subsahara
Coldest Ice
Si può affrontare la salita alla vetta del monte Paterno da diversi punti di partenza:
Alle 6:40 mi lascio alle spalle il lago di Landro, con il suo impagabile panorama sul versante nord del Cristallo, e mi metto in marcia.
Praticamente da subito, a intermittenza compaiono nel campo visivo le Tre Cime (due, a dir la verità).
Dopo una mezz’oretta arrivo a un bivio: io vado a sinistra (o meglio, dritto) e continuo a risalire la valle del Rienza (che da questo punto verso monte si chiama Rienza Nera, Rinbon o Schwarze Rienz).
Andando a destra invece, dopo aver attraversato la Rienza Nera, si entra subito in Veneto e si risale la valle del Rinbianco (sarebbe in pratica la “Rienza Bianca”, l’altro ramo sorgentizio - più ricco d’acque - della Rienza) verso malga Rinbianco tenendo la destra orografica; è la strada che farò al ritorno.
Proseguo. Il Sasso Gemello o Scoglio di San Marco, estremo avamposto della Serenissima, si affaccia a picco sulla Val Rinbon.
Il monte Piano alle mie spalle.
Ancora Sasso Gemello
Vista fugace su Cima Grande e Cima Ovest.
Procedendo con passo abbastanza allegro, arrivo alla testata della valle, nel cosiddetto Cadin de Rinbon. Fa molto freddo (5°C alla partenza) e io ho addosso solo maglietta a maniche corte e una leggerissima felpa di cotone. In realtà, come facilmente preventivabile, ogni sensazione di disagio era già sparita dopo pochi minuti di marcia ma io continuerò a indossare la felpa, per pigrizia, fino al rifugio Locatelli.
Compare per la prima volta la mia meta, il monte Paterno
La radura in fondo al Cadin de Rinbon. Sulla destra della foto il canale da cui scende la Rienza Nera, che nasce nell’altopiano prospiciente il versante settentrionale delle Tre Cime di Lavaredo.
Mi volto all’indietro, dopo aver percorso praticamente tutta la valle. La fotografia non rende… sono rimasto paralizzato dall’eccezionale bellezza della Croda Rossa d’Ampezzo.
È tempo di risalire, con pendenze più pronunciate ma sempre tutto sommato moderate, le pareti del Cadin.
Il gruppo del monte Rudo
Il sentiero serpeggia tra i mughi. Più o meno in questo punto ho incontrato il secondo essere umano di giornata, una ragazza che scendeva (presumibilmente) dal Locatelli. Prima mi aveva superato un ciclista-scalatore, con il busto avvolto da metri di corda.
Sguardo retrospettivo. Il sole avanza…
A me piace cominciare di buon’ora: si evita il caldo, si assiste alla montagna che si risveglia, cambiano i colori…
In questa escursione poi la partenza all’alba è ancor più giustificata dalla volontà di percorrere i trafficati itinerari del Paterno con meno gente possibile intorno.
Le ultime rampe…
… e mi lascio finalmente il Cadin de Rinbon alle spalle. Sono sull’altopiano.
Ormai non manca molto al rifugio Locatelli. Davanti a me la slanciata parete Ovest del Paterno (che mi ricorda un po’, in piccolo, la Croda dei Toni sempre vista da Ovest).
Scendendo da questi pendii mi attraversa la strada a tutta velocità un bellicoso animale.
“Oddio, l’orso! Sono finito” - penso in una frazione di secondo - “Maledetti trentini che l’hanno reintrodotto!”
Tiro un sospiro di sollievo quando mi rendo conto, dopo un breve ritardo fisiologico, che si tratta di una fischiettante marmotta.
Ripresomi dallo spavento, mi distraggo scrutando con attenzione le solenni pareti delle Tre Cime.
Così imponenti, così verticali, così venete…
Sul lato sinistro della parete Ovest, poco al di sotto del passaggio dal “giallo” al “nero”, noto un piccolo globo arancione simile alle escrescenze (le galle) che si formano sui tronchi delle querce (si vede anche in foto: un piccolo puntino nero).
Un aereo bivacco dal quale usciranno, poco dopo, due scalatori
Sono almeno a 2300 m di quota, quindi 900 m più in alto rispetto al lago di Landro dal quale sono partito, che è a 1400 m slm. Si vede la valle che ho appena percorso praticamente nella sua interezza.
Lo Scoglio di San Marco è in primo piano, dietro c’è il monte Piano (che nasconde il lago di Landro) e sullo sfondo si staglia una superba sequenza di monti, dal Cristallo alla Croda Rossa.
Le guglie del Paterno
Ormai sono prossimo al rifugio Locatelli.
Rifugio Locatelli - Innerkofler, 2438 m slm. Alle sue spalle il Sasso di Sesto. Il rifugio sorge su un pianoro che fa da spartiacque tra bacino dell’Adige e bacino della Drava.
Sono le 8:40 e, tutto sommato, di gente ce n’è ancora poca
Il frastagliato Paterno visto dalla terrazza del rifugio.
Il Paterno è una cima molto panoramica; l’ascesa poi è facile e divertente.
Esso riveste inoltre un notevole interesse storico, in quanto i suoi sentieri, le ferrate, le gallerie, sono un vero e proprio museo a cielo aperto, vivide testimonianze della vita al fronte ai tempi della Grande Guerra.
Ma c’è altro: il monte Paterno è infatti un importantissimo nodo idrografico, alla cui cima convergono i bacini di Adige, Piave e Danubio.
Qui quindi finisce la lunga linea di displuvio tra Piave e Adige, lunga ben 120 km, che parte dal fianco meridionale del Cimon della Pala (dove tocca il bacino del Brenta), passa per Vezzana, Bureloni, Focobon, Mulaz, poi punta alla Marmolada e ancora, in sequenza, Sella, Lagazuoi, Fanes, Croda del Becco, Croda Rossa, Cristallo, Cadini di Misurina, Tre Cime di Lavaredo, Croda Passaporto.
In altre parole la spina dorsale delle Dolomiti.
Ancora panorami dal terrazzo del rifugio Locatelli, lato atesino
Panorami dal Locatelli, lato danubiano. Dietro il monumento a Sepp Innerkofler il gruppo dei Tre Scarperi…
… verso la Val Fiscalina
Mi riposo una quindicina di minuti, bevo, mi tolgo la felpa… e poi punto al Paterno
Mi giro indietro e fotografo “Er Sarciccione de Francoforte”, curioso pinnacolo roccioso
Verso sinistra, lato danubiano, i laghi dei Piani e il Crodon di San Candido
Prima galleria
Una larga apertura artificiale consente di affacciarsi sul lato atesino
La galleria finisce e mi ritrovo a contemplare il panorama del lato danubiano
Subito dopo comincia una seconda breve galleria
Poi una terza (non mi sono messo a contarle e non so esattamente quante sono)
Esco fuori, mi giro e immortalo il Locatelli, il Sasso di Sesto, la Torre di Toblin
Altro scorcio sul lato atesino
Altra galleria
L’entrata dell’ultima galleria, la più lunga (e anche la più ripida)
Sguardo retrospettivo. L’uscita della penultima galleria
Gradoni in legno e corrimano d’acciaio
Esco definitivamente dalle viscere del Paterno, sul lato danubiano. Inquadrato il sentiero che taglia il ghiaione e porta a Pian di Cengia.
Ora c’è da salire per questo canalino attrezzato
Sono salito parecchio perché ora alle mie spalle, dietro la Torre di Toblin, scorgo nitidamente la meravigliosa Rocca dei Baranci, dimora del gigante Haunold
Si procede. Affollamento contenuto
Il panorama si allarga. Ora si distingue anche la Punta dei Tre Scarperi, che prima era coperta dal più vicino Lastron dei Tre Scarperi.
La Dreischusterspitze è la più alta montagna delle Dolomiti di Sesto, ed è sicuramente una delle più belle montagne delle Dolomiti tutte.
Vista dal Paterno non mostra però il suo lato migliore, principalmente perché è per buona parte coperta da cime secondarie del gruppo.
E finalmente sono alla Forcella del Camoscio, 2653 m slm. Mi lascio alle spalle il versante danubiano…
… e mi affaccio sul meraviglioso Cadin del Passaporto, appartenente al bacino del Piave. Incidentalmente entro anche in Veneto.
La Forcella del Camoscio è un crocevia di sentieri:
Io ovviamente vado a destra e mi trovo subito ai piedi di un breve salto attrezzato, superato il quale si raggiunge in pochi minuti la vetta
Mi giro e osservo il panoramico percorso verso Pian di Cengia
Poi continuo a salire, per cenge e per le proverbiali “facili roccette”.
Ecco, su in alto c’è uno scalino di un paio di metri di II, che potremmo definire pomposamente il “passaggio chiave”. Ma è superabile anche da un novantenne, e non è neppure esposto
Ormai in vista della croce (in cima in realtà ce ne sono due, una “tedesca” e una “italiana”)
Alle 9:40 sono in cima, a 2744 m slm.
La targa sulla croce è un altro omaggio a Sepp Innerkofler, gestore dell’”antenato” del rifugio Locatelli, guida alpina e volontario dell’esercito imperial-regio, deceduto für seine Heimat nel corso di una missione quasi suicida volta a prendere il Paterno controllato dagli italiani.
È uno degli episodi più famosi della Grande Guerra: l’alpino De Luca vede avvicinarsi dal basso il nemico e gli scaglia addosso una grossa pietra ferendolo a morte.
Questa la versione ufficiale del Comando italiano; più probabilmente il povero Innerkofler venne beccato alla nuca da una pallottola amica.
Innerkofler è cognome tipico di Sesto; il non lontano rifugio Tre Scarperi, per esempio, è gestito da una famiglia Innerkofler.
L’Innerkofler più famoso rimane comunque il leggendario Michael, autore di numerosissime prime ascensioni sulle Dolomiti nella seconda metà dell’Ottocento
Il gruppo Rudo-Rondoi, la Cima Piatta Alta (dietro la quale c’è la Croda dei Baranci/ Birkenkofel), la Rocca dei Baranci/Haunold
Il gruppo dei Tre Scarperi sul versante danubiano.
Ah, dietro a destra c’è la pista 3 Zinnen, dalla quale si vedono benissimo… i 3 Schuster
La Val Fiscalina, la Cresta Carnica, i Tauri...
In primo piano le guglie che separano il bacino della Drava dal bacino del Piave.
Dietro a sinistra la Croda Rossa di Sesto e Cima Undici; dietro a destra l’eccezionale Croda dei Toni (chiamata in tedesco Zwölferkofel dato che è esattamente a sud di Sesto)
Panorami sul versante atesino (nella prima foto si vede anche la piccola croce “italiana”)
Altri scatti
Zoom sul Großglockner
Rimango beatamente in cima per tre quarti d’ora; poi, un po’ a malincuore, comincio a scendere per dove sono salito (ovvero dal versante del Piave)
Seguo a distanza di sicurezza una solitaria ragazzotta, con la quale ho avuto uno scambio di sorrisi durante la permanenza in vetta
Stiamo tornando alla Forcella del Camoscio
La quasi totalità degli escursionisti prosegue per la Via delle Forcelle verso il Pian di Cengia
Mi fermo per un po’ alla Forcella del Camoscio, ammirato dalle ardite guglie della bellissima Croda Passaporto.
La via da seguire è chiara: devo scendere un po’ il Cadin e poi risalire verso l’evidente Forcella Passaporto. Mi chiedo però oziosamente come fare per raggiungere la chiara traccia che è visibile in fondo al Cadin.
Mentre scansiono mentalmente la conca, vengo interrotto da una voce alle mie spalle:
“Where do you want to go?”
È la ragazzotta di prima, che invece di proseguire per la sua strada (verso Pian di Cengia) si è fermata dietro di me per osservarmi.
“Il mio sguardo piacionico, nonostante abbia passato gli anta, riesce ancora a far innamorare istantaneamente le giovinette”, penso compiaciuto.
“Where are you headed? Let me help you, I’ll show you”
“See, m’oo devi dì te ‘ndo devo annà...”, mi dico tra me e me.
Faccio però buon viso a bella pischella, e mi dispongo ad accogliere il suo aiuto: “Where are you from?”
“Germany. And you?”
“Rome. I’d like to reach Forcella Passaporto. It’s over there”
“Ok” - tira fuori il cellulare e mi mostra sullo schermo il percorso - “You can’t go wrong. Go down and follow the path”.
Ringrazio l’innamorata, le regalo un ultimo sorriso e la lascio andare; un po’ come il ghepardo che giochicchia con la gazzella e poi molla la presa per farla fuggire...
Archiviata la tedesca, mi rimetto in marcia
Cadin del Passaporto; dietro, la Croda dei Toni. Proseguo lentamente, distratto dal grandioso ambiente nel quale sono immerso
Improvvisa apertura sul lato atesino, verso la Val de Rinbon e la Croda Rossa
Dopo la discesa comincia la salita per comoda e spettacolare cengia. Incontro un po’ di gente con telecamere e macchine fotografiche... dopo un po’ capisco il perché: c’è un ciclista nascosto in un anfratto che aspetta il via libera per farsi una discesina. Lo guardo stupito, lui mi saluta, scambiamo qualche parola... e poi si fionda giù
Continuo per la solitaria bellissima cengia verso l’ormai vicina forcella Passaporto
C’è un altro “oblò” poco prima della Forcella
Croda Passaporto da Forcella Passaporto. Sono le 11:10, ormai non è più tanto presto. Ma non incontrerò nessuno fino a Forcella Lavaredo.
Scatto un paio di foto a ciò che mi sto per lasciare alle spalle...
...ed entro di nuovo in Alto Adige
Il sentiero per forcella Lavaredo procede in discesa per cenge un po’ esposte e un paio di brevi gallerie (l’ultima delle quali alta al massimo un metro e mezzo)
Il sentiero attrezzato è ormai finito; sono vicinissimo a Forcella Lavaredo, spartiacque tra Piave (sinistra) e Adige (destra), che raggiungerò alle 11:25. Bellissima e un po’ inconsueta la prospettiva sulle Tre Cime; visibili anche il rifugio Lavaredo e i Cadini di Misurina
Croda Passaporto
Paterno e Torre di Toblin
Vista verso nord; ben intuibile la Val de Rinbon, che scorre profondamente incassata rispetto all’altipiano
L’altipiano ai piedi delle pareti Nord delle Tre Cime, dominato dalla regale Croda Rossa
Che dire? Magnifico! Chissà quante foto vengono scattate quotidianamente da questo punto...
Mi dirigo verso il rifugio Lavaredo: sono in marcia da quasi cinque ore e ho voglia di una tazzulella ‘e cafè
Costeggio il lato sud delle Tre Cime (si vedono degli scalatori in azione sulla parete meridionale della Cima Piccola)...
... mi volto ad ammirare Paterno e Croda Passaporto...
... e in breve raggiungo il Lavaredo, posto anch’esso in magnifica posizione
Dopo una breve pausa mi rimetto in marcia
Vado “controcorrente”, in direzione dei Cadini di Misurina
Dietro la Cappella degli Alpini il Cristallo è “mozzato” da un banco di nuvole
Superata la Cappella sono ormai in vista del rifugio Auronzo
Auronzo e il suo lago, lontanissimi
Il rifugio Auronzo e i Cadini di Misurina
Un altro scatto verso il distante paese di Auronzo. La Croda dei Toni è quasi completamente avvolta dalle nubi
A mezzogiorno e un quarto sono al rifugio Auronzo. Anch’esso, come il Locatelli, è posto su un pianoro spartiacque (tra Piave e Adige)
Per il prosieguo dell’escursione ci sono diverse opzioni:
Scelgo la terza opzione, e comincio a scendere verso il “casello pedaggio”
A dispetto della destinazione finale, che può destare qualche perplessità, il sentiero 101 è molto bello. Esso scende dolcemente, costeggiando il lato atesino dei Cadini di Misurina
Ho già perso un po’ di quota rispetto al rifugio Auronzo
Questo è il Cadin delle Bisse
La Croda Rossa fa capolino dietro il monte Piana
Vado avanti
Questo è il Cadin de Rinbianco
E questo è il Rinbianco! Potrei seguirlo pedissequamente e arriverei alla macchina...
... però non ho voglia di impantanarmi nel fango, che molto probabilmente incontrerei.
Vado quindi un po’ avanti e poi taglio a destra scendendo per “boschetti”
Attraverso lo strada asfaltata e guadagno in breve la sterrata che porta a malga Rinbianco
...alla quale giungo alle 13:15, in perfetto orario per il pranzo.
Dietro la malga Rinbianco, il monte Piana con il rifugio Bosi
Vista sui Cadini di Misurina.
Fornisco le mie generalità, “prenoto”, e mi gusto un tagliere e un bicchiere di vino.
La malga Rinbianco è splendida anche (anzi, soprattutto) in inverno, quando è raggiungibile con una breve passeggiata (oppure con motoslitta) per stradina innevata dal lago d’Antorno
Dopo mezz’ora di relax riprendo il mio cammino, scendendo per verdi prati verso il fondovalle del Rinbianco
Trovo subito il sentiero 108, che scende rimanendo sempre alla destra del torrente.
Deviazione per il monte Piana, raggiungibile guadando il torrente e risalendo la Val dei Castrade.
Sono già stato sul monte Piana, salendo però dal lago d’Antorno; per un attimo accarezzo l’idea di allungare il percorso passando da lì e poi scendendo per il Sentiero dei Pionieri... ma mi passa subito la fantasia
Quindi tiro dritto per il 108 (ma ogni tanto mi volto per ammirare i Cadini di Misurina)
Con un certo disappunto (perché sono un po’ stanco e accaldato) prendo atto che il sentiero comincia a salire ripidamente scostandosi dal torrente
Questo perché il Rinbianco è entrato in una gola
Il sentiero torna a scendere quando sono ormai in vista della Val Rienza.
Lungo il 108 non ho incontrato anima viva
Ecco di nuovo il greto del Rinbon, poco a monte della confluenza con il Rinbianco.
Rientro in Alto Adige
Affronto il difficile attraversamento del Rinbon/ Schwarze Rienz...
... e chiudo l’anello. Mancano gli ultimi due kilometri e mezzo da percorrere a ritroso per tornare al lago di Landro.
Fa molto caldo; un escavatore in lontananza si sposta sui cingoli, muove alacremente il braccio, carica e scarica pietrame con la benna... pare di essere in cantiere.
Mi metto a trotterellare per raggiungere rapidamente la macchina, ansioso di cambiarmi
Un ultimo saluto alle Tre (Due) Cime
E alle tre meno cinque sono di nuovo al punto di partenza.
Ci sono molti bagnanti con costume, ciabatte, teli da mare; non ho alcuna intenzione di imitarli, ma mi mimetizzo indossando pantaloncini corti e infradito.
- lato Sesto, risalendo la Val Fiscalina o la Val Campo di Dentro
- lato Cadore, da Misurina o per lunghissima salita direttamente da Auronzo
- dalla Val di Landro, seguendo verso monte il fiume Rienza.
Alle 6:40 mi lascio alle spalle il lago di Landro, con il suo impagabile panorama sul versante nord del Cristallo, e mi metto in marcia.
Praticamente da subito, a intermittenza compaiono nel campo visivo le Tre Cime (due, a dir la verità).
Dopo una mezz’oretta arrivo a un bivio: io vado a sinistra (o meglio, dritto) e continuo a risalire la valle del Rienza (che da questo punto verso monte si chiama Rienza Nera, Rinbon o Schwarze Rienz).
Andando a destra invece, dopo aver attraversato la Rienza Nera, si entra subito in Veneto e si risale la valle del Rinbianco (sarebbe in pratica la “Rienza Bianca”, l’altro ramo sorgentizio - più ricco d’acque - della Rienza) verso malga Rinbianco tenendo la destra orografica; è la strada che farò al ritorno.
Proseguo. Il Sasso Gemello o Scoglio di San Marco, estremo avamposto della Serenissima, si affaccia a picco sulla Val Rinbon.
Il monte Piano alle mie spalle.
Ancora Sasso Gemello
Vista fugace su Cima Grande e Cima Ovest.
Procedendo con passo abbastanza allegro, arrivo alla testata della valle, nel cosiddetto Cadin de Rinbon. Fa molto freddo (5°C alla partenza) e io ho addosso solo maglietta a maniche corte e una leggerissima felpa di cotone. In realtà, come facilmente preventivabile, ogni sensazione di disagio era già sparita dopo pochi minuti di marcia ma io continuerò a indossare la felpa, per pigrizia, fino al rifugio Locatelli.
Compare per la prima volta la mia meta, il monte Paterno
La radura in fondo al Cadin de Rinbon. Sulla destra della foto il canale da cui scende la Rienza Nera, che nasce nell’altopiano prospiciente il versante settentrionale delle Tre Cime di Lavaredo.
Mi volto all’indietro, dopo aver percorso praticamente tutta la valle. La fotografia non rende… sono rimasto paralizzato dall’eccezionale bellezza della Croda Rossa d’Ampezzo.
È tempo di risalire, con pendenze più pronunciate ma sempre tutto sommato moderate, le pareti del Cadin.
Il gruppo del monte Rudo
Il sentiero serpeggia tra i mughi. Più o meno in questo punto ho incontrato il secondo essere umano di giornata, una ragazza che scendeva (presumibilmente) dal Locatelli. Prima mi aveva superato un ciclista-scalatore, con il busto avvolto da metri di corda.
Sguardo retrospettivo. Il sole avanza…
A me piace cominciare di buon’ora: si evita il caldo, si assiste alla montagna che si risveglia, cambiano i colori…
In questa escursione poi la partenza all’alba è ancor più giustificata dalla volontà di percorrere i trafficati itinerari del Paterno con meno gente possibile intorno.
Le ultime rampe…
… e mi lascio finalmente il Cadin de Rinbon alle spalle. Sono sull’altopiano.
Ormai non manca molto al rifugio Locatelli. Davanti a me la slanciata parete Ovest del Paterno (che mi ricorda un po’, in piccolo, la Croda dei Toni sempre vista da Ovest).
Scendendo da questi pendii mi attraversa la strada a tutta velocità un bellicoso animale.
“Oddio, l’orso! Sono finito” - penso in una frazione di secondo - “Maledetti trentini che l’hanno reintrodotto!”
Tiro un sospiro di sollievo quando mi rendo conto, dopo un breve ritardo fisiologico, che si tratta di una fischiettante marmotta.
Ripresomi dallo spavento, mi distraggo scrutando con attenzione le solenni pareti delle Tre Cime.
Così imponenti, così verticali, così venete…
Sul lato sinistro della parete Ovest, poco al di sotto del passaggio dal “giallo” al “nero”, noto un piccolo globo arancione simile alle escrescenze (le galle) che si formano sui tronchi delle querce (si vede anche in foto: un piccolo puntino nero).
Un aereo bivacco dal quale usciranno, poco dopo, due scalatori
Sono almeno a 2300 m di quota, quindi 900 m più in alto rispetto al lago di Landro dal quale sono partito, che è a 1400 m slm. Si vede la valle che ho appena percorso praticamente nella sua interezza.
Lo Scoglio di San Marco è in primo piano, dietro c’è il monte Piano (che nasconde il lago di Landro) e sullo sfondo si staglia una superba sequenza di monti, dal Cristallo alla Croda Rossa.
Le guglie del Paterno
Ormai sono prossimo al rifugio Locatelli.
Rifugio Locatelli - Innerkofler, 2438 m slm. Alle sue spalle il Sasso di Sesto. Il rifugio sorge su un pianoro che fa da spartiacque tra bacino dell’Adige e bacino della Drava.
Sono le 8:40 e, tutto sommato, di gente ce n’è ancora poca
Il frastagliato Paterno visto dalla terrazza del rifugio.
Il Paterno è una cima molto panoramica; l’ascesa poi è facile e divertente.
Esso riveste inoltre un notevole interesse storico, in quanto i suoi sentieri, le ferrate, le gallerie, sono un vero e proprio museo a cielo aperto, vivide testimonianze della vita al fronte ai tempi della Grande Guerra.
Ma c’è altro: il monte Paterno è infatti un importantissimo nodo idrografico, alla cui cima convergono i bacini di Adige, Piave e Danubio.
Qui quindi finisce la lunga linea di displuvio tra Piave e Adige, lunga ben 120 km, che parte dal fianco meridionale del Cimon della Pala (dove tocca il bacino del Brenta), passa per Vezzana, Bureloni, Focobon, Mulaz, poi punta alla Marmolada e ancora, in sequenza, Sella, Lagazuoi, Fanes, Croda del Becco, Croda Rossa, Cristallo, Cadini di Misurina, Tre Cime di Lavaredo, Croda Passaporto.
In altre parole la spina dorsale delle Dolomiti.
Ancora panorami dal terrazzo del rifugio Locatelli, lato atesino
Panorami dal Locatelli, lato danubiano. Dietro il monumento a Sepp Innerkofler il gruppo dei Tre Scarperi…
… verso la Val Fiscalina
Mi riposo una quindicina di minuti, bevo, mi tolgo la felpa… e poi punto al Paterno
Mi giro indietro e fotografo “Er Sarciccione de Francoforte”, curioso pinnacolo roccioso
Verso sinistra, lato danubiano, i laghi dei Piani e il Crodon di San Candido
Prima galleria
Una larga apertura artificiale consente di affacciarsi sul lato atesino
La galleria finisce e mi ritrovo a contemplare il panorama del lato danubiano
Subito dopo comincia una seconda breve galleria
Poi una terza (non mi sono messo a contarle e non so esattamente quante sono)
Esco fuori, mi giro e immortalo il Locatelli, il Sasso di Sesto, la Torre di Toblin
Altro scorcio sul lato atesino
Altra galleria
L’entrata dell’ultima galleria, la più lunga (e anche la più ripida)
Sguardo retrospettivo. L’uscita della penultima galleria
Gradoni in legno e corrimano d’acciaio
Esco definitivamente dalle viscere del Paterno, sul lato danubiano. Inquadrato il sentiero che taglia il ghiaione e porta a Pian di Cengia.
Ora c’è da salire per questo canalino attrezzato
Sono salito parecchio perché ora alle mie spalle, dietro la Torre di Toblin, scorgo nitidamente la meravigliosa Rocca dei Baranci, dimora del gigante Haunold
Si procede. Affollamento contenuto
Il panorama si allarga. Ora si distingue anche la Punta dei Tre Scarperi, che prima era coperta dal più vicino Lastron dei Tre Scarperi.
La Dreischusterspitze è la più alta montagna delle Dolomiti di Sesto, ed è sicuramente una delle più belle montagne delle Dolomiti tutte.
Vista dal Paterno non mostra però il suo lato migliore, principalmente perché è per buona parte coperta da cime secondarie del gruppo.
E finalmente sono alla Forcella del Camoscio, 2653 m slm. Mi lascio alle spalle il versante danubiano…
… e mi affaccio sul meraviglioso Cadin del Passaporto, appartenente al bacino del Piave. Incidentalmente entro anche in Veneto.
La Forcella del Camoscio è un crocevia di sentieri:
- verso sinistra si prosegue per la Via delle Forcelle in direzione Pian di Cengia
- verso destra, dopo poco, comincia la salita finale al Paterno
- scendendo in basso e poi risalendo a mezza costa verso destra si punta a Forcella Passaporto
Io ovviamente vado a destra e mi trovo subito ai piedi di un breve salto attrezzato, superato il quale si raggiunge in pochi minuti la vetta
Mi giro e osservo il panoramico percorso verso Pian di Cengia
Poi continuo a salire, per cenge e per le proverbiali “facili roccette”.
Ecco, su in alto c’è uno scalino di un paio di metri di II, che potremmo definire pomposamente il “passaggio chiave”. Ma è superabile anche da un novantenne, e non è neppure esposto
Ormai in vista della croce (in cima in realtà ce ne sono due, una “tedesca” e una “italiana”)
Alle 9:40 sono in cima, a 2744 m slm.
La targa sulla croce è un altro omaggio a Sepp Innerkofler, gestore dell’”antenato” del rifugio Locatelli, guida alpina e volontario dell’esercito imperial-regio, deceduto für seine Heimat nel corso di una missione quasi suicida volta a prendere il Paterno controllato dagli italiani.
È uno degli episodi più famosi della Grande Guerra: l’alpino De Luca vede avvicinarsi dal basso il nemico e gli scaglia addosso una grossa pietra ferendolo a morte.
Questa la versione ufficiale del Comando italiano; più probabilmente il povero Innerkofler venne beccato alla nuca da una pallottola amica.
Innerkofler è cognome tipico di Sesto; il non lontano rifugio Tre Scarperi, per esempio, è gestito da una famiglia Innerkofler.
L’Innerkofler più famoso rimane comunque il leggendario Michael, autore di numerosissime prime ascensioni sulle Dolomiti nella seconda metà dell’Ottocento
Il gruppo Rudo-Rondoi, la Cima Piatta Alta (dietro la quale c’è la Croda dei Baranci/ Birkenkofel), la Rocca dei Baranci/Haunold
Il gruppo dei Tre Scarperi sul versante danubiano.
Ah, dietro a destra c’è la pista 3 Zinnen, dalla quale si vedono benissimo… i 3 Schuster
La Val Fiscalina, la Cresta Carnica, i Tauri...
In primo piano le guglie che separano il bacino della Drava dal bacino del Piave.
Dietro a sinistra la Croda Rossa di Sesto e Cima Undici; dietro a destra l’eccezionale Croda dei Toni (chiamata in tedesco Zwölferkofel dato che è esattamente a sud di Sesto)
Panorami sul versante atesino (nella prima foto si vede anche la piccola croce “italiana”)
Altri scatti
Zoom sul Großglockner
Rimango beatamente in cima per tre quarti d’ora; poi, un po’ a malincuore, comincio a scendere per dove sono salito (ovvero dal versante del Piave)
Seguo a distanza di sicurezza una solitaria ragazzotta, con la quale ho avuto uno scambio di sorrisi durante la permanenza in vetta
Stiamo tornando alla Forcella del Camoscio
La quasi totalità degli escursionisti prosegue per la Via delle Forcelle verso il Pian di Cengia
Mi fermo per un po’ alla Forcella del Camoscio, ammirato dalle ardite guglie della bellissima Croda Passaporto.
La via da seguire è chiara: devo scendere un po’ il Cadin e poi risalire verso l’evidente Forcella Passaporto. Mi chiedo però oziosamente come fare per raggiungere la chiara traccia che è visibile in fondo al Cadin.
Mentre scansiono mentalmente la conca, vengo interrotto da una voce alle mie spalle:
“Where do you want to go?”
È la ragazzotta di prima, che invece di proseguire per la sua strada (verso Pian di Cengia) si è fermata dietro di me per osservarmi.
“Il mio sguardo piacionico, nonostante abbia passato gli anta, riesce ancora a far innamorare istantaneamente le giovinette”, penso compiaciuto.
“Where are you headed? Let me help you, I’ll show you”
“See, m’oo devi dì te ‘ndo devo annà...”, mi dico tra me e me.
Faccio però buon viso a bella pischella, e mi dispongo ad accogliere il suo aiuto: “Where are you from?”
“Germany. And you?”
“Rome. I’d like to reach Forcella Passaporto. It’s over there”
“Ok” - tira fuori il cellulare e mi mostra sullo schermo il percorso - “You can’t go wrong. Go down and follow the path”.
Ringrazio l’innamorata, le regalo un ultimo sorriso e la lascio andare; un po’ come il ghepardo che giochicchia con la gazzella e poi molla la presa per farla fuggire...
Archiviata la tedesca, mi rimetto in marcia
Cadin del Passaporto; dietro, la Croda dei Toni. Proseguo lentamente, distratto dal grandioso ambiente nel quale sono immerso
Improvvisa apertura sul lato atesino, verso la Val de Rinbon e la Croda Rossa
Dopo la discesa comincia la salita per comoda e spettacolare cengia. Incontro un po’ di gente con telecamere e macchine fotografiche... dopo un po’ capisco il perché: c’è un ciclista nascosto in un anfratto che aspetta il via libera per farsi una discesina. Lo guardo stupito, lui mi saluta, scambiamo qualche parola... e poi si fionda giù
Continuo per la solitaria bellissima cengia verso l’ormai vicina forcella Passaporto
C’è un altro “oblò” poco prima della Forcella
Croda Passaporto da Forcella Passaporto. Sono le 11:10, ormai non è più tanto presto. Ma non incontrerò nessuno fino a Forcella Lavaredo.
Scatto un paio di foto a ciò che mi sto per lasciare alle spalle...
...ed entro di nuovo in Alto Adige
Il sentiero per forcella Lavaredo procede in discesa per cenge un po’ esposte e un paio di brevi gallerie (l’ultima delle quali alta al massimo un metro e mezzo)
Il sentiero attrezzato è ormai finito; sono vicinissimo a Forcella Lavaredo, spartiacque tra Piave (sinistra) e Adige (destra), che raggiungerò alle 11:25. Bellissima e un po’ inconsueta la prospettiva sulle Tre Cime; visibili anche il rifugio Lavaredo e i Cadini di Misurina
Croda Passaporto
Paterno e Torre di Toblin
Vista verso nord; ben intuibile la Val de Rinbon, che scorre profondamente incassata rispetto all’altipiano
L’altipiano ai piedi delle pareti Nord delle Tre Cime, dominato dalla regale Croda Rossa
Che dire? Magnifico! Chissà quante foto vengono scattate quotidianamente da questo punto...
Mi dirigo verso il rifugio Lavaredo: sono in marcia da quasi cinque ore e ho voglia di una tazzulella ‘e cafè
Costeggio il lato sud delle Tre Cime (si vedono degli scalatori in azione sulla parete meridionale della Cima Piccola)...
... mi volto ad ammirare Paterno e Croda Passaporto...
... e in breve raggiungo il Lavaredo, posto anch’esso in magnifica posizione
Dopo una breve pausa mi rimetto in marcia
Vado “controcorrente”, in direzione dei Cadini di Misurina
Dietro la Cappella degli Alpini il Cristallo è “mozzato” da un banco di nuvole
Superata la Cappella sono ormai in vista del rifugio Auronzo
Auronzo e il suo lago, lontanissimi
Il rifugio Auronzo e i Cadini di Misurina
Un altro scatto verso il distante paese di Auronzo. La Croda dei Toni è quasi completamente avvolta dalle nubi
A mezzogiorno e un quarto sono al rifugio Auronzo. Anch’esso, come il Locatelli, è posto su un pianoro spartiacque (tra Piave e Adige)
Per il prosieguo dell’escursione ci sono diverse opzioni:
- potrei percorrere il primo tratto del sentiero Bonacossa, che attraversa tutti i Cadini di Misurina, fino al Cadin de Rinbianco, e da lì seguire l’acqua fino al lago di Landro
- Potrei proseguire l’aggiramento delle Tre Cime fino a forcella Col de Medo, e da lì scendere o verso la Val Rinbon o verso la Val Rinbianco
- Potrei seguire il sentiero 101, che promette di condurre a una meta poco invitante: il “casello pedaggio”
Scelgo la terza opzione, e comincio a scendere verso il “casello pedaggio”
A dispetto della destinazione finale, che può destare qualche perplessità, il sentiero 101 è molto bello. Esso scende dolcemente, costeggiando il lato atesino dei Cadini di Misurina
Ho già perso un po’ di quota rispetto al rifugio Auronzo
Questo è il Cadin delle Bisse
La Croda Rossa fa capolino dietro il monte Piana
Vado avanti
Questo è il Cadin de Rinbianco
E questo è il Rinbianco! Potrei seguirlo pedissequamente e arriverei alla macchina...
... però non ho voglia di impantanarmi nel fango, che molto probabilmente incontrerei.
Vado quindi un po’ avanti e poi taglio a destra scendendo per “boschetti”
Attraverso lo strada asfaltata e guadagno in breve la sterrata che porta a malga Rinbianco
...alla quale giungo alle 13:15, in perfetto orario per il pranzo.
Dietro la malga Rinbianco, il monte Piana con il rifugio Bosi
Vista sui Cadini di Misurina.
Fornisco le mie generalità, “prenoto”, e mi gusto un tagliere e un bicchiere di vino.
La malga Rinbianco è splendida anche (anzi, soprattutto) in inverno, quando è raggiungibile con una breve passeggiata (oppure con motoslitta) per stradina innevata dal lago d’Antorno
Dopo mezz’ora di relax riprendo il mio cammino, scendendo per verdi prati verso il fondovalle del Rinbianco
Trovo subito il sentiero 108, che scende rimanendo sempre alla destra del torrente.
Deviazione per il monte Piana, raggiungibile guadando il torrente e risalendo la Val dei Castrade.
Sono già stato sul monte Piana, salendo però dal lago d’Antorno; per un attimo accarezzo l’idea di allungare il percorso passando da lì e poi scendendo per il Sentiero dei Pionieri... ma mi passa subito la fantasia
Quindi tiro dritto per il 108 (ma ogni tanto mi volto per ammirare i Cadini di Misurina)
Con un certo disappunto (perché sono un po’ stanco e accaldato) prendo atto che il sentiero comincia a salire ripidamente scostandosi dal torrente
Questo perché il Rinbianco è entrato in una gola
Il sentiero torna a scendere quando sono ormai in vista della Val Rienza.
Lungo il 108 non ho incontrato anima viva
Ecco di nuovo il greto del Rinbon, poco a monte della confluenza con il Rinbianco.
Rientro in Alto Adige
Affronto il difficile attraversamento del Rinbon/ Schwarze Rienz...
... e chiudo l’anello. Mancano gli ultimi due kilometri e mezzo da percorrere a ritroso per tornare al lago di Landro.
Fa molto caldo; un escavatore in lontananza si sposta sui cingoli, muove alacremente il braccio, carica e scarica pietrame con la benna... pare di essere in cantiere.
Mi metto a trotterellare per raggiungere rapidamente la macchina, ansioso di cambiarmi
Un ultimo saluto alle Tre (Due) Cime
E alle tre meno cinque sono di nuovo al punto di partenza.
Ci sono molti bagnanti con costume, ciabatte, teli da mare; non ho alcuna intenzione di imitarli, ma mi mimetizzo indossando pantaloncini corti e infradito.
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