Mi pare una buona risposta.
Nel caso specifico, basta il parere positivo dei residenti per stravolgere l'ambiente?
Ni. La butto sul proceduralese, se non non ne esco più. Se vi è un interesse collettivo forte, dannoso o protettivo dell'ambiente, la collettività si può muovere in anticipo (tunnel di Susa, come dannoso ma rilevante per la collettività tutta; Parco Nazionale dello Stelvio, come protettivo e rilevante per la collettività tutta), o ex post (le autorità locali vogliono uno scempio, l'amministrazione a un livello superiore instaura un'area protetta e nega lo scempio). Immaginiamo il tutto corredato dalle conferenze e delle VIA di prammatica.
Quindi, in sintesi, non vi è una risposta netta, ma più che altro un processo decisionale multilivello.
Nel caso di specie vado a ipotesi, non conosco il dettaglio: 1) i sindaci si accordano per impianti nuovi; 2) privati di minoranza delle aree interessati e soggetti esterni contestano la decisione; la Regione nell'assessorato competente, lo Stato nel Ministero competente o l'UNESCO (per ragioni note...) contestano alcune scelte contestano l'operazione. I sindaci si arrabbiano: "venite a viverci voi in montagna senza sviluppo e come Heidi!" oppure entrano nel merito "cara UNESCO, ma noi non tocchiamo le aree protette". A questo punto inizia il pantano (che non è italico, ma ormai comune pressoché a tutte la democrazie) e si convocano conferenze, si commissionano valutazioni, e di cerca di mediare.
Il pubblico nel suo livello più alto può anche prevenire il tutto "imponendo" una sorta di Parco Nazionale, o di aree protette, e a quel punto scatta comunque il braccio di ferro per definire dove, come, con che risorse, bla bla. In ogni caso, sul demanio e sull'ambiente insistono ormai diversi interessi regolato dai più diversi livelli, e in queste discipline è previsto che i privati abbiano un tavolo ove sedersi. Poi i locals possono perdere (val di Susa), infischiarsene (traforo del Brennero), subire influenze esterne (Padola?), ma a questi risultati non ci si arriva perché uno ha ragione o uno ha torto, uno a un potere e l'altro no, ma perché in un processo amministrativo abbastanza ben regolato i diversi attori e portatori di interesse se la sono giocata.