Partiamo Domenica mattina alla volta della Valle d'Aosta, l'eccezionale apertura del Rifugio Capanna Gnifetti nel periodo di chiusura degli impianti ci invoglia nel vedere quelle alte terre senza la consueta ressa estiva o invernale. Giungiamo ad ora di pranzo all'ampio parcheggio di Staffal, in località Gressoney la Trinitè e iniziamo, sci in spalla, a percorrere il sentiero in direzione del Rifugio Gabiet; a circa 2000 metri di quota calziamo gli sci e proseguiamo la salita sulla pista fino all'arrivo della funivia. Da qui abbandoniamo il tracciato e tagliamo, con lungo traverso, in direzione del Weilfsch Gaveno: intercettato il centrovalle, continuiamo in moderata pendenza per l'Orestes Hutte. Proseguiamo, tra facili vallette, verso il Colle di Salza che lasciamo poi sulla sinistra per risalire su diversi ripiani fino circa a quota 3000 dove un lungo traverso porta al pendio sotto ai rifugi. Con un'ultima lunga tirata, siamo in prossimità del Rifugio Gnifetti che, con non facile percorso finale, raggiungiamo sfiancati. Dopo una ricca cena e qualche chiacchera davanti alla stufa, ci buttiamo a letto piuttosto provati dai 1800 metri di dislivello appena compiuti. Le temperature nella notte sfiorano i -10 ma per fortuna le camere sono attrezzate con ottimi piumini e un leggero riscaldamento.
Il mattino di Lunedì ce la prendiamo con calma, una sostanziosa colazione e poi via verso i 4000. La prima parte del percorso verso il Colle del Lys è la più pericolosa per via dei grossi crepacci che tagliano latitudinalmente i pendii. Raggiunto poi il ripiano sotto al Cristo delle Vette, la via si fa più tranquilla e con moderata pendenza, su eterno falsopiano glaciale, arriviamo al suddetto colle, quota 4250 metri. Un'amara sorpresa ci accoglie: le vette principali sono coperte di fitte nuvole. Decidiamo a malincuore di ripiegare verso la cima appena sopra il passo, la Ludwigshohe che vanta la ragguardevole quota di 4344 metri. Picca e ramponi vinciamo un'emozionante cresta ghiacciata e torniamo quindi agli sci, lasciati poco sotto. In quel preciso istante le nuvole si aprono in direzione delle cime del Rosa: passiamo un breve momento di esitazione ma ci lasciamo velocemente sedurre. Torniamo al Colle del Lys e continuiamo la marcia verso la cima. Compiamo dapprima un lungo traverso sotto la punta Parrot e riprendiamo la salita nonostante le forze siano ormai verso la fine: teniamo un passo lento mentre tracciamo su neve talvolta ventata e, con ampio semicerchio, raggiungiamo l'alto pianoro del Colle Gnifetti. Il vento freddo ci sferza il viso e rende la salita ancora più difficoltosa. Poco sotto la rampa, lasciamo gli sci e proeguiamo picca e ramponi in direzione della mèta, ormai a portata di mano. Superato quest'ultimo, non banale, ostacolo, finalmente mettiamo piede sulla Punta Gnifetti, quota 4554 metri, una delle più alte vette alpine su cui sorge l'ambita Capanna Regina Margherita, il più alto rifugio gestito di tutta Europa (chiuso in questo periodo). La vista è impagabile, i 3000 sembrano colline al cospetto di queste cime, persino il Cervino, nella sua severità, pare più piccolo (altezza 4476 metri). Poi la vista corre sulla formidabile nord del Lyskamm, i 4000 svizzeri e infine lontano ma imponente il Re delle Alpi, il Monte Bianco. Ultimo impagabile panorama che balza all'occhio è la spaventosa parete est al di sotto del balcone del rifugio, un salto vertiginoso che sprofonda per 3000 metri verso la Val Sesia.
Abbandoniamo quindi a malincuore questa terra alta: una sfiancante discesa di 2700 metri ci aspetta. Raggiunti gli sci, iniziamo a perdere quota su neve ventata e piuttosto “difficile” dopodichè una sorta di polvere leggermente scaldata ci accompagna fin sotto la Punta Parrot dove dobbiamo ripercorrere un breve tratto di salita verso il Colle del Lys. Sputando l'anima, guadagnamo quei 50 metri e riprendiamo la sciata. Ancora neve ventata ci aspetta sul lungo pendio glaciale mentre, una volta sopra al tratto crepacciato, un timido firn si fa strada. Dobbiamo fare tappa al Rifugio Gnifetti per riprendere alcune cose lasciate al mattino al fine di alleggerire gli zaini: dopo una breve sosta per idratarci, riprendiamo la discesa ora su neve mollata e più interessante. Le condizioni rimangono ottimali fino quasi alle piste dove la coltre inizia ad essere piuttosto marcia. Sono le piste stesse a salvarci permettendoci un'ottima sciata fin a quota 2000 dove, sfiniti, togliamo gli sci e li rimettiamo in zaino. Un ultimo tratto a piedi, quasi come automi inanimati, e raggiungiamo la macchina dove guardiamo verso le alte vette, ora nascoste dalle nuvole. Torniamo stanchissimi da quest'avventura davvero devastante per il fisico ma con nel cuore tante emozioni e ricordi indelebili di seracchi, ghiacciai, pareti, zone ancora così selvagge che sembrano stare in altre dimensioni tanta è ormai la nostra distanza dalla natura, abituati come siamo alla freddezza del nostro mondo antropizzato. Dalla pianura, al tramonto, un ultimo sguardo al gigante Monte Rosa, ora a buon ragione di essere chiamato così, mentre si incendia all'ultima luce del sole radente lasciandoci un'ultima emozionante immagine impressa per sempre nelle nostre menti.(writer Ricky)
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Il mattino di Lunedì ce la prendiamo con calma, una sostanziosa colazione e poi via verso i 4000. La prima parte del percorso verso il Colle del Lys è la più pericolosa per via dei grossi crepacci che tagliano latitudinalmente i pendii. Raggiunto poi il ripiano sotto al Cristo delle Vette, la via si fa più tranquilla e con moderata pendenza, su eterno falsopiano glaciale, arriviamo al suddetto colle, quota 4250 metri. Un'amara sorpresa ci accoglie: le vette principali sono coperte di fitte nuvole. Decidiamo a malincuore di ripiegare verso la cima appena sopra il passo, la Ludwigshohe che vanta la ragguardevole quota di 4344 metri. Picca e ramponi vinciamo un'emozionante cresta ghiacciata e torniamo quindi agli sci, lasciati poco sotto. In quel preciso istante le nuvole si aprono in direzione delle cime del Rosa: passiamo un breve momento di esitazione ma ci lasciamo velocemente sedurre. Torniamo al Colle del Lys e continuiamo la marcia verso la cima. Compiamo dapprima un lungo traverso sotto la punta Parrot e riprendiamo la salita nonostante le forze siano ormai verso la fine: teniamo un passo lento mentre tracciamo su neve talvolta ventata e, con ampio semicerchio, raggiungiamo l'alto pianoro del Colle Gnifetti. Il vento freddo ci sferza il viso e rende la salita ancora più difficoltosa. Poco sotto la rampa, lasciamo gli sci e proeguiamo picca e ramponi in direzione della mèta, ormai a portata di mano. Superato quest'ultimo, non banale, ostacolo, finalmente mettiamo piede sulla Punta Gnifetti, quota 4554 metri, una delle più alte vette alpine su cui sorge l'ambita Capanna Regina Margherita, il più alto rifugio gestito di tutta Europa (chiuso in questo periodo). La vista è impagabile, i 3000 sembrano colline al cospetto di queste cime, persino il Cervino, nella sua severità, pare più piccolo (altezza 4476 metri). Poi la vista corre sulla formidabile nord del Lyskamm, i 4000 svizzeri e infine lontano ma imponente il Re delle Alpi, il Monte Bianco. Ultimo impagabile panorama che balza all'occhio è la spaventosa parete est al di sotto del balcone del rifugio, un salto vertiginoso che sprofonda per 3000 metri verso la Val Sesia.
Abbandoniamo quindi a malincuore questa terra alta: una sfiancante discesa di 2700 metri ci aspetta. Raggiunti gli sci, iniziamo a perdere quota su neve ventata e piuttosto “difficile” dopodichè una sorta di polvere leggermente scaldata ci accompagna fin sotto la Punta Parrot dove dobbiamo ripercorrere un breve tratto di salita verso il Colle del Lys. Sputando l'anima, guadagnamo quei 50 metri e riprendiamo la sciata. Ancora neve ventata ci aspetta sul lungo pendio glaciale mentre, una volta sopra al tratto crepacciato, un timido firn si fa strada. Dobbiamo fare tappa al Rifugio Gnifetti per riprendere alcune cose lasciate al mattino al fine di alleggerire gli zaini: dopo una breve sosta per idratarci, riprendiamo la discesa ora su neve mollata e più interessante. Le condizioni rimangono ottimali fino quasi alle piste dove la coltre inizia ad essere piuttosto marcia. Sono le piste stesse a salvarci permettendoci un'ottima sciata fin a quota 2000 dove, sfiniti, togliamo gli sci e li rimettiamo in zaino. Un ultimo tratto a piedi, quasi come automi inanimati, e raggiungiamo la macchina dove guardiamo verso le alte vette, ora nascoste dalle nuvole. Torniamo stanchissimi da quest'avventura davvero devastante per il fisico ma con nel cuore tante emozioni e ricordi indelebili di seracchi, ghiacciai, pareti, zone ancora così selvagge che sembrano stare in altre dimensioni tanta è ormai la nostra distanza dalla natura, abituati come siamo alla freddezza del nostro mondo antropizzato. Dalla pianura, al tramonto, un ultimo sguardo al gigante Monte Rosa, ora a buon ragione di essere chiamato così, mentre si incendia all'ultima luce del sole radente lasciandoci un'ultima emozionante immagine impressa per sempre nelle nostre menti.(writer Ricky)
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