(punta di) Finale col botto, sul Similaun

ericach

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Febbraio 2018, il volantino di un corso SA2, il desiderio di sciare, esplorare, vedere posti nuovi. Tentenno, so che non sono in forma, che non sono esperta, che ho paura. Chiamo (perché almeno due persone mi dicono che devo provare, che non costa nulla, che se lo voglio lo faccio etc.), il direttore del corso mi dice di andare alla prima lezione e alla prima uscita, che ci sarà una “selezione”. Mi dico “Ma sì, vado, tanto non mi prendono”. E invece.

E invece, nonostante la mia infinita broccaggine, mi caricano a bordo del corso. Punta Vallaccia, Cima Vegaia, il Monte Sole, il Mulaz, la Bocca dei camosci, sono le tappe che mi portano al week end di fine corso. A sorpresa, la due giorni finale sarà sul Similaun. Uno dei luoghi che avevo nella lista dei desideri sfrenati, quelli che esprimi sapendo che ci vorrà molto tempo prima di realizzarli. E invece.

Venerdì smiserio tutto il giorno con lo zaino: c’è la possibilità di dormire in truna, ma devo caricarmi tutta sta roba su un 30lt e soprattutto scarrozzarmela in giro per due giorni. Come faccio? :PAAU

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Provo tutte le combinazioni possibili, appendo tutto l’appendibile fuori dallo zaino, cercando un equilibrio che mi permetta anche di sciare con quel carico addosso, ma alla fine, a malincuore, decido di lasciare a casa sacco a pelo e stuoino e di godere del rifugio. “Cominciamo rinunciando, andiamo bene” penso. E invece.

Sabato saliamo verso la Val Senales, senza troppa fretta. Ci “scappano” almeno le prime due o tre corse della funivia, ma alla fine ci stipiamo, tutti carichi come muli, sulla gondoletta che ci spara a 3200 mt. All’uscita, un po’ stordita dalla quota, mi guardo attorno e realizzo che è una giornata magnifica!

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Le nuvole che avvolgevano le cime mentre salivamo in auto si sono dissolte, è rimasto solo un cielo troppo azzurro per essere vero ed una distesa di bianco che brucia gli occhi. Neanche il tempo di capire dove sono girata che dobbiamo iniziare la gita, sennò facciamo pomeriggio qui.
Scendiamo sulle piste fin poco sotto alla partenza di uno skilift, abbandoniamo il millerighe e... ci fermiamo. O cavolo, è vero, si va in giro legati quassù. Aspetta come era? Il cordino col prusik, la corda col bulino, no col machard, no aspetta, da che parte, quanti nodi a palla, quanti metri? Per fortuna che c’è l’istruttrice, perché fosse stato per me, sarei ancora lassù, legata come un salame con i nodi più inutili e fantasiosi! :SPE

Dai, dai, partiamo! Che la Punta di Finale ci aspetta!

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Uno, due, tre, venti passi e sto già boccheggiando. Non capisco se è la quota o il caldo o la combinazione dei due. Per fortuna sia io che il mio compagno di cordata siamo due slow skiers, e, con la scusa della corda, riusciamo a comunicare velocemente la cosa all’istruttrice che dopo aver sentito due tironi rallenta il ritmo. HIHIHI I miei polmoni ringraziano, le gambe anche. Fa davvero caldo, la giornata è fin troppo bella. Piano piano, su pendenze non impegnative arriviamo al punto in cui solitamente si lasciano gli sci per salire alla cima.

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Noi, però, che proseguiremo verso il rifugio Similaun, calziamo i ramponi e gli sci ce li carichiamo in spalla. Subito intuisco che lasciare a casa le cose per il bivacco è stata, tutto sommato, una grande idea. Quanto diavolo pesano ‘sti benedetti K2? :shock::shock:Quando li ho ai piedi sembrano leggerissimi, ma appena li carichi sullo zaino sembra che siano rivestiti di ghisa! Ok, basta lamentarsi, dai che è lunga ancora.

Saliamo, un po’ per didattica, cercando le pendenze che ci insegnino ad usare i ramponi, e i bastoncini.

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Ogni due passi tiro un bel respiro. Mi sorpassano un bel po’ di persone, ma non me ne curo. Sono concentrata, quando mi accorgo che sono arrivata al punto che tanto sognavo e tanto temevo. La cresta che porta alla Punta di Finale. Per me, che soffro l’esposizione e che è la terza volta in vita mia che metto i ramponi è decisamente la parte più impegnativa della gita. Alzo lo sguardo davanti a me e sento la paura arrivare.
Ah, no! Stavolta non mi freghi! Altro che “non ce la faccio”.
Stavolta prendo in un respiro tutta l’aria che posso prendere a questa quota e, un passo dopo l’altro, vado avanti. L’istruttrice che mi supporta, il compagno di cordata che sdrammatizza, sono degli ottimi aiuti. Come sempre quando comincio ad aver paura, mi parlo (sì, avete ragione, non sono proprio a cento), mi concentro e con moooolta calma ed attenzione arrivo alla croce di vetta.

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Porca miseria che bello! Non ho neanche una foto (col cavolo che mi metto a smanovrare per tirare fuori il cellulare quassù!!!), ma la vista di vette a 360° è qualcosa di meraviglioso. Riesce ad allontanare pure la mia paura! Sempre molto piano, cominciamo a scendere dalla cresta, un passo per volta fino a che mi domandano se me la sento di rimettermi gli sci anche se è un po’ ripido. Non ci penso su nemmeno un secondo! Il cambio di assetto più veloce della storia! Ho scoperto che derapata su semiripido batte cresta esposta diecimila a zero! HIHIHIHIHIHI

La giornata si fa più semplice: perdiamo quota e raggiungiamo l’obelisco che indica il luogo esatto del ritrovamento del buon Ötzi.

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Mica male come posto dove riposare per qualche migliaio di anni.

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Scendiamo ancora un po’, per qualche metro in territorio austriaco, aggiriamo un costone e...c’è da ripellare!!!!! :skifrusta: 50 metri scarsi, per arrivare al rifugio. I 50 metri più lunghi della storia.

Arrivo al rifugio che i miei compagni han già finito un giro di birra e taglieri. :evil:

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Vabbè, io sarò lenta a sciare, ma a mangiare vi recupero in un secondo! :TTTT

Una volta che tutti siamo rifocillati, è il momento di scavare la truna. Tre intrepidi compagni ci dormiranno dentro. In “sole” due ore, in sei persone (5 direttori dei lavori e un operativo, a turno HIHIHI), riusciamo a scavare un buco abbastanza grande per accoglierli. Se mai vi dovesse capitare di scavare una truna per sport, come abbiamo fatto noi: portatevi un cambio asciutto! Alla fine degli scavi avevo neve in tutti gli strati, botte su tutte le gambe e pure in testa (qualcuno ha sbagliato mira con la pala! xspac). Devo ammettere che il cunicolo sembrava lontanamente accogliente e per qualche minuto mi sono pentita di non aver fatto quel piccolo sforzo in più con il sacco a pelo. Il pensiero è durato giusto il tempo di tornare dentro e sentire il caldo del rifugio. :TTTT

La sera trascorre veloce, alle 21.30 mi infilo in branda, la camerata è pure silenziosa, ma io a malapena riesco a dormire. Al suono della sveglia salto giù dal letto come una scheggia, non ne posso davvero più di rigirarmi. Colazione, lavata al volo, zaino da reimpacchettare, foto al mare di nuvole che si colora all’alba e via.

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Alle 7 chiudiamo gli attacchi. Ci aspetta la cima del Similaun! E’ da ieri pomeriggio, quando sono arrivata al rifugio, che la guardo.

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Sembra lì, dietro l’angolo, così comoda e semplice. E allora via. Stavolta tiro io la cordata, perché sono quella lenta, devo fare il ritmo. Ma mi sa che al rifugio han messo qualcosa di strano nel cibo, perché nonostante la quota e la nottataccia, le gambe girano che è una meraviglia. Certo, non come i due tizi che mi stanno sorpassando chiacchierando allegramente, come le siure che vanno a camminare sulla ciclabile. :shock: No, ecco, non proprio così, ma vado su di buon passo. In poco tempo siamo al “deposito sci”. Cambio di assetto, ramponi e via. Non mi fa più paura nemmeno la cresta verso la cima. Rispetto a quella di ieri è un’autostrada, mi ci sento a mio agio. Faccio persino foto. Rallento un poco il passo pochi metri prima della cima, un po’ perché comincio a sentire la quota, un po’ perché voglio rimandare il momento nel quale mi troverò proprio lassù.

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Ad ogni passo che mi avvicina alla vetta, vedo tutte le paure e le insicurezze allontanarsi. Ad ogni affondo di rampone compongo nella mia testa la frase “ce l’hai fatta!”. E quando arrivo dove la salita finisce e attorno c’è solo cielo, sento sciogliersi dentro qualcosa. La stessa emozione che mi ha preso all’improvviso l’anno scorso, quando ho girato le spalle alla Madonnina del Gran Paradiso e ho capito, anche allora, che ce l’avevo fatta.
La maschera da sci nasconde due lacrime di gioia: due di numero, le altre sono rimaste tutte dentro. Non ho, invece, nascondigli per il sorriso che mi esplode in viso. Quello lo vedono tutti, e forse si lasciano contagiare dalla mia gioia.
Lo so, è cima da poco. Lo so, non è nulla di che. Ma il valore delle cose sta nella fatica che si fa per conquistarle. E di fatica in questi mesi ne ho fatta un bel po’, non tanto quella fisica, quanto quella di crederci, di accettare, di fronte ai fatti, che sono in grado anche di superare le mie paure e di realizzare desideri. E’ vero, conquistiamo l’inutile, ma per farlo mettiamo in campo così tanta parte di noi, che a valle ci ritroviamo sempre con un pezzo in più in mano.

Passati i cinque minuti di filosofeggiamento da quattro soldi, e di abbracci con i compagni, si scende giù verso la Val di Fosse. Una sciata che, se fatta al momento giusto, è spettacolare! Noi la troviamo meravigliosa nella parte centrale, quella dei canalini subito sotto la vedretta iniziale, che però facciamo in mezzo alla nebbia. Sotto, invece, la neve è già cotta, e la sciata si trasforma in una battaglia a chi sfonda di meno. Con almeno 3 ruzzoloni a testa, centinaia di metri in derapata e una quantità irrisoria di curve ci abbassiamo di quota, in mezzo a questa valle “in*****sissima”: ha svalangato praticamente ovunque, e le pendenze di alcuni scivoli non ci permettoni di mollare proprio tanto l’attenzione. Alla fine, gli ultimi metri di dislivello, sono la vera lotta con l’Alpe: fango, radici, ruscelli, alberi caduti, una gimcana a tratti anche divertente che ci conduce alla strada. Stacchiamo per l’ultima volta gli attacchi e in una ventina di minuti a piedi raggiungiamo l’auto. Le facce che ho attorno sono un po’ stanche, ma un misto di felicità ed orgoglio trapela da tutti i sorrisi.
Io son due giorni che guardo le foto, perché se mi avessero detto che avrei fatto tutto questo, non ci avrei creduto mai. E, forse, nemmeno ora ci credo. :)


(Le due foto in cui ci sono io le ha fatte il mio mitico compagno di cordata e di andamento lento Lorenzo. Grazie!!! :) )
 
Bel racconto, fa sentire vivamente le emozioni che hai provato! E complimenti per la bella salita. Una domanda, siete andati in conserva anche scendendo con gli sci?
 

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ELAMADONNA CHE REPORT :shock: :arf: :ad:

Dire meraviglioso sarebbe riduttivo, perché questo non è un report, è un viaggio in te stessa. Descrivi le tue emozioni, le tue paure e le tue gioie in una maniera fantastica, ho la pelle d' oca perché mi sono emozionato anch' io leggendolo.

Brava!

Bravissima!

Mi associo a Max: è il report dell' anno
 
Mi unisco al coro!!! Reportage veramente coinvolgente! Trasmette le tue emozioni in maniera pazzesca!
Cosa significa avete La Giusta Motivazione! Brava!
 
Davvero tanti complimenti!
Come detto da altri, bel report che trasmette bene le emozioni che hai provato!

PS: mi unisco con il tuo commento sopra.. l'ultima parte della discesa verso la Val di Fosse è una vera "lotta contro l'alpe".. una ravanata pazzesca.. :D
 
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