Dopo un venerdì di allerta meteo in Toscana, programmare una gita in Apuane sabato sembrerebbe insolente; ma le giornate fredde e ventose che seguono quelle di maltempo regalano i panorami migliori, dunque via!
Viste le previsioni piuttosto estreme sulle creste in quota e il rischio di trovare bagnate le pareti in bassa valle, optiamo per la via ferrata degli Alberghi, conosciuta anche come ferrata del Contrario (anche se in verità non arriva in cima al monte Contrario).
Alle 7,30 imbocchiamo una poco trafficata Parma-Mare e in poco più di un'ora siamo a Massa. In un bar vicino al casello ci attende il socio che parte da Pisa. Detesto i navigatori, ma sono costretto a impostare quello sul mio cellulare per attraversare il labirinto di questa brutta città: nonostante abbia già fatto almeno 10 volte la strada per le Apuane, ricordarsi tutti i bivi è quasi impossibile!
Le case finiscono e ci infiliamo nella valle del fiume Frigido. Pochi km e siamo dentro al paese di Forno, un autentico inno al rischio idrogeologico, conficcato com'è nello stretto fondo della vallata. Le macchine degli abitanti sono parcheggiate lungo la strada, le case cercano spazio verso l'alto: e al di là di un ponte dall'aria poco rassicurante, colpisce la presenza insolita di una Casa Socialista, con falce e martello in bella mostra: voci narrano di cene e bevute leggendarie da queste parti dopo le arrampicate...
La casa socialista di Forno (foto presa online)
L'altro edificio simbolo del paese si trova poco più avanti: la Filanda di Forno, costruita a fine ottocento sopra la sorgente carsica del fiume Frigido, che alimentava i motori dei telai con cui venivano prodotti i filati in cotone. Se oggi il paese appare così “assembrato”, è anche perché la sua popolazione raddoppiò negli anni successivi all'apertura dell'opificio: archeologia industriale e archeologia politica si sposano in questo stretto budello apunanico.
La filanda di Forno (foto presa online)
Ma riprendiamo a salire il letto asciutto del fiume: superata una casa con un asino dall'aria stralunata, la valle si stringe fra pareti verticali e si contorce su se stessa in una serie di meandri. Il fondo è rialzato a causa del deposito delle cave, e sembra di percorrere un canyon, punteggiato qua e là da ruderi di cemento. La strada asfaltata termina in località Biforco, alla bellezza di 376 metri sopra il livello del mare, e 1500 metri sotto le cime delle Apuane, non lontane in linea d'aria... I sentieri che salgono in cresta dal versante marino fanno tutti una certa selezione!
Superata la sbarra ci incamminiamo lungo la strada marmifera, che abbandoniamo dopo meno di un km per imboccare una via di lizza, percorso costruito dai cavatori per trasportare a valle i blocchi di marmo con un complesso sistema di funi, ancorate a fittoni di legno (chiamati “piri”) conficcati nella roccia. Le “lizze” caratterizzano il paesaggio delle Apuane, e testimoniano il lavoro secolare e durissimo degli uomini del marmo: alcuni sentieri le seguono per tratti più o meno lunghi, ma spesso risultano troppo ripide, o franate, così la maggior parte sono oggi terreno d'avventura. La lizza degli Alberghi, che stiamo seguendo, è conservata abbastanza bene, e in più punti si possono ancora notare i fori geometrici per i piri; in vari punti però il sentiero si stacca per salire a tornanti nel bosco con pendenza più “dolce” (si fa per dire!).
Il "piro" di legno e il buco in cui veniva ficcato
Superati circa 400 metri di dislivello nel ripido bosco, finalmente la vista si apre sulla parte alta della valle, e qui è d'obbligo lo SBADAMAM! Pareti di erba e marmo altissime incombono sullo sguardo: a sinistra la Punta Questa e il Torrione Figari, che portano i nomi di due grandi pionieri dell'alpinismo apuano; poi la Forbice del Grondilice, la cresta spartiacque con l'immenso sperone di marmo su cui sale la via ferrata, il monte Contrario con la sua poderosa parete sud, le gobbe del monte Cavallo che sembrano un'onda pietrificata, i pinnacoli dolomitici di punta Carina e punta Graziosa. Al centro di questo anfiteatro, forse il più solenne di tutte le Alpi Apuane, la Casa degli Alberghi, vecchio ricovero dei cavatori riciclato come ovile... oggi sono le capre le custodi di queste montagne!
La testata della valle degli Alberghi con il monte Contrario
La casa degli Alberghi
Ci fermiamo per una pausa sul cortiletto pensile e indossati casco e imbrago ripartiamo. Saliamo sul ripido fianco erboso alle spalle della casa, passiamo vicino a ruderi di capanne e a una piccola faggeta sospesa, dunque entriamo nel regno della roccia. La ferrata attacca vicino a una piccola cava dismessa (probabilmente da almeno un secolo...), al centro del grande scivolo di marmo. Non abbiamo fretta e proviamo a dilettarci cercando gli appigli in questa roccia notoriamente ottima per scolpire ma pessima per scalare... dove le placche diventano lisce però il giochino non funziona, e tiriamo il cavo senza farci troppi problemi etici! In due punti questo risulta rotto ma ci sono funi abbastanza affidabili al suo posto.
Prima parte della ferrata
Marmo!
Va detto che la ferrata ufficialmente è inagibile da un paio d'anni, ma di fatto è ripetuta regolarmente e non presenta particolari pericoli, se non quello di assiderarsi... come accaduto molto di recente a due eroi che hanno avuto la brillante idea di percorrerla in uno dei giorni più caldi dell'estate e a metà hanno allertato il soccorso alpino siccome avevano finito l'acqua. Oggi il problema non si pone, anzi l'esposizione in pieno sole si fa apprezzare.
La prima parte di ferrata termina in un enorme spiazzo pianeggiante al centro del catino, sovrastato dalla parete sud del Contrario. Qui salgono vie alpinistiche ripetute da pochi amatori, e per lo più partendo dal versante garfagnino con accesso dall'alto direttamente alla parte superiore della parete... ma i pionieri che le aprirono, genovesi e chiavaresi, attaccarono senz'altro da qui, sorbendosi il simpatico zoccolo d'erba verticale!
Un mare di marmo
Dopo un facile tratto senza cavo, si riprende a salire puntando allo sperone ben visibile già dal fondovalle. Il terreno è un po' più vario, e riusciamo ad arrampicare assicurandoci soltanto nei tratti più esposti. Mano a mano che saliamo però la pendenza della parete aumenta, e tutta l'ultima parte di ferrata la percorriamo in sicurezza. Alle spalle il panorama si fa sempre più ampio: sbucano le isole di Portovenere, la Gorgona, l'Elba e vagamente anche la Corsica. Di solito dopo mezzogiorno questo versante si copre di nuvole per l'umidità che sale dal mare, ma oggi il vento di tramontana ci garantisce il sereno!
Ormai in vista della fine, casca l'occhio su un pezzetto di cresta imbrigliato fra i cavi di ferro, un po' tipo sporta piena di patate... ma sono patate che pesano decine, forse centinaia di chili, e la gravità inevitabilmente le spinge a valle. Con un ultimo tratto in piena esposizione, la ferrata traversa a destra di questa trappola di marciume, ed esce in modo trionfale sulla cresta spartiacque, poco sopra al passo delle Pecore. Qui la vista si apre sulla verde val Serenaia, circondata da cime di tutto rispetto: il Pizzo d'Uccello, la cresta Garnerone, il Grondilice, il vicino Contrario, gli Zucchi di Cardeto e infine il Pisanino, che coi suoi 1945 metri è la cima più alta delle Alpi Apuane.
Scaletta verso la fine della ferrata
L'umbro-pisano in uscita della ferrata e il cotechino di pietre
Vista mare, con i monti Sagro e Grondilice
Possiamo pure permetterci di consultare mappe geologiche... altro che vento!
Il vento sembra essere sparito, e per un attimo ci mangiamo le mani per non avere fatto qualcosa di meglio... ma alla fine anche la ferrata ci è piaciuta, e sappiamo che la discesa sarà più complessa che la salita. Il rifugio Orto di Donna, aperto, fa da sirena a meno di 10 minuti di discesa... Se non ci si sente di affrontare 1400 metri di dislivello in giornata si può spezzare lì l'escursione, o anche organizzarsi con una seconda macchina in val Serenaia, dove si parcheggia a 1000 metri e la discesa è molto più comoda... sono convinto che senza questa possibilità, la ferrata degli Alberghi riceverebbe molte meno visite, anzi probabilmente non esisterebbe nemmeno!
E' l'una e mezza, abbiamo ancora tempo e voglia quindi decidiamo di salire anche il monte Contrario. Qui la musica cambia, siccome il cavo non c'è più e bisogna sapersi un po' arrangiare su terreno apuanico, cioè erba molto ripida e creste facili ma esposte e su roccia non sempre buona. Avendola già fatta tre volte, quella del Contrario ormai la conosco abbastanza bene. In cima siamo soli e ci concediamo un'altra pausa, godendoci il panorama. Piccole sagome si intravvedono sulle cime vicine, non siamo stati gli unici a sfruttare questa giornata perfetta. Soltanto sul Cavallo non sembra esserci nessuno, e ci viene quasi la tentazione di proseguire la cavalcata in cresta... ci staremmo tranquillamente come tempi, ma alla fine la voglia di una birra a valle risulta più forte!
Erba ripida verso l'inizio della cresta ovest del Contrario, sullo sfondo il Pizzo d'Uccello
Inizio della cresta
Arrampicata facile ma esposta
Vista verso Livorno
Il monte Cavallo con la sua splendida cresta sommitale... un sogno farla d'inverno con tanta neve!
La discesa dalla cresta est del Contrario (che è anche la via normale) non è da sottovalutare, e nella prima parte c'è pure una sosta di calata, utile soprattutto d'inverno. Arriviamo comunque senza problemi alla Foce del Cavallo, dove abbandoniamo il crinale per scendere su una vaga traccia in un ampio canale erboso rivolto al mare. Qui può risultare utile applicare una tecnica particolare, chiamata “Paleo Traction” (pronuncia alla francese): si afferra alla base il ciuffo d'erba – chiamata da queste parti paleo – si compie una leggera rotazione col polso per aumentare la tenuta, dunque si scende... nel caso manchi l'erba da sotto i piedi, ci si dovrebbe fermare grazie a quella saldamente tenuta in mano! Qui la pendenza non è certo estrema e qualche pesta di passaggio aiuta, ma mi è capitato di trovare tratti di paleo quasi verticali al termine di tiri di corda, dove saper padroneggiare la paleo traction è indispensabile, pena riempirsi i pantaloni di merda.
Singolari rocce scistose e monte Pisanino
La discesa dal canale sotto la Foce di Cavallo con accenni di Paleo Traction
Rocce scistose
Ancora il Cavallo
Mare schiumoso a sud!
Il canale di discesa dalla Foce di Cavallo. Nel tratto più stretto si sta alti a sinistra, faccia a valle
Perdiamo più di 200 metri di dislivello in questo simpatico canale d'erba, dopodiché confluiamo nell'ormai ex sentiero CAI 617, che sale dalla valle degli Alberghi al Passo della Focolaccia superando la Forcella di Porta. Sarebbe un itinerario bellissimo, ai piedi delle gobbe del Monte Cavallo, ma ormai l'erba se lo è mangiato: un cartello al parcheggio di Biforco informa che è “chiuso per inagibilità” (non bastava scrivere “inagibile”?). Di fatto rimane alla portata di escursionisti esperti, se si ha un po' di occhio lo si individua e non presenta passaggi difficili, ma va assolutamente evitato in caso di scarsa visibilità.
Al termine del canale il sentiero traversa sotto la cresta sud del Contrario per poi rimontarla quando si fa meno ripida; poi la abbandona scendendo a tornanti verso la Casa degli Alberghi (che però non si vede). Sceso circa 100 metri traversa nuovamente in direzione mare fino a una spianata di una vecchia cava dove si trova un bivio: bisogna scendere a destra verso il fondo della valle degli Alberghi, su traccia ora più evidente, finché non ci si ricongiunge con il sentiero percorso all'andata più in basso della deviazione per la ferrata e della casa degli Alberghi.
Il monte Contrario da sud
Vista sullo sperone dove sale la ferrata degli Alberghi
Vecchia cava con blocchi rimasti al loro posto, nessuno li ha rubati in un secolo
In meno di un'ora da qui siamo alla macchina: il pisano (adottivo) sparisce e torna dal torrente con un pesante blocco di marmo, col quale conta di commissionare a un amico scultore un Cervino in miniatura. Io mi accontento di un sasso molto più piccolo, vagamente a forma di montagna, che però non sta da solo in piedi e attualmente durante le pause dal lavoro lo sto grattando alla base con una carta vetrata a grani molto grossi... tra un mesetto dovrei aver finito!
Passando da Forno siamo molto tentati di fermarci a bere qualcosa alla Casa Socialista (che è aperta e piena di gente), ma il socio parmense - di famiglia democristiana - preferisce evitare, alludendo scuse di contagi e assembramenti... in tutti i modi parcheggiare è impossibile, quindi tiriamo dritto verso la più borghese Marina di Massa. Qui troviamo da dissetarci e ci godiamo pure un bel tramonto col mare grosso. Nel frattempo sulle Apuane sono arrivate molte nuvole, in poco più di un'ora il tempo è cambiato completamente... il vento da nord può fare anche questi scherzi! E infatti un temporale cazzuto sopra la Lunigiana renderà interessante pure il rientro a Parma: il giorno dopo scopriremo che lo stesso temporale in Appennino ha pure spruzzato un po' di neve sopra i 1500.
Viste le previsioni piuttosto estreme sulle creste in quota e il rischio di trovare bagnate le pareti in bassa valle, optiamo per la via ferrata degli Alberghi, conosciuta anche come ferrata del Contrario (anche se in verità non arriva in cima al monte Contrario).
Alle 7,30 imbocchiamo una poco trafficata Parma-Mare e in poco più di un'ora siamo a Massa. In un bar vicino al casello ci attende il socio che parte da Pisa. Detesto i navigatori, ma sono costretto a impostare quello sul mio cellulare per attraversare il labirinto di questa brutta città: nonostante abbia già fatto almeno 10 volte la strada per le Apuane, ricordarsi tutti i bivi è quasi impossibile!
Le case finiscono e ci infiliamo nella valle del fiume Frigido. Pochi km e siamo dentro al paese di Forno, un autentico inno al rischio idrogeologico, conficcato com'è nello stretto fondo della vallata. Le macchine degli abitanti sono parcheggiate lungo la strada, le case cercano spazio verso l'alto: e al di là di un ponte dall'aria poco rassicurante, colpisce la presenza insolita di una Casa Socialista, con falce e martello in bella mostra: voci narrano di cene e bevute leggendarie da queste parti dopo le arrampicate...
La casa socialista di Forno (foto presa online)
L'altro edificio simbolo del paese si trova poco più avanti: la Filanda di Forno, costruita a fine ottocento sopra la sorgente carsica del fiume Frigido, che alimentava i motori dei telai con cui venivano prodotti i filati in cotone. Se oggi il paese appare così “assembrato”, è anche perché la sua popolazione raddoppiò negli anni successivi all'apertura dell'opificio: archeologia industriale e archeologia politica si sposano in questo stretto budello apunanico.
La filanda di Forno (foto presa online)
Ma riprendiamo a salire il letto asciutto del fiume: superata una casa con un asino dall'aria stralunata, la valle si stringe fra pareti verticali e si contorce su se stessa in una serie di meandri. Il fondo è rialzato a causa del deposito delle cave, e sembra di percorrere un canyon, punteggiato qua e là da ruderi di cemento. La strada asfaltata termina in località Biforco, alla bellezza di 376 metri sopra il livello del mare, e 1500 metri sotto le cime delle Apuane, non lontane in linea d'aria... I sentieri che salgono in cresta dal versante marino fanno tutti una certa selezione!
Superata la sbarra ci incamminiamo lungo la strada marmifera, che abbandoniamo dopo meno di un km per imboccare una via di lizza, percorso costruito dai cavatori per trasportare a valle i blocchi di marmo con un complesso sistema di funi, ancorate a fittoni di legno (chiamati “piri”) conficcati nella roccia. Le “lizze” caratterizzano il paesaggio delle Apuane, e testimoniano il lavoro secolare e durissimo degli uomini del marmo: alcuni sentieri le seguono per tratti più o meno lunghi, ma spesso risultano troppo ripide, o franate, così la maggior parte sono oggi terreno d'avventura. La lizza degli Alberghi, che stiamo seguendo, è conservata abbastanza bene, e in più punti si possono ancora notare i fori geometrici per i piri; in vari punti però il sentiero si stacca per salire a tornanti nel bosco con pendenza più “dolce” (si fa per dire!).
Il "piro" di legno e il buco in cui veniva ficcato
Superati circa 400 metri di dislivello nel ripido bosco, finalmente la vista si apre sulla parte alta della valle, e qui è d'obbligo lo SBADAMAM! Pareti di erba e marmo altissime incombono sullo sguardo: a sinistra la Punta Questa e il Torrione Figari, che portano i nomi di due grandi pionieri dell'alpinismo apuano; poi la Forbice del Grondilice, la cresta spartiacque con l'immenso sperone di marmo su cui sale la via ferrata, il monte Contrario con la sua poderosa parete sud, le gobbe del monte Cavallo che sembrano un'onda pietrificata, i pinnacoli dolomitici di punta Carina e punta Graziosa. Al centro di questo anfiteatro, forse il più solenne di tutte le Alpi Apuane, la Casa degli Alberghi, vecchio ricovero dei cavatori riciclato come ovile... oggi sono le capre le custodi di queste montagne!
La testata della valle degli Alberghi con il monte Contrario
La casa degli Alberghi
Ci fermiamo per una pausa sul cortiletto pensile e indossati casco e imbrago ripartiamo. Saliamo sul ripido fianco erboso alle spalle della casa, passiamo vicino a ruderi di capanne e a una piccola faggeta sospesa, dunque entriamo nel regno della roccia. La ferrata attacca vicino a una piccola cava dismessa (probabilmente da almeno un secolo...), al centro del grande scivolo di marmo. Non abbiamo fretta e proviamo a dilettarci cercando gli appigli in questa roccia notoriamente ottima per scolpire ma pessima per scalare... dove le placche diventano lisce però il giochino non funziona, e tiriamo il cavo senza farci troppi problemi etici! In due punti questo risulta rotto ma ci sono funi abbastanza affidabili al suo posto.
Prima parte della ferrata
Marmo!
Va detto che la ferrata ufficialmente è inagibile da un paio d'anni, ma di fatto è ripetuta regolarmente e non presenta particolari pericoli, se non quello di assiderarsi... come accaduto molto di recente a due eroi che hanno avuto la brillante idea di percorrerla in uno dei giorni più caldi dell'estate e a metà hanno allertato il soccorso alpino siccome avevano finito l'acqua. Oggi il problema non si pone, anzi l'esposizione in pieno sole si fa apprezzare.
La prima parte di ferrata termina in un enorme spiazzo pianeggiante al centro del catino, sovrastato dalla parete sud del Contrario. Qui salgono vie alpinistiche ripetute da pochi amatori, e per lo più partendo dal versante garfagnino con accesso dall'alto direttamente alla parte superiore della parete... ma i pionieri che le aprirono, genovesi e chiavaresi, attaccarono senz'altro da qui, sorbendosi il simpatico zoccolo d'erba verticale!
Un mare di marmo
Dopo un facile tratto senza cavo, si riprende a salire puntando allo sperone ben visibile già dal fondovalle. Il terreno è un po' più vario, e riusciamo ad arrampicare assicurandoci soltanto nei tratti più esposti. Mano a mano che saliamo però la pendenza della parete aumenta, e tutta l'ultima parte di ferrata la percorriamo in sicurezza. Alle spalle il panorama si fa sempre più ampio: sbucano le isole di Portovenere, la Gorgona, l'Elba e vagamente anche la Corsica. Di solito dopo mezzogiorno questo versante si copre di nuvole per l'umidità che sale dal mare, ma oggi il vento di tramontana ci garantisce il sereno!
Ormai in vista della fine, casca l'occhio su un pezzetto di cresta imbrigliato fra i cavi di ferro, un po' tipo sporta piena di patate... ma sono patate che pesano decine, forse centinaia di chili, e la gravità inevitabilmente le spinge a valle. Con un ultimo tratto in piena esposizione, la ferrata traversa a destra di questa trappola di marciume, ed esce in modo trionfale sulla cresta spartiacque, poco sopra al passo delle Pecore. Qui la vista si apre sulla verde val Serenaia, circondata da cime di tutto rispetto: il Pizzo d'Uccello, la cresta Garnerone, il Grondilice, il vicino Contrario, gli Zucchi di Cardeto e infine il Pisanino, che coi suoi 1945 metri è la cima più alta delle Alpi Apuane.
Scaletta verso la fine della ferrata
L'umbro-pisano in uscita della ferrata e il cotechino di pietre
Vista mare, con i monti Sagro e Grondilice
Possiamo pure permetterci di consultare mappe geologiche... altro che vento!
Il vento sembra essere sparito, e per un attimo ci mangiamo le mani per non avere fatto qualcosa di meglio... ma alla fine anche la ferrata ci è piaciuta, e sappiamo che la discesa sarà più complessa che la salita. Il rifugio Orto di Donna, aperto, fa da sirena a meno di 10 minuti di discesa... Se non ci si sente di affrontare 1400 metri di dislivello in giornata si può spezzare lì l'escursione, o anche organizzarsi con una seconda macchina in val Serenaia, dove si parcheggia a 1000 metri e la discesa è molto più comoda... sono convinto che senza questa possibilità, la ferrata degli Alberghi riceverebbe molte meno visite, anzi probabilmente non esisterebbe nemmeno!
E' l'una e mezza, abbiamo ancora tempo e voglia quindi decidiamo di salire anche il monte Contrario. Qui la musica cambia, siccome il cavo non c'è più e bisogna sapersi un po' arrangiare su terreno apuanico, cioè erba molto ripida e creste facili ma esposte e su roccia non sempre buona. Avendola già fatta tre volte, quella del Contrario ormai la conosco abbastanza bene. In cima siamo soli e ci concediamo un'altra pausa, godendoci il panorama. Piccole sagome si intravvedono sulle cime vicine, non siamo stati gli unici a sfruttare questa giornata perfetta. Soltanto sul Cavallo non sembra esserci nessuno, e ci viene quasi la tentazione di proseguire la cavalcata in cresta... ci staremmo tranquillamente come tempi, ma alla fine la voglia di una birra a valle risulta più forte!
Erba ripida verso l'inizio della cresta ovest del Contrario, sullo sfondo il Pizzo d'Uccello
Inizio della cresta
Arrampicata facile ma esposta
Vista verso Livorno
Il monte Cavallo con la sua splendida cresta sommitale... un sogno farla d'inverno con tanta neve!
La discesa dalla cresta est del Contrario (che è anche la via normale) non è da sottovalutare, e nella prima parte c'è pure una sosta di calata, utile soprattutto d'inverno. Arriviamo comunque senza problemi alla Foce del Cavallo, dove abbandoniamo il crinale per scendere su una vaga traccia in un ampio canale erboso rivolto al mare. Qui può risultare utile applicare una tecnica particolare, chiamata “Paleo Traction” (pronuncia alla francese): si afferra alla base il ciuffo d'erba – chiamata da queste parti paleo – si compie una leggera rotazione col polso per aumentare la tenuta, dunque si scende... nel caso manchi l'erba da sotto i piedi, ci si dovrebbe fermare grazie a quella saldamente tenuta in mano! Qui la pendenza non è certo estrema e qualche pesta di passaggio aiuta, ma mi è capitato di trovare tratti di paleo quasi verticali al termine di tiri di corda, dove saper padroneggiare la paleo traction è indispensabile, pena riempirsi i pantaloni di merda.
Singolari rocce scistose e monte Pisanino
La discesa dal canale sotto la Foce di Cavallo con accenni di Paleo Traction
Rocce scistose
Ancora il Cavallo
Mare schiumoso a sud!
Il canale di discesa dalla Foce di Cavallo. Nel tratto più stretto si sta alti a sinistra, faccia a valle
Perdiamo più di 200 metri di dislivello in questo simpatico canale d'erba, dopodiché confluiamo nell'ormai ex sentiero CAI 617, che sale dalla valle degli Alberghi al Passo della Focolaccia superando la Forcella di Porta. Sarebbe un itinerario bellissimo, ai piedi delle gobbe del Monte Cavallo, ma ormai l'erba se lo è mangiato: un cartello al parcheggio di Biforco informa che è “chiuso per inagibilità” (non bastava scrivere “inagibile”?). Di fatto rimane alla portata di escursionisti esperti, se si ha un po' di occhio lo si individua e non presenta passaggi difficili, ma va assolutamente evitato in caso di scarsa visibilità.
Al termine del canale il sentiero traversa sotto la cresta sud del Contrario per poi rimontarla quando si fa meno ripida; poi la abbandona scendendo a tornanti verso la Casa degli Alberghi (che però non si vede). Sceso circa 100 metri traversa nuovamente in direzione mare fino a una spianata di una vecchia cava dove si trova un bivio: bisogna scendere a destra verso il fondo della valle degli Alberghi, su traccia ora più evidente, finché non ci si ricongiunge con il sentiero percorso all'andata più in basso della deviazione per la ferrata e della casa degli Alberghi.
Il monte Contrario da sud
Vista sullo sperone dove sale la ferrata degli Alberghi
Vecchia cava con blocchi rimasti al loro posto, nessuno li ha rubati in un secolo
In meno di un'ora da qui siamo alla macchina: il pisano (adottivo) sparisce e torna dal torrente con un pesante blocco di marmo, col quale conta di commissionare a un amico scultore un Cervino in miniatura. Io mi accontento di un sasso molto più piccolo, vagamente a forma di montagna, che però non sta da solo in piedi e attualmente durante le pause dal lavoro lo sto grattando alla base con una carta vetrata a grani molto grossi... tra un mesetto dovrei aver finito!
Passando da Forno siamo molto tentati di fermarci a bere qualcosa alla Casa Socialista (che è aperta e piena di gente), ma il socio parmense - di famiglia democristiana - preferisce evitare, alludendo scuse di contagi e assembramenti... in tutti i modi parcheggiare è impossibile, quindi tiriamo dritto verso la più borghese Marina di Massa. Qui troviamo da dissetarci e ci godiamo pure un bel tramonto col mare grosso. Nel frattempo sulle Apuane sono arrivate molte nuvole, in poco più di un'ora il tempo è cambiato completamente... il vento da nord può fare anche questi scherzi! E infatti un temporale cazzuto sopra la Lunigiana renderà interessante pure il rientro a Parma: il giorno dopo scopriremo che lo stesso temporale in Appennino ha pure spruzzato un po' di neve sopra i 1500.