subsahara
Coldest Ice
Alle sette meno un quarto parcheggio a Pecol Vecchio, a circa 1420 m slm.
Alle sette in punto mi metto in marcia per il sentiero 587, che dapprima è una comoda forestale
La vetta del monte Civetta è sempre ben visibile
Vado a destra, in direzione Col Grant
Il sentiero poi continua a sinistra
E’ ancora presto, il Pelmo è in controluce
Croda da Lago e Lastioi de Formin
Alle 8:00 sono a Col Grant. E’ presto, e l’attraversamento dei mughi non è gravoso
Si sale traversando verso destra, prendendo il sentiero 557
Fino ad arrivare al Sass del Nin, 2181m, lungo l’anello Zoldano
Si punta verso l’alto, verso il nevaio in alto a sinistra in prossimità del quale inizia la normale vera e propria
Una serie di giganti ancora in controluce
La progressione sulle ghiaie è faticosa…
… ma arrivo alfine al nevaio, alle 8:50, a quota 2420 m slm.
I primi mille metri sono andati, ora ne mancano altri ottocento
La via è segnata con abbondanti bolli rossi e qualche raro ometto
Si prosegue tendenzialmente a mezza costa salendo a strappi. Incontro le prime due persone: due francesi che stanno scendendo dopo avere dormito al Torrani e essere saliti in vetta all’alba
Questo credo sia il Passo del Tenente
O forse è questo
Si punta verso i nevai superiori
Nevaio
Più o meno a quest’altezza (circa 2800 m) succede l’incidente: all'improvviso sento che l’appoggio sul piede sinistro è diventato scivolosissimo, una specie di saponetta.
La suola si è staccata ed è scivolata via; sono rimasto con la sola tomaia.
Per un attimo penso a Maurice Herzog sulla cima dell’Annapurna che vede rotolare giù i suoi guanti e si rende faticosamente conto che è appena accaduto qualcosa di molto grave.
Io non sono sull’Annapurna: sono a neanche tremila metri di quota su una via di salita senza particolari criticità.
Epperò… il pensiero di rifare in discesa, praticamente su una gamba sola, i quattrocento metri appena percorsi non mi alletta per niente
Decido di continuare a salire fino al Torrani, ormai non lontano, e vedere se posso ricevere aiuto.
Sono diventato di punto in bianco molto lento: praticamente scivolo ogni qual volta punto il piede sinistro
Alla fine comunque sono in vista del Torrani: questa è la piazzola dell’elicottero vista dal basso.
La teleferica ha appena portato un carico di legname. Dietro il rifugio la cima del Civetta
Sono le dieci e mezza. Parlo subito dell’accaduto al gestore. All’inizio non sa come aiutarmi, poi si ricorda che qualcuno gli ha lasciato un paio di vecchi scarponi in magazzino. Il destro è mezzo rotto, mentre il sinistro pare in condizioni migliori.
Perfetto, a me serviva proprio uno scarpone sinistro! Lo infilo, e mi accorgo che è almeno un paio di misure più piccolo dell’ideale.
Vabbè, pazienza.
Rimaniamo d’accordo che porterò nel pomeriggio lo scarpone al camping Balestra (in realtà poi non l’ho fatto, ma ho chiamato il campeggio e ho spiegato perché).
A questo punto, alle undici, comincio la salita per la vetta. Il tempo regge.
Magnifica vista sul Van delle Sasse con l’arcigno gruppo della Moiazza.
Nell’angolo in alto a sinistra: Pelf, Schiara e Gusela del Vescovà.
La via è segnata con bolli giallo-rossi, e mi fa piacere
Dopo avere incrociato un nutrito gruppo di escursionisti slavi che scendeva al Torrani, finalmente sono in vista della croce di vetta
Alle undici e mezza suono il piccolo campanello.
Alleghe (ma anche il Tissi) sono lontanissimi
Ho l’impressione che quel piccolo mucchio di sassi sia la vera cima (diciamo qualche cm più alto del punto dove c'è la croce )
Dopo qualche foto in zona croce…
…mi sposto allora verso quella che secondo me è la vera cima
E da detto punto scatto una foto che ritrae la piccola Civetta e (credo) Cima De Gasperi. Con le Pale sullo sfondo
Dopo venti minuti è tempo di scendere
E dopo altri venti minuti sono di nuovo al Torrani, dal quale si può apprezzare un panorama di questo tipo.
Cinque minuti di pausa e mi metto di nuovo in marcia per scendere la normale.
La scarpa sinistra mi fa un po’ male, ma non ci faccio troppo caso. Ho intenzione di fare un anello passando per il Coldai, dove potrei mangiare. Scendo quindi abbastanza rapidamente, tanto che quasi raggiungo il gruppo di slavi che era partito molto prima di me
I miei piani però vanno in fumo: mi accorgo con orrore che la suola dello scarpone sinistro si sta scollando, a partire dal tacco!
Rallento vistosamente cercando di conservare un po’ di suola per il maggior tempo possibile.
Gli ultimi tratti attrezzati li affronto praticamente in “ciavatte”.
Noto che il gruppo di slavi, di nuovo allontanatosi, mi sta tenendo d’occhio forse un po’ preoccupato per il mio evidente rallentamento.
Mi voltano definitivamente le spalle solo quando sono di nuovo ai piedi del nevaio inferiore, ormai fuori dalla zona potenzialmente pericolosa.
Devo puntare dritto alla macchina: qualsiasi allungamento in queste condizioni è pura follia. Riesco a scendere quasi tutto il ghiaione ma alla fine la suola si stacca e il mio piede sinistro si ritrova fasciato solo dalla strettissima tomaia dello scarpone.
Sono a quota 2220 m. Mancano ancora ben ottocento metri di dislivello! Capisco subito che non arriverò mai alla macchina in queste condizioni. Intanto il tempo, bontà sua, per il momento sembra reggere in Val di Zoldo.
Arrivato al Sass del Nin mi tolgo la tomaia e metto sotto la pianta del piede la suola. Per solidarizzare suola e piede uso il laccio dello scarpone.
Ho creato una specie di pantofola, scomodissima, che però mi consente di camminare con grande circospezione. Inoltre il piede sinistro respira… sono sicuro che se fosse rimasto intrappolato nella tomaia avrei perso almeno un paio di unghie.
La discesa è lunga e faticosa, aggravata dalla postura innaturale con la quale sono costretto a muovermi per non perdere la “pantofola”
Finalmente in vista del parcheggio: alle 15:30 raggiungo finalmente la macchina. Posso cambiarmi e mangiare un panino.
Ma cancello la fatica, e torno a essere bello pimpante, solo dopo essermi fermato a Forno di Zoldo per due birre medie e un litro d’acqua (che si aggiunge ai tre che mi ero portato appresso).
Alle sedici comincia a piovere
Alle sette in punto mi metto in marcia per il sentiero 587, che dapprima è una comoda forestale
La vetta del monte Civetta è sempre ben visibile
Vado a destra, in direzione Col Grant
Il sentiero poi continua a sinistra
E’ ancora presto, il Pelmo è in controluce
Croda da Lago e Lastioi de Formin
Alle 8:00 sono a Col Grant. E’ presto, e l’attraversamento dei mughi non è gravoso
Si sale traversando verso destra, prendendo il sentiero 557
Fino ad arrivare al Sass del Nin, 2181m, lungo l’anello Zoldano
Si punta verso l’alto, verso il nevaio in alto a sinistra in prossimità del quale inizia la normale vera e propria
Una serie di giganti ancora in controluce
La progressione sulle ghiaie è faticosa…
… ma arrivo alfine al nevaio, alle 8:50, a quota 2420 m slm.
I primi mille metri sono andati, ora ne mancano altri ottocento
La via è segnata con abbondanti bolli rossi e qualche raro ometto
Si prosegue tendenzialmente a mezza costa salendo a strappi. Incontro le prime due persone: due francesi che stanno scendendo dopo avere dormito al Torrani e essere saliti in vetta all’alba
Questo credo sia il Passo del Tenente
O forse è questo
Si punta verso i nevai superiori
Nevaio
Più o meno a quest’altezza (circa 2800 m) succede l’incidente: all'improvviso sento che l’appoggio sul piede sinistro è diventato scivolosissimo, una specie di saponetta.
La suola si è staccata ed è scivolata via; sono rimasto con la sola tomaia.
Per un attimo penso a Maurice Herzog sulla cima dell’Annapurna che vede rotolare giù i suoi guanti e si rende faticosamente conto che è appena accaduto qualcosa di molto grave.
Io non sono sull’Annapurna: sono a neanche tremila metri di quota su una via di salita senza particolari criticità.
Epperò… il pensiero di rifare in discesa, praticamente su una gamba sola, i quattrocento metri appena percorsi non mi alletta per niente
Decido di continuare a salire fino al Torrani, ormai non lontano, e vedere se posso ricevere aiuto.
Sono diventato di punto in bianco molto lento: praticamente scivolo ogni qual volta punto il piede sinistro
Alla fine comunque sono in vista del Torrani: questa è la piazzola dell’elicottero vista dal basso.
La teleferica ha appena portato un carico di legname. Dietro il rifugio la cima del Civetta
Sono le dieci e mezza. Parlo subito dell’accaduto al gestore. All’inizio non sa come aiutarmi, poi si ricorda che qualcuno gli ha lasciato un paio di vecchi scarponi in magazzino. Il destro è mezzo rotto, mentre il sinistro pare in condizioni migliori.
Perfetto, a me serviva proprio uno scarpone sinistro! Lo infilo, e mi accorgo che è almeno un paio di misure più piccolo dell’ideale.
Vabbè, pazienza.
Rimaniamo d’accordo che porterò nel pomeriggio lo scarpone al camping Balestra (in realtà poi non l’ho fatto, ma ho chiamato il campeggio e ho spiegato perché).
A questo punto, alle undici, comincio la salita per la vetta. Il tempo regge.
Magnifica vista sul Van delle Sasse con l’arcigno gruppo della Moiazza.
Nell’angolo in alto a sinistra: Pelf, Schiara e Gusela del Vescovà.
La via è segnata con bolli giallo-rossi, e mi fa piacere
Dopo avere incrociato un nutrito gruppo di escursionisti slavi che scendeva al Torrani, finalmente sono in vista della croce di vetta
Alle undici e mezza suono il piccolo campanello.
Alleghe (ma anche il Tissi) sono lontanissimi
Ho l’impressione che quel piccolo mucchio di sassi sia la vera cima (diciamo qualche cm più alto del punto dove c'è la croce )
Dopo qualche foto in zona croce…
…mi sposto allora verso quella che secondo me è la vera cima
E da detto punto scatto una foto che ritrae la piccola Civetta e (credo) Cima De Gasperi. Con le Pale sullo sfondo
Dopo venti minuti è tempo di scendere
E dopo altri venti minuti sono di nuovo al Torrani, dal quale si può apprezzare un panorama di questo tipo.
Cinque minuti di pausa e mi metto di nuovo in marcia per scendere la normale.
La scarpa sinistra mi fa un po’ male, ma non ci faccio troppo caso. Ho intenzione di fare un anello passando per il Coldai, dove potrei mangiare. Scendo quindi abbastanza rapidamente, tanto che quasi raggiungo il gruppo di slavi che era partito molto prima di me
I miei piani però vanno in fumo: mi accorgo con orrore che la suola dello scarpone sinistro si sta scollando, a partire dal tacco!
Rallento vistosamente cercando di conservare un po’ di suola per il maggior tempo possibile.
Gli ultimi tratti attrezzati li affronto praticamente in “ciavatte”.
Noto che il gruppo di slavi, di nuovo allontanatosi, mi sta tenendo d’occhio forse un po’ preoccupato per il mio evidente rallentamento.
Mi voltano definitivamente le spalle solo quando sono di nuovo ai piedi del nevaio inferiore, ormai fuori dalla zona potenzialmente pericolosa.
Devo puntare dritto alla macchina: qualsiasi allungamento in queste condizioni è pura follia. Riesco a scendere quasi tutto il ghiaione ma alla fine la suola si stacca e il mio piede sinistro si ritrova fasciato solo dalla strettissima tomaia dello scarpone.
Sono a quota 2220 m. Mancano ancora ben ottocento metri di dislivello! Capisco subito che non arriverò mai alla macchina in queste condizioni. Intanto il tempo, bontà sua, per il momento sembra reggere in Val di Zoldo.
Arrivato al Sass del Nin mi tolgo la tomaia e metto sotto la pianta del piede la suola. Per solidarizzare suola e piede uso il laccio dello scarpone.
Ho creato una specie di pantofola, scomodissima, che però mi consente di camminare con grande circospezione. Inoltre il piede sinistro respira… sono sicuro che se fosse rimasto intrappolato nella tomaia avrei perso almeno un paio di unghie.
La discesa è lunga e faticosa, aggravata dalla postura innaturale con la quale sono costretto a muovermi per non perdere la “pantofola”
Finalmente in vista del parcheggio: alle 15:30 raggiungo finalmente la macchina. Posso cambiarmi e mangiare un panino.
Ma cancello la fatica, e torno a essere bello pimpante, solo dopo essermi fermato a Forno di Zoldo per due birre medie e un litro d’acqua (che si aggiunge ai tre che mi ero portato appresso).
Alle sedici comincia a piovere