Credo sia la prima volta che arrivo ad aprile con un allenamento simile: mai saltato un weekend dai primi di dicembre, e sempre a sciare, sempre in Appennino. Con le restrizioni della zona rossa i compagni di uscite si sono fatti sempre più rari, un po' per paura dei controlli, un po' perché erano anche a posto. Io invece ho continuato imperterrito a uscire, partendo prima e tornando dopo, cercando di tirare il più possibile. La scorsa domenica dopo quattro su e giù dall'Alpe di Succiso (ormai salita e scesa da tutti i pertugi possibili) per circa 2400 metri di dislivello positivo, ho notato con piacere che ne avevo ancora; quindi mi sono sentito pronto per un giro piuttosto ignorante che da tempo avevo in mente: concatenare i tre 2000 del "Gigante", cioè Piella, Cusna e Prado. Ad essere pigniuoli ci sarebbe anche il Sasso del Morto (cioè il nasotto roccioso appena a destra dell'arrivo della seggiovia di Febbio 2000), ma sciisticamente è la Piella che conta.
Sabato in compagnia di Matteo facciamo est Casarola e nord est Succiso, purtroppo il tempo si guasta dopo mezzogiorno, quindi rimane un po' la voglia per il giorno successivo, cioè Pasqua. Il mio socio ha esigenze culinarie, mentre io decido che posso rimandare il tradizionale pranzo al lunedì di Pasquetta.
Alle 6 in punto esco di casa, e su strade non esattamente deserte mi sposto verso la pedemontana reggiana. Quando si va verso il Cusna, anche il viaggio in macchina ha qualcosa di speciale... dopo il budello della valle del Crostolo e le lunghe gallerie sotto Casina e dintorni, si apre all'improvviso lo scorcio forse più caratteristico del nostro Appennino: l'altopiano di Felina e Castelnuovo Monti, la sagoma inconfondibile della Pietra di Bismantova, e dietro tutta la linea dell'Appennino, dal Giovo al crinale parmense, con il Cusna enorme che spicca su tutti. Una vista che si può ammirare quando si vuole dalla webcam di Felina (capannoni a parte,,,)
Ed è solo l'inizio dello spettacolo. Prima di Castelnuovo si scende a sinistra fino al fondovalle del Secchia, località Gatta. Qui i modenesi riescono ad arrivare più rapidamente passando da Sassuolo lungo lo stradone delle mattonelle. Continuando a costeggiare il fiume la strada diventa più stretta e passa dalle fonti carsiche di Poiano e gli spettacolari gessi triassici, grandi pareti bianche che danno alla valle l'aspetto di un canyon. Salendo a Cerrè-Sologno si passa da un ottimo punto panoramico, con tanto di cannocchiale, dal quale si vedono sia la Pietra dal suo versante più roccioso, sia i gessi triassici ai suoi piedi.
Alba sulla Pietra da Sologno
Mancano ancora 15 km di curve a Ligonchio, probabilmente il paese dell'Appennino più lontano dalla pianura, sicuramente quello più scomodo da raggiungere. Prima di salirvi, la strada fa un ponte su una valle molto incassata e ombrosa, la valle dell'Ozola. Tutte le acque che vengono convogliate nella famosa (e bellissima) centrale idroelettrica di Ligonchio, arrivano dall'Ozola e i suoi affluenti. E la stradina che dal paese conduce al punto di partenza del mio itinerario, cioè il Lago della Presa Alta, non sarebbe mai esistita se la valle non fosse stata votata all'idroelettrico. Si tratta probabilmente della strada più vertiginosa della regione: dopo una sequenza ripidissima di tornanti, con ancora i muretti di neve nell'ultima parte, ci si affaccia sul baratro della valle, tutta coperta di boschi: versanti ripidissimi precipitano per 1000 metri da entrambe le parti, e spicca il Cusna col suo versante ovest, il più ripido: lo guardo bene cercando di studiare da dove scenderò, siccome sarà la ciliegina sulla torta della giornata.
L'ovest del Cusna vista dalla strada
Alta valle dell'Ozola: in ultimo piano i monti Cipolla e Prado
Una discesa con rischio di caduta sassi, piante, slavine porta al ponte sul Rio Rimale, poi la strada diventa sterrata: un altro km di "terrore" ed eccomi dopo 2 ore abbondanti di viaggio al parcheggino sopra la casa del custode della diga (1240 m), con la sua mitica Panda Enel. Mi sorprendo a vedere che c'è già un furgone, acceso: qualcuno ha voluto fare lo splendido e dormire all'addiaccio, poi però deve avere patito un po' freddo... mi tocca prepararmi con lo sgradevole odore di diesel (checcazz sono le 8,30, potresti pure spagliarti...); solo quando ho chiuso la macchina e mi sto per incamminare vedo sbucare una testolina dietro il finestrino e finalmente il furgone si spegne... sempre così.
Il pigrone freddoloso
Parto con le scarpette, sci e scarponi appesi allo zaino, piccozza e ramponi per sicurezza (ma non li userò). Dopo 10 minuti trovo le prime timidissime lingue di neve sulla stradina forestale, che seguono il canale a monte... mi bastano, ormai ho superato il (lungo) periodo in cui badavo a quanto ho speso per l'attrezzatura, quindi pello e via a pestare foglie, sassolini, rametti.
Feticismo
La strada è qualcosa di eterno, e in un breve tratto mi tocca pure togliere gli sci: dopo almeno un'ora e mezza arrivo al secondo ponte sull'Ozola, dove si passa nel versante nord, e finalmente l'innevamento si fa abbondante. Avrò guadagnato poco più di 200 metri di dislivello dalla partenza... la forestale compie un altro lunghissimo tornante, che decido di tagliare percorrendo il sentiero Glenda, che sale nel bosco in modo più deciso.
La neve è dura ma riesco a salire anche senza rampant: quando esco dal bosco mi ritrovo nella splendida conca del Lago Bargetana, dove si trovava uno degli ultimi ghiacciai dell'Appennino settentrionale... e lo scenario oggi è proprio degno di questo glorioso passato glaciale! A occhio e croce i canali a nord ovest del Prado si riusciranno a scendere fino alle porte di giugno (e se ci si riuscirà io sarò senz'altro lì a ravanarci ).
Monto i rampant per affrontare l'ultimo muretto che conduce sul crinale a ovest del lago: tracce di salita e discesa di sci e pestoni di pedoni fanno capire che la neve ha ben mollato col caldo eccezionale della settimana appena trascorsa; ma la bora che ha iniziato a soffiare sabato pomeriggio ha fatto crollare di 10/15 gradi le temperature, e la notte serena ha fatto rigelare tutto. La mia speranza è che almeno sui pendii al sole molli un po', ma continua a tirare vento sostenuto da nord est e la neve non sembra volerci sentire più di tanto...
Una volta sul crinale, tolgo gli sci per superare passando sull'erba un tratto un po' esposto lato Garfagnana dove non mi fido abbastanza dei rampant, poi facilmente per crestone ampio con spettacolari cornici affacciate sulla Bargetana arrivo in vetta (2054 m).
Esposta a mezzogiorno, con le Apuane e il mare sullo sfondo, si spalanca sotto il mio naso una discesa a lungo ambita: il Canal secco, cioè l'imbuto sud del monte Prado, noto anche come Pratovolta, la sciata più lunga che si possa fare in terra toscana. Quante volte dalle Apuane avevo ammirato la sua linea perfetta, simile quasi a un buco di culo, con la neve che restava fino a inizio estate. Purtroppo mi tocca constatare che dovrò sciarlo su neve dura, è mezzogiorno e non ho voglia di aspettare troppo.
Canal Secco
Più che una bella sciata, un'esperienza... enormi cornici rosse, il linguone di valanga bianco sul fondo, poi il canale che si incassa, penetra nel bosco come fosse un'autostrada, e va avanti, avanti, interminabile... quando la neve comincia ad essere bella molla purtroppo ci sono sopra troppi sassi e foglie per divertirsi, ma proseguo a oltranza, anche perché ai lati ho pareti e non intendo risalire il canale rischiando di prendere in testa uno dei tanti sassi tra cui sto facendo lo slalom. Mi fermo soltanto quando la situazione diventa ai limiti del grottesco e comincio a sentire il rumore dell'acqua poco sotto... con un breve traverso sulla scarpata riesco a raggiungere un bel bosco sulla sinistra orografica, che risalgo di buon passo. Uscito su terreno aperto, torno verso l'alveo del canale che nella parte superiore è meno incassato; in basso due scialpinisti si sono fatti meno problemi di me e lo stanno risalendo, in alto un gruppetto di mufloni attraversa il fosso... mi sento molto bene e cerco di spingere: in poco più di un'ora sono di nuovo in cima, riguadagnando i circa 600 metri di dislivello persi col canale.
Skicaproni
Il tempo che guadagno marciando lo perdo poi a prepararmi, e quando sto per partire arrivano in vetta i due scialpinisti, partiti da Civago, che mi scambiano per un altro parmigiano. Loro vogliono provare a scendere verso il lago Bargetana, io invece preferisco il canalone est/nord est, anche noto come Clessidra per la sua forma. Come temevo la neve non ha mollato... le tracce lasciate sul firn nei giorni scorsi stanno lì beffarde mentre a me tocca far grattare le lamine su qualcosa di più simile al ghiaccio che alla neve, con effetto vibro-stimolatore sulle chiappe... c'è anche a chi piace questo tipo di sciata; a me proprio no, soprattutto quando i pendii si fanno ripidi... Soltanto quando ormai sono al limitare del bosco riesco a fare qualche curva su neve più morbida.
Prima parte del canalone della clessidra, con il Sassofratto (o Sprone di monte Prado)
Il muro sotto il restringimento della "clessidra" (ora in realtà è tutto molto largo e uniforme)
La nord est del Prado, fatta tante volte con le piccozze... piccolo sogno scenderci con gli sci. A inizio primavera ci sono state giornate in cui sicuramente era in condizioni buone (a non lavorare...).
Vista d'insieme del canale della Clessidra, che scende tra Sassofratto e Prado
Mi fermo quando incrocio il sentiero che sale dal rifugio Segheria verso il Battisti, a quota 1650 circa. Salgo seguendo la variante che sta lontana dal monte Cipolla, pericolosa per le valanghe... non tanto per le valanghe che oggi non sono certo un problema, ma per tagliare più possibile verso il Passone. Rimango impressionato a vedere a 3 metri da terra le fettucce lasciate sui faggi nel pieno dell'inverno dai gestori del Battisti per segnalare il sentiero... siamo nel luogo dove ha nevicato di più su tutto l'Appennino settentrionale, durante l'inverno al Segheria sono caduti più di 6 metri di neve.
Monte Cipolla
Scorci dal passo di Lama Lite
L'ampio crinale verso Passone e Piella
Prado e Cipolla
Raggiungo il passo di Lama Lite, che unisce le valli del Dolo e dell'Ozola e separa il gruppo del Cusna da quello del Prado/Cipolla. Seguendo lingue di neve tra strani canali sabbiosi arrivo al Passone, dove mi affaccio sulla vallata di Febbio. In realtà resto sempre a sud del crinale per evitare di prendere vento, approfittando di generose lingue di neve che piano piano (le gambe cominciano a farsi più pesanti...) mi conducono fin sulla Piella (2077m).
Verso la Piella, cavalcando il "Gigante"
In cima! Sullo sfondo la vetta del Cusna
Una pausa per riprendersi un po' poi giù per l'estetico Fosso secco (chiamato anche Canale dei Cervi), dove finalmente trovo il tanto agognato firn! Stavolta sono io a gongolare vedendo le deboli tracce di qualcuno sceso un paio d'ore prima che ha cercato la neve rossa (che contenendo sabbia si scalda e molla un po' prima), mentre io riesco a fare tutte le mie belle curve seguendo quella bianca, anche lei ormai cotta a puntino!
Fosso secco
Il fosso visto da di fronte; sulla sinistra in alto il rifugio 2000 dove arriva la seggiovia di Febbio
Valangone fresco fresco sceso con ogni probabilità nei giorni caldissimi della scorsa settimana
Dovrei essere pure io cotto a puntino ormai, ma la discesa godosissima mi ha galvanizzato: potrei continuare a scendere nel bosco reintercettando 200 metri più giù la forestale dell'Ozola percorsa stamattina e tornare all'auto in meno di un'ora... ma sono le 16, voglio scendere più tardi possibile per minimizzare il rischio controlli e soprattutto voglio la ciliegina sulla torta: la ovest del Cusna!
Dal punto in cui mi trovo in realtà il culmine del Gigante non è così lontano: si tratta di risalire dal canale sud est, dove ero stato un mesetto fa. Noto con piacere che i due scesi dalla Piella prima di me sono poi risaliti seguendo proprio l'itinerario che intendo fare io: la loro traccia mi fa comodo soprattutto nel primo tratto di bosco, breve ma ripido, ma si apprezza anche su terreno aperto, non fosse altro perché sembra un po' di seguire una via logica, già battuta, in un ambiente selvaggio... sottigliezze che però danno un po' di sollievo alla mente che ormai sembra dire alle gambe: "meglio fermarsi qui!"
Versante sud est del Cusna: il canale risalito (bello anche come discesa, con un po' più neve) è quello che arriva a sinistra della vetta.
Quando raggiungo il colletto dove inizia il canale mi devo fermare a recuperare un po' di energie; appena oltre la pietraia si apre il versante ovest. Potrei spellare e scendere direttamente, ma qui interviene l'orgoglio dell'alpinista di formazione caimana: le vie finiscono in vetta, di conseguenza anche le discese possono solo iniziare dalla vetta! Quindi animo, sci in spalla per superare il breve tratto di cresta siccome non ho voglia di fare inversioni sull'ultimo tratto ripido dell'ovest; ultimo sforzo sul facile crestone finale ed eccomi sulla quarta cima della giornata, la più alta (2121m). Mi godo il panorama con la luce ormai calda del pomeriggio, passa pure un ultraleggero che fa un paio di giri attorno alla cima, come a salutare... o forse è un carabiniere che mi vuole multare? Ripenso all'ultima volta che sono stato qui, a febbraio, in quella breve parentesi di zona gialla dove in vetta c'era la folla... ma non c'è troppo tempo per pensare, la discesa dalla ovest richiede concentrazione e so che il rientro alla macchina sarà una super-ravanata. Ho ancora 2 ore di luce, quindi via!
Crestone finale, percorso anche dalla "normale"
Vista verso Reggio, con la Pietra di Bismantova ben riconoscibile
C'è chi scia e c'è chi vola!
Vista mare
Il facile crestone sommitale è ghiacciato, ma appena mi affaccio sull'ovest trovo bel firn: sull'imbocco, che è poi il punto più ripido, riesco a godermi la sciata. Nella sezione centrale purtroppo la neve non ha mollato, o forse non trovo il punto migliore per scendere, e mi tocca lavorare ancora di lamine; poi scopro un fazzoletto di neve rossa più morbida che mi conduce all'ultimo muro. In vetta avevo guardato la foto fatta alla mattina al versante, e capisco che in questo punto mi conviene spostarmi più a sinistra; appena oltre a una fascia di rocce affioranti trovo un meraviglioso pendio uniforme, su neve finalmente morbida il giusto, e me lo godo tutto d'un fiato fino al bosco!
Imbocco
Parte alta
Parte centrale
Ultime curve
Qui continuo a seguire un fosso che si infila nel bosco, disturbato da qualche pianta caduta; poi mi sposto a destra continuando a scendere nella faggeta, grazie anche alla neve non troppo cotta riesco a sciare bene fino a dove finisce la neve. Qui compio un errore: ricordandomi che il fosso in basso forma delle cascate, mi sposto sulla sua destra... ma sarebbe stato meglio rimanere a sinistra. Metto le scarpette, sci e scarponi in spalla comincio a traversare sul versante esposto a sud guadando un paio di torrentelli fin dove so di riuscire a scendere "agevolmente" al pianoro alla base delle cascate di Lavachielli. Il bosco però è molto ripido e gli sci incontrano spesso i rami... insomma una ravanata di quelle che restano!
Rava_Mode on
La cascata di Lavachielli, in realtà formata dal Fosso Lama Cavalli (ci sono altri 2 salti sopra ma questo è il più bello)
Alla cascata intercetto il sentiero Cai che mi riporterà all'auto: come avevo visto dalla strada, è completamente sgombro dalla neve, a parte l'ultimissimo tratto appena prima del fiume, dove è rimasto il nevaio di scarico di una grossa valanga scesa dal canale sovrastante... Non ho proprio voglia di prendere la piccozza né tanto meno di rimettere gli scarponi da sci e montarci i ramponi, quindi vado di gradini.
C'è giusto una valletta da attraversare... Prado sullo sfondo
Il nevaio infame
Mi tocca poi il guado dell'Ozola a valle della diga, per fortuna poco pieno, ma riesco comunque a pocciarci dentro un piede. L'ultimo ostacolo è superato, ma occorre l'ultimo sforzo per superare i 100 metri di ripidissima scalinata che portano alla casa del custode, alla macchina e alla birra che c'è dentro... Mentalmente sono arrivato più stanco all'auto dopo altre giornate passate in montagna, ma fisicamente stavolta sono abbastanza al limite!
Birra e salame DOC, il resto un po' smart
Tempo di un rapido spuntino, la birra non riesco a godermela come vorrei siccome mi brucia la gola forse per il freddo... o magari il tizio con l'ultraleggero invece che salutarmi mi ha sputato addosso e mi ha passato il covid... chissà. Riesco a fare con ancora la luce la strada del terrore, poi incontrando tanti animali notturni in giro me ne torno a casa dove arrivo poco dopo il coprifuoco. Non giro con GPS/altimetri, ma a occhio guardando la cartina penso di aver fatto almeno 25 km e 2500 metri di dislivello positivo.
Old style: in arancione i tratti sci in spalla, giallo pellate, verde discese
Sabato in compagnia di Matteo facciamo est Casarola e nord est Succiso, purtroppo il tempo si guasta dopo mezzogiorno, quindi rimane un po' la voglia per il giorno successivo, cioè Pasqua. Il mio socio ha esigenze culinarie, mentre io decido che posso rimandare il tradizionale pranzo al lunedì di Pasquetta.
Alle 6 in punto esco di casa, e su strade non esattamente deserte mi sposto verso la pedemontana reggiana. Quando si va verso il Cusna, anche il viaggio in macchina ha qualcosa di speciale... dopo il budello della valle del Crostolo e le lunghe gallerie sotto Casina e dintorni, si apre all'improvviso lo scorcio forse più caratteristico del nostro Appennino: l'altopiano di Felina e Castelnuovo Monti, la sagoma inconfondibile della Pietra di Bismantova, e dietro tutta la linea dell'Appennino, dal Giovo al crinale parmense, con il Cusna enorme che spicca su tutti. Una vista che si può ammirare quando si vuole dalla webcam di Felina (capannoni a parte,,,)
Ed è solo l'inizio dello spettacolo. Prima di Castelnuovo si scende a sinistra fino al fondovalle del Secchia, località Gatta. Qui i modenesi riescono ad arrivare più rapidamente passando da Sassuolo lungo lo stradone delle mattonelle. Continuando a costeggiare il fiume la strada diventa più stretta e passa dalle fonti carsiche di Poiano e gli spettacolari gessi triassici, grandi pareti bianche che danno alla valle l'aspetto di un canyon. Salendo a Cerrè-Sologno si passa da un ottimo punto panoramico, con tanto di cannocchiale, dal quale si vedono sia la Pietra dal suo versante più roccioso, sia i gessi triassici ai suoi piedi.
Alba sulla Pietra da Sologno
Mancano ancora 15 km di curve a Ligonchio, probabilmente il paese dell'Appennino più lontano dalla pianura, sicuramente quello più scomodo da raggiungere. Prima di salirvi, la strada fa un ponte su una valle molto incassata e ombrosa, la valle dell'Ozola. Tutte le acque che vengono convogliate nella famosa (e bellissima) centrale idroelettrica di Ligonchio, arrivano dall'Ozola e i suoi affluenti. E la stradina che dal paese conduce al punto di partenza del mio itinerario, cioè il Lago della Presa Alta, non sarebbe mai esistita se la valle non fosse stata votata all'idroelettrico. Si tratta probabilmente della strada più vertiginosa della regione: dopo una sequenza ripidissima di tornanti, con ancora i muretti di neve nell'ultima parte, ci si affaccia sul baratro della valle, tutta coperta di boschi: versanti ripidissimi precipitano per 1000 metri da entrambe le parti, e spicca il Cusna col suo versante ovest, il più ripido: lo guardo bene cercando di studiare da dove scenderò, siccome sarà la ciliegina sulla torta della giornata.
L'ovest del Cusna vista dalla strada
Alta valle dell'Ozola: in ultimo piano i monti Cipolla e Prado
Una discesa con rischio di caduta sassi, piante, slavine porta al ponte sul Rio Rimale, poi la strada diventa sterrata: un altro km di "terrore" ed eccomi dopo 2 ore abbondanti di viaggio al parcheggino sopra la casa del custode della diga (1240 m), con la sua mitica Panda Enel. Mi sorprendo a vedere che c'è già un furgone, acceso: qualcuno ha voluto fare lo splendido e dormire all'addiaccio, poi però deve avere patito un po' freddo... mi tocca prepararmi con lo sgradevole odore di diesel (checcazz sono le 8,30, potresti pure spagliarti...); solo quando ho chiuso la macchina e mi sto per incamminare vedo sbucare una testolina dietro il finestrino e finalmente il furgone si spegne... sempre così.
Il pigrone freddoloso
Parto con le scarpette, sci e scarponi appesi allo zaino, piccozza e ramponi per sicurezza (ma non li userò). Dopo 10 minuti trovo le prime timidissime lingue di neve sulla stradina forestale, che seguono il canale a monte... mi bastano, ormai ho superato il (lungo) periodo in cui badavo a quanto ho speso per l'attrezzatura, quindi pello e via a pestare foglie, sassolini, rametti.
Feticismo
La strada è qualcosa di eterno, e in un breve tratto mi tocca pure togliere gli sci: dopo almeno un'ora e mezza arrivo al secondo ponte sull'Ozola, dove si passa nel versante nord, e finalmente l'innevamento si fa abbondante. Avrò guadagnato poco più di 200 metri di dislivello dalla partenza... la forestale compie un altro lunghissimo tornante, che decido di tagliare percorrendo il sentiero Glenda, che sale nel bosco in modo più deciso.
La neve è dura ma riesco a salire anche senza rampant: quando esco dal bosco mi ritrovo nella splendida conca del Lago Bargetana, dove si trovava uno degli ultimi ghiacciai dell'Appennino settentrionale... e lo scenario oggi è proprio degno di questo glorioso passato glaciale! A occhio e croce i canali a nord ovest del Prado si riusciranno a scendere fino alle porte di giugno (e se ci si riuscirà io sarò senz'altro lì a ravanarci ).
Monto i rampant per affrontare l'ultimo muretto che conduce sul crinale a ovest del lago: tracce di salita e discesa di sci e pestoni di pedoni fanno capire che la neve ha ben mollato col caldo eccezionale della settimana appena trascorsa; ma la bora che ha iniziato a soffiare sabato pomeriggio ha fatto crollare di 10/15 gradi le temperature, e la notte serena ha fatto rigelare tutto. La mia speranza è che almeno sui pendii al sole molli un po', ma continua a tirare vento sostenuto da nord est e la neve non sembra volerci sentire più di tanto...
Una volta sul crinale, tolgo gli sci per superare passando sull'erba un tratto un po' esposto lato Garfagnana dove non mi fido abbastanza dei rampant, poi facilmente per crestone ampio con spettacolari cornici affacciate sulla Bargetana arrivo in vetta (2054 m).
Esposta a mezzogiorno, con le Apuane e il mare sullo sfondo, si spalanca sotto il mio naso una discesa a lungo ambita: il Canal secco, cioè l'imbuto sud del monte Prado, noto anche come Pratovolta, la sciata più lunga che si possa fare in terra toscana. Quante volte dalle Apuane avevo ammirato la sua linea perfetta, simile quasi a un buco di culo, con la neve che restava fino a inizio estate. Purtroppo mi tocca constatare che dovrò sciarlo su neve dura, è mezzogiorno e non ho voglia di aspettare troppo.
Canal Secco
Più che una bella sciata, un'esperienza... enormi cornici rosse, il linguone di valanga bianco sul fondo, poi il canale che si incassa, penetra nel bosco come fosse un'autostrada, e va avanti, avanti, interminabile... quando la neve comincia ad essere bella molla purtroppo ci sono sopra troppi sassi e foglie per divertirsi, ma proseguo a oltranza, anche perché ai lati ho pareti e non intendo risalire il canale rischiando di prendere in testa uno dei tanti sassi tra cui sto facendo lo slalom. Mi fermo soltanto quando la situazione diventa ai limiti del grottesco e comincio a sentire il rumore dell'acqua poco sotto... con un breve traverso sulla scarpata riesco a raggiungere un bel bosco sulla sinistra orografica, che risalgo di buon passo. Uscito su terreno aperto, torno verso l'alveo del canale che nella parte superiore è meno incassato; in basso due scialpinisti si sono fatti meno problemi di me e lo stanno risalendo, in alto un gruppetto di mufloni attraversa il fosso... mi sento molto bene e cerco di spingere: in poco più di un'ora sono di nuovo in cima, riguadagnando i circa 600 metri di dislivello persi col canale.
Skicaproni
Il tempo che guadagno marciando lo perdo poi a prepararmi, e quando sto per partire arrivano in vetta i due scialpinisti, partiti da Civago, che mi scambiano per un altro parmigiano. Loro vogliono provare a scendere verso il lago Bargetana, io invece preferisco il canalone est/nord est, anche noto come Clessidra per la sua forma. Come temevo la neve non ha mollato... le tracce lasciate sul firn nei giorni scorsi stanno lì beffarde mentre a me tocca far grattare le lamine su qualcosa di più simile al ghiaccio che alla neve, con effetto vibro-stimolatore sulle chiappe... c'è anche a chi piace questo tipo di sciata; a me proprio no, soprattutto quando i pendii si fanno ripidi... Soltanto quando ormai sono al limitare del bosco riesco a fare qualche curva su neve più morbida.
Prima parte del canalone della clessidra, con il Sassofratto (o Sprone di monte Prado)
Il muro sotto il restringimento della "clessidra" (ora in realtà è tutto molto largo e uniforme)
La nord est del Prado, fatta tante volte con le piccozze... piccolo sogno scenderci con gli sci. A inizio primavera ci sono state giornate in cui sicuramente era in condizioni buone (a non lavorare...).
Vista d'insieme del canale della Clessidra, che scende tra Sassofratto e Prado
Mi fermo quando incrocio il sentiero che sale dal rifugio Segheria verso il Battisti, a quota 1650 circa. Salgo seguendo la variante che sta lontana dal monte Cipolla, pericolosa per le valanghe... non tanto per le valanghe che oggi non sono certo un problema, ma per tagliare più possibile verso il Passone. Rimango impressionato a vedere a 3 metri da terra le fettucce lasciate sui faggi nel pieno dell'inverno dai gestori del Battisti per segnalare il sentiero... siamo nel luogo dove ha nevicato di più su tutto l'Appennino settentrionale, durante l'inverno al Segheria sono caduti più di 6 metri di neve.
Monte Cipolla
Scorci dal passo di Lama Lite
L'ampio crinale verso Passone e Piella
Prado e Cipolla
Raggiungo il passo di Lama Lite, che unisce le valli del Dolo e dell'Ozola e separa il gruppo del Cusna da quello del Prado/Cipolla. Seguendo lingue di neve tra strani canali sabbiosi arrivo al Passone, dove mi affaccio sulla vallata di Febbio. In realtà resto sempre a sud del crinale per evitare di prendere vento, approfittando di generose lingue di neve che piano piano (le gambe cominciano a farsi più pesanti...) mi conducono fin sulla Piella (2077m).
Verso la Piella, cavalcando il "Gigante"
In cima! Sullo sfondo la vetta del Cusna
Una pausa per riprendersi un po' poi giù per l'estetico Fosso secco (chiamato anche Canale dei Cervi), dove finalmente trovo il tanto agognato firn! Stavolta sono io a gongolare vedendo le deboli tracce di qualcuno sceso un paio d'ore prima che ha cercato la neve rossa (che contenendo sabbia si scalda e molla un po' prima), mentre io riesco a fare tutte le mie belle curve seguendo quella bianca, anche lei ormai cotta a puntino!
Fosso secco
Il fosso visto da di fronte; sulla sinistra in alto il rifugio 2000 dove arriva la seggiovia di Febbio
Valangone fresco fresco sceso con ogni probabilità nei giorni caldissimi della scorsa settimana
Dovrei essere pure io cotto a puntino ormai, ma la discesa godosissima mi ha galvanizzato: potrei continuare a scendere nel bosco reintercettando 200 metri più giù la forestale dell'Ozola percorsa stamattina e tornare all'auto in meno di un'ora... ma sono le 16, voglio scendere più tardi possibile per minimizzare il rischio controlli e soprattutto voglio la ciliegina sulla torta: la ovest del Cusna!
Dal punto in cui mi trovo in realtà il culmine del Gigante non è così lontano: si tratta di risalire dal canale sud est, dove ero stato un mesetto fa. Noto con piacere che i due scesi dalla Piella prima di me sono poi risaliti seguendo proprio l'itinerario che intendo fare io: la loro traccia mi fa comodo soprattutto nel primo tratto di bosco, breve ma ripido, ma si apprezza anche su terreno aperto, non fosse altro perché sembra un po' di seguire una via logica, già battuta, in un ambiente selvaggio... sottigliezze che però danno un po' di sollievo alla mente che ormai sembra dire alle gambe: "meglio fermarsi qui!"
Versante sud est del Cusna: il canale risalito (bello anche come discesa, con un po' più neve) è quello che arriva a sinistra della vetta.
Quando raggiungo il colletto dove inizia il canale mi devo fermare a recuperare un po' di energie; appena oltre la pietraia si apre il versante ovest. Potrei spellare e scendere direttamente, ma qui interviene l'orgoglio dell'alpinista di formazione caimana: le vie finiscono in vetta, di conseguenza anche le discese possono solo iniziare dalla vetta! Quindi animo, sci in spalla per superare il breve tratto di cresta siccome non ho voglia di fare inversioni sull'ultimo tratto ripido dell'ovest; ultimo sforzo sul facile crestone finale ed eccomi sulla quarta cima della giornata, la più alta (2121m). Mi godo il panorama con la luce ormai calda del pomeriggio, passa pure un ultraleggero che fa un paio di giri attorno alla cima, come a salutare... o forse è un carabiniere che mi vuole multare? Ripenso all'ultima volta che sono stato qui, a febbraio, in quella breve parentesi di zona gialla dove in vetta c'era la folla... ma non c'è troppo tempo per pensare, la discesa dalla ovest richiede concentrazione e so che il rientro alla macchina sarà una super-ravanata. Ho ancora 2 ore di luce, quindi via!
Crestone finale, percorso anche dalla "normale"
Vista verso Reggio, con la Pietra di Bismantova ben riconoscibile
C'è chi scia e c'è chi vola!
Vista mare
Il facile crestone sommitale è ghiacciato, ma appena mi affaccio sull'ovest trovo bel firn: sull'imbocco, che è poi il punto più ripido, riesco a godermi la sciata. Nella sezione centrale purtroppo la neve non ha mollato, o forse non trovo il punto migliore per scendere, e mi tocca lavorare ancora di lamine; poi scopro un fazzoletto di neve rossa più morbida che mi conduce all'ultimo muro. In vetta avevo guardato la foto fatta alla mattina al versante, e capisco che in questo punto mi conviene spostarmi più a sinistra; appena oltre a una fascia di rocce affioranti trovo un meraviglioso pendio uniforme, su neve finalmente morbida il giusto, e me lo godo tutto d'un fiato fino al bosco!
Imbocco
Parte alta
Parte centrale
Ultime curve
Qui continuo a seguire un fosso che si infila nel bosco, disturbato da qualche pianta caduta; poi mi sposto a destra continuando a scendere nella faggeta, grazie anche alla neve non troppo cotta riesco a sciare bene fino a dove finisce la neve. Qui compio un errore: ricordandomi che il fosso in basso forma delle cascate, mi sposto sulla sua destra... ma sarebbe stato meglio rimanere a sinistra. Metto le scarpette, sci e scarponi in spalla comincio a traversare sul versante esposto a sud guadando un paio di torrentelli fin dove so di riuscire a scendere "agevolmente" al pianoro alla base delle cascate di Lavachielli. Il bosco però è molto ripido e gli sci incontrano spesso i rami... insomma una ravanata di quelle che restano!
Rava_Mode on
La cascata di Lavachielli, in realtà formata dal Fosso Lama Cavalli (ci sono altri 2 salti sopra ma questo è il più bello)
Alla cascata intercetto il sentiero Cai che mi riporterà all'auto: come avevo visto dalla strada, è completamente sgombro dalla neve, a parte l'ultimissimo tratto appena prima del fiume, dove è rimasto il nevaio di scarico di una grossa valanga scesa dal canale sovrastante... Non ho proprio voglia di prendere la piccozza né tanto meno di rimettere gli scarponi da sci e montarci i ramponi, quindi vado di gradini.
C'è giusto una valletta da attraversare... Prado sullo sfondo
Il nevaio infame
Mi tocca poi il guado dell'Ozola a valle della diga, per fortuna poco pieno, ma riesco comunque a pocciarci dentro un piede. L'ultimo ostacolo è superato, ma occorre l'ultimo sforzo per superare i 100 metri di ripidissima scalinata che portano alla casa del custode, alla macchina e alla birra che c'è dentro... Mentalmente sono arrivato più stanco all'auto dopo altre giornate passate in montagna, ma fisicamente stavolta sono abbastanza al limite!
Birra e salame DOC, il resto un po' smart
Tempo di un rapido spuntino, la birra non riesco a godermela come vorrei siccome mi brucia la gola forse per il freddo... o magari il tizio con l'ultraleggero invece che salutarmi mi ha sputato addosso e mi ha passato il covid... chissà. Riesco a fare con ancora la luce la strada del terrore, poi incontrando tanti animali notturni in giro me ne torno a casa dove arrivo poco dopo il coprifuoco. Non giro con GPS/altimetri, ma a occhio guardando la cartina penso di aver fatto almeno 25 km e 2500 metri di dislivello positivo.
Old style: in arancione i tratti sci in spalla, giallo pellate, verde discese