rbodini
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In questo inverno avaro di neve qui al nordest ogni spiraglio di opportunità per godere di un po’ di polvere va colto al volo. E con le ultime perturbazioni in Austria c’erano buone possibilità di trovare qualcosa sulle creste di confine, anche se il vento ha fatto un bel po’ di danni. Certo bisogna mettersi nell’ordine di idee di andarsela a cercare con le pelli, ma devo dire che quest’anno ho comunque più voglia di sci alpinismo che di girare con gli impianti.
Ragion per cui già dallo scorso weekend mi ero sentito con Davide (davidegiro qui sul forum) per vedere se si riusciva a combinare qualcosa, e sabato per fortuna siamo riusciti a trovare l’incastro giusto. Per la scelta della meta mi affido a Davide che ne sa molto più di me e ha un gran fiuto: Val di Fleres, Punta Elles o Monte Muro, poi vediamo quando siamo li. Piccolo particolare, sono gite sui 1300 m di dislivello con un discreto sviluppo, e io in salita sono una pippa. Ci sarà da soffrire...
Il posto è senz’altro gettonato, e quando arriviamo verso le 8 il parcheggio è già quasi pieno. Ma per fortuna gli spazi sono ampi e la gente si disperde abbastanza.
Partiamo sotto la mole imponente e dolomitica del Tribulaun (un nome un programma...). Dall’alto dei suoi 3.000 e rotti il suo sguardo severo ci accompagnerà per tutta la gita.
Dopo un bel pezzo di forestale finalmente usciamo dal bosco e cominciamo a goderci il panorama. Capiamo subito che le condizioni della neve sono ben al di sopra delle nostre aspettative, che a dire la verità non erano particolarmente alte.
Alla fine decidiamo per punta Elles: eccola là in fondo. Molto in fondo. Troppo in fondo considerato che le mie gambe cominciano già a dare qualche segno di scompenso.
Ed ecco una bella rampetta per darmi il colpo di grazia. A un certo punto mi supera perfino una signora di mezza età (ad essere generosi) che saliva con degli sci vetusti con attacchi silvretta o simili. Il clack clack dei suoi passi mentre mi passa davanti mi risuona ancora nella testa come somma presa per il sedere.
Per fortuna che Davide, che ha molta più gamba e fiato di me, è un tipo paziente...
E quando ormai stavo per crollare definitivamente arrivo all’agognata sella sotto al cima e la vista sulla val Ridanna e le vette circostanti mi ridà un po’ di carica.
Mi sarei anche fermato lì, ma ormai manca talmente poco alla vetta che pare un peccato lasciare l’opera incompiuta. E quindi via per l’ultimo pezzo di cresta fino in cima.
I panorami ripagano della fatica.
Un ultimo sguardo alla traccia di salita, con le dolomiti sullo sfondo...
... e il pensiero va già alla discesa che ci aspetta:
Piccola nota a margine: ormai la mia esperienza scialpinistica è abbastanza consolidata da poter essere riassunta in questi cinque passaggi, a prescindere dalla gita:
Ma è solo dopo aver agganciato gli attacchi per la discesa che scatta il sorriso a 32 denti e l’idea che finalmente ci si diverte per davvero.
Soprattutto se come oggi la neve promette mooolto bene:
E infatti... pronti, via!
La signora di prima non so dov’è finita ma adesso non mi supera di sicuro... Tiè!
E che figata di condizioni, erano due mesi che aspettavo una neve così.
Breve studio sociologico: indovinate quali sono le nostre tracce? Poi qualcuno mi spiegherà il piacere degli amici scialpinisti di intrupparsi tutti sulla stessa traccia di discesa...
Condizioni da spremere fino all’ultima curva, alla ricerca di fazzoletti intonsi fin sopra alla macchina.
E poi di nuovo verso casa. La fatica è già un ricordo, la discesa ha cancellato tutto. Lo rifarei anche domani.
Se solo riuscissi a scendere dal letto.
Ragion per cui già dallo scorso weekend mi ero sentito con Davide (davidegiro qui sul forum) per vedere se si riusciva a combinare qualcosa, e sabato per fortuna siamo riusciti a trovare l’incastro giusto. Per la scelta della meta mi affido a Davide che ne sa molto più di me e ha un gran fiuto: Val di Fleres, Punta Elles o Monte Muro, poi vediamo quando siamo li. Piccolo particolare, sono gite sui 1300 m di dislivello con un discreto sviluppo, e io in salita sono una pippa. Ci sarà da soffrire...
Il posto è senz’altro gettonato, e quando arriviamo verso le 8 il parcheggio è già quasi pieno. Ma per fortuna gli spazi sono ampi e la gente si disperde abbastanza.
Partiamo sotto la mole imponente e dolomitica del Tribulaun (un nome un programma...). Dall’alto dei suoi 3.000 e rotti il suo sguardo severo ci accompagnerà per tutta la gita.
Dopo un bel pezzo di forestale finalmente usciamo dal bosco e cominciamo a goderci il panorama. Capiamo subito che le condizioni della neve sono ben al di sopra delle nostre aspettative, che a dire la verità non erano particolarmente alte.
Alla fine decidiamo per punta Elles: eccola là in fondo. Molto in fondo. Troppo in fondo considerato che le mie gambe cominciano già a dare qualche segno di scompenso.
Ed ecco una bella rampetta per darmi il colpo di grazia. A un certo punto mi supera perfino una signora di mezza età (ad essere generosi) che saliva con degli sci vetusti con attacchi silvretta o simili. Il clack clack dei suoi passi mentre mi passa davanti mi risuona ancora nella testa come somma presa per il sedere.
Per fortuna che Davide, che ha molta più gamba e fiato di me, è un tipo paziente...
E quando ormai stavo per crollare definitivamente arrivo all’agognata sella sotto al cima e la vista sulla val Ridanna e le vette circostanti mi ridà un po’ di carica.
Mi sarei anche fermato lì, ma ormai manca talmente poco alla vetta che pare un peccato lasciare l’opera incompiuta. E quindi via per l’ultimo pezzo di cresta fino in cima.
I panorami ripagano della fatica.
Un ultimo sguardo alla traccia di salita, con le dolomiti sullo sfondo...
... e il pensiero va già alla discesa che ci aspetta:
Piccola nota a margine: ormai la mia esperienza scialpinistica è abbastanza consolidata da poter essere riassunta in questi cinque passaggi, a prescindere dalla gita:
- Dopo cinque minuti dalla partenza: “che figata lo scialpinismo, che quiete, solo noi, la montagna e il frusciare delle pelli. Adoro questo sport.”
- Dopo un’ora dalla partenza: “vacca boia che fatica ma chi me l’ha fatto fare”
- Dopo due ore dalla partenza: “voglio morire, uccidetemi per favore”
- Dopo tre ore dalla partenza: visioni mistiche di vario tipo (da cui il titolo del report, per chi se lo stesse chiedendo)
- In vetta (dopo almeno due barrette energetiche per uscire dal coma): “che figata, sono felice come un bambino”.
Ma è solo dopo aver agganciato gli attacchi per la discesa che scatta il sorriso a 32 denti e l’idea che finalmente ci si diverte per davvero.
Soprattutto se come oggi la neve promette mooolto bene:
E infatti... pronti, via!
La signora di prima non so dov’è finita ma adesso non mi supera di sicuro... Tiè!
E che figata di condizioni, erano due mesi che aspettavo una neve così.
Breve studio sociologico: indovinate quali sono le nostre tracce? Poi qualcuno mi spiegherà il piacere degli amici scialpinisti di intrupparsi tutti sulla stessa traccia di discesa...
Condizioni da spremere fino all’ultima curva, alla ricerca di fazzoletti intonsi fin sopra alla macchina.
E poi di nuovo verso casa. La fatica è già un ricordo, la discesa ha cancellato tutto. Lo rifarei anche domani.
Se solo riuscissi a scendere dal letto.