Grivola, cresta delle Clochettes: viaggio sulla cenerentola (marcia) del Granpa

AskY

Sci_cane
La Grivola! 3969 metri, solo 31 in più e sarebbe stato un bel problema per i collezionisti di 4000 costretti a salire (anche) su un simile merdaio. Giosuè Carducci la definiva "ardua e bella", e senz'altro ai suoi tempi i ghiacciai dovevano essere ben più grassi; ora forse è più ardua che bella, ma rimane una montagna imponente, che suscita curiosità e voglia di salirci a qualunque alpinista la osservi. E sono molti i punti da cui osservarla, considerato che grazie alla sua prominenza e posizione centrale, si vede praticamente da tutte le montagne della Val d'Aosta. Sicuramente uno degli scorci migliori si ha dal paesino idilliaco di Ozein, dove la scorsa estate ho avuto la fortuna di soggiornare per qualche giorno... ricordo l'arrivo una sera di settembre con la Grivola imbiancata da una recente nevicata: uno spettacolo maestoso, fu un peccato avere soltanto il cellulare per immortalarlo!

La Grivola (e il Grand Nomenon) da Ozein
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L'occasione per salire questa difficile montagna mi si presenta però quest'estate, durante le ferie. Gite del genere sono un po' impegnative da fare in un weekend partendo dalla pianura, meglio avere un ulteriore giorno di riposo davanti! Il socio è ormai un valdaostano adottivo, che 4 anni fa ha deciso di salire tutte le normali della regione per un ambizioso progetto editoriale. E' dunque ben abituato al tipo di terreni e super allenato. Anche io sono abbastanza in forma; la mia principale incognita è la quota, che tendo a soffrire un po', ma la settimana prima di ferragosto un test sull'Aguille de Bionassay, nel gruppo del Bianco, dà buon esito: mi sento pronto ad affrontare la sfacchinata con un buon margine!

Dopo il viaggio da Parma, ci incamminiamo da Cretaz verso mezzogiorno. Lascio l'auto vicino a un parco giochi, tante famiglie sono in vacanza nella valle di Cogne e anche se siamo a quasi 1500 metri, fa abbastanza caldo. I bambini ci osservano incuriositi mentre ci carichiamo i grandi zaini in spalla, con corda e piccozza bene in vista, attraversiamo il ponte e spariamo nel ripido versante boscoso sul lato nord della valle, l'"envers": in realtà non dappertutto c'è il bosco, qualche canale senza piante è la dimostrazione che le valanghe possono arrivare fino a quaggiù!

Il sentiero è ripidissimo, nonostante i fitti tornantini: la prima parte è un po' noiosa, poi dopo una buona ora i larici lasciano spazio a radure aperte, con qualche casolare per lo più in rovina e una bella vista sulla piana di Cogne, ormai 700 metri più bassa. Incontriamo diversi escursionisti; qualcuno, un po' sconcertato dalle pendenze del sentiero, si è arreso prima di uscire dal bosco. La prima pausa lunga la facciamo al Casotto PNGP (che sta per Parco Nazionale Gran Paradiso), a 2289 metri, che come tutti i numerosi casotti PNGP è in una posizione magnifica e panoramica, forse per facilitare il lavoro dei guardaparco le rare volte in cui ci sono. Fontana e panchina fa rima con speck e fontina: sono quasi le 14 e vien naturale alleggerire gli zaini per appesantire un po' la pancia, soprattutto con una fontana vicina.

A circa 2000 m, vista su Cogne
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Il Casotto PNGP con la fontanella
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Dopo il casotto c'è l'unico tratto di discesa in tutto il tragitto fino al bivacco Gratton: si perdono una ventina di metri per confluire nel sentiero che risale il vallone da Epinel. Il bosco ha ormai ceduto il posto alle praterie di alta quota, con massi modellati dal ghiacciaio e i fischi delle marmotte. Il sentiero sale sempre con decisione, ma meno cattivo rispetto alla prima parte, ed è sempre ben battuto e comodo: evidentemente si tratta di un'escursione frequentata, nonostante il dislivello non proprio turistico di 1700 e rotti metri se la meta finale è il bivacco.

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Presso una bella spianata con cascatella, facciamo un'altra pausa, consci che per un po' poi non pesteremo più l'erba... in realtà fino quasi ai 3000 il sentiero si mantiene sui prati, morbidi e mai eccessivamente ripidi, il che con gli zaini pesanti si apprezza parecchio. Poi comunque le pietraie non tardano a presentarsi! Adocchiamo una cascatella, dove verremo a rifornirci d'acqua per cucinare: io ne ho già poco meno di 2 litri nello zaino, ma non possono certo bastare per cena, colazione e salita di domani.

Ormai siamo in vista del colle: un ultimo strappo e tutto di un colpo compare lei, la Grivola, che per tutto il percorso di avvicinamento era rimasta nascosta. Il bivacco Gratton (3200 m) sorge su un ripiano panoramico affacciato sul ghiacciaio del Trajo, oltre il quale si innalza l'imponente montagna. La prima cosa su cui casca l'occhio è la frana ciclopica che si è staccata proprio dalla cresta delle Clochettes nel 2017, coprendo un discreto pezzo (forse addirittura 1/4) del ghiacciaio, tutto sommato ancora grande ma con ampie zone di ghiaccio scoperto e scuro. A destra della Grivola fa capolino il gruppo del Bianco, seguito da Gran Combin, Cervino, Rosa; poi più vicine le vette settentrionali del Gran Paradiso: Torre di Lavina, Apostoli, Herbetet... davanti al bivacco, forse come riparo dal vento, sono state costruite due ali di sassi a mo' di teatro, molto caratteristiche; mentre nei dintorni sono davvero tante le pile di sassi, che qui non mancano, e purtroppo pure gli stronzi... d'altronde le notti sono lunghe e la gente caca, ahimè.

Bivacco Gratton
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E' ancora presto: mentre io vado a rifornirmi d'acqua alla cascatella (che è comunque 100 metri comodi più giù), il mio amico va a fare un sopralluogo sul tratto da percorrere l'indomani di notte. Ci ritroviamo al bivacco che c'è ancora il sole, e decidiamo di mangiare fuori ciò che ci siamo portati: insalatissima Rio Mare e zuppette liofilizzate Saikebon: specialità che solo chi è abituato alla dura vita dei bivacchi avrà avuto modo di gustare. Soprattutto la seconda, con le sue pericolose salse scure orientaleggianti, è un'ottima soluzione se non si vuole deturpare i dintorni del bivacco con deiezioni solide: si sarà molto più gassosi, o al più liquidi, comunque più ecosostenibili rispetto al robusto cacatore da pane e salame.

Cena all'aperto
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Finestrella con vista
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Prima delle 20 siamo già dentro al bivacco a provare a prendere sonno: ma è difficile con lo spettacolo che si presenta fuori dagli oblò! Purtroppo la serratura della porta è rotta: da fuori basta appoggiare due sassi un po' pesanti davanti, ma da dentro occorre inventarsi qualcosa per tenere chiusa la porta... studiamo un sistema con cordino e rinvio per tenere fissato il piccolo gancetto interno della porta a uno dei letti a castello: ci vuole un buon quarto d'ora per sperimentarlo! Ma ecco che poco dopo che ci siamo messi a letto arriva un'altra persona! E chi se lo aspettava... E' un allegro signore di Varese, sulla sessantina, ma invece che i bastoncini ha due stampelle. Eh già, ho detto proprio stampelle! Samuele, come tutti gli escursionisti dopo ore che girano da soli (ne so qualcosa!) ha voglia di chiacchierare, e ci racconta la sua storia: dopo un incidente stradale gli hanno dovuto amputare un piede, ma grazie a una protesi fatta bene a tibia e perone è riuscito a continuare a coltivare la sua passione, pur rinunciando alle arrampicate più impegnative. Di fatto è salito da Cretaz al bivacco in 5 ore come noi, che abbiamo la metà dei suoi anni e il doppio dei suoi piedi!

Ormai il profilo del monte Bianco oltre i vetri si confonde nell'oscurità, è ora di riposare: anche il nostro coinquilino sa che domani dovremo svegliarci molto presto, così si mette a letto nonostante abbia appena finito di mangiare. La porta semi-aperta ha fatto entrare polvere nel bivacco, le coperte ne sono piuttosto impregnate e dormire non è così facile... per fortuna non c'è vento.
Nel cuore della notte, un po' confuso dal dormiveglia, vedo luci e sento rumori: come può essere? Sarà un sogno? No, alle 2,30 si presenta un altro escursionista solitario, che non vedremo mai in faccia: di nuovo salta il nostro sistema artigianale di chiusura porta dall'interno, ma ora non ho più voglia di alzarmi a ripararlo... il nuovo arrivato, rimasto fuori per un po' (forse a fare foto alla stellata) per fortuna è molto rapido nel mettersi sotto le coperte... purtroppo saremo meno rapidi noi, solo due ore dopo, a fare colazione e sistemare gli zaini per la partenza!

Usciamo dal bivacco attorno alle 5: è ancora buio, ma i segnavia gialli in vernice lungo la pietraia ci aiutano a trovare le catene che dal ripiano su cui sorge il bivacco scendono al ghiacciaio del Trajo. La lampada frontale pieghevole si apprezza in passaggi del genere, dove fa comodo guardare dove si mettono i piedi... a volte qualche euro in più si rivela ben speso! Raggiunto il ghiacciaio ci leghiamo e indossiamo i ramponi: la traversata è piuttosto rapida, puntiamo dritti alla grande frana dove possiamo togliere i ramponi e mettere via la corda mentre inizia a fare chiaro: le sagome del Cervino e dei suoi vicini si fanno via via più nitide, e mentre saltiamo da un masso instabile all'altro, il versante (o meglio la parete) della Grivola che ci sovrasta si accende di rosso: è iniziato il nostro lungo giorno!

Sequenze di alba...
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Va detto fin da subito che il maggiore ostacolo e deterrente per chi vuole salire la Grivola da questo versante (che è poi quello classico, anche se Samuele ci ha detto che col rinnovamento del bivacco Grivola in Valsavaranche qualche guida, tra cui Abele Blanc, reputa più sicuro il versante opposto rispetto alla normale), non sono tanto i 1700 metri di dislivello per arrivare al bivacco, né il ghiacciaio tutto sommato mansueto del Trajo, né le difficoltà tecniche della cresta o della normale, bensì i canali e i tratti di sfasciumi per raggiungere sia il bivacco Balzola e la cresta nord est sia la parte centrale della normale. Di fatto sono posti pericolosissimi per caduta massi, e non è facile capire da dove salire, soprattutto sulla cresta nord est dove il paesaggio è stato letteralmente sconvolto dalla ciclopica frana.

Ci innalziamo per una sorta di canale di ghiaia e terra, la parte meno ripida della parete: il bivacco Balzola non si vede, ma la sera precedente abbiamo visto un bagliore intuendone la posizione nell'intaglio più basso tra Grivola e Grivoletta, dunque dovremmo essere sulla via giusta, sicuramente la meno ripida. Dopo qualche passaggio decisamente scabroso, che poco volentieri rifaremmo in discesa, finalmente troviamo un ometto e qualcosa di simile a una traccia! Il terreno è sempre ripido ma più sano, qualche facile passaggio di I grado ci conduce poco sotto la cresta, dove però non troviamo più ometti: saliamo a naso su terreno più instabile e difficile, e finalmente usciamo sul filo un po' più a sud rispetto al bivacco Balzola: non è un problema, anche se mi sarebbe piaciuto dare un'occhiata veloce a questo nido d'aquila a 3400 metri, con soli 4 posti letto, sopravvissuto alla frana.

Preziosi ometti lungo l'avvicinamento alla cresta
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I primi passi in cresta
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Vista sulla cresta NE della Grivola o delle Clochettes
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Sono le 8,30, siamo in buon orario, anzi fa ancora abbastanza freddo: ritiriamo fuori la mezza corda da 60 m, una serie di friends e tre rinvii, e iniziamo ad affrontare la cresta in conserva corta, proteggendoci nei passaggi più esposti; quando uno dei due finisce il materiale, passa davanti l'altro. Le difficoltà non superano il terzo grado (singoli passaggi), in un punto che ci sembra più difficile, una placca priva di chiodi, mi sposto sul versante Trajo, dove però trovo roccia veramente marcia... una regola che vale per tutte le creste di queste montagne un po' marciotte, e non solo loro, è che la roccia è buona o discreta, talora ottima, fintanto che si rimane sul filo; appena ci si sposta dai lati si rischia di fare volare giù roba. Se poi la parete è mezza franata, come nel caso della Grivola, navigare nello sfascio è una garanzia! Ripassa davanti il mio socio che trova il modo di tornare sul filo per un facile caminetto: un tratto esposto su lama ed eccoci sul torrione da cui una doppia di 15 metri ci deposita su un'intaglio circa a metà cresta... stando alle relazioni in nostro possesso (Gulliver e guida CAI GMI) le difficoltà da qui in poi dovrebbero diminuire, con i gendarmi di roccia meno buona facilmente aggirabili sul versante Trajo (a nord verso il ghiacciaio del Nomenon invece ora c'è parete). Sono le 10, per un attimo sfioriamo l'idea di fare in tempo a rientrare a valle a orario da aperitivo!

Momenti di arrampicata
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A sinistra ghiacciaio del Nomenon, a destra Trajo
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Un bel tratto esposto nella prima metà della cresta
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In verità la fisionomia della cresta è stata evidentemente sconvolta dalla recente frana: verso sud non si aggira proprio un bel niente, ci sono rocce malferme su terreno ripidissimo: un suicidio, non ci proviamo nemmeno! I gendarmi della seconda parte si rivelano da subito più impegnativi: prima un diedro di III più continuo sul versante nord, con roccia gelida, non proprio ottima e pure un poco di neve, che si cucca Federico; poi una placchetta con due chiodi e piccole fessurine che invece mi accaparro io, non proprio banale da fare con gli scarponi... forse IV o IV+, comunque difficoltà su cui non ci sentiamo più di procedere in conserva ma con brevi tiri. Da ognuno dei gendarmi tocca calarsi in doppia, ne facciamo almeno altre due, e i minuti scorrono ben più veloci con le manovre di corda... in compenso la roccia è molto meglio di quanto ci aspettavamo dalle relazioni, in uno dei gendarmi troviamo una splendida placca compatta fessurata con tanto di quarzi.

Tratti di roccia granitoide ottima nella seconda parte di cresta
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Uno dei torrioni da cui si deve scendere in doppia

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E' ormai mezzogiorno passato quando ci troviamo di fronte a una nuova gatta da pelare: la cresta si impenna in un torrione quasi verticale, non aggirabile dai lati. A sinistra ci sono più fessure ma quasi strapiomba, a destra la roccia sembra meno buona... cerchiamo un prezioso indizio che finora ci ha guidati bene: i segni dei ramponi sulle rocce. Già, perché c'è anche gente con le palle dure che queste creste se le fa coi ramponi! Vediamo che vanno a destra: mi affaccio e vedo luccicare un chiodo nuovo. Anche se quest'anno su roccia ho arrampicato più io del mio amico, preferisco lasciare a lui, più esperto, questo passaggio: comincio ad essere un po' stanco, almeno mentalmente. Federico si affaccia e pensandoci un po' (se io non avessi visto il chiodo lui sarebbe passato a destra) affronta il diedro atletico, proteggendosi bene con un paio di friend grossi oltre che col chiodo. Anche questo sarà un buon IV +, ma ben più expo rispetto al tiro fatto da me prima. Poi le difficoltà non erano facili da intuire dal basso, soltanto una volta sopra il chiodo si incontravano le buone fessure con cui superare la strozzatura!

Sotto il passo chiave
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Parte finale della cresta: compare la vetta
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Faccio un altro breve tiro più facile poi finalmente iniziamo a vedere la fine delle difficoltà: la cresta si allarga un po', si può passare più agevolmente dal versante sud dove passa la via normale, che dopo un tratto in traverso non banale incontriamo. Lasciamo giù corda e ferramenta e ci incamminiamo più leggeri verso la vetta, che in realtà è ancora 200 metri buoni sopra di noi. Segnavia gialli aiutano a seguire la via, che comunque presenta ancora diversi passi di I e II grado, un po' disturbati dal terriccio. Verso le 13,40 siamo finalmente in vetta alla Grivola! Soltanto una piccola croce e il panorama aperto in tutte le direzioni... il Gran Paradiso vicinissimo coi suoi ghiacciai, le vette affacciate sul Piemonte come sempre avvolte dalle nuvole... e poi dall'altra parte tutta la gloriosa sfilata dei 4000 di confine. Ci prendiamo il nostro tempo, facendo la prima pausa vera della giornata, ma sappiamo bene che non è ancora tempo di stringersi la mano! La discesa dalla normale infatti richiede impegno e concentrazione alle stelle, oltre che fortuna.

Parte alta della via normale (visibile il bollo giallo)
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Si vede una croce!

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In vetta
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La prima parte fino alla corda la abbiamo già fatta in salita e non abbiamo problemi; poi continuiamo a seguire i segnavia gialli, per fortuna abbondanti, e qualche ometto: la roccia è migliore di quanto ci aspettassimo, ci sono tracce di passaggio, poi si sta per molti tratti lungo speroni riparati dalla caduta di sassi. 700 metri di dislivello per arrivare al ghiacciaio però sono tanti, e col fatto che stiamo scendendo slegati preferiamo andare piano per essere sicuri di non fare passi falsi. Superato un canale verso destra faccia a valle, ci ritroviamo su un nuovo sperone che si fa via via più sottile ed esposto: l'arrampicata è ormai sostenuta sul I/II grado, forse anche III in qualche singolo passaggio, e trovata una sosta attrezzata non ci pensiamo due volte a fare una doppia! Alla prima breve calata non ne segue una seconda su singolo spit: una breve corda fissa sembra portare nel profondo canale a destra, e la tentazione di scenderci è forte... provo ad andarci a vedere, ma non trovo altre doppie, e preferisco levarmi di torno in fretta siccome tutti i sassi che cadono dalla parete potenzialmente possono arrivare qui: arrampicando torno dunque sullo spigolo, dove mi raggiunge Federico. Da un piccolo intaglio vediamo che i bolli scendono dalla parte opposta, verso una sorta di torrente che raggiungiamo con difficili passaggi di disarrampicata in fessura.

Parte alta della normale con vista sul Trajo
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Passaggi ripidi
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Calata? Magari!
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Ne approfitto per una veloce bevuta! Da qui in poi il terreno sembra meno ripido, tracce di passaggio scendono verso i sottostanti nevai che ormai non sono più così lontani. Ci accorgiamo però che i bolli gialli, che nella seconda parte di discesa e dopo la calata in doppia si sono fatti sempre più radi, sono sulle placche dall'altra parte del rio, ma scendono nella stessa direzione: su terreno infido ci portiamo dunque dentro il torrentello, e di fatto dobbiamo disarrampicarci dentro: c'è pure un chiodo su cui passa l'acqua, ovviamente marcio! Mentre sono quasi in fondo al camino-torrente, sento un sibilo e una bestemmia del mio socio... il sasso lo ha preso su un piede, per fortuna sulla punta rinforzata dello scarpone limitando i danni; se avesse avuto le scarpe basse sarebbe andata peggio, anche perché era proprio sopra il passaggio difficile e slegato.

Cominciamo ad averne davvero abbastanza di questa discesa eterna e pericolosa, che ci sta tenendo in ballo da più di due ore. Ormai ce ne freghiamo dei bolli di nuovo spariti e di una sosta di calata su cordini marci: sembra che un ghiaione ci porti direttamente sul ghiacciaio, senza salti di roccia, e così è: in realtà qualche tratto più ripido c'è, ma riusciamo ad aggirarlo; nella parte finale ci lasciamo andare sulle ghiaie rischiando qualche ruzzolone fino a toccare finalmente la neve, quando sono ormai le 16,30. Ci leghiamo ma non indossiamo i ramponi: non puntiamo ad attraversare il ghiacciaio completamente, siccome dall'alto avevamo visto qualche crepaccio di troppo e ci siamo entrambi dimenticati le viti da ghiaccio; puntiamo invece alla frana da cui siamo passati anche all'andata, che i crepacci di fatto li tappa.

Finalmente sul piatto!
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Rimettiamo dunque via corda e picca e dopo solo pochi minuti di terreno morbido e pianeggiante, eccoci di nuovo a traballare su sassi franati che forse non hanno mai retto il peso di un essere umano: infatti molti, anche grossi, si muovono o partono letteralmente! Il tutto mentre sotto il ghiacciaio gorgoglia. Arrivo abbastanza esausto al punto in cui alla mattina ci eravamo tolti i ramponi: ora li rimettiamo, di nuovo cordata con nodi a palla, via verso le catene che riportano al bivacco! Per fortuna le gambe sono più stanche delle braccia, che tirano le catene senza pietà: per sicurezza preferisco assicurarmi con cordino e moschettone a mo' di ferrata, pur sapendo che mi distruggerei ugualmente in caso di scivolata... ma un piccolo aiutino psicologico ci sta sempre!

Arriviamo al bivacco verso le 18,30, e solo qui ci sentiamo di stringerci la mano! Mangio controvoglia una simmenthal che avevo tenuto come scorta, sento che lo stomaco non è tanto a posto e la cosa migliore da fare è scendere di quota il prima possibile. Se non altro il sentiero dà una buona mano in questo senso! In circa un'ora siamo di nuovo al casotto PNGP, metà della discesa è volata; ora inizia la parte più ripida... sento che già sto meglio, forse è stata la quota, forse la tensione rimasta alle stelle per davvero tante ore... mi capita diverse volte di arrivare in queste condizioni alla fine delle gite più impegnative. Ora dopo più di 2000 metri di discesa sono le gambe ad avere qualcosa da obiettare... finalmente si vedono le case di fondovalle ma sono ancora lontane; ci spinge giù però sia la voglia di una doccia e una cena sia la questione di principio di arrivare in fondo senza usare la lampada frontale: quando eravamo al bivacco non ci speravamo troppo, siccome ci erano volute 5 ore per salire, pur con pause... la discesa invece alla fine ce la voliamo, e in poco più di due ore siamo all'auto, 21 precise, il cielo ancora illuminato dal crepuscolo. Un breve tratto di auto ci separa dalla casa in affitto del mio amico, la cui madre gentilissima ci ha aspettato per la cena; e siccome abbiamo risparmiato sull'acqua per aver lo zaino più leggero, ci è rimasto il posto per un meritato brindisi alla Grivola!

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La salita è stata effettuata il 17-18 agosto
La cresta NE della Grivola è stata salita a fine 800, il nome Clochettes è dovuto al fatto che i primi salitori sentivano gli scampanellii (clochettes appunto) delle mucche al pascolo nel vallone del Nomenon fin sulla cresta. Ora purtroppo l'alpeggio è abbandonato e gli unici scampanellii sono quelli dei moschettoni dei pochi che si avventurano quassù!:MUCCA
 
Grazie, mi hai fatto vivere un bel viaggio. La Grivola mi incute una grande soggezione, complimenti davvero
 
Bellissimo report, con foto incredibili.
Sono senza parole...
Complimenti, e grazie per la condivisione.
La Grivola, questa grande sconosciuta: adesso lo e' un po meno!
 
Bellissimo reportage con foto splendide, quelle sulla cresta sono da rivista di alpinismo, bravo! :CC

PS: mi sono permesso una crasi sulla vostra cena, d'ora in poi non potrò più guardare queste zuppe liofilizzate sugli scaffali del supermercato senza scoppiare a ridere HIHIHI
Saikebon (...) con le sue pericolose salse scureggianti
 
Porca *****.
Ho sbavato su Whatsapp quando mi hai detto della Grivola, attendevo il report su cui eri mezzo svogliato se farlo o no.


Che tribolazione, tanto di cappello e onore al fisico! :PPINK:MUCCA
 

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Davvero tanti tanti complimenti! Mi pare di aver capito che non è proprio banale arrivare su, soprattutto vista la "qualità" della roccia/versanti che hai descritto.. bravi!


Bellissimo report e bellissime foto!
 
Epico! Giù il cappello :D
Avevo letto anni fa un resoconto di Bonatti di una sua ascensione alla Grivola, dal quale si poteva ricavare l'impressione che si trattasse quasi di una semplice scampagnata (be', per lui certamente lo era HIHIHI); il tuo racconto e le bellissime foto aiutano a mettere le cose nella giusta prospettiva.

Però, quando dici che la Grivola è più ardua che bella... io la trovo bellissima: vista dal Couis fa veramente un grande effetto.
 
vabbè ciao, che racconto emozionante e romantico, le foto quasi non servivano:PPINK:HIP
bravo, bravi e grazie, però... sticatzi che motori:shock:
 
Grazie grazie per aver condiviso con noi questa tua magnifica esperienza
Racconto e foto bellissimi,complimenti a tutti e 2 favoloso
 
Super wow!!! Reportage da Oscar…

Foto meravigliose, racconto intenso e spassoso… per non parlare dell’itinerario di assoluto livello… complimenti!!!
 
Grazie a tutti per i commenti!

Bellissimo reportage con foto splendide, quelle sulla cresta sono da rivista di alpinismo, bravo! :CC

PS: mi sono permesso una crasi sulla vostra cena, d'ora in poi non potrò più guardare queste zuppe liofilizzate sugli scaffali del supermercato senza scoppiare a ridere HIHIHI

Scureggianti 🤣 potresti provarle però, chissà magari scopri che ti piacciono!

Davvero tanti tanti complimenti! Mi pare di aver capito che non è proprio banale arrivare su, soprattutto vista la "qualità" della roccia/versanti che hai descritto.. bravi!

Il problema è soprattutto la discesa, con qualche pericolo oggettivo... Peccato perché meriterebbe senz'altro più visite questa bella montagna!

Bellissimo report e bellissime foto!

Epico! Giù il cappello :D
Avevo letto anni fa un resoconto di Bonatti di una sua ascensione alla Grivola, dal quale si poteva ricavare l'impressione che si trattasse quasi di una semplice scampagnata (be', per lui certamente lo era HIHIHI); il tuo racconto e le bellissime foto aiutano a mettere le cose nella giusta prospettiva.

Però, quando dici che la Grivola è più ardua che bella... io la trovo bellissima: vista dal Couis fa veramente un grande effetto.

Ah sicuro, per Bonatti era senz'altro un giretto di riscaldamento 😅 del resto fa comunque impressione pensare che itinerari simili furono aperti a fine 800... Con chissà che abbigliamento e attrezzature!
 
Il colore della GRIVOLA mi fa pensare, almeno nella parte alta, alla presenza di notevoli quantità di materiale ferroso nella roccia; può essere che la GRIVOLA faccia da "parafulmine" con una certa frequenza, data la quota prominente rispetto alle cime circostanti e la presenza di ferro nel suolo e nel sottosuolo? Se così fosse, la frequenza elevata di scariche di fulmini potrebbe in parte spiegare il perchè della "roccia marcia" o non ha nessuna attinenza?
 
Tempo fa avevo letto, forse su un libro o una rivista, l'appellativo "fabbrica di frane" riferito a Grivola & Gran Nomenon. In effetti sono rocce che stanno insieme con lo sputo. Mi ricordano le montagne del Cevedale.
Una domanda: le foto le hai fatte a macchina/cellulare o avevi qualcosa sul caschetto? Molte sono scattate in posizioni/situazioni non comode, nelle quali l'ultima preoccupazione è sicuramente quella di estrarre un arnese che fa le foto...
 
Il colore della GRIVOLA mi fa pensare, almeno nella parte alta, alla presenza di notevoli quantità di materiale ferroso nella roccia; può essere che la GRIVOLA faccia da "parafulmine" con una certa frequenza, data la quota prominente rispetto alle cime circostanti e la presenza di ferro nel suolo e nel sottosuolo? Se così fosse, la frequenza elevata di scariche di fulmini potrebbe in parte spiegare il perchè della "roccia marcia" o non ha nessuna attinenza?

È un'associazione a cui non avevo pensato... In effetti in alto abbiamo visto molte placche che erano proprio viola, non saprei però classificare... Credo comunque che gli eventi atmosferici non possano essere causa di quelli geologici, almeno non di quelli importanti come la frana del 2017... Poi le rocce di per sé non sempre sono così marce, semplicemente c'è molto materiale pericolante per via della morfologia ripida... Un amico geologo mi diceva che le montagne più belle nascono per " sottrazione", ed è il motivo per cui spesso risultano franose... Monviso e Cervino sono esempi perfetti in tal senso! Ma in generale tutte le montagne perdono pezzi... Anche il solido monte Bianco è riuscito a riempire di detriti il ghiacciaio del Miage! Nel caso della Grivola e di altre vicine cime del gran paradiso poi il ritiro dei ghiacciai ha dato senz'altro una buona mano a rendere tutto ancora più instabile... In tutti i modi con previsti temporali è senz'altro un posto da cui stare ben alla larga! 😬
 
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