18-06-1949

Tooyalaket

/dev/rotfl
Mio zio, pur se agricoltore semi analfabeta, ha sempre avuto il pallino dell'elettronica e delle telecomunicazioni.
Quand'era militare, nel 1949, l'Italia era appena uscita sconfitta dalla Seconda Guerra Mondiale con le logiche ripercussioni sull'economia, la società, ecc.
Erano anni duri e un patito di elettronica (disciplina quanto mai embrionale all'epoca) era una mosca bianca, spesso denigrato quale perdi tempo che studiava sui libri al posto di portare al pascolo gli animali.
Logicamente non conoscete mio zio ma quelle accuse furono sempre ingiuste: non solo per il senso di cultura ma proprio per lo spirito di abnegazione al lavoro che ha sempre avuto, in famiglia oggi diciamo che ha lavorato come un cane ed è vero: classe 1929 ma lucido, curvo, con le ginocchia a pezzi.
Nel 1949, alpino, durante il tempo libero, non avendo i soldi per tornare a casa, prese una coppia di radio da spalla usate durante la Seconda Guerra Mondiale, erano rotte da qualche pallottola, una addirittura aveva l'imbottitura sporca di sangue, le avrebbero buttate.
Le aggiustò da autodidatta e dopo averle provate con successo sul campo (qualche centinaio di m) decise di modificarle potenziandole.
Un capitano lungimirante capì la passione e lo assecondò.
Dopo qualche mese di studio e lavoro il suo progetto andò in montagna per una sperimentazione in grande stile.
Fu un'impresa titanica: le radio nel frattempo erano diventate grandi da essere trasportate con un carretto, una delle 2 venne inviata in provincia di Modena, poi con fuori strada (cavalli/asini) e militari portata sopra al Monte Cimone dove fu rimontata per l'ora stabilita (12.00 di sabato 18 giugno 1949).
L'altra la tenne mio zio e s'inerpicarono fino a Punta Penia (ma ci sono dubbi che fosse Punta Rocca).
Lungo il percorso, sia alpino che appenninico, rimasero dei militari ad intervalli prestabiliti con radio che ripetevano i comandi del capitano e di mio zio fino a valle (Canazei) dove il comandante dei Carabinieri doveva telefonare alla caserma di non so quale paese ai piedi dell'appenino.
Lì si ripeteva il processo di rimbalzo delle informazioni tramite le radio fino alla punta del Cimone.
Contro ogni aspettativa, uno zappa terra, semi analfabeta, Razza Piave, cocciuto, spesso rude ma con un gran cuore, anarchico (non nel senso di Circolo del Ponte della Ghisolfa ma nel senso di avere difficoltà con le gerarchie se ingiuste) e cristiano cattolico fino al midollo riuscì nell'impresa di far comunicare 2 carabattole poste a 270 km di distanza.
Domani sono 70 anni, nessuno se lo fila e forse è giusto così perchè uno schivo come lui avrebbe mandato tutti a quel paese.
Io lo voglio celebrare tra noi, amanti della Marmolada, del Cimone e della montagna.

Ciao
 
Sono via per lavoro e domani non sono in Italia ancora, lo fossi stato sarei andato (per la prima volta) al Monte Cimone, credo poi che la cima sia ancora interdetta zona militare!

Se riesco sabato o domenica vado a salutarti la Marmolada, dopo un racconto del genere è cosa buona e giusta!

Grazie per l'emozione trasmessa in ogni parola
😊
 
Grazie anche da parte mia, una gran bella storia! Particolarmente toccante per uno come me che un minimo ha avuto a che fare con le radio e la montagna: nel gennaio e febbraio del 1984 a Cortina da trasmettitore alpino ho lavorato alla creazione di un ponte radio tra l'accampamento di Fiames, sede dei C.A.S.T.A., e Roma: avevamo collegato le radiotelefono nelle tende via cavo (attraversando a più riprese la pista di fondo per via aerea tra un pino e l'altro) a un'antenna, la quale trasmetteva verso il ripetitore che avevamo installato sulla Tofana di Mezzo nella stazione superiore della Funivia e dal quale si riusciva, forse attraverso un secondo ripetitore sito più ad Ovest, a raggiungere il V° Corpo d'Armata a Bolzano. Da Bolzano sfruttando, credo, la linea telefonica militare si arrivava fino a Roma. Appena dieci anni dopo è arrivato Internet .....
 
Due montagne a cui sono particolarmente legato. il Cimone, perchè la finestra della casa dei nonni faceva da cornice alla montagna. la Marmolada perchè tutte le volte, spesso, quando mi trovo su di una cima delle dolomiti, la cerco sempre. Bella storia, L'ho incastrata con i miei ricordi del passato e presente. Onore a tuo Zio, al Cimone e alla Marmolada,

Come si chiama tuo Zio ? , miglior modo di onorare tuo Zio, razza del piave, è un gòto de gràspa davanti al Cimone e alla Marmolada, la prossima volta che le guardo
 
Ultima modifica:
Una storia che merita di esser conosciuta, grazie! Perseveranza e determinazione, cercando con fantasia e capacità di render possibile l'impossibile. Una storia degna della migliore Italia.
 

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Ringrazio tutti.

Mio zio si chiama Virginio ma tutti lo conoscono con il nome di Gino, ha compiuto 90 anni in febbraio e, a parte le ginocchia messe male, gode di buona salute: è lucido, non ha dolori, ci sente bene, ci vede meglio di me e magia come un ventenne.
Il suo rimpianto maggiore è vedere che il vigneto dove ha passato una vita viene lavorato da altri (lo ha dato in affitto qualche anno fa per raggiunti limiti di età).
E' l'unico dei fratelli maschi vivente.
Ha fatto alcuni anni in miniera in Svizzera quand'era giovane, poi si ammalò e la civilissima Confederatio lo rispedì a casa perchè non era più produttivo ma la dura scorza contadina, temprata nel raboso, sconfisse la malattia e prese in mano le redini del podere di famiglia: 11 campi interamente a vigneto sempre lavorati in solitaria perchè anche da noi vigeva la regola (come in Alto Adige) che la donna è la padrona di casa, l'uomo è il padrone dei campi.
L'unico momento in cui i campi vedevano la partecipazione di più persone era la vendemmia, vissuta più come una festa familiare che come un vero lavoro; era il momento in cui i fratelli, i nonni, le pro zie e i cugini si riunivano attorno allo stesso carro per raccogliere i grappoli; anch'io ricordo allegramente le vendemmie di quand'ero piccolo, a noi cugini era vietato salire sul carro quindi le passai più che altro disteso tra i filari a giocare con i cani, con i miei cugini, a rincorrere i polli e leggere fumetti.
Alla testata del campo c'era un fosso molto grande, al suo interno pascolava sempre un toro; contrariamente alla nomea di queste bestie era un animale tranquillo amante dell'acqua, aveva perfino fatto un solco dove abitualmente scendeva per andare ad immergersi.
Io ero piccolo e il fosso pendente quindi strisciavo sul sedere per arrivare fino al bordo dell'acqua (qualche sberla per aver sporcato i pantaloni di erba l'ho presa) dove potevo accarezzarlo accarezzarlo e dargli un po' di radicchio.

Ciao
 
preso dai preparativi per partenza ferie, mi ero perso il post...grazie per la condivisione!

quel periodo può raccontare molte storie fantastiche, storie che al giorno d'oggi possono sembrare ingiustamente banali a molti

poi sarebbe bello avere la fibra che hanno i nati in quel periodo
 
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