subsahara
Coldest Ice
È il primo giorno d’estate: niente di meglio che inaugurare la stagione appena iniziata con una bella camminata.
Parcheggio l’autovettura in località Sant’Uberto, a 1448 m slm, in corrispondenza dell’unico tornante della strada che collega Cortina a Dobbiaco passando per il Cimabanche; quest’ultimo del resto è, in tutta evidenza, uno dei passi di montagna meno impervi del mondo.
Alle 6:15 mi metto in marcia; tempo discreto, temperatura 7°C. Direzione Malga Ra Stua.
Tofane
In primo piano il Taburlo (e leggermente dietro, sulla sinistra, il Taé); Vallon Bianco a sinistra e Col Bechei + Antruiles a destra
Il sentiero 418, che porta direttamente al Col Bechei per le Ruoibes de Fora, è ancora chiuso.
Curiosa l’ortografia ampezzana: la š, di derivazione ceca, dovrebbe stare a indicare il suono di sc in pesce.
Si trova ad esempio in Lareš (Larice), Malga Ra Štua, ecc.
Mah! si pronuncia veramente laresh, malga ra Shtua? :think:
O forse il diacritico vuole segnalare invece la pronuncia sorda della s in contrapposizione alla sonora?
Mentre rimugino su queste importanti questioni riesco, approfittando di una parziale interruzione dello schermo arboreo, a fotografare la forcella Camin (o Ciamin, nelle mappe), tra Col Bechei/Antruiles a sud e monte Camin a nord. Il cuore del gruppo del Col Bechei.
E’ chiaro anche il solco della forcella Antruiles tra Col Bechei e Antruiles.
Dovrebbe essere possibile, districandosi un po’ tra i mughi, attraversare le Ruoibes de Inze e poi risalire alla forcella Camin per svalicare quindi dall’altra parte in terra marebbana. D’inverno è itinerario sci-alpinistico.
Arrivo a Malga Ra Stua (anzi, Štua, secondo i cartelli).
Relax sui prati
Dopo un’oretta giungo a un bivio, in località Ciampo de Croš, 1750 m slm
Dritti si va verso l’altopiano di Sennes, mentre girando a sinistra si sale verso Fodara Vedla.
Intanto dal cartello si nota che anche Croš (croce) porta il diacritico “slavo”.
Quindi?
Si dice crosh, laresh, shtua?
Oppure cross, laress, sstua?
O forse la lettera è usata un po’ a casaccio? :think:
Ad ogni modo, giro a sinistra e percorro l’amena forestale che sale a tornanti offrendo belle viste su Croda Rossa e Croda del Becco
Croda Rossa d’ Ampezzo
Croda del Becco
A circa 2000 m slm la forestale spiana.
L’intero anello del gruppo del Col Bechei (escludendo l’ascesa alla vetta) può essere percorso con la bicicletta da montagna. Anche se certi tratti, vuoi per la scabrezza del fondo vuoi per la notevole pendenza, sono sicuramente un po’ tostarelli.
Il paesaggio è dolce, sereno.
Passo davanti al lago di Rudo, alimentato dalle acque di fusione delle nevi del Lavinores.
Lo trovo bellissimo.
Continuo verso l’ormai vicino confine tra Anpezo e Marebbe, con l’articolato versante nord del gruppo del Camin in bella vista.
In corrispondenza dei cartelli in fondo c’è il confine.
Confine che, a quanto si legge in un cartello affisso a lato del sentiero, fu oggetto di feroci dispute tra ampezzani e badiotti.
Gli ampezzani, per porre freno alle politiche “espansive” dei vicini vogliosi di pascoli, richiesero un vero e proprio arbitrato per mettere nero su bianco la linea di confine.
Siamo agli inizi del XV secolo: Cortina è veneziana, mentre Badia è terra imperiale. A decidere vennero chiamati un delegato del principe vescovo di Bressanone e un delegato della Serenissima, che accolsero in buona sostanza la linea proposta dagli ampezzani. Da allora il confine è rimasto praticamente immutato.
Appena entrati in Val Badia. Direi, a occhio (anzi, “a piede”), che il confine è posto in corrispondenza dello spartiacque tra Piave e Adige (in questo tratto, così come nel contiguo altopiano di Sennes, non chiarissimo)
Incontro le prime acque atesine della giornata; esse a Pederù si getteranno nel rio di San Vigilio, e poi… Gadera, Rienza, Isarco, Adige, mare.
Dopo breve e dolcissima discesa, arrivo al rifugio Fodara Vedla, a 1980 m slm.
Il luogo, veramente ameno, è disseminato di vecchie capanne in legno.
Forse servivano come ricovero per il bestiame?
Mi avvicino al palo per leggere i cartelli: “Tiers sön pastöra - prëibel i ćians tla corda”.
Animali al pascolo - per favore cani al guinzaglio.
“Tiers” è con ogni evidenza un germanismo; stupisce un po’ che la pressione del tedesco abbia “sfondato” nel badiotto anche in un ambito così comune, così “domestico” come quello degli animali da allevamento.
A proposito di bestie… che vuol dire “fodara vedla”?
“Vedla” vuol dire vecchia; “fodara” viene da ovis foeta, cioè “pecora”.
Fodara, fedara, federa, fedare, fedaia, federia (come la valle a Livigno)... le Alpi sono disseminate di toponimi che indicano un luogo di pascolo e/o ricovero per pecore.
E questo per me è un po’ un mistero, perché io sulle alpestre rocce non ho mai incontrato uno straccio di pecora; né in Moriana né in Carniola, né in Engadina né in Val d’Aosta.
Forse l’allevamento ovino era più diffuso in passato? O forse semplicemente è “colpa” mia che non le ho mai notate?
Ad ogni modo, è infinitamente più semplice scorgere una pecora a Roma (ci sono tanti posti, ben dentro il raccordo, dove pascolano le greggi; da Casal del Marmo alla Caffarella, dalla Pisana a Serpentara, da Montesacro a Boccea… )! È una constatazione che fa sorridere
Accantoniamo le pecore e le innumerevoli peculiarità dell’Urbe e puntiamo al prossimo obiettivo: il rifugio Pederù nella valle di Marebbe
Per raggiungerlo occorre scendere di oltre 400 m di dislivello nello spazio di circa 3 km. Fare i conti è facile: la forestale ha una pendenza media di circa il 15%, e in più non è certo un tavolo da biliardo. Mentre scendevo ho incrociato una jeep che saliva al Fodara Vedla o al Sennes faticando non poco; immagino che per un ciclista, specie se della domenica, la fatica e l’impegno richiesti in questo tratto non siano trascurabili. Comunque la forestale nella parte alta è doppiata da un sentiero per pedoni che taglia qualche tornante.
Bellissimo scorcio verso valle in direzione di San Vigilio
Guardando invece verso la testata della valle di Marebbe, a monte del rifugio Pederù, si comincia a vedere il fianco nordoccidentale del Col Bechei!
Prima di puntare al Col Bechei però bisogna scendere gli ultimi tornanti
Ormai in vista di Pederù
Pederù, 1548 m slm (con ampio parcheggio a pagamento). Sono le 8:45 e si cominciano a incontrare diversi escursionisti
Pederü: ai piedi di quale rio? Quello dalla cui valle sono appena ridisceso e che viene da Fodara Vedla? Oppure uno di quelli che drenano le acque di parte dell’altopiano di Sennes e che poi incidono con ripidissimi canali la gran parëis dietro le mucche? O più semplicemente il rio di San Vigilio (Rü d’al Plan) che scende dall’Alpe di Fanes e che qui sbarca quasi in pianura?
Forse Pederü è anche forma plurale, e quindi i rii a cui si fa riferimento sono tutti quelli elencati
Bene, ora bisogna risalire il Rü d’al Plan puntando dritto alla parete del Col Bechei
Sguardo al ripido pendio da cui sono appena sceso
Due immagini della Val dal Sè, che porta nelle viscere del gruppo del Camin, alla mia sinistra
Alla mia destra invece il fianco orientale della Furcia dai Fers
Dritto per dritto il Col Bechei
Sto salendo per il ripido sentiero alla sinistra orografica del Rü d’al Plan. Dall’altra parte del torrente corre invece la forestale
Vista retrospettiva su Pederù. Nell’angolino in alto a sinistra della foto è inquadrata la vetta del Monte sella di Sennes
Il sentiero sale tra i mughi, tagliando terreno incoerente
Gruppo del Camin, a sinistra
Col Bechei. Cominciava a intravedersi la croce di vetta
Sono a circa 1800 m e il sentiero assume una pendenza molto più dolce. Sono entrato nel tratto di valle chiamato Valun de Fanes. Dietro di me appare inconfondibile la Croda del Becco
Valun de Fanes
Il sentiero, per riavvicinarsi alla forestale, deve scendere di almeno 40 metri attraversando la mugheta.
Due immagini dedicate alla forcella Camin (2395 m slm), tra Camin e Col Bechei. Questa forcella l’ho fotografata durante il corso dell’escursione un milione di volte: da oriente poco dopo essere partito, da occidente adesso, da sopra più tardi
Formazione rocciosa senza nome alla mia destra (be’, perlomeno ne è sprovvista nella mia Tabacco!)
Andiamo avanti verso Fanes
A destra
Dietro (quasi perfettamente in asse con forcella Camin)
Il sentiero ha curvato decisamente a sinistra e ora punta schietto verso sud. Voltandomi quindi verso nord trovo la Furcia dai Fers
Sono ormai a 2000 m slm, appena entrato nell’Alpe di Fanes Piccolo. Compare alla vista la graziosa Ütia Pices Fanes
È un gioiellino posto in un luogo magico. Dietro la casetta, da sinistra a destra, Pizzo di sant’Antonio, cima innominata, Furcia dai Fers
Non faccio in tempo a lasciare alle spalle la Ütia Pices Fanes che subito incontro un’altra costruzione, il rifugio dies Muntagnoles
Tentativo pietoso di foto artistica: la falda del tetto segue la cresta che da Col Bechei scende a forcella Camin
Bivio: rifugio Fanes a sinistra, rifugio Lavarella a destra
Prendo a sinistra e passo il ponticello sopra il rio di San Vigilio (sullo sfondo… sì, sono proprio loro: monte Camin e omonima forcella )
Fa il suo ingresso in scena il gruppo del Lavarella: la vetta di questo Dreitausender gaderano è ancora piena di neve
Rifugio Fanes, 2060 m slm. Vi arrivo alle 10:15, esattamente dopo quattro ore di marcia
Mi siedo su una panchina fuori e mi cambio la maglietta mentre ammiro il rosso pizzo di Sant’Antonio e il ferrigno Sasso delle Nove
Ruotando lo sguardo un po’ a sinistra compare anche il Sasso delle Dieci con la sua curiosa cresta sommitale e pure le cime aguzze dei Pizes da Lè, ancelle del Lavarella.
In primo piano la spianata del Lago Verde con il rifugio Lavarella, attorniata da spalti erbosi posti ad anfiteatro; credo che sia il cosiddetto “parlamento delle marmotte”, che richiama nel nome le leggende dolomitiche raccolte da Wolff un secolo fa
Entro nel lindo rifugio ed ordino un caffè e una fetta di strudel. Chiedo informazioni sul rifugio Gran Fanes, posto dall’altra parte del passo di Limo.
Il garzone mi risponde che aprirà quando porteranno su le bestie. Peccato! Avevo intenzione di mangiare là... ripiegherò sui panini che mi sono portato
Alle 10:40, ritemprato dall’opportuna pausa, mi lascio il rifugio Fanes alle spalle
Salgo verso il passo di Limo
Le tre cime del Sass dla Crusc: Nove, Dieci e la lontana piramide del Cavallo
Sguardo all’indietro in direzione dell’ormai lontana Pederù
Sono velocemente al passo di Limo, 2174 m slm. Inquadrata la schiena del Col Bechei, verso oriente.
A occidente invece il gruppo del Lavarella. La vetta più alta è nascosta; sono invece visibili il mansueto Sas dai Beć in primo piano, e un po’ a destra (uno dietro l’altro) La Stiga (2786 m) e il Parom (2953 m)
Sto per abbandonare il bacino dell’Adige per rientrare in quello del Piave. Davanti a me l’inconfondibile sagoma del monte Castello, le cime di Furcia Rossa e infine, tutto a sinistra, il Vallon Bianco
Perdo una ventina di metri di quota e raggiungo il pittoresco lago di Limo, ai piedi del Col Bechei
Ne costeggio la sponda settentrionale...
... e attacco la salita
Guadagno quota; dietro il Sas dai Beć compaiono le Conturines
Ma le Conturines non sono le uniche vette a entrare in scena: lo sguardo è catturato dalle tozze e possenti cime gemelle di Ciampestrin e, più a sinistra, dalla triade Castello- Ciase - Ciaval.
Si vede anche in centro foto il rifugio Gran Fanes (che sorge appunto nel bel mezzo dell’alpe di Fanes Grande, a sud del passo di Limo, mentre a nord di quest’ultimo si trova Fanes Piccolo), e la sterrata che scavalcando l’innocuo Passo dell’Acqua (Ju da l’Ega, anch’esso sullo spartiacque Adige - Piave) porta a Capanna Alpina.
Sullo sfondo, in ultimissimo piano, una gradita sorpresa! Mi salutano Focobon, Bureloni, Vezzana e Cimon della Pala, uno dietro l’altro, accompagnati a destra dal più basso (ma non meno imperioso) Mulaz
Continuo a salire per il 418, perfettamente agibile dal lato badiotto
Il panorama si allarga...
Lato “B” del Sass dla Crusc
Cresta ovest del Col Bechei alla mia sinistra
Ancora su
Giungo a una forcella a quota 2565 m slm, in corrispondenza della quale si diparte dal 418 la traccia che porta in vetta. La forcella ospitava una postazione per mitragliatrice dell’esercito imperial-regio, a protezione della Fanessperre, lo sbarramento di Fanes. Quest’ultimo correva (credo) sulla linea Lagazuoi - Cime di Fanes - Ciaval - Furcia Rossa - Vallon Bianco, e fronteggiava le dirimpettaie Tofane
Panorama dalla forcella su Cristallo, Sorapiss, Antelao
Si sale ora più ripidamente
Un brevissimo tratto dove può essere utile usare le mani
Vista retrospettiva
Proseguiamo
Altro brevissimo tratto che potremmo definire di I
Sulla cresta, guardando verso ovest
Sulla cresta, guardando verso est. Sono tornato sulla linea di displuvio tra Piave e Adige
Ci siamo quasi
Arrivo in vetta al Col Bechei, 2794 m slm, alle 12:10. Continua a soffiare un vento teso, che mi accompagna più o meno da Pederù. Fa parecchio freddo: sicuramente sotto i 5°C.
Panorama vastissimo e meraviglioso a 360°
Sarà forse questo il tratto del 418 interessato dagli smottamenti?
Certo, la meravigliosa Croda Rossa è effettivamente… rossa, ma la cresta delle Antruiles è ancora più rossa! Ben visibile anche la forcella Camin a sinistra, entrata per l’ennesima volta nell’obiettivo
Rimango in vetta per venti minuti, poi comincio la discesa
Alle 13:15 sono di nuovo sulle sponde del lago di Limo
Mi siedo sul masso e mangio un panino
Dopo un quarto d’ora mi rimetto in piedi e comincio a scendere pigramente verso Fanes Grande
Bisogna scendere la lunga valle del Rio Fanes, verso Cortina
Mi volgo indietro e saluto le cime di Ciampestrin, il Castello, il Ciaval, la Furcia Rossa
Proseguo con il Vallon Bianco sparato in faccia
Altro sguardo a monte verso le Conturines
Andiamo avanti…
… ma guardiamo ogni tanto anche indietro verso le stupende cime gemelle di Ciampestrin
Si continua a scendere con bella vista sul Cristallo
Spalti di Col Bechei
Il sentiero è sceso meno ripidamente del Rio Fanes; ora mi trovo parecchio più in alto del fondovalle
Mi rimetto “in paro” col torrente poco dopo, in corrispondenza di un falsopiano a quota 1850 m slm. L’ambiente è bellissimo.
Intanto guardo indietro e incomincio a chiedermi: “ma quando arriva il confine? Siamo ormai molto lontani dal passo di Limo! Ammazza quanto se so’ allargati i badiotti in questa valle geograficamente ampezzana! Hai capito ‘ste merde! ” (scherzo, eh )
Il confine è letteralmente dietro l’angolo
Appena messo piede nell’amata Anpezo un cartello mi avverte che siamo in località Pantane, a 1836 m slm. Dietro I contrafforti meridionali del Col Bechei
Un ultimo saluto al Lavarella, mentre sto per lasciarmi alle spalle il “pantano” formato dal Rio Fanes
Ultimo nevaio incontrato, a 1800 m slm
Dopo Pantane, il Rio Fanes riprende a scorrere impetuosamente. Ogni tanto lascio il sentiero (che dopo il confine corre sulla destra orografica) e mi affaccio ad osservarne le acque
Lo sperone del Taè
Prendo la scorciatoia a sinistra (quota 1679 m slm). Ormai fa relativamente caldo (a spanne 15°C- 18°C) e sono a riparo dal vento
Poco dopo, si ricollega alla traccia che sto scendendo il sentiero attrezzato delle cascate di Fanes
Io però vado dritto e giungo in breve al ponte Outo.
È un luogo impressionante, posto circa un centinaio di metri sopra alla confluenza di Rio Fanes e Rio Travenanzes
Se si punta verso la Val Travenanzes…
…e si guarda in basso, si ammira la forra di Travenanzes
Dall’altra parte si ammira la spettacolare confluenza dei due torrenti le cui acque poi proseguono verso valle
Più avanti il sentiero scende e “raggiunge” il Rio Fanes…
…che scorre più tranquillo
Attorno ai 1350 m slm un ponte porta il sentiero sulla riva sinistra
E poco più avanti un ponticello attraversa il fiume Boite che scende da Malga Ra Stua
Confluenza di Boite e Rio Fanes (quest’ultimo è sicuramente più ricco d’acque)
Appena dopo il ponte sul Boite una scorciatoia a sinistra conduce al parcheggio di Sant’Uberto
Bisogna salire di quota di cento metri tondi
Alle 15:45 sono di nuovo a Sant’Uberto
Cartina con indicazione sommaria del percorso effettuato
Parcheggio l’autovettura in località Sant’Uberto, a 1448 m slm, in corrispondenza dell’unico tornante della strada che collega Cortina a Dobbiaco passando per il Cimabanche; quest’ultimo del resto è, in tutta evidenza, uno dei passi di montagna meno impervi del mondo.
Alle 6:15 mi metto in marcia; tempo discreto, temperatura 7°C. Direzione Malga Ra Stua.
Tofane
In primo piano il Taburlo (e leggermente dietro, sulla sinistra, il Taé); Vallon Bianco a sinistra e Col Bechei + Antruiles a destra
Il sentiero 418, che porta direttamente al Col Bechei per le Ruoibes de Fora, è ancora chiuso.
Curiosa l’ortografia ampezzana: la š, di derivazione ceca, dovrebbe stare a indicare il suono di sc in pesce.
Si trova ad esempio in Lareš (Larice), Malga Ra Štua, ecc.
Mah! si pronuncia veramente laresh, malga ra Shtua? :think:
O forse il diacritico vuole segnalare invece la pronuncia sorda della s in contrapposizione alla sonora?
Mentre rimugino su queste importanti questioni riesco, approfittando di una parziale interruzione dello schermo arboreo, a fotografare la forcella Camin (o Ciamin, nelle mappe), tra Col Bechei/Antruiles a sud e monte Camin a nord. Il cuore del gruppo del Col Bechei.
E’ chiaro anche il solco della forcella Antruiles tra Col Bechei e Antruiles.
Dovrebbe essere possibile, districandosi un po’ tra i mughi, attraversare le Ruoibes de Inze e poi risalire alla forcella Camin per svalicare quindi dall’altra parte in terra marebbana. D’inverno è itinerario sci-alpinistico.
Arrivo a Malga Ra Stua (anzi, Štua, secondo i cartelli).
Relax sui prati
Dopo un’oretta giungo a un bivio, in località Ciampo de Croš, 1750 m slm
Dritti si va verso l’altopiano di Sennes, mentre girando a sinistra si sale verso Fodara Vedla.
Intanto dal cartello si nota che anche Croš (croce) porta il diacritico “slavo”.
Quindi?
Si dice crosh, laresh, shtua?
Oppure cross, laress, sstua?
O forse la lettera è usata un po’ a casaccio? :think:
Ad ogni modo, giro a sinistra e percorro l’amena forestale che sale a tornanti offrendo belle viste su Croda Rossa e Croda del Becco
Croda Rossa d’ Ampezzo
Croda del Becco
A circa 2000 m slm la forestale spiana.
L’intero anello del gruppo del Col Bechei (escludendo l’ascesa alla vetta) può essere percorso con la bicicletta da montagna. Anche se certi tratti, vuoi per la scabrezza del fondo vuoi per la notevole pendenza, sono sicuramente un po’ tostarelli.
Il paesaggio è dolce, sereno.
Passo davanti al lago di Rudo, alimentato dalle acque di fusione delle nevi del Lavinores.
Lo trovo bellissimo.
Continuo verso l’ormai vicino confine tra Anpezo e Marebbe, con l’articolato versante nord del gruppo del Camin in bella vista.
In corrispondenza dei cartelli in fondo c’è il confine.
Confine che, a quanto si legge in un cartello affisso a lato del sentiero, fu oggetto di feroci dispute tra ampezzani e badiotti.
Gli ampezzani, per porre freno alle politiche “espansive” dei vicini vogliosi di pascoli, richiesero un vero e proprio arbitrato per mettere nero su bianco la linea di confine.
Siamo agli inizi del XV secolo: Cortina è veneziana, mentre Badia è terra imperiale. A decidere vennero chiamati un delegato del principe vescovo di Bressanone e un delegato della Serenissima, che accolsero in buona sostanza la linea proposta dagli ampezzani. Da allora il confine è rimasto praticamente immutato.
Appena entrati in Val Badia. Direi, a occhio (anzi, “a piede”), che il confine è posto in corrispondenza dello spartiacque tra Piave e Adige (in questo tratto, così come nel contiguo altopiano di Sennes, non chiarissimo)
Incontro le prime acque atesine della giornata; esse a Pederù si getteranno nel rio di San Vigilio, e poi… Gadera, Rienza, Isarco, Adige, mare.
Dopo breve e dolcissima discesa, arrivo al rifugio Fodara Vedla, a 1980 m slm.
Il luogo, veramente ameno, è disseminato di vecchie capanne in legno.
Forse servivano come ricovero per il bestiame?
Mi avvicino al palo per leggere i cartelli: “Tiers sön pastöra - prëibel i ćians tla corda”.
Animali al pascolo - per favore cani al guinzaglio.
“Tiers” è con ogni evidenza un germanismo; stupisce un po’ che la pressione del tedesco abbia “sfondato” nel badiotto anche in un ambito così comune, così “domestico” come quello degli animali da allevamento.
A proposito di bestie… che vuol dire “fodara vedla”?
“Vedla” vuol dire vecchia; “fodara” viene da ovis foeta, cioè “pecora”.
Fodara, fedara, federa, fedare, fedaia, federia (come la valle a Livigno)... le Alpi sono disseminate di toponimi che indicano un luogo di pascolo e/o ricovero per pecore.
E questo per me è un po’ un mistero, perché io sulle alpestre rocce non ho mai incontrato uno straccio di pecora; né in Moriana né in Carniola, né in Engadina né in Val d’Aosta.
Forse l’allevamento ovino era più diffuso in passato? O forse semplicemente è “colpa” mia che non le ho mai notate?
Ad ogni modo, è infinitamente più semplice scorgere una pecora a Roma (ci sono tanti posti, ben dentro il raccordo, dove pascolano le greggi; da Casal del Marmo alla Caffarella, dalla Pisana a Serpentara, da Montesacro a Boccea… )! È una constatazione che fa sorridere
Accantoniamo le pecore e le innumerevoli peculiarità dell’Urbe e puntiamo al prossimo obiettivo: il rifugio Pederù nella valle di Marebbe
Per raggiungerlo occorre scendere di oltre 400 m di dislivello nello spazio di circa 3 km. Fare i conti è facile: la forestale ha una pendenza media di circa il 15%, e in più non è certo un tavolo da biliardo. Mentre scendevo ho incrociato una jeep che saliva al Fodara Vedla o al Sennes faticando non poco; immagino che per un ciclista, specie se della domenica, la fatica e l’impegno richiesti in questo tratto non siano trascurabili. Comunque la forestale nella parte alta è doppiata da un sentiero per pedoni che taglia qualche tornante.
Bellissimo scorcio verso valle in direzione di San Vigilio
Guardando invece verso la testata della valle di Marebbe, a monte del rifugio Pederù, si comincia a vedere il fianco nordoccidentale del Col Bechei!
Prima di puntare al Col Bechei però bisogna scendere gli ultimi tornanti
Ormai in vista di Pederù
Pederù, 1548 m slm (con ampio parcheggio a pagamento). Sono le 8:45 e si cominciano a incontrare diversi escursionisti
Pederü: ai piedi di quale rio? Quello dalla cui valle sono appena ridisceso e che viene da Fodara Vedla? Oppure uno di quelli che drenano le acque di parte dell’altopiano di Sennes e che poi incidono con ripidissimi canali la gran parëis dietro le mucche? O più semplicemente il rio di San Vigilio (Rü d’al Plan) che scende dall’Alpe di Fanes e che qui sbarca quasi in pianura?
Forse Pederü è anche forma plurale, e quindi i rii a cui si fa riferimento sono tutti quelli elencati
Bene, ora bisogna risalire il Rü d’al Plan puntando dritto alla parete del Col Bechei
Sguardo al ripido pendio da cui sono appena sceso
Due immagini della Val dal Sè, che porta nelle viscere del gruppo del Camin, alla mia sinistra
Alla mia destra invece il fianco orientale della Furcia dai Fers
Dritto per dritto il Col Bechei
Sto salendo per il ripido sentiero alla sinistra orografica del Rü d’al Plan. Dall’altra parte del torrente corre invece la forestale
Vista retrospettiva su Pederù. Nell’angolino in alto a sinistra della foto è inquadrata la vetta del Monte sella di Sennes
Il sentiero sale tra i mughi, tagliando terreno incoerente
Gruppo del Camin, a sinistra
Col Bechei. Cominciava a intravedersi la croce di vetta
Sono a circa 1800 m e il sentiero assume una pendenza molto più dolce. Sono entrato nel tratto di valle chiamato Valun de Fanes. Dietro di me appare inconfondibile la Croda del Becco
Valun de Fanes
Il sentiero, per riavvicinarsi alla forestale, deve scendere di almeno 40 metri attraversando la mugheta.
Due immagini dedicate alla forcella Camin (2395 m slm), tra Camin e Col Bechei. Questa forcella l’ho fotografata durante il corso dell’escursione un milione di volte: da oriente poco dopo essere partito, da occidente adesso, da sopra più tardi
Formazione rocciosa senza nome alla mia destra (be’, perlomeno ne è sprovvista nella mia Tabacco!)
Andiamo avanti verso Fanes
A destra
Dietro (quasi perfettamente in asse con forcella Camin)
Il sentiero ha curvato decisamente a sinistra e ora punta schietto verso sud. Voltandomi quindi verso nord trovo la Furcia dai Fers
Sono ormai a 2000 m slm, appena entrato nell’Alpe di Fanes Piccolo. Compare alla vista la graziosa Ütia Pices Fanes
È un gioiellino posto in un luogo magico. Dietro la casetta, da sinistra a destra, Pizzo di sant’Antonio, cima innominata, Furcia dai Fers
Non faccio in tempo a lasciare alle spalle la Ütia Pices Fanes che subito incontro un’altra costruzione, il rifugio dies Muntagnoles
Tentativo pietoso di foto artistica: la falda del tetto segue la cresta che da Col Bechei scende a forcella Camin
Bivio: rifugio Fanes a sinistra, rifugio Lavarella a destra
Prendo a sinistra e passo il ponticello sopra il rio di San Vigilio (sullo sfondo… sì, sono proprio loro: monte Camin e omonima forcella )
Fa il suo ingresso in scena il gruppo del Lavarella: la vetta di questo Dreitausender gaderano è ancora piena di neve
Rifugio Fanes, 2060 m slm. Vi arrivo alle 10:15, esattamente dopo quattro ore di marcia
Mi siedo su una panchina fuori e mi cambio la maglietta mentre ammiro il rosso pizzo di Sant’Antonio e il ferrigno Sasso delle Nove
Ruotando lo sguardo un po’ a sinistra compare anche il Sasso delle Dieci con la sua curiosa cresta sommitale e pure le cime aguzze dei Pizes da Lè, ancelle del Lavarella.
In primo piano la spianata del Lago Verde con il rifugio Lavarella, attorniata da spalti erbosi posti ad anfiteatro; credo che sia il cosiddetto “parlamento delle marmotte”, che richiama nel nome le leggende dolomitiche raccolte da Wolff un secolo fa
Entro nel lindo rifugio ed ordino un caffè e una fetta di strudel. Chiedo informazioni sul rifugio Gran Fanes, posto dall’altra parte del passo di Limo.
Il garzone mi risponde che aprirà quando porteranno su le bestie. Peccato! Avevo intenzione di mangiare là... ripiegherò sui panini che mi sono portato
Alle 10:40, ritemprato dall’opportuna pausa, mi lascio il rifugio Fanes alle spalle
Salgo verso il passo di Limo
Le tre cime del Sass dla Crusc: Nove, Dieci e la lontana piramide del Cavallo
Sguardo all’indietro in direzione dell’ormai lontana Pederù
Sono velocemente al passo di Limo, 2174 m slm. Inquadrata la schiena del Col Bechei, verso oriente.
A occidente invece il gruppo del Lavarella. La vetta più alta è nascosta; sono invece visibili il mansueto Sas dai Beć in primo piano, e un po’ a destra (uno dietro l’altro) La Stiga (2786 m) e il Parom (2953 m)
Sto per abbandonare il bacino dell’Adige per rientrare in quello del Piave. Davanti a me l’inconfondibile sagoma del monte Castello, le cime di Furcia Rossa e infine, tutto a sinistra, il Vallon Bianco
Perdo una ventina di metri di quota e raggiungo il pittoresco lago di Limo, ai piedi del Col Bechei
Ne costeggio la sponda settentrionale...
... e attacco la salita
Guadagno quota; dietro il Sas dai Beć compaiono le Conturines
Ma le Conturines non sono le uniche vette a entrare in scena: lo sguardo è catturato dalle tozze e possenti cime gemelle di Ciampestrin e, più a sinistra, dalla triade Castello- Ciase - Ciaval.
Si vede anche in centro foto il rifugio Gran Fanes (che sorge appunto nel bel mezzo dell’alpe di Fanes Grande, a sud del passo di Limo, mentre a nord di quest’ultimo si trova Fanes Piccolo), e la sterrata che scavalcando l’innocuo Passo dell’Acqua (Ju da l’Ega, anch’esso sullo spartiacque Adige - Piave) porta a Capanna Alpina.
Sullo sfondo, in ultimissimo piano, una gradita sorpresa! Mi salutano Focobon, Bureloni, Vezzana e Cimon della Pala, uno dietro l’altro, accompagnati a destra dal più basso (ma non meno imperioso) Mulaz
Continuo a salire per il 418, perfettamente agibile dal lato badiotto
Il panorama si allarga...
Lato “B” del Sass dla Crusc
Cresta ovest del Col Bechei alla mia sinistra
Ancora su
Giungo a una forcella a quota 2565 m slm, in corrispondenza della quale si diparte dal 418 la traccia che porta in vetta. La forcella ospitava una postazione per mitragliatrice dell’esercito imperial-regio, a protezione della Fanessperre, lo sbarramento di Fanes. Quest’ultimo correva (credo) sulla linea Lagazuoi - Cime di Fanes - Ciaval - Furcia Rossa - Vallon Bianco, e fronteggiava le dirimpettaie Tofane
Panorama dalla forcella su Cristallo, Sorapiss, Antelao
Si sale ora più ripidamente
Un brevissimo tratto dove può essere utile usare le mani
Vista retrospettiva
Proseguiamo
Altro brevissimo tratto che potremmo definire di I
Sulla cresta, guardando verso ovest
Sulla cresta, guardando verso est. Sono tornato sulla linea di displuvio tra Piave e Adige
Ci siamo quasi
Arrivo in vetta al Col Bechei, 2794 m slm, alle 12:10. Continua a soffiare un vento teso, che mi accompagna più o meno da Pederù. Fa parecchio freddo: sicuramente sotto i 5°C.
Panorama vastissimo e meraviglioso a 360°
Sarà forse questo il tratto del 418 interessato dagli smottamenti?
Certo, la meravigliosa Croda Rossa è effettivamente… rossa, ma la cresta delle Antruiles è ancora più rossa! Ben visibile anche la forcella Camin a sinistra, entrata per l’ennesima volta nell’obiettivo
Rimango in vetta per venti minuti, poi comincio la discesa
Alle 13:15 sono di nuovo sulle sponde del lago di Limo
Mi siedo sul masso e mangio un panino
Dopo un quarto d’ora mi rimetto in piedi e comincio a scendere pigramente verso Fanes Grande
Bisogna scendere la lunga valle del Rio Fanes, verso Cortina
Mi volgo indietro e saluto le cime di Ciampestrin, il Castello, il Ciaval, la Furcia Rossa
Proseguo con il Vallon Bianco sparato in faccia
Altro sguardo a monte verso le Conturines
Andiamo avanti…
… ma guardiamo ogni tanto anche indietro verso le stupende cime gemelle di Ciampestrin
Si continua a scendere con bella vista sul Cristallo
Spalti di Col Bechei
Il sentiero è sceso meno ripidamente del Rio Fanes; ora mi trovo parecchio più in alto del fondovalle
Mi rimetto “in paro” col torrente poco dopo, in corrispondenza di un falsopiano a quota 1850 m slm. L’ambiente è bellissimo.
Intanto guardo indietro e incomincio a chiedermi: “ma quando arriva il confine? Siamo ormai molto lontani dal passo di Limo! Ammazza quanto se so’ allargati i badiotti in questa valle geograficamente ampezzana! Hai capito ‘ste merde! ” (scherzo, eh )
Il confine è letteralmente dietro l’angolo
Appena messo piede nell’amata Anpezo un cartello mi avverte che siamo in località Pantane, a 1836 m slm. Dietro I contrafforti meridionali del Col Bechei
Un ultimo saluto al Lavarella, mentre sto per lasciarmi alle spalle il “pantano” formato dal Rio Fanes
Ultimo nevaio incontrato, a 1800 m slm
Dopo Pantane, il Rio Fanes riprende a scorrere impetuosamente. Ogni tanto lascio il sentiero (che dopo il confine corre sulla destra orografica) e mi affaccio ad osservarne le acque
Lo sperone del Taè
Prendo la scorciatoia a sinistra (quota 1679 m slm). Ormai fa relativamente caldo (a spanne 15°C- 18°C) e sono a riparo dal vento
Poco dopo, si ricollega alla traccia che sto scendendo il sentiero attrezzato delle cascate di Fanes
Io però vado dritto e giungo in breve al ponte Outo.
È un luogo impressionante, posto circa un centinaio di metri sopra alla confluenza di Rio Fanes e Rio Travenanzes
Se si punta verso la Val Travenanzes…
…e si guarda in basso, si ammira la forra di Travenanzes
Dall’altra parte si ammira la spettacolare confluenza dei due torrenti le cui acque poi proseguono verso valle
Più avanti il sentiero scende e “raggiunge” il Rio Fanes…
…che scorre più tranquillo
Attorno ai 1350 m slm un ponte porta il sentiero sulla riva sinistra
E poco più avanti un ponticello attraversa il fiume Boite che scende da Malga Ra Stua
Confluenza di Boite e Rio Fanes (quest’ultimo è sicuramente più ricco d’acque)
Appena dopo il ponte sul Boite una scorciatoia a sinistra conduce al parcheggio di Sant’Uberto
Bisogna salire di quota di cento metri tondi
Alle 15:45 sono di nuovo a Sant’Uberto
Cartina con indicazione sommaria del percorso effettuato