Ancora Patagonia. «Alex grandi mani», al secolo Alex Honnold, interpreta quella «fine del mondo» irta di graniti incappucciati di ghiaccio come la sua palestra alpinistica. Un febbraio in cui ha seguito «il boss dell’alpinismo», come lo ha definito lui stesso, cioè Colin Haley, sul Cerro Piergiorgio e nell’incredibile corsa in un giorno su tre Aguje, la Guillaumet, la Mermoz e la Val Biois. Poi si è preso una giornata tutta per lui. E’ come sparito. Ed è stata impresa. In 12 ore è salito sull’Aguja de l’S che si alza per 900 metri fino a quota 2.330. A El Chalten, la capitale patagonica dell’alpinismo, gli amici, quando hanno letto che cosa aveva fatto, hanno risposto: «Ti pensavamo perso. Sei una leggenda».
Lui, Alex, racconta senza tanta enfasi che il piede dell’Aguja era pieno di sole, ma poi la nube lo ha avvolto, con vento, neve e ghiaccio in parete. Tutto ciò che non ha mai amato. Era sulla faccia Ovest, lungo una via aperta nel 2004 da due inglesi, Kevin Thaw e Leo Houlding e un americano, Cedar Wright. Ed è proprio Cedar che scrive ciò che Honnold tralascia: «E’ salito senza corda e con il verglass». Significa che sul granito si era formato un velo trasparente e che Alex, in solitudine e senza corda ha voluto ritrovare se stesso, arrampicare in libertà.
Aderenza e forza di dita e palmi di straordinaria grandezza: tecnica inarrivabile. Di rischio meglio neppure parlare. Uno che ha firmato «Free solo», altri 900 metri sul El Capitan senza alcun tipo di assicurazione, non può che conviverci. Per la «S» ha impiegato dodici ore per colmare una distanza a piedi di quasi 39 chilometri, salire la difficile parete di 900 metri, scendere sul versante opposto e tornare «a casa», a El Chalten. Alla fine del suo scritto «Alex grandi mani», dopo aver ricordato in cifre quanto compiuto, scrive: «Che giornata!».
La sua prima volta in cima all’Aguja de l’S è stato nel 2014, quando con il suo grande amico Tommy Caldwell ha compiuto l’attraversata completa del massiccio del Fitz Roy: cinque chilometri di arrampicata fra creste e pareti che sono state premiate con l’Oscar dell’alpinismo, il Piolet d’or.
L’Oscar più famoso, quello del cinema, Honnold lo ha alzato a Hollywood proprio grazie al documentario «Free solo». Immagini che hanno suscitato meraviglia mista a paura: vedere Alex arrampicare su una parete verticale con appigli minuscoli e senza possibilità di salvezza in caso di errore, ha fatto comprendere fino a che punto Honnold ha alzato l’asticella del rischio. Gli amici, Caldwell per primo, si augurano che «Alex smetta di scalare in quel modo». Per lui sono «momenti di sogno, di libertà, in cui sento la vita».