Dieci cordate salgono sulle Cinque Torri per dire no a nuovi impianti sulle Dolomiti

Chi ha parlato di impiantisti?
Vengono mantenuti da associazioni o "singoli" che campano anche grazie all'indotto generato dagli impianti, perchè se aspettano che li faccia tutti il CAI le stagioni non si aprirebbero mai.
E tu saresti l'esperto...HIHIHI
Ma il punto che evitate come l peste, è che alla maggior parte di questi dimostranti in realtà non interessa nulla dell'ambiente dolomitico.
Loro vorrebbero solo il parco giochi tutto per loro, senza "merenderos" tra le scatole: niente più ore di traffico al ritorno, niente più gente sui sentieri di avvicinamento o ritorno, dormire da soli dentro le camerate dei rifugi, etc. etc.

No, veramente a me pare che sia tu a mancare il punto.

I Merenderos non sono semplicemente una simpatica cornice pittoresca alle passeggiate montane: è proprio il turismo di massa in montagna (e la possibilità di effettuarlo con impianti dappertutto...) ad essere uno dei problemi ambientali più salienti.
I Merenderos non sono innocui, e gli alpinisti cattivi gli danno addosso a caso.
I Merenderos sono parte dei problemi, e per quanto l'alpinista medio abbia piacere a non averli tra le scatole a prescindere dal fatto che creino problemi ambientali, innegabilmente ne creano, e parecchi
 
Ehm..

Mi son tenuto fuori dalla discussione, per ovvi motivi. Ma permettetemi di aggiungere un punto di vista:

Con l'alpinista (scialpinista) squattrinato, che dorme in macchina/van, che si cucina la cena col fornellino, il montanaro non ci vive.

Col merenderos che fa la passeggiata al rifugio, rigorosamente in piano, un po' si.

Col turista settimanale, da all inclusive, che vuole esser viziato e coccolato, ancora meglio.

Deve esserci un equilibrio tra spesa/impatto ecologico e possibilitá di sostentamento di chi vive in montagna.
 
Bisogna rendersi conto che le attività turistiche e sportive in montagna non servono ( principalmente ) a far divertire noi cittadini, servono a creare lavoro e benessere, servono ad impedire che la montagna si spopoli ed è quindi logico che si preferisca un turista che si accontenta del sentierino ben tenuto e poi se fa la magnata al rifugio ad uno che si porta il panino da casa, si avventura su ferrate o vie alpinistiche, poi esagera e bisogna mandare il soccorso alpino a recuperarlo.
Logicamente lo sviluppo turistico ha un costo in termini ambientali ed uno sviluppo eccessivo rischia di essere un boomerang, perchè noi cittadini vogliamo trovare sempre il paesello incantevole, con i gerani alle finestre, le caprette che mi fanno ciao e le belle valligiane con il vestito tipico, il tutto accompagnato da servizi ricettivi di elevata qualità.
E' compito dei locali, amministratori, operatori economici, abitanti, trovare il giusto equilibrio fra sviluppo e tutela del territorio e bisogna ammettere che non sempre ci riescono.
 
Chi ha parlato di impiantisti?
Vengono mantenuti da associazioni o "singoli" che campano anche grazie all'indotto generato dagli impianti, perchè se aspettano che li faccia tutti il CAI le stagioni non si aprirebbero mai.
E tu saresti l'esperto...HIHIHI
Ma il punto che evitate come l peste, è che alla maggior parte di questi dimostranti in realtà non interessa nulla dell'ambiente dolomitico.
Loro vorrebbero solo il parco giochi tutto per loro, senza "merenderos" tra le scatole: niente più ore di traffico al ritorno, niente più gente sui sentieri di avvicinamento o ritorno, dormire da soli dentro le camerate dei rifugi, etc. etc.

Quale indotto generato scusa? Chi mantiene i sentieri ? Volontari ed il CAI che non prendono soldi assolutamente dall’indotto e neppure , purtroppo dalle istituzioni, tant’è che il ripristino dei sentieri post Vaia va a rilento per mancanza di fondi. Che poi i volontari cioè vivano con l’indotto degli impianti non è sempre vero visto che ci sono zone dove gli impianti non generano un grande indotto e ti posso dire che purtroppo le categorie che più guadagnano con gli impianti : albergatori e società impianti non versano un euro per la manutenzione dei sentieri, delle ferrate . Parlo per la gran parte delle Dolomiti che è l’area bellunese. Che l’equilibrio economico in montagna sia complicato lo si sa e passa , a mio avviso, anche da una perdita parziale ed una razionalizzazione del parco impianti di risalita ed un piano di sviluppo il più sostenibile possibile ed una visione a lunghissimo tempo. Purtroppo le forze economiche e politiche in gioco non lo hanno ancora capito .
 
Ehm..

Mi son tenuto fuori dalla discussione, per ovvi motivi. Ma permettetemi di aggiungere un punto di vista:

Con l'alpinista (scialpinista) squattrinato, che dorme in macchina/van, che si cucina la cena col fornellino, il montanaro non ci vive.

Col merenderos che fa la passeggiata al rifugio, rigorosamente in piano, un po' si.

Col turista settimanale, da all inclusive, che vuole esser viziato e coccolato, ancora meglio.

Deve esserci un equilibrio tra spesa/impatto ecologico e possibilitá di sostentamento di chi vive in montagna.


Quello che dici è vero e sacrosanto: io non sostengo affatto che vadano estirpati tutti gli impianti di risalita possibili ed immaginabili, e abbattuti i casermoni anni 60. Mi pare però che, allo stato attuale delle cose il bilanciamento tra impatto ecologico e possibilità di sostentamento sia drammaticamente spostato verso il secondo, quindi vedo sempre di buon occhio le prese di posizione, anche estreme, contro uno sviluppo che distrugge l'ambiente.


L'altra riflessione che vorrei proporre è, al netto di tutto, quanto "lascia" davvero sul territorio il merendero, o l'alpinista, o il settimanabianchista?

Penso in modo particolare al merendero vs alpinista: se al secondo bastano vie in grazia di dio e sentieri di accesso altrettanto sicuri, per i secondi cosa serve?.

Facendo un esempio che conosco molto da vicino... Skyway è in attivo? Quando lo sarà? E anche se lo fosse in senso finanziario, se (come dovrebbe essere...) fossero costretti ad internalizzare i costi ambientali generati da un'opera così mastodontica e impattante, quando mai lo sarà?

O, anche prescindendo da questioni economiche, è giusto snaturare dei luoghi perchè il turismo di massa ne ha bisogno?
 

.

Questione lunga e complessa da dirimere, credo non basterebbe un post dedicato.

Sulla redditività dei comprensori sciistici:

In generale chi si avvicina al mondo degli impianti da sci, provenendo da altri settori economici, finisce sempre col valutare positivamente o negativamente l'impresa solo dal punto di vista della redditività ovvero dei dividendi.
Semplificando molto, si parte dall'idea che chi fa l'imipiantista, a fine stagione, tirando una riga sotto ai costi e ai ricavi, debba ottenere dall'esercizio l'introito che si prefiggeva all'inizio, quando ha deciso di investire.

Ma l'introito diretto, in termini di utile, rapportato al capitale investito è piuttosto risicato nei comprensori medio-piccoli.
Sotto una dimensione critica, non sono possibili economie di scala e il costo del personale, delle attrezzature (pensate solo agli ammortamenti dei battipista) e dell'energia diventa difficile da sostenere.
Sopra quella dimensione, invece, si hanno progressivamente risultati economici anche importanti.
Chi frequenta la VDA e il Piemonte, ad esempio, ha ben presente quanto margine realizza Cervinia e quanto sia in difficoltà Argentera (tanto per fare due esempi agli antipodi).
Ecco che ciò spinge gli "impiantisti puri" a spingere sempre di più l'acceleratore sui grandi comprensori, sulle economie di scala, sui megacollegamenti.


Il modello che si sta radicando in AA e in Austria, invece, è ben diverso ed è MOLTO più articolato.
Il comprensorio sciistico viene valutato nel complesso, facendo un bilancio tra introiti diretti, legati alla gestione degli impianti, e indiretti, legati a tutto l'indotto che ruota attorno (ristorazione, alberghi, attività collaterali).
Non solo. La proprietà della società esercente è spesso divisa tra soggetti economici del territorio, spesso titolari di quelle attività che ne beneficiano indirettamente, tipicamente gli albergatori.
Ecco che la gestione economica diventa COMPLETAMENTE diversa.

Se guardate i bilanci delle società dell'AA vi accorgerete che spesso gli utili, i dividendi, sono praticamente nulli.
Le voci di ammortamento degli impianti e i costi vivi (personale ed energia) coprono quasi completamente i ricavi.
E allora chi glielo fa fare? Con gli occhi di un investitore, il gioco non vale la candela.
Ma con gli occhi di chi vive sul territorio, la faccenda è completamente diversa.
Se a fine stagione non hai fatto utile, chiudi in pari, hai comunque distribuito a tutti gli addetti uno stipendio. Hai comunque distribuito ricchezza sul territorio.
Hai comunque fatto girare gli alberghi e i ristoranti. Hai comunque tenuto in vita la comunità.
E se le cose cominciano ad andare davvero bene, invece di fare dividendi che vanno in qualche fondo di investimento, re-investi nella sostituzione con impianti più veloci/confortevoli, cannoni più performanti, nuovi battipista e cerchi di mantenere elevata l'offerta.
Qui periodicamente compare il report di Racines. E periodicamente qualcuno si stupisce della grandissima cura nella gestione, in primis della battitura.
Guardate la flotta di battipista di Racines, in rapporto ai km di piste, guardate il bilancio dell'anno scorso, e datevi una risposta.

E la cosa interessante di questo approccio è che non necessariamente devi inseguire il comprensorio faraonico per sopravvivere.


Per quanto riguarda il turismo legato al turismo invernale "slow", alle attività che non richiedono pesanti infrastrutture (escursionismo invernale, skialp, turismo enogastronomico) anche qui AA e Austria hanno da tempo trovato la quadra.
Gli operatori turistici si son resi conto che tutte queste attività "virtuose" nascono e si sviluppano stabilmente sempre (e solo) attorno il richiamo dello sci.
Sia chiaro, non è necessario avere in casa il Plan per vedere arrivare i ciaspolatori, ANZI.
Tutta la Ridanna vive del richiamo di Racines, pur avendo solo uno skilift, e ha potuto specializzarsi proprio per un'offerta "alternativa".
C'è l'escursione con le ciaspe in malga, c'è l'anello di fondo/triatlon, ci sono gli alberghi con il wellness e la cucina "quasi stellata".

Ma sempre sul forum, cercate altre perle di questa offerta integrata.
Mi viene in mente la Val Sarentino, la Val d'Ultimo, la Valle Aurina, la Val Passiria...
Se parliamo di Austria, basta aprire la cartina e puntare il dito in Stiria, per trovare il comprensorio da 2 max 3 impianti, con una neve spettacolare e la risalita skialp ben segnata sulla skimap.


Insomma, A PARER MIO, impianti e sviluppo sostenibile NON sono incompatibili per principio.

Lo sono in tutte quelle realtà in cui l'impiantista fa solo l'impiantista, e cascasse il mondo a lui frega solo dell'utile che accantona.
L'albergatore fa solo l'albergatore, pretende di aprire la porta e trovare la fila davanti. E se la fila non c'è perchè non c'è offerta, magari perchè tutta la filiera è in sofferenza, a partire dagli impianti, urla e strepita, ma di cacciare un euro e rimboccarsi le maniche non se ne parla.
 
Ultima modifica:
Venti minuti di scroscianti applausi per Harlock. Intervento più che completo e hai disegnato una idea ben precisa di turismo che in diverse occasioni ho cercato di spiegare ad altre persone senza riuscirci.

Quando alberghi, ristoranti, impianti, associazioni alpine cercano di creare introito e guadagno per la comunità si innesca un processo virtuoso. In Alta Badia posso garantire che l'associazione turistica (il marchio Alta Badia) che riunisce sotto di se diversi caroselli sciistici (Santa Croce, La Villa, Corvara-Colfosco ecc. che in realtà afferiscono a società diverse) cerca di creare introito per tutti. Se da un lato investe massicciamente sulla nuova cisterna naturale del Campolongo dall'altro investe nella cartellonistica e la sistemazione dei sentieri, se da un lato rinnova la Borest dall'altro stipendia un gattista per battere i sentieri per i ciaspolatori. Anche perché solo un turismo diversificato è la risposta corretta a dei tempi incerti (vedremo questo anno come va).

In alcuni casi è vero che l'area sciistica è slegata dal consorzio turistico (Speikboden e Valle Aurina) ma non per questo non collaborano. In altri casi il consorzio turistico gestisce anche le aree sciistiche (Alta Badia, Plan de Corones, Val Gardena...). Ma è chiaro a tutti che il turismo è sano solo quando è una macchina sistemica.

Faccio un esempio in senso inverso, avendoci avuto marginalmente a che fare per un laboratorio universitario: Padova... Potrebbe presentare una offerta turistica interessantissima. Un "pacchetto" completo. Vai dall'arte della Città, ai percorsi enogastronomici e naturalistici dei colli Euganei, al complesso termale più vasto d'Europa (Abano). Potrebbe puntare ad una promozione e ad un marketing anche all'estero per attirare ogni sorta di visitatore. Eppure da anni le rispettive associazioni turistiche passano il tempo e investono a farsi competizione fra loro e i reiterati obiettivi di creare un marchio ombrello, o per lo meno un consorzio turistico articolato e sovracomunale è impossibile. Perché l'acqua va sempre tirata al proprio mulino.
 
Top