Jagar
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Era già da qualche settimana che tenevo sotto controllo il meteo per potermi ritagliare un weekend di trekking in solitaria sulle Dolomiti.
A fine settembre finalmente l’occasione sembra arrivare: venerdì 28 sera parto, direzione passo Costalunga.
La stagione estiva è ormai alla conclusione, per cui l’atmosfera è un po’ da Overlook Hotel, ma chi se ne frega, l’importante è essere sul posto.
Il sabato mattina faccio colazione, saluto Mr. Grady ed esco.
Splendida giornata al Passo
Pra dei Tori
Roda di Vael, Roda del Diavolo e il Masarè mi danno il buongiorno mentre mi incammino
Raggiungo il monumento a Christomannos e butto un occhio su Pra dei Tori e Latemar
La temperatura è ideale per camminare, procedo senza fatica e godendomi il paesaggio. Superato il Paolina giungo presto al rifugio Roda di Vael
Panoramica sul rifugio, si intravede anche la baita Pederiva, e sullo sfondo le Zigolade
Il panorama si apre sulla valle del Vaiolon
Risalgo fino al passo delle Zigolade, punto più alto della prima parte del percorso.
Incontro un gruppo di tedeschi, di cui ho notato una folta presenza in questi due giorni
Dalle Zigolade posso godere della prima visuale sulla valle del Vajolet, con la cima Catinaccio avvolta nelle nubi
Procedo in direzione nord, in lontananza scorgo il rifugio Vajolet e la vetta del Catinaccio d’Antermoia finalmente sgombra
Vajolet e Preuss, dominati dalla cima delle Pope
Dopo una sosta al Preuss per uno Jägertee riprendo a salire verso il passo Principe – il massiccio del Catinaccio da qui si può apprezzare in tutta la sua imponenza
Ed arrivo così all’obiettivo principale di questa prima giornata: la vetta del Catinaccio d’Antermoia, da raggiungere tramite la ferrata che parte da poco sopra il rifugio del passo Principe.
Raggiungo l’attacco della ferrata e mi volto ad ammirare la maestosità della valle del Vajolet appena risalita
La ferrata in sé – a parte un brevissimo traverso iniziale un po’ esposto - non è particolarmente difficile, anzi, spesso il cavo risulta superfluo e serve forse più ad indicare la direzione del percorso che ad agganciarsi.
Per raggiungere la vetta bisogna comunque affrontare quasi 400 metri di dislivello, e considerando che si arriva a 3.000 metri di quota non è dunque un tratto da affrontare con leggerezza. Giunto quasi in vetta rimango estasiato dalla visione del vallone d’Antermoia con l’omonimo lago.
Sullo sfondo, il Sassolungo e il Sella si fanno desiderare, nascosti sotto il limite delle nuvole
E finalmente, dopo circa un’ora di salita – e cinque ore dalla partenza – raggiungo la croce ai 3.002 metri del Catinaccio d’Antermoia.
“Finalmente”, ho scritto, perché in passato avevo dovuto rinunciare almeno altre due volte a causa del meteo avverso o dell’eccessiva stanchezza
Dopo una breve sosta scendo dal versante opposto, che ho trovato più divertente e tecnico – ma comunque sempre piuttosto facile – come tratto attrezzato. Al termine della ferrata taglio verso destra per risalire fino al passo d’Antermoia.
Mi ero documentato in precedenza sulle possibili alternative per il rientro, ed avevo optato per cima Scalieret e discesa tramite il sentiero don Guido fino al rifugio Vajolet, dove ho prenotato per la notte.
Caso vuole che nella parte finale della ferrata incontri un signore della bassa veronese, assiduo frequentatore della zona, che ha scelto il mio stesso percorso, per cui con molto piacere mi aggrego a lui e proseguiamo in direzione dello Scalieret su evidenti tracce di sentiero.
Dalla vetta si gode – tanto per cambiare – di una vista sensazionale su tutta la valle del Vajolet con relative cime
Alle nostre spalle siamo abbracciati dal massiccio del Larsec, mentre sullo sfondo finalmente il Sassolungo e il Sella si sono liberati del fardello di nubi
Iniziamo così la discesa, prima sempre su tracce di sentiero non segnato e poi, giunti al passo delle Pope, deviamo a destra sul sentiero don Guido, ben evidenziato dai frequenti segni rossi, che ci riporta al Vajolet.
Tiziano, il mio temporaneo compagno di camminata, insiste per offrirmi una birra al Preuss ed io non mi faccio pregare.
E’ sempre piacevole stabilire questi legami effimeri ma intensi: in poco più di un paio d’ore abbiamo parlato un po’ di tutto, merito della passione comune per la montagna ma soprattutto dell’atmosfera che si crea in questo ambiente e che ci spinge a relazionarci con gli altri molto più a cuor leggero rispetto ad altri ambiti.
Ci salutiamo – lui tornerà a valle con la moglie – e raggiungo il dirimpettaio rifugio Vajolet. Rimetto insieme i cocci, divoro l’abbondantissima cena e mi butto in branda ad un’ora che mi vergogno pure a confessare.
- - - Updated - - -
La domenica mattina il rifugio è immerso in una nebbia piuttosto fitta.
Dopo colazione metto il naso fuori e guardo verso l’alto: il riflesso della luce del sole sulle Torri del Vajolet mi fa ben sperare per la giornata
Si parte: affronto subito la salita che mi condurrà al passo Santer – via rifugio Re Alberto I.
Dopo qualche minuto mi volto verso valle e noto che la nebbia si è rapidamente diradata, lasciando spazio ad una giornata che si preannuncia memorabile
Risalgo lungo il sentiero attrezzato Gardl, i miei occhi non si staccano dalle Torri
Raggiungo il rifugio e, voltatomi, trattengo a fatica la commozione di fronte a questo capolavoro della natura
Arrivo ad una specie di selletta sotto le Torri che mi offre questo scorcio di mare di nubi da cui emerge lo Sciliar
Proseguo verso passo Santner, lungo la salita incrocio due persone dirette alla normale della cima Catinaccio.
Al rifugio, attualmente chiuso, un cartello preannuncia la riapertura per l’estate del 2019.
Mi volto a guardare il tratto appena percorso: chissà come dev’essere svegliarsi al rifugio Re Alberto I e trovarsi di fronte le Torri
Ho scritto sopra che nutrivo buone speranze per la giornata, ma quello che si mi presenta appena giunto a passo Santner va oltre ogni immaginazione: uno sconfinato mare di nubi si estende a perdita d’occhio di fronte a me occupando tutta la val d’Adige e oltre, fino all’Adamello (credo). Rimango inebetito al cospetto di questa visione
Ringrazio in anticipo chi mi aiuterà ad identificare queste catene (la prima è l’Adamello?)
Mi ridesto dalla celestiale visione e mi accingo ad affrontare la prima ferrata del giorno: la Santner.
Mi tuffo nel mare di nubi sotto lo sguardo dell’isola del Latemar
Ferrata facile ma varia e divertente, con passaggi in stretti camini di roccia in un ambiente incredibile, ma ovviamente ripongo il cellulare nello zaino e dimentico di scattare foto: questo ormai è il tratto finale, si intravede già il sentiero che porta in direzione del rifugio Fronza
Vista da qui sembra quasi impossibile che si possa risalire tra quei bastioni di roccia, eppure la ferrata passa proprio da lì
Molti escursionisti stanno salendo dalla seggiovia del re Laurino, fiduciosi di trovare la luce oltre le tenebre
Dopo una sosta al Fronza mi rimetto in cammino in direzione sud, per poi piegare decisamente verso est risalendo fino ai 2.560 metri del passo del Vaiolon
La salita è in ombra, breve ma intensa
Una volta al passo, eccomi pronto per la seconda ferrata: Roda di Vael, circa 250 metri di dislivello, senza particolari difficoltà e con possibilità di superare le comitive che incontro e che inevitabilmente procedono a rilento
Gli innumerevoli appigli nella roccia consentono una progressione divertente e rendono la presenza del cavo quasi superflua
Alle mie spalle la cima Sforcella e le Coronelle
Ultimi metri di salita, il sentiero è comunque abbastanza “aereo”
Raggiungo la vetta e per l’ennesima volta faccio fatica a rimanere sobrio di fronte all’ubriacatura che mi regala questo sconfinato panorama: scatto quella che probabilmente è la mia più bella foto panoramica ever. Dal Catinaccio al Sassolungo, dal Sella alla Marmolada, dal Civetta al Cimon della Pala… incredibile quanta bellezza riesca ad essere compattata in una sola immagine.
Non sono l’unico a rimanere imbambolato
Proseguo e inizio la discesa sul versante opposto
Dopo un tratto di comodo sentiero riprende la parte conclusiva della ferrata
Questo è sicuramente il passaggio più delicato dell’intera ferrata: un breve traverso esposto che offre comunque numerosi appigli, artificiali e naturali, e che regala un po’ di adrenalina
A questo punto, visto che devo affrontare anche il viaggio di ritorno, il buon senso suggerirebbe di scendere al rifugio Roda di Vael e da lì tornare al passo Costalunga.
Ma si sa, l’appetito vien mangiando, e così decido di affrontare la terza ferrata della giornata: la Masarè. Una breve discesa conduce all’attacco della ferrata
La Masarè si rivelerà la ferrata più divertente della mia due giorni: molto varia e panoramica, alterna tratti in salita ad altri in discesa, supera una cresta, non è mai troppo esposta, offre numerosi appigli per una progressione quasi da “primi passi” di arrampicata.
Il grosso difetto è la vicinanza alla “civiltà”, per cui temo che in alta stagione si rischino delle code non indifferenti, anche a causa di alcuni passaggi angusti che fanno un po’ da collo di bottiglia per le numerose comitive.
Anche oggi, pur essendo fine settembre, c’era molta più gente di quello che avrei mai immaginato e direi che alla fine una buona mezz’ora di rallentamenti vari l’ho dovuta subire
Ok, ora è davvero il momento di rientrare. Mi premio con una birra media alla baita Pederiva e mi incammino lungo il sentiero che mi riporterà al passo Costalunga
Alla prossima, ciao :skiciao:
A fine settembre finalmente l’occasione sembra arrivare: venerdì 28 sera parto, direzione passo Costalunga.
La stagione estiva è ormai alla conclusione, per cui l’atmosfera è un po’ da Overlook Hotel, ma chi se ne frega, l’importante è essere sul posto.
Il sabato mattina faccio colazione, saluto Mr. Grady ed esco.
Splendida giornata al Passo
Pra dei Tori
Roda di Vael, Roda del Diavolo e il Masarè mi danno il buongiorno mentre mi incammino
Raggiungo il monumento a Christomannos e butto un occhio su Pra dei Tori e Latemar
La temperatura è ideale per camminare, procedo senza fatica e godendomi il paesaggio. Superato il Paolina giungo presto al rifugio Roda di Vael
Panoramica sul rifugio, si intravede anche la baita Pederiva, e sullo sfondo le Zigolade
Il panorama si apre sulla valle del Vaiolon
Risalgo fino al passo delle Zigolade, punto più alto della prima parte del percorso.
Incontro un gruppo di tedeschi, di cui ho notato una folta presenza in questi due giorni
Dalle Zigolade posso godere della prima visuale sulla valle del Vajolet, con la cima Catinaccio avvolta nelle nubi
Procedo in direzione nord, in lontananza scorgo il rifugio Vajolet e la vetta del Catinaccio d’Antermoia finalmente sgombra
Vajolet e Preuss, dominati dalla cima delle Pope
Dopo una sosta al Preuss per uno Jägertee riprendo a salire verso il passo Principe – il massiccio del Catinaccio da qui si può apprezzare in tutta la sua imponenza
Ed arrivo così all’obiettivo principale di questa prima giornata: la vetta del Catinaccio d’Antermoia, da raggiungere tramite la ferrata che parte da poco sopra il rifugio del passo Principe.
Raggiungo l’attacco della ferrata e mi volto ad ammirare la maestosità della valle del Vajolet appena risalita
La ferrata in sé – a parte un brevissimo traverso iniziale un po’ esposto - non è particolarmente difficile, anzi, spesso il cavo risulta superfluo e serve forse più ad indicare la direzione del percorso che ad agganciarsi.
Per raggiungere la vetta bisogna comunque affrontare quasi 400 metri di dislivello, e considerando che si arriva a 3.000 metri di quota non è dunque un tratto da affrontare con leggerezza. Giunto quasi in vetta rimango estasiato dalla visione del vallone d’Antermoia con l’omonimo lago.
Sullo sfondo, il Sassolungo e il Sella si fanno desiderare, nascosti sotto il limite delle nuvole
E finalmente, dopo circa un’ora di salita – e cinque ore dalla partenza – raggiungo la croce ai 3.002 metri del Catinaccio d’Antermoia.
“Finalmente”, ho scritto, perché in passato avevo dovuto rinunciare almeno altre due volte a causa del meteo avverso o dell’eccessiva stanchezza
Dopo una breve sosta scendo dal versante opposto, che ho trovato più divertente e tecnico – ma comunque sempre piuttosto facile – come tratto attrezzato. Al termine della ferrata taglio verso destra per risalire fino al passo d’Antermoia.
Mi ero documentato in precedenza sulle possibili alternative per il rientro, ed avevo optato per cima Scalieret e discesa tramite il sentiero don Guido fino al rifugio Vajolet, dove ho prenotato per la notte.
Caso vuole che nella parte finale della ferrata incontri un signore della bassa veronese, assiduo frequentatore della zona, che ha scelto il mio stesso percorso, per cui con molto piacere mi aggrego a lui e proseguiamo in direzione dello Scalieret su evidenti tracce di sentiero.
Dalla vetta si gode – tanto per cambiare – di una vista sensazionale su tutta la valle del Vajolet con relative cime
Alle nostre spalle siamo abbracciati dal massiccio del Larsec, mentre sullo sfondo finalmente il Sassolungo e il Sella si sono liberati del fardello di nubi
Iniziamo così la discesa, prima sempre su tracce di sentiero non segnato e poi, giunti al passo delle Pope, deviamo a destra sul sentiero don Guido, ben evidenziato dai frequenti segni rossi, che ci riporta al Vajolet.
Tiziano, il mio temporaneo compagno di camminata, insiste per offrirmi una birra al Preuss ed io non mi faccio pregare.
E’ sempre piacevole stabilire questi legami effimeri ma intensi: in poco più di un paio d’ore abbiamo parlato un po’ di tutto, merito della passione comune per la montagna ma soprattutto dell’atmosfera che si crea in questo ambiente e che ci spinge a relazionarci con gli altri molto più a cuor leggero rispetto ad altri ambiti.
Ci salutiamo – lui tornerà a valle con la moglie – e raggiungo il dirimpettaio rifugio Vajolet. Rimetto insieme i cocci, divoro l’abbondantissima cena e mi butto in branda ad un’ora che mi vergogno pure a confessare.
- - - Updated - - -
La domenica mattina il rifugio è immerso in una nebbia piuttosto fitta.
Dopo colazione metto il naso fuori e guardo verso l’alto: il riflesso della luce del sole sulle Torri del Vajolet mi fa ben sperare per la giornata
Si parte: affronto subito la salita che mi condurrà al passo Santer – via rifugio Re Alberto I.
Dopo qualche minuto mi volto verso valle e noto che la nebbia si è rapidamente diradata, lasciando spazio ad una giornata che si preannuncia memorabile
Risalgo lungo il sentiero attrezzato Gardl, i miei occhi non si staccano dalle Torri
Raggiungo il rifugio e, voltatomi, trattengo a fatica la commozione di fronte a questo capolavoro della natura
Arrivo ad una specie di selletta sotto le Torri che mi offre questo scorcio di mare di nubi da cui emerge lo Sciliar
Proseguo verso passo Santner, lungo la salita incrocio due persone dirette alla normale della cima Catinaccio.
Al rifugio, attualmente chiuso, un cartello preannuncia la riapertura per l’estate del 2019.
Mi volto a guardare il tratto appena percorso: chissà come dev’essere svegliarsi al rifugio Re Alberto I e trovarsi di fronte le Torri
Ho scritto sopra che nutrivo buone speranze per la giornata, ma quello che si mi presenta appena giunto a passo Santner va oltre ogni immaginazione: uno sconfinato mare di nubi si estende a perdita d’occhio di fronte a me occupando tutta la val d’Adige e oltre, fino all’Adamello (credo). Rimango inebetito al cospetto di questa visione
Ringrazio in anticipo chi mi aiuterà ad identificare queste catene (la prima è l’Adamello?)
Mi ridesto dalla celestiale visione e mi accingo ad affrontare la prima ferrata del giorno: la Santner.
Mi tuffo nel mare di nubi sotto lo sguardo dell’isola del Latemar
Ferrata facile ma varia e divertente, con passaggi in stretti camini di roccia in un ambiente incredibile, ma ovviamente ripongo il cellulare nello zaino e dimentico di scattare foto: questo ormai è il tratto finale, si intravede già il sentiero che porta in direzione del rifugio Fronza
Vista da qui sembra quasi impossibile che si possa risalire tra quei bastioni di roccia, eppure la ferrata passa proprio da lì
Molti escursionisti stanno salendo dalla seggiovia del re Laurino, fiduciosi di trovare la luce oltre le tenebre
Dopo una sosta al Fronza mi rimetto in cammino in direzione sud, per poi piegare decisamente verso est risalendo fino ai 2.560 metri del passo del Vaiolon
La salita è in ombra, breve ma intensa
Una volta al passo, eccomi pronto per la seconda ferrata: Roda di Vael, circa 250 metri di dislivello, senza particolari difficoltà e con possibilità di superare le comitive che incontro e che inevitabilmente procedono a rilento
Gli innumerevoli appigli nella roccia consentono una progressione divertente e rendono la presenza del cavo quasi superflua
Alle mie spalle la cima Sforcella e le Coronelle
Ultimi metri di salita, il sentiero è comunque abbastanza “aereo”
Raggiungo la vetta e per l’ennesima volta faccio fatica a rimanere sobrio di fronte all’ubriacatura che mi regala questo sconfinato panorama: scatto quella che probabilmente è la mia più bella foto panoramica ever. Dal Catinaccio al Sassolungo, dal Sella alla Marmolada, dal Civetta al Cimon della Pala… incredibile quanta bellezza riesca ad essere compattata in una sola immagine.
Non sono l’unico a rimanere imbambolato
Proseguo e inizio la discesa sul versante opposto
Dopo un tratto di comodo sentiero riprende la parte conclusiva della ferrata
Questo è sicuramente il passaggio più delicato dell’intera ferrata: un breve traverso esposto che offre comunque numerosi appigli, artificiali e naturali, e che regala un po’ di adrenalina
A questo punto, visto che devo affrontare anche il viaggio di ritorno, il buon senso suggerirebbe di scendere al rifugio Roda di Vael e da lì tornare al passo Costalunga.
Ma si sa, l’appetito vien mangiando, e così decido di affrontare la terza ferrata della giornata: la Masarè. Una breve discesa conduce all’attacco della ferrata
La Masarè si rivelerà la ferrata più divertente della mia due giorni: molto varia e panoramica, alterna tratti in salita ad altri in discesa, supera una cresta, non è mai troppo esposta, offre numerosi appigli per una progressione quasi da “primi passi” di arrampicata.
Il grosso difetto è la vicinanza alla “civiltà”, per cui temo che in alta stagione si rischino delle code non indifferenti, anche a causa di alcuni passaggi angusti che fanno un po’ da collo di bottiglia per le numerose comitive.
Anche oggi, pur essendo fine settembre, c’era molta più gente di quello che avrei mai immaginato e direi che alla fine una buona mezz’ora di rallentamenti vari l’ho dovuta subire
Ok, ora è davvero il momento di rientrare. Mi premio con una birra media alla baita Pederiva e mi incammino lungo il sentiero che mi riporterà al passo Costalunga
Alla prossima, ciao :skiciao:
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