subsahara
Coldest Ice
Mi sveglio di soprassalto, madido di sudore.
L'afa della pianura veneta non perdona. Nel primo pomeriggio ho un impegno a Conegliano; la mattina che faccio?
Una corsetta, forse?
No, fa troppo caldo.
Un giro di bar e cantine all'insegna del prosecco?
Neanche, non sono un professionista, la mattina non riesco a bere.
Rimane una terza possibilità, ovvero una bella camminata in montagna.
Visto il poco tempo a disposizione, seleziono una meta poco impegnativa: il monte Dolada (1938 m), bella cima dell'Alpago che nei giorni di buona visibilità è perfettamente visibile dalla terraferma veneziana.
L'ho lambito centinaia di volte percorrendo l'Autobahn A27: ora è il caso di conoscerlo più da vicino.
Salgo con l'autovettura fino al rifugio Dolomieu a circa 1490 m; considerando qualche piccolo saliscendi il dislivello complessivo della gita si aggira attorno ai 500 m.
Parcheggio alle 10:30.
Mi avvio verso il rifugio.
Supero il rifugio e incontro un segnavia: monte Dolada 1h30m.
Le indicazioni peccano sempre per eccesso: penso tra me e me che un'ora dovrebbe bastare e avanzare.
... un'ora sarebbe bastata e avanzata se non avessi perso quasi immediatamente la traccia...
Ingannato da degli sfasciumi, mi infilo infatti in un budello chiuso da paretine di II.
Che faccio?
Salgo le paretine e sbuco in cresta?
E poi, una volta arrivato in cresta come continuo?
E se mi faccio male?
Nonostante mi scocciasse scendere di 100 m, l'unica cosa da fare era ritornare sui propri passi con le pive nel sacco.
Scendendo dal budello, una bella vista della conca dell'Alpago con il monte Cavallo in primo piano.
Un tipo volteggia con il parapendio (decollato dallo spiazzo nei pressi del rifugio).
Lago di Santa Cruz e dietro il Fadalto, con Pizzoc a sinistra e cresta del Visentin sulla destra.
Esco scendendo dal budello, e risalgo dritto per dritto per un ripido pendio erboso, sicuro di ritrovare prima o poi il sentiero. Più in basso si vede il rifugio Dolomieu, mentre sullo sfondo fa la sua bella figura il monte Teverone.
Finalmente, dopo faticosissimo taglio per i prati, sono di nuovo sulla strada giusta. Cos'è sta roba?
Arrivo a una forcella e posso finalmente ammirare la valle del Piave con Belluno sullo sfondo.
Bene, sono sulla cresta, piuttosto affilata. Dietro di me il Col Nudo e il Teverone mi osservano benevoli.
Davanti a me la passeggiata continua. Mi risuona in testa la voce di Bon Scott che canta "It's a long way to the top"... in realtà manca poco.
Mi affaccio sulla selvaggia Val Gallina. In basso l'invaso artificiale. Davanti, in primo piano, il tristemente famoso monte Toc.
Il tabellone. Una vera bellezza.
Oltre il tabellone si vede la vetta. Si vedeva anche la Gusela del Vescovà nel gruppo dello Schiara, ma la risoluzione della foto è mediocre.
Selfie di vetta.
C'è pure il libro di vetta! Non me lo sarei mai aspettato.
Scrivo qualcosa, rimetto tutto dentro, e poi mi riposo una decina di minuti in cima.
Al ritorno seguo il sentiero nella sua interezza; nella parte finale c'è un breve passaggio in faggeta.
All'andata qui avevo fatto un po' di casino...
Ecco il rifugio, al quale arrivo dopo trentacinque minuti.
Mi sarei fermato volentieri a bere qualcosa, ma il tempo stringeva.
In centro si vede il pendio erboso che ho risalito fino alla forcelletta (dopo essere sceso dal budello). Il sentiero invece passa più a sinistra, prima quasi in piano nel bosco e poi risale il crinale che dalla sinistra della foto converge alla forcelletta.
Sulla via del ritorno (ero quasi arrivato alla zona industriale di Paludi) mi fermo un secondo e faccio una foto al Dolada. Il puntino nero alla destra della cima è il tabellone.
E poi giù, verso la pianura e il caldo.
L'afa della pianura veneta non perdona. Nel primo pomeriggio ho un impegno a Conegliano; la mattina che faccio?
Una corsetta, forse?
No, fa troppo caldo.
Un giro di bar e cantine all'insegna del prosecco?
Neanche, non sono un professionista, la mattina non riesco a bere.
Rimane una terza possibilità, ovvero una bella camminata in montagna.
Visto il poco tempo a disposizione, seleziono una meta poco impegnativa: il monte Dolada (1938 m), bella cima dell'Alpago che nei giorni di buona visibilità è perfettamente visibile dalla terraferma veneziana.
L'ho lambito centinaia di volte percorrendo l'Autobahn A27: ora è il caso di conoscerlo più da vicino.
Salgo con l'autovettura fino al rifugio Dolomieu a circa 1490 m; considerando qualche piccolo saliscendi il dislivello complessivo della gita si aggira attorno ai 500 m.
Parcheggio alle 10:30.
Mi avvio verso il rifugio.
Supero il rifugio e incontro un segnavia: monte Dolada 1h30m.
Le indicazioni peccano sempre per eccesso: penso tra me e me che un'ora dovrebbe bastare e avanzare.
... un'ora sarebbe bastata e avanzata se non avessi perso quasi immediatamente la traccia...
Ingannato da degli sfasciumi, mi infilo infatti in un budello chiuso da paretine di II.
Che faccio?
Salgo le paretine e sbuco in cresta?
E poi, una volta arrivato in cresta come continuo?
E se mi faccio male?
Nonostante mi scocciasse scendere di 100 m, l'unica cosa da fare era ritornare sui propri passi con le pive nel sacco.
Scendendo dal budello, una bella vista della conca dell'Alpago con il monte Cavallo in primo piano.
Un tipo volteggia con il parapendio (decollato dallo spiazzo nei pressi del rifugio).
Lago di Santa Cruz e dietro il Fadalto, con Pizzoc a sinistra e cresta del Visentin sulla destra.
Esco scendendo dal budello, e risalgo dritto per dritto per un ripido pendio erboso, sicuro di ritrovare prima o poi il sentiero. Più in basso si vede il rifugio Dolomieu, mentre sullo sfondo fa la sua bella figura il monte Teverone.
Finalmente, dopo faticosissimo taglio per i prati, sono di nuovo sulla strada giusta. Cos'è sta roba?
Arrivo a una forcella e posso finalmente ammirare la valle del Piave con Belluno sullo sfondo.
Bene, sono sulla cresta, piuttosto affilata. Dietro di me il Col Nudo e il Teverone mi osservano benevoli.
Davanti a me la passeggiata continua. Mi risuona in testa la voce di Bon Scott che canta "It's a long way to the top"... in realtà manca poco.
Mi affaccio sulla selvaggia Val Gallina. In basso l'invaso artificiale. Davanti, in primo piano, il tristemente famoso monte Toc.
Il tabellone. Una vera bellezza.
Oltre il tabellone si vede la vetta. Si vedeva anche la Gusela del Vescovà nel gruppo dello Schiara, ma la risoluzione della foto è mediocre.
Selfie di vetta.
C'è pure il libro di vetta! Non me lo sarei mai aspettato.
Scrivo qualcosa, rimetto tutto dentro, e poi mi riposo una decina di minuti in cima.
Al ritorno seguo il sentiero nella sua interezza; nella parte finale c'è un breve passaggio in faggeta.
All'andata qui avevo fatto un po' di casino...
Ecco il rifugio, al quale arrivo dopo trentacinque minuti.
Mi sarei fermato volentieri a bere qualcosa, ma il tempo stringeva.
In centro si vede il pendio erboso che ho risalito fino alla forcelletta (dopo essere sceso dal budello). Il sentiero invece passa più a sinistra, prima quasi in piano nel bosco e poi risale il crinale che dalla sinistra della foto converge alla forcelletta.
Sulla via del ritorno (ero quasi arrivato alla zona industriale di Paludi) mi fermo un secondo e faccio una foto al Dolada. Il puntino nero alla destra della cima è il tabellone.
E poi giù, verso la pianura e il caldo.