Blanc Freeride!
CONTINUA....
Se ne è parlato già diffusamente, comunque ho deciso di scrivere un report dettagliato sul mio primo Mont Blanc Freeride.
Più che altro l’ho fatto per me stesso, per fissare le forti emozioni della gara.
Ho deciso di condividere questo report personale perché credo che possa essere interessante anche per altri, per capire cosa voglia dire partecipare ad una gara del genere.
Premetto che sono uno sciatore più o meno autodidatta. Nel senso che non ho mai fatto gare ufficiali o allenamenti agonistici seri.
Finora avevo partecipato a qualche gigante open molto casereccio e in pochissime occasioni.
Sono cresciuto sciisticamente in Abruzzo, a Campo Felice, dove ho sciato per molti anni dentro e fuoripista in media 40-50 volte a stagione. Il tutto anche con maestri e aspiranti maestri. Quindi la mia tecnica è sicuramente sopra la media, ma non ho abitudine alla velocità e non ho un allenamento adeguato per scendere a cannone per lunghi tratti.
Attualmente scio, in tranquillità, per una trentina di volte l’anno tra pista e scialpinismo.
Come molti mi interrogo anch’io sull’opportunità di fare gare di freeride, considerato che la parte free si perde in gran parte.
In effetti, le partecipazioni a gare del genere a mio avviso sono mosse da motivazioni diverse da quelle che ci si aspetta in genere dal free o dallo sci non agonistico.
In gara, almeno per quanto mi riguarda, il piacere della sciata si perde in gran parte. Oggettivamente mi sarei divertito di più andando ai miei ritmi e godendomi i pendii.
Personalmente ho sofferto come un cane per gran parte delle prove. Le mie gambe e il mio fisico hanno urlato pietà mille volte e in alcuni tratti mi sono anche un po’ cag@to sotto per l’eccessiva velocità… ma a dire la verità è proprio questa sofferenza che mi farà ricordare per sempre la mia prima gara di freeride.
La tensione agonistica ti porta a fare cose al di fuori della normalità e a superare limiti e barriere che ognuno di noi ha e che servono a darci sicurezza.
Sono tornato da un paio di giorni e ancora adesso ho l’adrenalina che mi scorre a 1000 nelle vene. Mi è scattata una molla che mi spingerà a superare sempre di più i miei attuali limiti, naturalmente con la testa, per migliorare tecnicamente e fisicamente.
Sci a parte, l’evento ha anche una carica umana e sociale notevole. Quando sei li, ai briefing, nei pre-gara e nelle premiazioni senti di far parte di una tribù. Si ride, si scherza e si condividono le emozioni della discesa con naturalezza con persone delle quali neanche si conosce il nome.
Io ho passato molto tempo con Lorenzo e gli altri del PowderMob e mi sembrava di conoscerli da una vita. Ho avuto anche modo di conoscere Enrico e molti altri.
Probabilmente rimarremo in contatto e ogni tanto ci si incontrerà per condividere qualche sciata e magari si diventerà anche grandi amici. “Solo” per questo è già valsa la pena partecipare al Mont Blanc Freeride!
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