subsahara
Coldest Ice
Una porzione non trascurabile (circa il 15%) della Repubblica d’Austria si trova sulla sinistra del Danubio, in zona quindi completamente extra-alpina.
Tale fetta di territorio si divide, da ovest a est, nei distretti del Mühlviertel (Alta Austria), Waldviertel e Weinviertel (Bassa Austria).
Ci sono rilievi a nord del Danubio? Sì, ci sono. Ci si può sciare? Sì, ci si può sciare.
Insomma, detto in altre parole: è possibile andare a sciare in Austria, e farlo su monti che non appartengono al sistema alpino. È forse l’apoteosi del concetto di bassofondo
Ma bando alle ciance: il più grande comprensorio austriaco extra-alpino si chiama Skiarena Hochficht, e si trova nel Mühlviertel a brevissima distanza dal triplice confine austro-ceco-tedesco.
Come si evince dalla cartina, le piste si sviluppano sui pendii di tre differenti alture:
Le ultime due alture si trovano sulla cresta principale della Selva Boema, catena lunga oltre cento km e orientata da nord-ovest a sud-est, la quale divide Baviera e Alta Austria (quindi bacino del Danubio) dalla Boemia (bacino dell’Elba).
Il nome della catena montuosa in tedesco (Böhmerwald) e in ceco (Šumava – quest’ultima una parola interessantissima che, da quanto ho letto, non ha un significato trasparente per il ceco moderno non essendoci termini etimologicamente affini in uso; ciononostante sembra evidente la parentela con parole o toponomi serbo-croati quali Šuma (foresta) o Šumadija) lascia correttamente immaginare che si tratta di rilievi (dolci rilievi) ricoperti da un fitto manto boscoso.
I pecci dominano (e Fichte in tedesco vuol dire proprio peccio…), ma abbondano anche gli amati faggi e infatti lascio la macchina nel parcheggio centrale dell’Arena proprio “all’ombra”, se così si può dire, di alcuni di questi.
La giornata non è esattamente di quelle ideali per la pratica dello sci ma, come si suol dire, questo passa il convento…
Acquistato lo skipass, mi dirigo tosto sul fronte piste (siamo a 930 m ü. A.) ed esamino la situazione; ciò in compagnia di un certo numero di altri utenti, tutti provenienti presumibilmente da luoghi di Austria, Repubblica Ceca e Germania vicini al comprensorio.
Allora, a destra vedo la pista n. 2 proveniente dall’invisibile Hochficht mentre a sinistra c’è la pista n. 3 proveniente dall’altrettanto invisibile Reischlberg. Da dove iniziare?
Decido di iniziare dal centro. Perciò salgo sulla cabinovia Reischlbergbahn la quale, dopo una stazione intermedia e un’ascesa verticale complessiva di 350 m, mi deposita in cima all’omonimo monte.
Sul momento non sono particolarmente invogliato ad agganciare subito gli sci, viste anche le pessime condizioni al contorno. Mi dedico quindi a una minuziosa perlustrazione dei luoghi, condotta rigorosamente on foot.
Bastano veramente una decina di metri per entrare nel territorio della Repubblica Ceca; ce lo dice il manufatto in legno con lo stemma del Paese (costituito dal ben noto leone rampante con due code – la Boemia – su due quarti, l’aquila a scacchi morava su un quarto, l’aquila nera della Slesia sull’altro quarto), che ci dice anche che siamo in un parco nazionale, il Parco Nazionale della Selva Boema per l’appunto.
Segnaletica per escursionisti. Colpisce l’indicazione delle distanze in km per le varie mete, in luogo dei più usuali (e anche più comodi) tempi di percorrenza
Grenzstein
Gironzolo un po’ sul lato ceco del Hraničník, scendendo di qualche metro, fintanto che non decido che è arrivata l’ora finalmente di cominciare a sciare. Risalgo quindi il pendio per tornare in Austria e mi imbatto in un cartello molto curioso che mi avverte: “Attenzione! Confine di Stato”.
Sul momento ho pensato: “Ma attenzione de che? Perché mi devi avvertire in un modo così esplicito e gridato di un fatto così irrilevante di cui tra l’altro è presumibile che, io viandante, sia già a conoscenza?”
Inoltre il cartello sembra anche piuttosto recente; questo per dire che non ho avuto l’impressione che potesse essere un relitto dei tempi della guerra fredda, quando il confine tra Cecoslovacchia e Austria /Germania Ovest era probabilmente presidiato lungo tutta la sua estensione da guardie armate, e quindi un avvertimento del genere poteva cadere a fagiuolo.
“Mah! Derubrico il cartello a stravaganza boema”, concludo, e torno a prendere gli sci.
(In realtà tempo dopo ho letto che queste zone montuose di confine furono diffusamente minate, ai tempi appunto della Guerra Fredda, e che quindi il cartello di avvertimento che ho incontrato potrebbe alludere, sia pure in modo molto indiretto, a un effettivo pericolo ancora oggi presente)
Dicevamo che è ora di cominciare a sciare… partiamo quindi con la rossa n. 4
All’altezza dell’intermedia della cabinovia, volgo la prua a destra e scendo lungo l’azzurra n. 6 che costeggia l’unica sciovia del comprensorio
Bene, sono arrivato in vista della stazione di valle della Zwieselbergbahn, a una quota di 860 m sull’Adriatico, dopo una discesa di quattrocento metri di dislivello.
(Ne approfitto per sintetizzare, con freddi numeri, l’estensione del comprensorio: esso è costituito essenzialmente da sette piste aventi un dislivello compreso dai trecento ai quattrocento metri, che si sviluppano da un’altitudine massima di 1338 m a una minima di 860 m)
Sulla quadriposto Zwieselbergbahn
In cima allo Zwieselberg (Si vede anche l’unico punto di ristoro in quota del comprensorio)
Bivio tra n. 7 a destra e n. 9 a sinistra
Immagine della azzurra n. 9, che costeggia la Schwarzenbergbahn
Seggiovia Schwarzenbergbahn
La bella rossa n. 8 (le piste sono tutte uniformemente gradevoli e tutte uniformemente semplici). Anch’essa, come la n. 7 e la n. 9, parte dalla cima dello Zwieselberg
Il “muro” della n. 7
Per abbandonare le piste dello Zwieselberg e tornare verso il Reischlberg bisogna giocoforza prendere l’ancora del Rehberglifte
La seconda della due piste che scendono dalla cima del Reischlberg: l’azzurra n. 3
Manca da descrivere l’ultimo terzo del comprensorio, ovvero le due piste servite dalla Hochfichtbahn che si sviluppano lungo i fianchi del Hochficht
Seggiovia Hochfichtbahn
In cima al Hochficht comincia a nevicare; le condizioni, già avverse, peggiorano.
Due immagini della bella rossa n. 2 (si vede che più in basso la situazione è migliore)
Salgo altre volte sul Hochficht, e ogni volta si vede sempre meno. In questo scatto la stazione di monte è un vero e proprio faro nella nebbia
Prima dell’ultima discesa faccio un giro a piedi su in cima e “conquisto” la vetta del monte.
A dir la verità la croce mi è sembrata messa un po’ a casaccio e non nel punto più alto… e vabbuò, c’amm’ a fà?
Un’immagine dell’azzurra n. 1
Qui saremo a metà pista, dove la visibilità era già accettabile; la prima parte però l’ho sciata praticamente alla cieca, avanzando in un compatto muro bianco
In conclusione, che dire?
La giornata non ha reso giustizia al comprensorio (io però mi sono divertito comunque), ma è chiaro lo stesso che con il bel tempo e la bella neve Hochficht può dare soddisfazioni.
Certo, si capisce, nun è er tòppe, ma se si apprezza, che so, Folgaria e Lavarone, non vedo perché non si debba apprezzare Hochficht (che è meglio)
Tale fetta di territorio si divide, da ovest a est, nei distretti del Mühlviertel (Alta Austria), Waldviertel e Weinviertel (Bassa Austria).
Ci sono rilievi a nord del Danubio? Sì, ci sono. Ci si può sciare? Sì, ci si può sciare.
Insomma, detto in altre parole: è possibile andare a sciare in Austria, e farlo su monti che non appartengono al sistema alpino. È forse l’apoteosi del concetto di bassofondo
Ma bando alle ciance: il più grande comprensorio austriaco extra-alpino si chiama Skiarena Hochficht, e si trova nel Mühlviertel a brevissima distanza dal triplice confine austro-ceco-tedesco.
Come si evince dalla cartina, le piste si sviluppano sui pendii di tre differenti alture:
- lo Zwieselberg (1163 m ü. A.), interamente in Austria
- il Reischlberg/Hraničník (1281 m ü. A.), al centro del comprensorio e posto esattamente sul confine austro-boemo
- il Hochficht/Smrčina (1338 m ü. A.), anch’esso sul confine.
Le ultime due alture si trovano sulla cresta principale della Selva Boema, catena lunga oltre cento km e orientata da nord-ovest a sud-est, la quale divide Baviera e Alta Austria (quindi bacino del Danubio) dalla Boemia (bacino dell’Elba).
Il nome della catena montuosa in tedesco (Böhmerwald) e in ceco (Šumava – quest’ultima una parola interessantissima che, da quanto ho letto, non ha un significato trasparente per il ceco moderno non essendoci termini etimologicamente affini in uso; ciononostante sembra evidente la parentela con parole o toponomi serbo-croati quali Šuma (foresta) o Šumadija) lascia correttamente immaginare che si tratta di rilievi (dolci rilievi) ricoperti da un fitto manto boscoso.
I pecci dominano (e Fichte in tedesco vuol dire proprio peccio…), ma abbondano anche gli amati faggi e infatti lascio la macchina nel parcheggio centrale dell’Arena proprio “all’ombra”, se così si può dire, di alcuni di questi.
La giornata non è esattamente di quelle ideali per la pratica dello sci ma, come si suol dire, questo passa il convento…
Acquistato lo skipass, mi dirigo tosto sul fronte piste (siamo a 930 m ü. A.) ed esamino la situazione; ciò in compagnia di un certo numero di altri utenti, tutti provenienti presumibilmente da luoghi di Austria, Repubblica Ceca e Germania vicini al comprensorio.
Allora, a destra vedo la pista n. 2 proveniente dall’invisibile Hochficht mentre a sinistra c’è la pista n. 3 proveniente dall’altrettanto invisibile Reischlberg. Da dove iniziare?
Decido di iniziare dal centro. Perciò salgo sulla cabinovia Reischlbergbahn la quale, dopo una stazione intermedia e un’ascesa verticale complessiva di 350 m, mi deposita in cima all’omonimo monte.
Sul momento non sono particolarmente invogliato ad agganciare subito gli sci, viste anche le pessime condizioni al contorno. Mi dedico quindi a una minuziosa perlustrazione dei luoghi, condotta rigorosamente on foot.
Bastano veramente una decina di metri per entrare nel territorio della Repubblica Ceca; ce lo dice il manufatto in legno con lo stemma del Paese (costituito dal ben noto leone rampante con due code – la Boemia – su due quarti, l’aquila a scacchi morava su un quarto, l’aquila nera della Slesia sull’altro quarto), che ci dice anche che siamo in un parco nazionale, il Parco Nazionale della Selva Boema per l’appunto.
Segnaletica per escursionisti. Colpisce l’indicazione delle distanze in km per le varie mete, in luogo dei più usuali (e anche più comodi) tempi di percorrenza
Grenzstein
Gironzolo un po’ sul lato ceco del Hraničník, scendendo di qualche metro, fintanto che non decido che è arrivata l’ora finalmente di cominciare a sciare. Risalgo quindi il pendio per tornare in Austria e mi imbatto in un cartello molto curioso che mi avverte: “Attenzione! Confine di Stato”.
Sul momento ho pensato: “Ma attenzione de che? Perché mi devi avvertire in un modo così esplicito e gridato di un fatto così irrilevante di cui tra l’altro è presumibile che, io viandante, sia già a conoscenza?”
Inoltre il cartello sembra anche piuttosto recente; questo per dire che non ho avuto l’impressione che potesse essere un relitto dei tempi della guerra fredda, quando il confine tra Cecoslovacchia e Austria /Germania Ovest era probabilmente presidiato lungo tutta la sua estensione da guardie armate, e quindi un avvertimento del genere poteva cadere a fagiuolo.
“Mah! Derubrico il cartello a stravaganza boema”, concludo, e torno a prendere gli sci.
(In realtà tempo dopo ho letto che queste zone montuose di confine furono diffusamente minate, ai tempi appunto della Guerra Fredda, e che quindi il cartello di avvertimento che ho incontrato potrebbe alludere, sia pure in modo molto indiretto, a un effettivo pericolo ancora oggi presente)
Dicevamo che è ora di cominciare a sciare… partiamo quindi con la rossa n. 4
All’altezza dell’intermedia della cabinovia, volgo la prua a destra e scendo lungo l’azzurra n. 6 che costeggia l’unica sciovia del comprensorio
Bene, sono arrivato in vista della stazione di valle della Zwieselbergbahn, a una quota di 860 m sull’Adriatico, dopo una discesa di quattrocento metri di dislivello.
(Ne approfitto per sintetizzare, con freddi numeri, l’estensione del comprensorio: esso è costituito essenzialmente da sette piste aventi un dislivello compreso dai trecento ai quattrocento metri, che si sviluppano da un’altitudine massima di 1338 m a una minima di 860 m)
Sulla quadriposto Zwieselbergbahn
In cima allo Zwieselberg (Si vede anche l’unico punto di ristoro in quota del comprensorio)
Bivio tra n. 7 a destra e n. 9 a sinistra
Immagine della azzurra n. 9, che costeggia la Schwarzenbergbahn
Seggiovia Schwarzenbergbahn
La bella rossa n. 8 (le piste sono tutte uniformemente gradevoli e tutte uniformemente semplici). Anch’essa, come la n. 7 e la n. 9, parte dalla cima dello Zwieselberg
Il “muro” della n. 7
Per abbandonare le piste dello Zwieselberg e tornare verso il Reischlberg bisogna giocoforza prendere l’ancora del Rehberglifte
La seconda della due piste che scendono dalla cima del Reischlberg: l’azzurra n. 3
Manca da descrivere l’ultimo terzo del comprensorio, ovvero le due piste servite dalla Hochfichtbahn che si sviluppano lungo i fianchi del Hochficht
Seggiovia Hochfichtbahn
In cima al Hochficht comincia a nevicare; le condizioni, già avverse, peggiorano.
Due immagini della bella rossa n. 2 (si vede che più in basso la situazione è migliore)
Salgo altre volte sul Hochficht, e ogni volta si vede sempre meno. In questo scatto la stazione di monte è un vero e proprio faro nella nebbia
Prima dell’ultima discesa faccio un giro a piedi su in cima e “conquisto” la vetta del monte.
A dir la verità la croce mi è sembrata messa un po’ a casaccio e non nel punto più alto… e vabbuò, c’amm’ a fà?
Un’immagine dell’azzurra n. 1
Qui saremo a metà pista, dove la visibilità era già accettabile; la prima parte però l’ho sciata praticamente alla cieca, avanzando in un compatto muro bianco
In conclusione, che dire?
La giornata non ha reso giustizia al comprensorio (io però mi sono divertito comunque), ma è chiaro lo stesso che con il bel tempo e la bella neve Hochficht può dare soddisfazioni.
Certo, si capisce, nun è er tòppe, ma se si apprezza, che so, Folgaria e Lavarone, non vedo perché non si debba apprezzare Hochficht (che è meglio)