Essendo nel ramo del commercio (vino) e trattando prodotti da agricoltura biologica, sono abbastanza stranito da queste notizie, e credo, perchè è già capitatoin vari settori alimentari, che buona parte di questi prodotti di dubbia provenienza siano destinati al mercato estero, dove in molti casi non richiedono grandi procedure di controllo.
In italia, e parlo di grande distribuzione, ci può essere qualche episodio poco chiaro, ma di norma le catene chiedono una tracciabilità da filiera davvero completa, che è difficile aggirare con sotterfugi.
Vi faccio un esempio: se produco vino da agricoltura biologica, devo mappare il vigneto, fornire la certificazione del mipaaf del vigneto, mantenere la vinificazione in contenitori continuamente monitorati, e legare il lotto di produzione delle bottiglie all'uva, quindi al vigneto, di provenienza, e sulle rese e i parametri di trasformazione da uva a vino sono molto precisi e molto fiscali.
Senza dubbio sui cereali è più facile, visti i parametri di calo e resa, fregare sulle quantità, e far così entrare nella massa "bio" anche materie non bio... inoltre i volumi enormi si prestano a qualche limata alle quantità.
Ma vi assicuro che in italia al momento le catene stanno facendo molta attenzione ai fornitori del biologico...
Rimane il fatto che fino a quando non istituiranno dei distretti biologici in agricoltura, ovvero zone destinate esclusivamente alla coltivazione bio, non si potrà mai raggiungere uno standard davvero alto.
Io ho un fornitore di prosecco bio che solo dopo aver acquistato 150 ettari in un unica zona ha potuto ottenere un biologico davvero pulito, usa i vigneti perimetrali non a glera (il vitigno base del prosecco) come cuscinetto, per proteggere il cuore biologico dai vicini che non necessariamente hanno terreni coltivati bio, e riesce così ad isolare la produzione bio...
Da tempo auspico che grazie ai consorzi e alla coldiretti in testa riusciremo in italia a far partire l'idea dei distretti bio, così da evitare ogni forma di contaminazione da chi, liberamente, decide di coltivare in modo intensivo.
Sopratutto per il riso e i cereali in genere, non si può pensare che se il vicino fa 50 trattamenti l'anno non arrivi qualcosa da me che gli sto di fianco e ne faccio 10 con prodotti certificati bio...
Nel vercellese molti risaioli hanno iniziato a fare bio ma hanno desistito dopo pochi anni, l'acqua delle risaie circola e sfido chiunque, ad oggi, con un'analisi specifica, a non beccare tracce di pesticidi vari in un riso biologico,infatti ci sono parametri, piuttosto alti per i cereali, da rispettare, ma nessuno può essere a valore ZERO
Oltretutto, con la nostra politica delle DOP, si farebbe piuttosto in fretta ad identificare sottozone e disciplinari per regolare la produzione biologica seriamente.
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Il prodotto da agricoltura biologica non può essere pubblicizzato come intrinsecamente migliore in quanto sottostante ai parametri qualitativi (anche per residui di agrofarmaci) di qualsiasi altro prodotto alimentare.
E aggiungo una cosa: scordatevi che BIO significhi MIGLIOR QUALITA'.
E' erroneo pensare che il prodotto bio sia migliore perchè in molti casi è il contrario, specie in anni molto piovosi, ridurre i trattamenti e giocare d'anticipo con la natura non è facile, si compromettono le rese e anche la qualità.
L'agricoltura biologica è un passo importante per la preservazione del pianeta e per eliminare pesticidi dannosi più per l'ambiente che per l'organismo, e non è quindi da considerare come indice qualitativo del prodotto.