SkiBob
Uomo Selvatico
Mi dai uno spunto di riflessione.
Nella mia città saranno 400 anni che viviamo ammirando i vecchi palazzi cadenti e le campagne verdi malinconiche e un tempo popolate di pecore e pastorelli (oggi discariche abusive e cinghiali!).
Però inveiamo sempre contro lo squallore delle colate di cemento con cui le campagne romantiche si trasformano in centri abitati, negozi, scuole, centri commerciali e superstrade a doppia corsia per senso di marcia.
Nella mia città ci lamentiamo sempre che tutto è vecchio e non funziona, ma guai a fare qualcosa di nuovo: è sempre tutto sbagliato perché ci rovina quell' immagine bucolica di campagne, pecore e pastorelle che ci portiamo appresso dai tempi del grand tour e per cui il vecchio è sempre buono e giusto mentre il nuovo è sbagliato per definizione.
Frequenti forum di architettura e stanno ancora discutere di quanto è orribile Via della Conciliazione o con quale materiale reinterrare i Fori Imperiali (roba di 100 anni fa)...
Morale: siamo 12 volte Parigi ma stiamo ancora completando una metropolitana progettata nel 1960!
Stesso problema di piste e montagne: abbandonare posizioni estremiste da una parte e dall'altra, per favorire un equilibrato buon senso che alla fine soddisfi e promuova tutte le istanze, fornendo risorse umane ed economiche, promuovendo sviluppo e valorizzazione portando ogni genere di turismo in montagna no, vero ?... Siamo romantici e ci piacciono le vipere e la natura selvaggia e inaccessibile che ormai manco in Amazzonia... E intanto gli stessi montanari di un tempo ormai abbandonano la montagna.
Ecco nelle 8 M si parla anche della inutilità di questa visione romantica e solipsistica dell'economia montana, ma in definitiva inconcludente e stantia {il casaro, la balma) rispetto alla società che cambia (i cugini).
Si parla pure non di impianti e piste ma invero di un paio di sci: ma solo per raccontare un casuale incontro che segnerà la vita del personaggio più romantico (e retrogrado: lo si capisce benissimo) del libro.
Una parentesi di infantile ed incosciente felicità nella rovina di un sogno idealistico e sgangherato di chi si affida solo al cuore ma senza tenere i piedi per terra (personaggi che vanno in vetta per perdere o ritrovare sé stessi,; altri personaggi che invece preferiscono soggiornare nel borgo, o lavorare in cantiere edile, perché non cercano a tutti i costi l'isolamento dell'ascesa, l'eroica solitudine dell'alpeggio, o la "felicità del casaro" ma senza fare i conti del mutuo).
Se qualcosa finisce male non è colpa di alberghi o cannoni, ma solo di una mente fragile (o ferita) che non sa fare due conti con il principio di realtà, e vive all'insegna di una anacronistica coazione a ripetere schemi inattuali per fuga dalla realtà.
Mentre servono soldi per la balma, soldi per il formaggio, soldi per le manutenzioni ... Altrimenti sui puri sogni non si regge nulla.
E tutto crolla.
Da notare la contrapposizione con l'idealismo maschile un po' infantile, ed il pragmatismo dei pochi personaggi femminili concreti e coi piedi ben piantati in terra. Riecheggia Tolkien, ma qui mi fermo.
Scusate la lunghezza.
Nella mia città saranno 400 anni che viviamo ammirando i vecchi palazzi cadenti e le campagne verdi malinconiche e un tempo popolate di pecore e pastorelli (oggi discariche abusive e cinghiali!).
Però inveiamo sempre contro lo squallore delle colate di cemento con cui le campagne romantiche si trasformano in centri abitati, negozi, scuole, centri commerciali e superstrade a doppia corsia per senso di marcia.
Nella mia città ci lamentiamo sempre che tutto è vecchio e non funziona, ma guai a fare qualcosa di nuovo: è sempre tutto sbagliato perché ci rovina quell' immagine bucolica di campagne, pecore e pastorelle che ci portiamo appresso dai tempi del grand tour e per cui il vecchio è sempre buono e giusto mentre il nuovo è sbagliato per definizione.
Frequenti forum di architettura e stanno ancora discutere di quanto è orribile Via della Conciliazione o con quale materiale reinterrare i Fori Imperiali (roba di 100 anni fa)...
Morale: siamo 12 volte Parigi ma stiamo ancora completando una metropolitana progettata nel 1960!
Stesso problema di piste e montagne: abbandonare posizioni estremiste da una parte e dall'altra, per favorire un equilibrato buon senso che alla fine soddisfi e promuova tutte le istanze, fornendo risorse umane ed economiche, promuovendo sviluppo e valorizzazione portando ogni genere di turismo in montagna no, vero ?... Siamo romantici e ci piacciono le vipere e la natura selvaggia e inaccessibile che ormai manco in Amazzonia... E intanto gli stessi montanari di un tempo ormai abbandonano la montagna.
Ecco nelle 8 M si parla anche della inutilità di questa visione romantica e solipsistica dell'economia montana, ma in definitiva inconcludente e stantia {il casaro, la balma) rispetto alla società che cambia (i cugini).
Si parla pure non di impianti e piste ma invero di un paio di sci: ma solo per raccontare un casuale incontro che segnerà la vita del personaggio più romantico (e retrogrado: lo si capisce benissimo) del libro.
Una parentesi di infantile ed incosciente felicità nella rovina di un sogno idealistico e sgangherato di chi si affida solo al cuore ma senza tenere i piedi per terra (personaggi che vanno in vetta per perdere o ritrovare sé stessi,; altri personaggi che invece preferiscono soggiornare nel borgo, o lavorare in cantiere edile, perché non cercano a tutti i costi l'isolamento dell'ascesa, l'eroica solitudine dell'alpeggio, o la "felicità del casaro" ma senza fare i conti del mutuo).
Se qualcosa finisce male non è colpa di alberghi o cannoni, ma solo di una mente fragile (o ferita) che non sa fare due conti con il principio di realtà, e vive all'insegna di una anacronistica coazione a ripetere schemi inattuali per fuga dalla realtà.
Mentre servono soldi per la balma, soldi per il formaggio, soldi per le manutenzioni ... Altrimenti sui puri sogni non si regge nulla.
E tutto crolla.
Da notare la contrapposizione con l'idealismo maschile un po' infantile, ed il pragmatismo dei pochi personaggi femminili concreti e coi piedi ben piantati in terra. Riecheggia Tolkien, ma qui mi fermo.
Scusate la lunghezza.
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