sorpasso a 5 stelle

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in effetti hai ragione..la tabella che ho postato prima era un filo vecchia..infatti in quel momento eravate ancora al 23% invece che al 15%..spero di non essere sanzionato,,:TTTT

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Hai anche le intenzioni di voto per fasce di studio e per reddito dichiarato?

di poco tempo fa.

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certo che ci date col voto dei pensionati...finchè durano le feste dell'unità state a galla..solo che non vivono in eterno..non ce la fate a tenere il 15%HIHIHI

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ho capito che vuoi fare passare l'elettorato del m5s per ignorante e rozzo e il tuo per intellettuale e ricco ma non è proprio così automatico..il dato del m5s tra imprenditori e studenti è notevole..e addirittura anche tra i lavoratori dipendenti feudo tradizonale della sinistra..io poi fossi nel pd mi compiacerei per il dato dei disoccupati..indubbiamente il jobs act ha dato i suoi frutti,,:D
 
le riforme del bomba, quelle belle !!! HIHIHI


Lavoro
Licenziamenti, la Consulta boccia il Jobs Act


La Corte costituzionale: l'indennità crescente per la sola anzianità di servizio è "contraria ai princìpi di ragionevolezza e di uguaglianza e contrasta con il diritto e la tutela". Camusso: importante e positivo, ora ripristinare e allargare l'articolo 18

La Corte costituzionale ha dichiarato illegittimo l'articolo 3, comma 1, del decreto legislativo 23/2015 sul contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, ovvero il Jobs Act, nella parte che determina in modo rigido l'indennità spettante al lavoratore ingiustificatamente licenziato. Lo riferiscono le agenzie di stampa. Il capitolo sull'indennità non è stato modificato dal “decreto dignità” dell'attuale governo.

In particolare, secondo la Corte, la previsione di un'indennità crescente in ragione della sola anzianità di servizio del lavoratore è “contraria ai princìpi di ragionevolezza e di uguaglianza e contrasta con il diritto e la tutela del lavoro” sanciti dagli articoli 4 e 35 della Costituzione. La sentenza sarà depositata nelle prossime settimane.

La bocciatura arriva “su ricorso di una lavoratrice sostenuto dalla Cgil”, è il primo commento del sindacato di corso d'Italia su twitter: “Una delle nostre tante azioni di contrasto al Jobs Act”.

“Dalla Corte Costituzionale è arrivata una decisione importante e positiva, che dichiara illegittimo il criterio di determinazione dell'indennità di licenziamento come previsto dal Jobs Act sulle tutele crescenti e non modificato nell'intervento del decreto dignità. Nelle prossime settimane avremo modo di commentare nel dettaglio la decisione, tuttavia quanto stabilito oggi dalla Corte, a seguito di un rinvio del Tribunale di Roma su una causa per licenziamento illegittimo promossa dalla Cgil, è un segnale importante per la tutela della dignità dei lavoratori”. Così il segretario generale, Susanna Camusso.

“Un sistema - sottolinea la leader della Cgil - irragionevole e ingiusto, che calpesta la dignità del lavoro e che permette di quantificare preventivamente il costo che un’azienda deve sostenere per ‘liberarsi’ di un lavoratore senza avere fondate e reali motivazioni. Vale a dire quello che potremmo definire la rigida monetizzazione di un atto illegittimo".

Quanto stabilito oggi dalla Corte Costituzionale, a suo avviso, "può e deve riaprire una discussione più complessiva sulle tutele in caso di licenziamento illegittimo per le quali, per la Cgil, è fondamentale il ripristino e l'allargamento della tutela dell'articolo 18. Come proposto nella ‘Carta dei diritti’, non è rinviabile la definizione di un sistema solido e universale di tutele nel lavoro, superando la logica sbagliata che ha guidato le riforme del mercato del lavoro degli ultimi anni, ultima il Jobs Act, che hanno attaccato il sistema delle tutele e dei diritti, svilendo il ruolo del lavoro nel nostro Paese”.

La Corte costituzionale ha dichiarato illegittimo l’articolo 3 comma 1 del decreto legislativo n 23/2015 sul contratto di lavoro a tutele crescenti che definisce in modo rigido l’indennità spettante al lavoratore ingiustamente licenziato. La previsione di una indennità “risarcitoria” crescente in ragione della sola anzianità di servizio è secondo la Consulta contraria ai principi di ragionevolezza e di uguaglianza e contrasta con il diritto e la tutela del lavoro sanciti dagli articoli 4 e 35 della Costituzione. In parole povere uno dei cardini del cosiddetto Jobs Act è, secondo i giudici della Suprema Corte, incostituzionale.

IL RICORSO

La vertenza riguarda il licenziamento di una pasticcera che si era rivolta agli uffici della Cgil di Roma Nord, dopo essere stata allontanata dal posto di lavoro nel dicembre del 2015 per motivi economici. Dopo l’impugnativa del licenziamento, l’azienda ha disertato le convocazioni formali, e i legali, Carlo De Marchis e Amos Andreoni, che assistevano la lavoratrice ne hanno chiesto la reintegra. Lo rende noto la Filcams.

Il giudice ha fatto una ordinanza di sospensione che ha consentito così il ricorso alla Corte. Il pronunciamento della Corte Costituzionale ha ritenuto fondato il ricorso sostenendo che la rigidità della quantificazione economica della indennità risarcitoria legata esclusivamente alla anzianità di servizio (introdotta dal Jobs Act) contrasta con il riconoscimento del diritto al lavoro, alla sua tutela, e alla promozione delle condizioni che rendano effettivo questo diritto previsti dall’articolo 4 e dall’articolo 35 della Carta Costituzionale.

La riforma voluta del governo Renzi ha di fatto impedito al giudice di entrare nel merito di ogni singolo contenzioso legato al licenziamento del lavoratore, ivi compreso il comportamento delle parti. Il ruolo della magistratura viene ridotto ad un semplice assolvimento burocratico e privato della facoltà di effettuare valutazioni in base alla specificità di ogni singolo caso.

“Riteniamo questa sentenza di assoluta rilevanza perché conferma il giudizio negativo che come Filcams e come Cgil abbiamo fin da subito espresso, rispetto ad una norma iniqua che pone il lavoratore alla mercè del datore di lavoro, impedendo anche alla magistratura di compiere appieno il suo compito di valutazione dei fatti. Un primo passo verso la riassegnazione del valore di dignità e tutela del lavoro è stato compiuto. Questo passo si va ad aggiungere a quelli che tramite accordi collettivi hanno difeso l’articolo 18 e di cui la nostra categoria, a partire dal settore degli appalti e del turismo, si è resa protagonista in questi anni.” Lo dichiara Cristian Sesena, segretario nazionale responsabile del mercato del lavoro e del settore turismo pubblici esercizi.
 
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Lavoro
Licenziamenti, la Consulta boccia il Jobs Act


La Corte costituzionale: l'indennità crescente per la sola anzianità di servizio è "contraria ai princìpi di ragionevolezza e di uguaglianza e contrasta con il diritto e la tutela". Camusso: importante e positivo, ora ripristinare e allargare l'articolo 18

La Corte costituzionale ha dichiarato illegittimo l'articolo 3, comma 1, del decreto legislativo 23/2015 sul contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, ovvero il Jobs Act, nella parte che determina in modo rigido l'indennità spettante al lavoratore ingiustificatamente licenziato. Lo riferiscono le agenzie di stampa. Il capitolo sull'indennità non è stato modificato dal “decreto dignità” dell'attuale governo.

In particolare, secondo la Corte, la previsione di un'indennità crescente in ragione della sola anzianità di servizio del lavoratore è “contraria ai princìpi di ragionevolezza e di uguaglianza e contrasta con il diritto e la tutela del lavoro” sanciti dagli articoli 4 e 35 della Costituzione. La sentenza sarà depositata nelle prossime settimane.

La bocciatura arriva “su ricorso di una lavoratrice sostenuto dalla Cgil”, è il primo commento del sindacato di corso d'Italia su twitter: “Una delle nostre tante azioni di contrasto al Jobs Act”.

“Dalla Corte Costituzionale è arrivata una decisione importante e positiva, che dichiara illegittimo il criterio di determinazione dell'indennità di licenziamento come previsto dal Jobs Act sulle tutele crescenti e non modificato nell'intervento del decreto dignità. Nelle prossime settimane avremo modo di commentare nel dettaglio la decisione, tuttavia quanto stabilito oggi dalla Corte, a seguito di un rinvio del Tribunale di Roma su una causa per licenziamento illegittimo promossa dalla Cgil, è un segnale importante per la tutela della dignità dei lavoratori”. Così il segretario generale, Susanna Camusso.

“Un sistema - sottolinea la leader della Cgil - irragionevole e ingiusto, che calpesta la dignità del lavoro e che permette di quantificare preventivamente il costo che un’azienda deve sostenere per ‘liberarsi’ di un lavoratore senza avere fondate e reali motivazioni. Vale a dire quello che potremmo definire la rigida monetizzazione di un atto illegittimo".

Quanto stabilito oggi dalla Corte Costituzionale, a suo avviso, "può e deve riaprire una discussione più complessiva sulle tutele in caso di licenziamento illegittimo per le quali, per la Cgil, è fondamentale il ripristino e l'allargamento della tutela dell'articolo 18. Come proposto nella ‘Carta dei diritti’, non è rinviabile la definizione di un sistema solido e universale di tutele nel lavoro, superando la logica sbagliata che ha guidato le riforme del mercato del lavoro degli ultimi anni, ultima il Jobs Act, che hanno attaccato il sistema delle tutele e dei diritti, svilendo il ruolo del lavoro nel nostro Paese”.

La Corte costituzionale ha dichiarato illegittimo l’articolo 3 comma 1 del decreto legislativo n 23/2015 sul contratto di lavoro a tutele crescenti che definisce in modo rigido l’indennità spettante al lavoratore ingiustamente licenziato. La previsione di una indennità “risarcitoria” crescente in ragione della sola anzianità di servizio è secondo la Consulta contraria ai principi di ragionevolezza e di uguaglianza e contrasta con il diritto e la tutela del lavoro sanciti dagli articoli 4 e 35 della Costituzione. In parole povere uno dei cardini del cosiddetto Jobs Act è, secondo i giudici della Suprema Corte, incostituzionale.

IL RICORSO

La vertenza riguarda il licenziamento di una pasticcera che si era rivolta agli uffici della Cgil di Roma Nord, dopo essere stata allontanata dal posto di lavoro nel dicembre del 2015 per motivi economici. Dopo l’impugnativa del licenziamento, l’azienda ha disertato le convocazioni formali, e i legali, Carlo De Marchis e Amos Andreoni, che assistevano la lavoratrice ne hanno chiesto la reintegra. Lo rende noto la Filcams.

Il giudice ha fatto una ordinanza di sospensione che ha consentito così il ricorso alla Corte. Il pronunciamento della Corte Costituzionale ha ritenuto fondato il ricorso sostenendo che la rigidità della quantificazione economica della indennità risarcitoria legata esclusivamente alla anzianità di servizio (introdotta dal Jobs Act) contrasta con il riconoscimento del diritto al lavoro, alla sua tutela, e alla promozione delle condizioni che rendano effettivo questo diritto previsti dall’articolo 4 e dall’articolo 35 della Carta Costituzionale.

La riforma voluta del governo Renzi ha di fatto impedito al giudice di entrare nel merito di ogni singolo contenzioso legato al licenziamento del lavoratore, ivi compreso il comportamento delle parti. Il ruolo della magistratura viene ridotto ad un semplice assolvimento burocratico e privato della facoltà di effettuare valutazioni in base alla specificità di ogni singolo caso.

“Riteniamo questa sentenza di assoluta rilevanza perché conferma il giudizio negativo che come Filcams e come Cgil abbiamo fin da subito espresso, rispetto ad una norma iniqua che pone il lavoratore alla mercè del datore di lavoro, impedendo anche alla magistratura di compiere appieno il suo compito di valutazione dei fatti. Un primo passo verso la riassegnazione del valore di dignità e tutela del lavoro è stato compiuto. Questo passo si va ad aggiungere a quelli che tramite accordi collettivi hanno difeso l’articolo 18 e di cui la nostra categoria, a partire dal settore degli appalti e del turismo, si è resa protagonista in questi anni.” Lo dichiara Cristian Sesena, segretario nazionale responsabile del mercato del lavoro e del settore turismo pubblici esercizi.

La cosa più bella è che essendo loro dei grandi statisti che non tengono conto dei sondaggi si sono ovviamente ben guardati dall'applicare la normativa al settore pubblico serbatoio di numerosi voti..proprio là dove eventualmente ci sarebbe stato bisogno di un pò di licenziabilità dato che non si riesce a licenziare gente che invece che lavorare va al mare ( difficilmente lo fai nel privato) per rimpiazzare questi fankazzisti statali magari con nuovi giovani volenterosi
Percui per i nostri fenomeni vale il ragionamento..se un imprenditore per i suoi tiramenti decide di far fuori un lavoratore lo può fare.. un ente pubblico che ha un dipendente improduttivo o in sovrannumero invece deve tenerselo tutta la vita..con la differenza che diversamente del privato questo è pure a carico dello stato.
Non sono meravigliosamente coerenti e logici?

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I dati del trionfo del jobs act..come promesso e sostenuto dai renziani tutti ad assumere a tempo indeterminato dopo che è stato tolto l'art 18..la tutela che bloccava le assunzioni stabili..
Hanno reso precari milioni di lavoratori per niente..per ottenere questo risultato potevano limitarsi ad incoraggiare direttamente i contratti a termine senza esporre a rischi di abusi tutti i nuovi assunti..ma questi volevano far vedere ai sindacati e ai lavoratori quanto ce l'avevano grosso nell'andare contro tutti e contro tutto..poi il bello che hanno creato più occupati over 50 e calato tra le altre classi..un provvedimento che serviva ad assumere a termpo indeterminato sopratutto giovani è riuscito solo a far aumentare i contratti (perlopiù a termine) nelle classi di età più vecchie..applausi.

Forte aumento degli inattivi. Nuovo record per il lavoro a termine

I numeri della crescita occupazionale sono legati, soprattutto, all’incremento dei contratti a termine (+12,6%). Rispetto all’agosto 2017 l’aumento si è infatti concentrata nel lavoro a tempo determinato, con 351.000 unità in più, a fronte dei 49 mila occupati dipendenti in meno con un posto di lavoro stabile.
Oltre al trionfo dei contratti a termin ad agosto sono cresciuti coloro che sono usciti dal mercato del lavoro: si stima un aumento degli inattivi tra i 15 e i 64 anni (+0,3%, pari a +46 mila unità). Il tasso di inattività sale così al 34,5%, una quota molto alta rispetto agli altri paesi. Nell’anno, poi aumentano gli occupati ultracinquantenni (+393 mila), mentre calano nelle altre classi d’età. Il tasso di disoccupazione dei giovani tra 15 e 24 anni è del 31%. Una soglia non più sostenibile, che non si riesce a ridurre se mancano e sono poco praticati provvedimenti specifici per l’occupazione delle giovani generazioni.
 
Ultima modifica:
Il capogruppo del Carroccio alla Camera, Riccardo Molinari, uscendo da Palazzo Chigi, se la prende con il reddito di cittadinanza, provvedimento bandiera dei pentastellati. "Tutto il caos dei mercati nasce dal reddito di cittadinanza - dice - che ancora non si sa cosa sia. Le varie ipotesi di flat tax e quota cento sono state studiate con diverse declinazioni invece l'elemento che manca di capire è in cosa consiste il reddito di cittadinanza: la platea, quale sarà il meccanismo

e ora come si spiegano i festeggiamenti dal balcone, ?
 
Il capogruppo del Carroccio alla Camera, Riccardo Molinari, uscendo da Palazzo Chigi, se la prende con il reddito di cittadinanza, provvedimento bandiera dei pentastellati. "Tutto il caos dei mercati nasce dal reddito di cittadinanza - dice - che ancora non si sa cosa sia. Le varie ipotesi di flat tax e quota cento sono state studiate con diverse declinazioni invece l'elemento che manca di capire è in cosa consiste il reddito di cittadinanza: la platea, quale sarà il meccanismo

e ora come si spiegano i festeggiamenti dal balcone, ?

oddio..non credo neppure che i mercati faranno festa per la flat tax quando verrà applicata dato che ha come impatto di breve termine un forte calo del gettito e una scommessa di incremento nel medio-lungo...potevano evitarsi ambo i provvedimenti..non condivido nessuno dei 2 francamente..peggiorano i conti con benefici tutti da dimostrare..riforma fornero e aumento pensioni minime era già un bel passo per iniziare..condivisibile tra l'altro.,purtroppo come sempre governi esenti da caxxate non ci sono..i renziani si sono affossati sul jobs act,questi si impiccano a reddito di cittadinanza e flat tax..assistenzialismo di dubbio effetto e riforma fiscale radicale al contrario..e rischiano di pagarla cara alla lunga.
Come rovinare finanziarie e governi incaponendosi su provvedimenti bandiera inutili o dannosi..prima renzi e ora sti due..non riusciamo ad avere un governo che lavori con testa ed equilibrio,senza contrasti sociali alla renzi e redistribuendo risorse senza compromettere troppo i conti alla di maio-salvini..con la testa di questi 3 non se ne fa una.
O i seguaci della liberismo selvaggio,della precarietà, e del contrasto sociale /o i redistributori di ricchezza troppo assistenziali/ oppure i redistributori al contrario..verso l'alto invece che verso il basso e buonanotte ai consumi.
La scelta delle 3 carte..becca quella giusta se ci riesci..sempre che ce ne sia una giusta..come la storia del litigio pidioti o pentecatti..come il bue che da del cornuto all'asino..uno vuol far crescita licenziando e l'altro assistendo..mentre quello in camicia verde trasferendo il peso dai piani alti ai piani bassi della scala fiscale...e intanto il paese stagna per l'inerzia abbandonata a se stessa dei salari e dei consumi.
 

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Ultima modifica:
Avranno deciso i nostri eroi?



Fonti Lega, agenzia Ansa, ore 20.32
Spesa totale: 16 miliardi
Abolizione della legge Fornero: 7 miliardi
Piano straordinario assunzioni: 1 miliardo
Flat tax partite Iva: 2 miliardi
Reddito di cittadinanza: non specificato, ma 16-7-1-2=6 miliardi.

Fonti M5S, agenzia Ansa, ore 20.57
Spesa totale: non specificata, ma eccedente i 16 miliardi
Abolizione della legge Fornero: 7 miliardi
Reddito di cittadinanza: 10 miliardi
Piano straordinario assunzioni: non specificato
Flat tax partite Iva: non specificato

Fonti M5S-Lega, ore 22.07
Spesa totale: 20 miliardi
Abolizione della legge Fornero: 7 miliardi
Piano straordinario assunzioni: 1 miliardo
Flat tax partite Iva: 2 miliardi
Reddito di cittadinanza: 10 miliardi
Nota aggiuntiva: la spesa di 10 miliardi per il reddito di cittadinanza è stata confermata dal vicepremier Luigi Di Maio in una diretta Facebook: «Nella manovra ci sono 10 miliardi, sono 9 per il reddito e le pensioni di cittadinanza e uno per i centri per l’impiego, ogni anno per tre anni». E poi, ha aggiunto, «c’è un miliardo e mezzo per rimborsare i truffati delle banche e ci sono i soldi per abbassare le tasse alle imprese».

Matteo Salvini, Radio Anch’Io, ore 7.58
Spesa totale: non specificata
Abolizione della legge Fornero: 7-8 miliardi
Reddito di cittadinanza: 8-9 miliardi
Nota aggiuntiva: «I 16 miliardi», ha detto Salvini, sono «per i due interventi principali, reddito di cittadinanza e abolizione della legge Fornero»: ma «in questa cifra ci saranno anche l’aumento delle pensioni di invalidità, il quoziente familiare, un premio alle famiglie numerose con contributo alla natalità»
 
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