robi950rally
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Ciao a tutti, poco prima del casino COVID, mi sono fatto un giro in Afghanistan con gli sci e le pelli. Sono partito il 19 Febbraio e ritornato il 2 marzo, "just in time" prima del blocco dei voli.
Devo dire che l'esperienza è stata bellissima, affascinante, ricca di incontri con persone stupende e in una natura selvaggia. Pertanto mi piacerebbe condividere questa mia esperienza con altri.
Inizio a riportare il mio diario di viaggio. Poi man mano aggiungerò giorni e foto. Parto proprio dal viaggio perchè dà l'idea di quello che ho dovuto fare per portare a termine la "missione".
AFGHANISTAN 2020
NOTA IMPORTANTE: chi volesse aiutare i ragazzi di Bamyan a praticare lo sci, può iscriversi al Bamyan Ski Club (basato in Svizzera) che garantirà il mantenimento del club, l'invio di materiale ed il sostentamento per i ragazzi avviati alla scuola di sci.
http://bamyanskiclub.com/
DAY 1 – 19.02.2020 MILANO – DUBAI
Il viaggio è iniziato! Non senza qualche pensiero perché in effetti l’Afghanistan non è una meta che viene scelta a cuor leggero, nonostante gli anni di analisi e osservazione.
Comunque le ultime notizie sono decenti. Sebbene ogni giorno succeda qualcosa a Kabul, sembrano prevalentemente problemi di criminalità. Da mesi partecipo al gruppo FB Kabul Security Now ed in un mese ho letto di un solo attacco all’accademia militare. Inoltre i colloqui di pace e il cease fire con i Talebani rafforzano in me l’idea che sia questo il momento giusto.
Nel frattempo ho fatto un buon viaggio con la Emirates, sono arrivato all’aeroporto di Dubai, perfettamente organizzato ed efficiente. Controlli di polizia superati in 1 minuto, bagagli ritirati in 5 minuti inclusi gli sci. Fuori ho trovato il driver del Hotel che mi aspetta. Tutto perfetto.
Ho anche trovato un aggancio a Dubai in caso di problemi, una ragazza del mondo dei rally in moto a Dubai per lavoro da qualche settimana. Domani sarà il giorno fatidico per il visto. Speriamo in bene. Poi farò un giretto per Dubai prima di andare in aeroporto da dove prenderò il volo per Kabul alle 4 di mattina… se tutto sarà andato bene con il visto!
Altrimenti cercherò un volo per tornare a casa, ma non prima di aver almeno sciato all’interno di quella follia che si chiama Ski Dubai.
A occhio la città è un grande parco giochi dove passare 2 giorni in giro tra grattacieli, parchi acquatici ed altre attrazioni.
Alcune note: la camera che mi è stata assegnata è la 222, come la moto di Antonio Cairoli, un numero ricorrente come nel film 2.22 dell’orologio alla Central Station di New York. Altra nota per la cena: ottima a base di verdure fresche, hummus, sottaceti, carni speziate e spremuta di limoni con menta… vedremo eventuali effetti collaterali stanotte. Ristorante Al Maleh (circa 70 AED).
In camera una veloce occhiata al TG e poi cerco di dormire. Domattina levataccia (6.30 ora locali, 3.30 italiane) per andare al consolato.
DAY 2 – 20/02/2020 DUBAI
Sono le 23 e sono in piedi dalle 6.30, la brutta notizia è che il check in per Kabul apre tra 90’ e quindi devo aspettare al bar con tutta la mia attrezzatura. Sono al terminal 2 di Dubai, quello dei viaggi degli schiavi. Da qui partono i voli per i posti più improbabili, scaricando lavoratori low cost per alimentare i cantieri e le attività di Dubai dove ci sono 200.000 abitanti con la cittadinanza emiratina che non è acquisibile nemmeno per matrimonio.
Ma facciamo un passo indietro: stamattina presto, senza fare colazione, mi sono fatto portare in taxi al consolato Afghano. Una bella villetta poco lontano dall’hotel. Alle 7.30 c’erano già 3 operatori di Save the Children e di UNIFIL in coda, oltre a 2 Afghani. Con circa mezz’ora di ritardo ci hanno fatto entrare e fatto attendere in una sala dove poi è arrivato un gentilissimo funzionario. Ho notato subito che, mentre agli altri ha trattenuto la documentazione ed il passaporto, a me invece ha reso tutto e mi ha detto di aspettare. Dopo quasi 2 ore di attesa durante le quali tutti avevano ormai completato le pratiche, mi è stato detto che avrei dovuto sostenere un colloquio con il Console. Gli ho dovuto spiegare per bene la questione dello sci perché era convinto che andassi a fare altro, tipo spionaggio o loschi affari. Chissà!? Alla fine il Console si è comunque convinto, ha scritto una frase sul foglio e mi ha congedato continuando a guardare un programma in TV nel suo ufficio di rappresentanza che sicuramente lo interessava di più del mio visto.
Dopo il colloquio, ottenuto finalmente parere positivo, pago il costo del visto, mi mettono un francobollo sul passaporto e mi dicono che me lo avrebbero spedito… COSA?????? Tra l’altro non avendo più una camera in hotel dove farlo recapitare, decidono di spedirlo fermo posta alle Poste Centrali di Dubai dove devo farmi trovare alle 3.30 precise del pomeriggio per il ritiro!!!!
Senza alternativa, senza documenti in tasca, decido di tornare all’hotel a piedi attraverso una zona residenziale con baretti e negozi di alimentari: finalmente un po’ di profumi medio orientali autentici.
In hotel mi concedo una colazione leggera (un succo d’arancio e un croissant 10 euro) e poi mi faccio accompagnare da un altro taxi al Burj Khalifa dopo aver lasciato tutti i bagagli in deposito. Il mall del Buji Khalifa è qualcosa di sorprendente, difficilmente immaginabile per dimensioni (incredibili!!!), lusso e pulizia. Bisogna vederlo per capire. Devo far passare il tempo, lo giro senza meta fino a perdermi, bevendo qualcosa da Starbucks (caffè, acqua e banana a 4 euro) e poi fermandomi a mangiare una bistecca lasciando sul campo 40 euro! Mi chiedo come fissino i prezzi in questo posto!
Arrivate le 3, prendo un taxi e mi faccio accompagnare all’hub di smistamento delle poste. Alle 3.30 entro nell’ufficio che gli afghani mi avevano indicato e… taaaaaac ecco il mio passaporto puntualmente consegnato con tanto di visto! Un lavoro di perfetta pianificazione!
O quasi… infatti mi ritrovo in una zona industriale periferica dove non c’è neanche un taxi, cammino un po’ e trovo una scuola dove vedo un taxi in attesa. Purtroppo è prenotato e tra l’altro mi dice che è impossibile chiamare un altro taxi perché quella è l’ora del cambio turno. Però sono “fortunato”: a qualche km c’è una fermata della metropolitana.
Dopo 20’ a piedi con passo veloce arrivo alla metro di superficie, salgo e mi dirigo all’incontro con Giada, la ragazza dei rally in moto che avevo conosciuto nel 2014 in Albania e che si è da poco trasferita a Dubai. Dopo 1 ora di metropolitana, arrivo nella zona dove vive, vicino al villaggio sull’acqua a forma di palma. Passeggiata in spiaggia con pausa al bar per una birra e per ascoltare un sacco di notizie su Dubai. Giada ha una grande passione per la moto e subito si è data da fare per poter girare nel deserto. Ho visto le foto dei suoi giri: bei posti, belle dune.
Ormai è tardi, è arrivata l’ora del transfer all’aeroporto. Prendo un taxi passando in hotel a caricare l’attrezzatura da sci e i bagagli. Il taxista pakistano di Peshawar non si dà pace del fatto che io voglia andare in Afghanistan. Giusto per tranquillizzarmi, mi mostra le foto inviate dai suoi parenti in Afghanistan che mostrano un morto ammazzato. Inutile spiegare che le zone sono diverse, le etnie sono diverse, etc. etc. etc., lo ringrazio e mi faccio lasciare di fronte al terminal 2. Salutandomi mi chiede se ho bisogno di protezione a Kabul perché se non avessi avuto nessuno ad aspettarmi mi avrebbe fatto prelevare al mio arrivo da qualcuno perché a Kabul non ci si può fidare di nessuno. E questo è assolutamente vero. Grazie al cielo sono ben preparato e ho minuziosamente valutato tutti gli aspetti logistici.
DAY 3 – 21/02/2020 KABUL
Dopo una notte trascorsa all’aeroporto di Dubai in attesa del volo per Kabul, finalmente arriva l’ora dell’imbarco. Sono le 4.20 e puntualmente il volo parte in mezzo a 200 afghani assortiti tra uomini d’affari e tanta gente semplice vestita in abiti tradizionali e rappresentanti le varie etnie del paese.
Alcuni sono Pashtu, altri semplici Hazara come il mio vicino che a Londra ha aperto un ristorante.
L’atterraggio a Kabul è speciale perché si gira tra le montagne e poi si imbocca una pista di atterraggio costellata di velivoli ed elicotteri militari.
In aeroporto passiamo velocemente i controlli, ritiriamo i bagagli, passiamo ancora i raggi X e carichi come muli ci facciamo una scarpinata fin dove ci aspettano (sul volo ho trovato altri 2 partecipanti, un giornalista canadese ed un fotografo americano) le nostre guide. Per uscire dalla zona è veramente lungo, attraverso vari passaggi e muraglioni in cemento armato dove militari bardati pesantemente fanno la guardia e cercano di prevenire attentati.
Attraversiamo la città e andiamo alla guesthouse in zona 4 davanti al parco di Kabul. Dopo un pranzo nel vicino ristorante “il Forno” usciamo coi mezzi attraversando una città assurda dove i migliori ristoranti sono presidiati da buttafuori con enormi mitra e giubbotti antiproiettile di quelli pesanti sino al ginocchio, gli uffici hanno di fronte postazioni blindate e ad ogni angolo ci sono persone armate. Raggiungiamo la moschea blu sacra agli Hazara in una zona della città in cui si è svolto un orrendo massacro degli Hazara dopo che avevano consegnato le armi ai Talebani con la falsa promessa della pace. Poi parlando con le persone capiamo tante cose, ma ci vorrebbe un trattato di socio politica e non un misero diario di viaggio scritto da me, che vorrei avere la capacità ed il tempo di trascrivere tutto, ma che devo necessariamente affidare al mio cuore ed alla banca dei ricordi nella mia testa.
Comunque il luogo dove sorge la moschea è surreale: un enorme cimitero circondato da colline con semplici case di fango e pietre colorate “per riportare un po’ di allegria in città”. I ragazzi fanno volare ovunque gli aquiloni come nel libro di Hosseini “il cacciatore di aquiloni”. Siamo anche vicini allo zoo dove c’era il leone a cui davano da mangiare le vittime da punire ai tempi dei Talebani.
Tra le tombe ci sono gruppi di persone, c’è chi assiste a combattimenti di galli, chi vende aquiloni e rocchetti di corda e chi fa salire i figli su giostrine azionate a braccia.
Siamo chiaramente in un film! Non si può capire! Alla mosche accediamo con qualche timore, dopo un po’ iniziano ad avvicinarci persone, vogliono parlare inglese, fare le foto con noi. La polizia comunque vigila continuamente, ma con discrezione anche se di fatto ha mitra, giubbotto anti proiettile e almeno 4 caricatori di scorta nel caso servissero.
Ci immergiamo a lungo in questo mondo incredibile. La testa è persa in mille pensieri, a chi ha sofferto, a chi sta cercando una vita normale e a tutte le cose che ho letto negli ultimi 30 anni su questi meraviglioso e travagliato paese.
Tornati in albergo nel quartiere Pashtu (non tutti i Pashtu sono Talebani, ma tutti i Talebani sono Pashtu) ce ne stiamo al sicuro dietro le alte mura della guesthouse.
Cena e nanna: domani mattina altra levataccia alle 5.30 per andare in aeroporto. Gli sci invece non possono essere imbarcati perché l’aereo che ci porterà a Bamyan è troppo piccolo, quindi vengono caricati su un auto e mandati via terra attraverso le zone controllate dai Talebani. Non c’è modo di trovare altra soluzione, non riesco a digerire il fatto che qualcuno possa essere in pericolo per portare i miei stupidissimi sci a destinazione. Nulla da fare, mi dicono di stare tranquillo e che sanno come muoversi. Speriamo in bene, se succedesse qualcosa la mia coscienza non sarebbe a posto.
DAY 4 – 22/02/2020 KABUL – BAMYAN
Sveglia alle 5.30 e subito in aeroporto. Per entrare la trafila è complessa: si scende dalla macchina al primo varco. Ci si infila in un labirinto di metallo fino ad una prima perquisizione, poi altro giro con raggi X ed altra perquisizione. Poi si risale in auto (che è passata da un altro controllo), si fa un labirinto tra altre mura e si arriva laddove si scarica tutto per fare ancora raggi X. Poi si entra in aeroporto, si raggiunge il terminal voli domestici e si ricomincia la trafila, poi check in e quindi? Ovviamente ancora raggi X, apertura valigia e ispezione di ogni singolo oggetto, ecc. ecc. ecc.. Infine si arriva all’aereo: un piccolo bimotore della KamAir.
Prima del decollo passiamo davanti ad un enorme Airbus quadrimotore della KamAir con un buco enorme nella carlinga (un taglio di 3 metri di lunghezza) chiuso con della plastica. Più in là un altro aereo che devono avere sbagliato a scaricare e quindi si è seduto sulla coda.
Finalmente decolliamo, voliamo su Kabul che si estende a perdita d’occhio sotto di noi in quanto ormai raccoglie milioni di disperati giunti nella capitale nella speranza di sopravvivere in qualche modo. Sorvoliamo a bassa quota le montagne e le vallate, vediamo un antico caravan serraglio sulla strada tra Kabul e Bamyan, poi vediamo Sarh-e-Gholgola (la città delle grida assaltata da Gengis Khan) e quindi voliamo davanti alle nicchie degli antichi Buddha. L’aeroporto di Bamyan è micro, cioè non esiste! Quindi in pochi minuti ci portano i bagagli direttamente sul piazzale. Ad aspettarci ci sono due pulmini e i due ragazzi afghani che vorrebbero qualificarsi per le olimpiadi invernali e di cui ho visto diversi documentari su internet. Sono Alishah e Sajjad.
Veniamo accompagnati in hotel dove rimaniamo stupiti dal lusso quando invece pensavamo di stare in una modesta casa di fango. Ci sistemiamo, facciamo colazione e quindi partiamo per il nostro primo giro turistico. Sosta in paese per il cambio e poi visita alle nicchie dei Buddha. Il sito è spettacolare, vuoi per il fatto che la storia recente ci ricorda la loro distruzione ad opera dei Talebani (e per fortuna avrebbero dovuto essere illuminati in quanto Talib = studente), ma soprattutto per la quantità incredibile di nicchie e cunicoli, stanze, ricordo di un passato remoto in cui Bamyan doveva essere un centro religioso importantissimo sulla via della seta. Rimango folgorato da questo posto magico, dal contesto e da come ci si senta in un’altra dimensione.
Dedichiamo quasi 2 ore per la visita e poi ripartiamo per la Dragon Valley dove c’è una formazione rocciosa creata da attività geotermica che la leggenda attribuisce ad un Dragone ucciso da Alì, il figlio del profeta, con un colpo di spada la cui fenditura è ancora visibile nella roccia per diverse centinaia di metri.
Rientriamo per il pranzo a Bamyan dove ci fermiamo in un bel ristorante locale dove per 2 euro ci rimpinzano fino a non farcela più. Nel pomeriggio invece andiamo in visita alla città delle grida distrutta da Gengis Khan durante un assedio.
La vista da questo sito monumentale spazia dalle montagne innevate fino alla vallata con le nicchie dei Buddha.
Il tutto accompagnato dai toccanti racconti di Gul sulla storia del suo paese che va di pari passo della sua famiglia. Diciamo che tutti hanno passato momenti atroci. Interessante sentire le reali motivazioni di tutto questo casino di paese dalla voce di chi c’era e c’è. Forse tutto è iniziato quando hanno unito sotto un unico stato etnie molto diverse.
Verso di sera ci facciamo un giro in città dove andiamo a vedere anche il bazar dei tappeti. Negozi poveri, ma tantissima gente che compra e vende. Qualcosa si sta muovendo e si sta uscendo dall’economia di guerra che caratterizzava Bamyan fino a qualche anno fa.
Rientrati in hotel, cena e branda.
DAY 5 – 23/02/2020 Ski Touring 1 Chopdara Valley
Alle 8 saliamo in macchina e andiamo al Bamyan Ski Club. Il posto è incredibile: questi ragazzi hanno una voglia straordinaria di divertirsi ed essere liberi. Ci sono perfino diverse ragazze e nell’attesa tutti insieme giocano a pallavolo: che conquista! Tutto ciò grazie ai fondi raccolti in Svizzera con le quote associative al Club che servono a pagare l’affitto della struttura, mettere a disposizione i mezzi per alcune settimane all’anno per incentivare la pratica dello sci e tenere insieme in qualche modo un po’ di attrezzatura che qualche anno fa alcune aziende hanno regalato a questi ragazzi.
Mi toccherà sicuramente contribuire in qualche modo a questa “mission impossible”.
Carichiamo tutto e tutti e andiamo nella vallata dove ci sarà l’Afghani Ski Challenge. Il viaggio di 45 minuti è bellissimo in un mondo antico dove l’unico segno di civilizzazione sono i pali della luce dato che la corrente a breve arriverà dall’Uzbekistan. Per la cronaca: in tutta la regione non c’è elettricità! Ognuno si arrangia con un proprio generatore, inclusi il nostro hotel e tutte le attività pubbliche e private. Solo l’illuminazione stradale in paese è garantita da lampioni con pannelli fotovoltaici.
Arrivati sul posto, ci prepariamo ed iniziamo la salita insieme ai bambini del posto con vecchi sci o con sci di legno autocostruiti. Il paesaggio è stupendo: è la valle che sognavo di vedere da tanto tempo! Sono estasiato ed emozionato.
A metà salita troviamo un campo battuto dai ragazzi dello sci club per fare allenamento (è dura puntare alle olimpiandi senza impianti e senza piste preparate!!!!). Continuano a salire con le pelli o a piedi e scendono in modo più o meno corretto. Stiamo un po’ con loro e poi saliamo oltre. Parto da solo e vado ad aprire il percorso. La neve non è molta, ma fottutamente pericolosa. Tanta neve ventata appoggia su uno strato di grossi cristalli di brina di fondo. Salgo lungo una traccia sempre avanti agli altri e seguito a distanza dai miei compagni e dell’afghano Sajjad. Verso i 3500 metri rallento perché il cuore batte come un tamburo per la quota e per l’emozione. Mi faccio raggiungere da Sajjad e dai due inglesi che fanno parte del gruppo, Gilbert e Tim. L’ultimo tratto lo facciamo insieme e poi attendiamo l’arrivo degli altri e di due ragazzi afghani.
Dopo le foto e la gioia condivisa per essere lì ci prepariamo alla discesa. Tra di noi ci sono persone diverse: c’è un americano che ha avuto un figlio che ha combattuto qui, un inglese che ha avuto il fratello a combattere in Afghanistan. Essere qui oggi gli permette di comprendere che questa gente è finalmente in pace anche per il sacrificio di suo fratello e di tanti altri ragazzi, e mille altre motivazioni diverse che hanno spinto gli 8 partecipanti a venire qui.
Finalmente ci lanciamo in discesa, sparandoci delle belle curve in velocità nella polvere nella speranza di non tirarci in testa l’intero pendio. In fondo decidiamo il rientro più tardi e nell’ora e mezza che ho a disposizione per riposare, preferisco rimettere le pelli ed andare da solo ad esplorare la vallata verso le due torri di roccia che mi hanno ossessionato durante tutta la preparazione del viaggio.
Sono solo, in Afghanistan, e mi sto aprendo la strada con molta fatica nella neve profonda. Il pendio è modesto e quindi sicuro, ma questa neve è davvero pericolosa.
Man mano che avanzo è un continuo “wooosh” dove ampie zone di neve collassano sotto i miei piedi e lunghe crepe si propagano davanti ai miei occhi. Sono in un perfetto laboratorio per le valanghe. Se non fosse per la scarsissima pendenza ci sarebbe da crepare di sicuro.
Anche avendo questa tranquillità, ad ogni woooosh, ad ogni crollo della neve sotto di me e ad ogni crepa mi si chiude lo stomaco.
Arrivata l’ora del rientro, tolgo le pelli e scendo sperando in bene. Ci si incontra tutti insieme al pulmino 4x4 e si torna in hotel.
Dopo una bella doccia decido di uscire per comprare un tappeto. Purtroppo il negozio al mercato è chiuso. In compenso sto in giro più di un’ora da solo e ho la conferma che Bamyan è sicurissima.
Rientro in hotel che è un po' fuori città a piedi al tramonto.
Cena e branda.
DAY 6 – 24/02/2020 Ski Touring 2 Khushkak Est
Anche oggi la partenza è alle 9 e facciamo tappa allo Ski Club dove ci sono una miriade di ragazze. Si stanno allenando per la gara di sci e quindi si ritrovano ogni mattina per andare al campo di allenamento poco fuori dalla città. Partiamo anche noi alla volta della valle arida (Khushkak) al cui fondo abita la famiglia di Alishah.
Attraversiamo il nuovo quartiere di Bamyan e imbocchiamo la valle che quest'anno è percorribile interamente in auto a causa delle scarse nevicate. Scarichiamo e ci prepariamo.
La salita incomincia subito dritta e senza respiro, solo 400 metri di dislivello, ma fatti tutti d'un fiato fino alla cima. Anche oggi il panorama è maestoso, siamo a nord della catena di Koh-e-Baba con le sue vette che sfiorano i 5000 metri. Dalla vetta vediamo dei ragazzi della vicina valle che sono saliti più in alto di noi per poi scendere a capofitto dal versante opposto incuranti di valanghe, tecnica o attrezzatura.
Dopo qualche foto decidiamo di scenderedalla gobba più avanti che promette bene. Per raggiungerla la guida fa un traverso lunghissimo nella neve vergine, seguito dai due inglese, mentre io tengo le distanze perchè qualcosa non mi convince. I due inseguitori, sciando nella traccia della guida, corrono più veloci e quindi si ritrovano vicini, troppo vicini, troppo peso sotto un dosso con cambio di pendenza che domina una canalone.... e crack parte una crepa sopra di loro mentre si allontanano. A quel punto lascio correre anche io gli sci passando sotto la crepa e mi tolgo di lì il più velocemente possibile.
Poi finalmente ci buttiamo in discesa in una bellissima fresca polverosa fino al fondo valle e poi lungo il filare dei pioppi fino alla casa di Alishah.
Facciamo una breve visita, parliamo coi nipoti e ci fanno vedere la stalla con gli agnelli nati un mese fa. Anche qui niente corrente, acqua solo dal canale di irrigazione, qualche bestia e tanto duro, durissimo lavoro.
Visto che è presto e che la metà del gruppo non è arrivata ancora in vetta, decidiamo di andare a vedere gli allenamenti delle ragazze. Il campo d'allenamento è dotato persino di uno skilift costruito con un motocarro a cui hanno tolto una gomma e fatto passare una corda nel cerchio usato come puleggia. La corda raggiunge la cime della montagna dove un palo con un altro cerchio del motocarro fungono da punto di ritorno. Le ragazze si mettono in posizione, poi l'addetto a questa specie di skilift innesta la prima e accelerando manda la persona fino alla vetta, uno alla volta. La scena è buffissima, ma tutti sono felici e spensierati e questo è quello che conta. Fa niente se sciano nel fango, se nessuno ha una tecnica di sci, se ci sono sassi ovunque: qui ci si diverte e stop!
Tornando dallo sci, ci fermiamo a guardare i carri armati abbandonati dei sovietici. Uno di questi è stato dipinto di rosso a pois bianchi. Forse un modo per sdrammatizzare l'onnipresente ricordo della guerra
Rientriamo alla base e dopo un cambio di vestiti faccio da guida in paese ai "Finland" (ovvero Jonas e Lasse) e ad Oscar (l'americano mio compagno di stanza). Ormai in giro incontro sempre qualcuno che conosco e saluto e che immancabilmente ricambia affettuosamente. Sebbene il tutto sembri un po' surreale visto che siamo qui da pochissimo tempo, dall'altra parte ti fa sentire anche tranquillo.
Lungo la strada ci fermiamo a far riparare una mia impugnatura delle racchette e la scarpa di Lasse da un calzolaio ambulante. Poi raggiungiamo il bazar dove incontriamo la ragazza che gestisce la vendita dei tappeti realizzati nelle valli. Ne compro uno bellissimo prodotto con 5 mesi di lavoro di 2 persone per 20.000 AFG (1$ = 77AFG). Poi compro anche un bellissimo anello con un mega lapislazulo per 1000 AFG e la ragazza mi regala un braccialetto per mia moglie.
Tornando in hotel compriamo le tipiche sciarpe afghane (naturalmente tutte prodotte in Pakistan o Cina). Chiudiamo la serata in gloria con una mega cena afghana con minestrone, torta salata alle verdure, patate, crocchette di patate con verdura e formaggio, montone con cavoli e riso alle erbe, macedonia ed il solito thè. Dimenticavo: da bere succo di mele di Bamyan appena fatto e acqua con limone e menta.
La cosa bella è che durante la giornata si parla sempre di storie di vita locale. Oggi mi hanno raccontato che il loro modo di tutelarsi dai Talebani è grazie ad una milizia irregolare Hazara che "garantisce" (parola grossa in Afghanistan) una convivenza con i Talebani controbilanciando le loro azioni violente con altrettanta violenza. Ad esempio: i Talebani rubano una macchina e rapiscono un Hazara, allora questa milizia va nel primo villaggio che capita in zona Talebana e a loro volta rapiscono delle persone di etnia Pashtu filotalebani. In questo modo avviano dei negoziati che portano ad uno scambio di ostaggi. Grazie alla forza della milizia e a questa pratica che rende economicamente inutile questo genere di attività, i Talebani hanno ridotto l'attività contro gli Hazara.
Tra l'altro laddove non c'è la milizia, la polizia e l'esercito poco possono contro i Talebani che comandano al punto per cui le forze regolari sono segregate all'interno delle loro caserme senza poter uscire salvo essere bersagliate dai talebani. Anche i rifornimenti a loro destinati subiscono lo stesso destino. La vita qui è così.
DAY 7 – 25/02/2020 Escursione ai laghi di Band i Amir
Finalmente riesco ad andare ai laghi di Band i Amir. Purtroppo non saranno azzurri come d'estate, ma ghiacciati... pazienza!
La strada è un ottimo asfalto realizzato 4 anni fa dai Koreani. Essendo tutto in una zona pacificata, la strada non ha nemmeno i crateri tipici doegli attentati dei Talebani con gli IED. Infatti dopo 1 ora di auto siamo all'ingresso del parco nazionale dove lasciamo l'asfalto per una sterrata innevata. Per fare circa 20 km impieghiamo quasi 1 ora. Sulla strada c'è un punto da cui si vede il lago più grande e con il binocolo vediamo 2 gruppi di persone avanzare sulla superficie ghiacciata. Proseguiamo su di un altipiano innevato ed osserviamo diverse volpi in caccia. Una di queste ci regala una scena da National Geographic accovacciandosi prima e poi facendo un salto di 1 metri in aria per poi precipitare in verticale a catturare un topo sotto la neve: WOW!
Arrivati in prossimità del lago, ci divertiamo a far arrivare i due finnici con lo snowboard al check point. I due guardiani li guardano stupefatti. Paghiamo l'ingresso al parco e calziamo gli sci. Ammiriamo la diga naturale con buona parte delle cascate ghiacciate, ma con una zona dove il flusso dell'acqua è tale da impedire il congelamento. saliamo al lago dove c'è la moschea alla quale le donne si recano in pellegrinaggio per bagnarsi nelle acque del lago per diventare fertili. L'accesso per le donne alle acque del lago avviene per il tramite di una piccola stanza a bordo lago lontano da occhi indiscreti.
Facciamo una piccola escursione prima di pranzo che ci viene offerto nella moschea con vista sul lago dopo che il muezzin ha cantato la preghiera del mezzogiorno. Il pranzo è spettacolare per tutto: ambiente naturale, il fatto di essere ospiti in un edificio sacro, la qualità del cibo (ho mangiato yogurt caldo con un olio caldo di origine animale e con pezzi di pane - buonissimo!) ed il fatto di essere in questo paese che rende tutto un po' speciale.
Dopo pranzo ci concediamo una lunga escursione fino alla fine del lago dove incontriamo dei pescatori che tengono aperti dei buchi sul ghiaccio per poter pescare con le loro lenze. Ammiriamo anche le ulteriori dighe dei laghi superiori, ma la mancanza di tempo ed il cedimento del ghiaccio in un'ampia zona che ci manda coi piedi a mollo (mi sono visto morto annegato) ci spingono a fare dietro front.
Riprendiamo i mezzi, facciamo una sciata veloce, trainiamo un inglese sugli sci dietro mia istigazione per 5 km e poi rientriamo alla base.
DAY 8 - 26/02/2020 Ski Touring 3 Khushkak Ovest
Le temperature sono molto elevate e la neve è da valutare bene sia in salita che in discesa. Torniamo quindi in una diramazione della valle dell'altro ieri. Il punto di partenza è a 3000 metri, ma la neve è crostosa e bagnata. Saliamo fino a 3500 metri con un caldo anormale. Ci dividiamo in due gruppi. Noi scendiamo dove la neve alla fine non è male, attraversiamo un canale a "V" dove scendono le valanghe da ambi i lati e arriviamo alla macchina.
Ci mangiamo un kebab che abbiamo preso in paese stamattina e poi scendiamo a valle. Passiamo le ultime 2 ore del pomeriggio a girare in paese da un antiquario, passando dal quartiere dei fabbri per arrivare al negozio dei tappeti.
Da un antiquario compro una teiera e un anello con una bellissima pietra di giada, ma so già che mia moglie non apprezzerà visto che ha commentato negativamente la foto che le ho mandato. Pazienza: alimenterà la mia collezione di reperti di viaggio.
Cena in un ristorante proprio OK lungo il fiume su di una strada buia come la pece e rientro a piedi in hotel nel buio pesto.




Devo dire che l'esperienza è stata bellissima, affascinante, ricca di incontri con persone stupende e in una natura selvaggia. Pertanto mi piacerebbe condividere questa mia esperienza con altri.
Inizio a riportare il mio diario di viaggio. Poi man mano aggiungerò giorni e foto. Parto proprio dal viaggio perchè dà l'idea di quello che ho dovuto fare per portare a termine la "missione".
AFGHANISTAN 2020
NOTA IMPORTANTE: chi volesse aiutare i ragazzi di Bamyan a praticare lo sci, può iscriversi al Bamyan Ski Club (basato in Svizzera) che garantirà il mantenimento del club, l'invio di materiale ed il sostentamento per i ragazzi avviati alla scuola di sci.
http://bamyanskiclub.com/
DAY 1 – 19.02.2020 MILANO – DUBAI
Il viaggio è iniziato! Non senza qualche pensiero perché in effetti l’Afghanistan non è una meta che viene scelta a cuor leggero, nonostante gli anni di analisi e osservazione.
Comunque le ultime notizie sono decenti. Sebbene ogni giorno succeda qualcosa a Kabul, sembrano prevalentemente problemi di criminalità. Da mesi partecipo al gruppo FB Kabul Security Now ed in un mese ho letto di un solo attacco all’accademia militare. Inoltre i colloqui di pace e il cease fire con i Talebani rafforzano in me l’idea che sia questo il momento giusto.
Nel frattempo ho fatto un buon viaggio con la Emirates, sono arrivato all’aeroporto di Dubai, perfettamente organizzato ed efficiente. Controlli di polizia superati in 1 minuto, bagagli ritirati in 5 minuti inclusi gli sci. Fuori ho trovato il driver del Hotel che mi aspetta. Tutto perfetto.
Ho anche trovato un aggancio a Dubai in caso di problemi, una ragazza del mondo dei rally in moto a Dubai per lavoro da qualche settimana. Domani sarà il giorno fatidico per il visto. Speriamo in bene. Poi farò un giretto per Dubai prima di andare in aeroporto da dove prenderò il volo per Kabul alle 4 di mattina… se tutto sarà andato bene con il visto!
Altrimenti cercherò un volo per tornare a casa, ma non prima di aver almeno sciato all’interno di quella follia che si chiama Ski Dubai.
A occhio la città è un grande parco giochi dove passare 2 giorni in giro tra grattacieli, parchi acquatici ed altre attrazioni.
Alcune note: la camera che mi è stata assegnata è la 222, come la moto di Antonio Cairoli, un numero ricorrente come nel film 2.22 dell’orologio alla Central Station di New York. Altra nota per la cena: ottima a base di verdure fresche, hummus, sottaceti, carni speziate e spremuta di limoni con menta… vedremo eventuali effetti collaterali stanotte. Ristorante Al Maleh (circa 70 AED).
In camera una veloce occhiata al TG e poi cerco di dormire. Domattina levataccia (6.30 ora locali, 3.30 italiane) per andare al consolato.
DAY 2 – 20/02/2020 DUBAI
Sono le 23 e sono in piedi dalle 6.30, la brutta notizia è che il check in per Kabul apre tra 90’ e quindi devo aspettare al bar con tutta la mia attrezzatura. Sono al terminal 2 di Dubai, quello dei viaggi degli schiavi. Da qui partono i voli per i posti più improbabili, scaricando lavoratori low cost per alimentare i cantieri e le attività di Dubai dove ci sono 200.000 abitanti con la cittadinanza emiratina che non è acquisibile nemmeno per matrimonio.
Ma facciamo un passo indietro: stamattina presto, senza fare colazione, mi sono fatto portare in taxi al consolato Afghano. Una bella villetta poco lontano dall’hotel. Alle 7.30 c’erano già 3 operatori di Save the Children e di UNIFIL in coda, oltre a 2 Afghani. Con circa mezz’ora di ritardo ci hanno fatto entrare e fatto attendere in una sala dove poi è arrivato un gentilissimo funzionario. Ho notato subito che, mentre agli altri ha trattenuto la documentazione ed il passaporto, a me invece ha reso tutto e mi ha detto di aspettare. Dopo quasi 2 ore di attesa durante le quali tutti avevano ormai completato le pratiche, mi è stato detto che avrei dovuto sostenere un colloquio con il Console. Gli ho dovuto spiegare per bene la questione dello sci perché era convinto che andassi a fare altro, tipo spionaggio o loschi affari. Chissà!? Alla fine il Console si è comunque convinto, ha scritto una frase sul foglio e mi ha congedato continuando a guardare un programma in TV nel suo ufficio di rappresentanza che sicuramente lo interessava di più del mio visto.
Dopo il colloquio, ottenuto finalmente parere positivo, pago il costo del visto, mi mettono un francobollo sul passaporto e mi dicono che me lo avrebbero spedito… COSA?????? Tra l’altro non avendo più una camera in hotel dove farlo recapitare, decidono di spedirlo fermo posta alle Poste Centrali di Dubai dove devo farmi trovare alle 3.30 precise del pomeriggio per il ritiro!!!!
Senza alternativa, senza documenti in tasca, decido di tornare all’hotel a piedi attraverso una zona residenziale con baretti e negozi di alimentari: finalmente un po’ di profumi medio orientali autentici.
In hotel mi concedo una colazione leggera (un succo d’arancio e un croissant 10 euro) e poi mi faccio accompagnare da un altro taxi al Burj Khalifa dopo aver lasciato tutti i bagagli in deposito. Il mall del Buji Khalifa è qualcosa di sorprendente, difficilmente immaginabile per dimensioni (incredibili!!!), lusso e pulizia. Bisogna vederlo per capire. Devo far passare il tempo, lo giro senza meta fino a perdermi, bevendo qualcosa da Starbucks (caffè, acqua e banana a 4 euro) e poi fermandomi a mangiare una bistecca lasciando sul campo 40 euro! Mi chiedo come fissino i prezzi in questo posto!
Arrivate le 3, prendo un taxi e mi faccio accompagnare all’hub di smistamento delle poste. Alle 3.30 entro nell’ufficio che gli afghani mi avevano indicato e… taaaaaac ecco il mio passaporto puntualmente consegnato con tanto di visto! Un lavoro di perfetta pianificazione!
O quasi… infatti mi ritrovo in una zona industriale periferica dove non c’è neanche un taxi, cammino un po’ e trovo una scuola dove vedo un taxi in attesa. Purtroppo è prenotato e tra l’altro mi dice che è impossibile chiamare un altro taxi perché quella è l’ora del cambio turno. Però sono “fortunato”: a qualche km c’è una fermata della metropolitana.
Dopo 20’ a piedi con passo veloce arrivo alla metro di superficie, salgo e mi dirigo all’incontro con Giada, la ragazza dei rally in moto che avevo conosciuto nel 2014 in Albania e che si è da poco trasferita a Dubai. Dopo 1 ora di metropolitana, arrivo nella zona dove vive, vicino al villaggio sull’acqua a forma di palma. Passeggiata in spiaggia con pausa al bar per una birra e per ascoltare un sacco di notizie su Dubai. Giada ha una grande passione per la moto e subito si è data da fare per poter girare nel deserto. Ho visto le foto dei suoi giri: bei posti, belle dune.
Ormai è tardi, è arrivata l’ora del transfer all’aeroporto. Prendo un taxi passando in hotel a caricare l’attrezzatura da sci e i bagagli. Il taxista pakistano di Peshawar non si dà pace del fatto che io voglia andare in Afghanistan. Giusto per tranquillizzarmi, mi mostra le foto inviate dai suoi parenti in Afghanistan che mostrano un morto ammazzato. Inutile spiegare che le zone sono diverse, le etnie sono diverse, etc. etc. etc., lo ringrazio e mi faccio lasciare di fronte al terminal 2. Salutandomi mi chiede se ho bisogno di protezione a Kabul perché se non avessi avuto nessuno ad aspettarmi mi avrebbe fatto prelevare al mio arrivo da qualcuno perché a Kabul non ci si può fidare di nessuno. E questo è assolutamente vero. Grazie al cielo sono ben preparato e ho minuziosamente valutato tutti gli aspetti logistici.
DAY 3 – 21/02/2020 KABUL
Dopo una notte trascorsa all’aeroporto di Dubai in attesa del volo per Kabul, finalmente arriva l’ora dell’imbarco. Sono le 4.20 e puntualmente il volo parte in mezzo a 200 afghani assortiti tra uomini d’affari e tanta gente semplice vestita in abiti tradizionali e rappresentanti le varie etnie del paese.
Alcuni sono Pashtu, altri semplici Hazara come il mio vicino che a Londra ha aperto un ristorante.
L’atterraggio a Kabul è speciale perché si gira tra le montagne e poi si imbocca una pista di atterraggio costellata di velivoli ed elicotteri militari.
In aeroporto passiamo velocemente i controlli, ritiriamo i bagagli, passiamo ancora i raggi X e carichi come muli ci facciamo una scarpinata fin dove ci aspettano (sul volo ho trovato altri 2 partecipanti, un giornalista canadese ed un fotografo americano) le nostre guide. Per uscire dalla zona è veramente lungo, attraverso vari passaggi e muraglioni in cemento armato dove militari bardati pesantemente fanno la guardia e cercano di prevenire attentati.
Attraversiamo la città e andiamo alla guesthouse in zona 4 davanti al parco di Kabul. Dopo un pranzo nel vicino ristorante “il Forno” usciamo coi mezzi attraversando una città assurda dove i migliori ristoranti sono presidiati da buttafuori con enormi mitra e giubbotti antiproiettile di quelli pesanti sino al ginocchio, gli uffici hanno di fronte postazioni blindate e ad ogni angolo ci sono persone armate. Raggiungiamo la moschea blu sacra agli Hazara in una zona della città in cui si è svolto un orrendo massacro degli Hazara dopo che avevano consegnato le armi ai Talebani con la falsa promessa della pace. Poi parlando con le persone capiamo tante cose, ma ci vorrebbe un trattato di socio politica e non un misero diario di viaggio scritto da me, che vorrei avere la capacità ed il tempo di trascrivere tutto, ma che devo necessariamente affidare al mio cuore ed alla banca dei ricordi nella mia testa.
Comunque il luogo dove sorge la moschea è surreale: un enorme cimitero circondato da colline con semplici case di fango e pietre colorate “per riportare un po’ di allegria in città”. I ragazzi fanno volare ovunque gli aquiloni come nel libro di Hosseini “il cacciatore di aquiloni”. Siamo anche vicini allo zoo dove c’era il leone a cui davano da mangiare le vittime da punire ai tempi dei Talebani.
Tra le tombe ci sono gruppi di persone, c’è chi assiste a combattimenti di galli, chi vende aquiloni e rocchetti di corda e chi fa salire i figli su giostrine azionate a braccia.
Siamo chiaramente in un film! Non si può capire! Alla mosche accediamo con qualche timore, dopo un po’ iniziano ad avvicinarci persone, vogliono parlare inglese, fare le foto con noi. La polizia comunque vigila continuamente, ma con discrezione anche se di fatto ha mitra, giubbotto anti proiettile e almeno 4 caricatori di scorta nel caso servissero.
Ci immergiamo a lungo in questo mondo incredibile. La testa è persa in mille pensieri, a chi ha sofferto, a chi sta cercando una vita normale e a tutte le cose che ho letto negli ultimi 30 anni su questi meraviglioso e travagliato paese.
Tornati in albergo nel quartiere Pashtu (non tutti i Pashtu sono Talebani, ma tutti i Talebani sono Pashtu) ce ne stiamo al sicuro dietro le alte mura della guesthouse.
Cena e nanna: domani mattina altra levataccia alle 5.30 per andare in aeroporto. Gli sci invece non possono essere imbarcati perché l’aereo che ci porterà a Bamyan è troppo piccolo, quindi vengono caricati su un auto e mandati via terra attraverso le zone controllate dai Talebani. Non c’è modo di trovare altra soluzione, non riesco a digerire il fatto che qualcuno possa essere in pericolo per portare i miei stupidissimi sci a destinazione. Nulla da fare, mi dicono di stare tranquillo e che sanno come muoversi. Speriamo in bene, se succedesse qualcosa la mia coscienza non sarebbe a posto.
DAY 4 – 22/02/2020 KABUL – BAMYAN
Sveglia alle 5.30 e subito in aeroporto. Per entrare la trafila è complessa: si scende dalla macchina al primo varco. Ci si infila in un labirinto di metallo fino ad una prima perquisizione, poi altro giro con raggi X ed altra perquisizione. Poi si risale in auto (che è passata da un altro controllo), si fa un labirinto tra altre mura e si arriva laddove si scarica tutto per fare ancora raggi X. Poi si entra in aeroporto, si raggiunge il terminal voli domestici e si ricomincia la trafila, poi check in e quindi? Ovviamente ancora raggi X, apertura valigia e ispezione di ogni singolo oggetto, ecc. ecc. ecc.. Infine si arriva all’aereo: un piccolo bimotore della KamAir.
Prima del decollo passiamo davanti ad un enorme Airbus quadrimotore della KamAir con un buco enorme nella carlinga (un taglio di 3 metri di lunghezza) chiuso con della plastica. Più in là un altro aereo che devono avere sbagliato a scaricare e quindi si è seduto sulla coda.
Finalmente decolliamo, voliamo su Kabul che si estende a perdita d’occhio sotto di noi in quanto ormai raccoglie milioni di disperati giunti nella capitale nella speranza di sopravvivere in qualche modo. Sorvoliamo a bassa quota le montagne e le vallate, vediamo un antico caravan serraglio sulla strada tra Kabul e Bamyan, poi vediamo Sarh-e-Gholgola (la città delle grida assaltata da Gengis Khan) e quindi voliamo davanti alle nicchie degli antichi Buddha. L’aeroporto di Bamyan è micro, cioè non esiste! Quindi in pochi minuti ci portano i bagagli direttamente sul piazzale. Ad aspettarci ci sono due pulmini e i due ragazzi afghani che vorrebbero qualificarsi per le olimpiadi invernali e di cui ho visto diversi documentari su internet. Sono Alishah e Sajjad.
Veniamo accompagnati in hotel dove rimaniamo stupiti dal lusso quando invece pensavamo di stare in una modesta casa di fango. Ci sistemiamo, facciamo colazione e quindi partiamo per il nostro primo giro turistico. Sosta in paese per il cambio e poi visita alle nicchie dei Buddha. Il sito è spettacolare, vuoi per il fatto che la storia recente ci ricorda la loro distruzione ad opera dei Talebani (e per fortuna avrebbero dovuto essere illuminati in quanto Talib = studente), ma soprattutto per la quantità incredibile di nicchie e cunicoli, stanze, ricordo di un passato remoto in cui Bamyan doveva essere un centro religioso importantissimo sulla via della seta. Rimango folgorato da questo posto magico, dal contesto e da come ci si senta in un’altra dimensione.
Dedichiamo quasi 2 ore per la visita e poi ripartiamo per la Dragon Valley dove c’è una formazione rocciosa creata da attività geotermica che la leggenda attribuisce ad un Dragone ucciso da Alì, il figlio del profeta, con un colpo di spada la cui fenditura è ancora visibile nella roccia per diverse centinaia di metri.
Rientriamo per il pranzo a Bamyan dove ci fermiamo in un bel ristorante locale dove per 2 euro ci rimpinzano fino a non farcela più. Nel pomeriggio invece andiamo in visita alla città delle grida distrutta da Gengis Khan durante un assedio.
La vista da questo sito monumentale spazia dalle montagne innevate fino alla vallata con le nicchie dei Buddha.
Il tutto accompagnato dai toccanti racconti di Gul sulla storia del suo paese che va di pari passo della sua famiglia. Diciamo che tutti hanno passato momenti atroci. Interessante sentire le reali motivazioni di tutto questo casino di paese dalla voce di chi c’era e c’è. Forse tutto è iniziato quando hanno unito sotto un unico stato etnie molto diverse.
Verso di sera ci facciamo un giro in città dove andiamo a vedere anche il bazar dei tappeti. Negozi poveri, ma tantissima gente che compra e vende. Qualcosa si sta muovendo e si sta uscendo dall’economia di guerra che caratterizzava Bamyan fino a qualche anno fa.
Rientrati in hotel, cena e branda.
DAY 5 – 23/02/2020 Ski Touring 1 Chopdara Valley
Alle 8 saliamo in macchina e andiamo al Bamyan Ski Club. Il posto è incredibile: questi ragazzi hanno una voglia straordinaria di divertirsi ed essere liberi. Ci sono perfino diverse ragazze e nell’attesa tutti insieme giocano a pallavolo: che conquista! Tutto ciò grazie ai fondi raccolti in Svizzera con le quote associative al Club che servono a pagare l’affitto della struttura, mettere a disposizione i mezzi per alcune settimane all’anno per incentivare la pratica dello sci e tenere insieme in qualche modo un po’ di attrezzatura che qualche anno fa alcune aziende hanno regalato a questi ragazzi.
Mi toccherà sicuramente contribuire in qualche modo a questa “mission impossible”.
Carichiamo tutto e tutti e andiamo nella vallata dove ci sarà l’Afghani Ski Challenge. Il viaggio di 45 minuti è bellissimo in un mondo antico dove l’unico segno di civilizzazione sono i pali della luce dato che la corrente a breve arriverà dall’Uzbekistan. Per la cronaca: in tutta la regione non c’è elettricità! Ognuno si arrangia con un proprio generatore, inclusi il nostro hotel e tutte le attività pubbliche e private. Solo l’illuminazione stradale in paese è garantita da lampioni con pannelli fotovoltaici.
Arrivati sul posto, ci prepariamo ed iniziamo la salita insieme ai bambini del posto con vecchi sci o con sci di legno autocostruiti. Il paesaggio è stupendo: è la valle che sognavo di vedere da tanto tempo! Sono estasiato ed emozionato.
A metà salita troviamo un campo battuto dai ragazzi dello sci club per fare allenamento (è dura puntare alle olimpiandi senza impianti e senza piste preparate!!!!). Continuano a salire con le pelli o a piedi e scendono in modo più o meno corretto. Stiamo un po’ con loro e poi saliamo oltre. Parto da solo e vado ad aprire il percorso. La neve non è molta, ma fottutamente pericolosa. Tanta neve ventata appoggia su uno strato di grossi cristalli di brina di fondo. Salgo lungo una traccia sempre avanti agli altri e seguito a distanza dai miei compagni e dell’afghano Sajjad. Verso i 3500 metri rallento perché il cuore batte come un tamburo per la quota e per l’emozione. Mi faccio raggiungere da Sajjad e dai due inglesi che fanno parte del gruppo, Gilbert e Tim. L’ultimo tratto lo facciamo insieme e poi attendiamo l’arrivo degli altri e di due ragazzi afghani.
Dopo le foto e la gioia condivisa per essere lì ci prepariamo alla discesa. Tra di noi ci sono persone diverse: c’è un americano che ha avuto un figlio che ha combattuto qui, un inglese che ha avuto il fratello a combattere in Afghanistan. Essere qui oggi gli permette di comprendere che questa gente è finalmente in pace anche per il sacrificio di suo fratello e di tanti altri ragazzi, e mille altre motivazioni diverse che hanno spinto gli 8 partecipanti a venire qui.
Finalmente ci lanciamo in discesa, sparandoci delle belle curve in velocità nella polvere nella speranza di non tirarci in testa l’intero pendio. In fondo decidiamo il rientro più tardi e nell’ora e mezza che ho a disposizione per riposare, preferisco rimettere le pelli ed andare da solo ad esplorare la vallata verso le due torri di roccia che mi hanno ossessionato durante tutta la preparazione del viaggio.
Sono solo, in Afghanistan, e mi sto aprendo la strada con molta fatica nella neve profonda. Il pendio è modesto e quindi sicuro, ma questa neve è davvero pericolosa.
Man mano che avanzo è un continuo “wooosh” dove ampie zone di neve collassano sotto i miei piedi e lunghe crepe si propagano davanti ai miei occhi. Sono in un perfetto laboratorio per le valanghe. Se non fosse per la scarsissima pendenza ci sarebbe da crepare di sicuro.
Anche avendo questa tranquillità, ad ogni woooosh, ad ogni crollo della neve sotto di me e ad ogni crepa mi si chiude lo stomaco.
Arrivata l’ora del rientro, tolgo le pelli e scendo sperando in bene. Ci si incontra tutti insieme al pulmino 4x4 e si torna in hotel.
Dopo una bella doccia decido di uscire per comprare un tappeto. Purtroppo il negozio al mercato è chiuso. In compenso sto in giro più di un’ora da solo e ho la conferma che Bamyan è sicurissima.
Rientro in hotel che è un po' fuori città a piedi al tramonto.
Cena e branda.
DAY 6 – 24/02/2020 Ski Touring 2 Khushkak Est
Anche oggi la partenza è alle 9 e facciamo tappa allo Ski Club dove ci sono una miriade di ragazze. Si stanno allenando per la gara di sci e quindi si ritrovano ogni mattina per andare al campo di allenamento poco fuori dalla città. Partiamo anche noi alla volta della valle arida (Khushkak) al cui fondo abita la famiglia di Alishah.
Attraversiamo il nuovo quartiere di Bamyan e imbocchiamo la valle che quest'anno è percorribile interamente in auto a causa delle scarse nevicate. Scarichiamo e ci prepariamo.
La salita incomincia subito dritta e senza respiro, solo 400 metri di dislivello, ma fatti tutti d'un fiato fino alla cima. Anche oggi il panorama è maestoso, siamo a nord della catena di Koh-e-Baba con le sue vette che sfiorano i 5000 metri. Dalla vetta vediamo dei ragazzi della vicina valle che sono saliti più in alto di noi per poi scendere a capofitto dal versante opposto incuranti di valanghe, tecnica o attrezzatura.
Dopo qualche foto decidiamo di scenderedalla gobba più avanti che promette bene. Per raggiungerla la guida fa un traverso lunghissimo nella neve vergine, seguito dai due inglese, mentre io tengo le distanze perchè qualcosa non mi convince. I due inseguitori, sciando nella traccia della guida, corrono più veloci e quindi si ritrovano vicini, troppo vicini, troppo peso sotto un dosso con cambio di pendenza che domina una canalone.... e crack parte una crepa sopra di loro mentre si allontanano. A quel punto lascio correre anche io gli sci passando sotto la crepa e mi tolgo di lì il più velocemente possibile.
Poi finalmente ci buttiamo in discesa in una bellissima fresca polverosa fino al fondo valle e poi lungo il filare dei pioppi fino alla casa di Alishah.
Facciamo una breve visita, parliamo coi nipoti e ci fanno vedere la stalla con gli agnelli nati un mese fa. Anche qui niente corrente, acqua solo dal canale di irrigazione, qualche bestia e tanto duro, durissimo lavoro.
Visto che è presto e che la metà del gruppo non è arrivata ancora in vetta, decidiamo di andare a vedere gli allenamenti delle ragazze. Il campo d'allenamento è dotato persino di uno skilift costruito con un motocarro a cui hanno tolto una gomma e fatto passare una corda nel cerchio usato come puleggia. La corda raggiunge la cime della montagna dove un palo con un altro cerchio del motocarro fungono da punto di ritorno. Le ragazze si mettono in posizione, poi l'addetto a questa specie di skilift innesta la prima e accelerando manda la persona fino alla vetta, uno alla volta. La scena è buffissima, ma tutti sono felici e spensierati e questo è quello che conta. Fa niente se sciano nel fango, se nessuno ha una tecnica di sci, se ci sono sassi ovunque: qui ci si diverte e stop!
Tornando dallo sci, ci fermiamo a guardare i carri armati abbandonati dei sovietici. Uno di questi è stato dipinto di rosso a pois bianchi. Forse un modo per sdrammatizzare l'onnipresente ricordo della guerra
Rientriamo alla base e dopo un cambio di vestiti faccio da guida in paese ai "Finland" (ovvero Jonas e Lasse) e ad Oscar (l'americano mio compagno di stanza). Ormai in giro incontro sempre qualcuno che conosco e saluto e che immancabilmente ricambia affettuosamente. Sebbene il tutto sembri un po' surreale visto che siamo qui da pochissimo tempo, dall'altra parte ti fa sentire anche tranquillo.
Lungo la strada ci fermiamo a far riparare una mia impugnatura delle racchette e la scarpa di Lasse da un calzolaio ambulante. Poi raggiungiamo il bazar dove incontriamo la ragazza che gestisce la vendita dei tappeti realizzati nelle valli. Ne compro uno bellissimo prodotto con 5 mesi di lavoro di 2 persone per 20.000 AFG (1$ = 77AFG). Poi compro anche un bellissimo anello con un mega lapislazulo per 1000 AFG e la ragazza mi regala un braccialetto per mia moglie.
Tornando in hotel compriamo le tipiche sciarpe afghane (naturalmente tutte prodotte in Pakistan o Cina). Chiudiamo la serata in gloria con una mega cena afghana con minestrone, torta salata alle verdure, patate, crocchette di patate con verdura e formaggio, montone con cavoli e riso alle erbe, macedonia ed il solito thè. Dimenticavo: da bere succo di mele di Bamyan appena fatto e acqua con limone e menta.
La cosa bella è che durante la giornata si parla sempre di storie di vita locale. Oggi mi hanno raccontato che il loro modo di tutelarsi dai Talebani è grazie ad una milizia irregolare Hazara che "garantisce" (parola grossa in Afghanistan) una convivenza con i Talebani controbilanciando le loro azioni violente con altrettanta violenza. Ad esempio: i Talebani rubano una macchina e rapiscono un Hazara, allora questa milizia va nel primo villaggio che capita in zona Talebana e a loro volta rapiscono delle persone di etnia Pashtu filotalebani. In questo modo avviano dei negoziati che portano ad uno scambio di ostaggi. Grazie alla forza della milizia e a questa pratica che rende economicamente inutile questo genere di attività, i Talebani hanno ridotto l'attività contro gli Hazara.
Tra l'altro laddove non c'è la milizia, la polizia e l'esercito poco possono contro i Talebani che comandano al punto per cui le forze regolari sono segregate all'interno delle loro caserme senza poter uscire salvo essere bersagliate dai talebani. Anche i rifornimenti a loro destinati subiscono lo stesso destino. La vita qui è così.
DAY 7 – 25/02/2020 Escursione ai laghi di Band i Amir
Finalmente riesco ad andare ai laghi di Band i Amir. Purtroppo non saranno azzurri come d'estate, ma ghiacciati... pazienza!
La strada è un ottimo asfalto realizzato 4 anni fa dai Koreani. Essendo tutto in una zona pacificata, la strada non ha nemmeno i crateri tipici doegli attentati dei Talebani con gli IED. Infatti dopo 1 ora di auto siamo all'ingresso del parco nazionale dove lasciamo l'asfalto per una sterrata innevata. Per fare circa 20 km impieghiamo quasi 1 ora. Sulla strada c'è un punto da cui si vede il lago più grande e con il binocolo vediamo 2 gruppi di persone avanzare sulla superficie ghiacciata. Proseguiamo su di un altipiano innevato ed osserviamo diverse volpi in caccia. Una di queste ci regala una scena da National Geographic accovacciandosi prima e poi facendo un salto di 1 metri in aria per poi precipitare in verticale a catturare un topo sotto la neve: WOW!
Arrivati in prossimità del lago, ci divertiamo a far arrivare i due finnici con lo snowboard al check point. I due guardiani li guardano stupefatti. Paghiamo l'ingresso al parco e calziamo gli sci. Ammiriamo la diga naturale con buona parte delle cascate ghiacciate, ma con una zona dove il flusso dell'acqua è tale da impedire il congelamento. saliamo al lago dove c'è la moschea alla quale le donne si recano in pellegrinaggio per bagnarsi nelle acque del lago per diventare fertili. L'accesso per le donne alle acque del lago avviene per il tramite di una piccola stanza a bordo lago lontano da occhi indiscreti.
Facciamo una piccola escursione prima di pranzo che ci viene offerto nella moschea con vista sul lago dopo che il muezzin ha cantato la preghiera del mezzogiorno. Il pranzo è spettacolare per tutto: ambiente naturale, il fatto di essere ospiti in un edificio sacro, la qualità del cibo (ho mangiato yogurt caldo con un olio caldo di origine animale e con pezzi di pane - buonissimo!) ed il fatto di essere in questo paese che rende tutto un po' speciale.
Dopo pranzo ci concediamo una lunga escursione fino alla fine del lago dove incontriamo dei pescatori che tengono aperti dei buchi sul ghiaccio per poter pescare con le loro lenze. Ammiriamo anche le ulteriori dighe dei laghi superiori, ma la mancanza di tempo ed il cedimento del ghiaccio in un'ampia zona che ci manda coi piedi a mollo (mi sono visto morto annegato) ci spingono a fare dietro front.
Riprendiamo i mezzi, facciamo una sciata veloce, trainiamo un inglese sugli sci dietro mia istigazione per 5 km e poi rientriamo alla base.
DAY 8 - 26/02/2020 Ski Touring 3 Khushkak Ovest
Le temperature sono molto elevate e la neve è da valutare bene sia in salita che in discesa. Torniamo quindi in una diramazione della valle dell'altro ieri. Il punto di partenza è a 3000 metri, ma la neve è crostosa e bagnata. Saliamo fino a 3500 metri con un caldo anormale. Ci dividiamo in due gruppi. Noi scendiamo dove la neve alla fine non è male, attraversiamo un canale a "V" dove scendono le valanghe da ambi i lati e arriviamo alla macchina.
Ci mangiamo un kebab che abbiamo preso in paese stamattina e poi scendiamo a valle. Passiamo le ultime 2 ore del pomeriggio a girare in paese da un antiquario, passando dal quartiere dei fabbri per arrivare al negozio dei tappeti.
Da un antiquario compro una teiera e un anello con una bellissima pietra di giada, ma so già che mia moglie non apprezzerà visto che ha commentato negativamente la foto che le ho mandato. Pazienza: alimenterà la mia collezione di reperti di viaggio.
Cena in un ristorante proprio OK lungo il fiume su di una strada buia come la pece e rientro a piedi in hotel nel buio pesto.


































































































































































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