La scorsa settima.
Apro gli occhi. Appoggio i piedi per terra. Apro le tende. Nevica. Tantissimo. Strada imbiancata.
Il mio cervello “Non puoi stare sul divano con una giornata così! Muoviti, esci!”
Risultato: un’ora e mezza per salire (con tanto di montaggio di catene), due ore di boschetti in Panarotta, sotto una spettacolare nevicata, un’ora per scendere (con relativo smontaggio catene).
Oggi.
Apro gli occhi. Appoggio i piedi per terra. Apro le tende. C’è un cielo limpidissimo.
Il mio cervello “Non puoi stare sul divano con una giornata così! Muoviti, esci!”
Forse dovrei chiedere al mio cervello di definire meglio “così”, la prossima volta.
Risultato: parto alla volta del Cornetto di Folgaria. Perché sono da sola, e là posso andare tranquilla, ma anche perché sono dieci giorni che fra impegni familiari e doloretti vari non metto le pelli sotto gli sci e quindi va benissimo un giretto tranquillo, che mi permetta di godermi il sole.
Arrivo al parcheggio tardi e trovo uno spiltboarder che sta già sistemando nel baule le sue cose. Gli chiedo come sia messo il percorso e mi dice “Beh, ora forse è un po’ tardi, ma se ti sbrighi a salire, è una figata!”. Pronti qua, aggancio gli scarponi e via che parto.
Risalgo la vecchia pista da sci, già tutta arata e trifolata per bene. Credo che trovare questa gita intonsa sia praticamente impossibile.
Salgo comodamente seguendo un paio di curve e arrivo ad un bivio: proseguo a destra, continuando a seguire la vecchia pista.
Arrivo a quelli che credo essere i ruderi della vecchia stazione della seggiovia, e comincio a salire la parte un po’ più pendente della pista dismessa.
Davanti a me un paio di scialpinisti che raggiungo ricalcando la loro traccia (quella bella spianata, mica quella delle tutine che vanno su dritte e filate e io mi faccio saltar fuori un polmone a seguirla). Quando li saluto, mi sfugge un sorriso. Credo fossero padre e figlio: il primo avrà avuto un’ottantina d’anni. :shock: Passo dopo passo si è goduto la sua gitarella. E io che a neanche la metà dei suoi anni sono piena di acciacchi e magagne!
Proseguo lungo la vecchia pista fino a quando la traccia si immette a sx, nel bosco.
La salita si ammorbidisce, e man mano che ci si sposta a sinistra il bosco lascia spazio ad un mugheto infinito.
Fa impressione! Mughi a destra, mughi a manca, mughi, mughi ovunque! D’estate dev’essere un inferno qui!
Poi il traversetto finisce e si sbuca su un’altra vecchia pista.
La si risale per poi prendere ancora a sinistra.
Si arriva poi all’anticima, dove passa un simpatico venticello freddino.
Mi affretto in su, percorro gli ultimi metri di dislivello, e piano piano sbucano un po’ di montagne. La Vigolana, il Pizz di Levico, sotto la Valsugana, in fondo la catena del Lagorai con Cima d’Asta. E poi, il Brenta, il Caré Alto, l’Altissimo, lo Stivo e pure il Pasubio.
Con calma (qui non c’è vento ed il sole è quello che ti scalda per bene le ossa) tolgo le pelli, mentre arriva un altro scialpinista (moooooolto più ginnico di me….non ho guardato, ma credo si sia tolto le pelli senza togliere gli sci :shock::shock
. Ci scambiamo un saluto, poi lui si butta a bomba verso la discesa. Figo tu!
Io, con un po’ più di calma comincio a scendere. Sopra la neve è ancora molto bella, sciabile e divertente. Mano a mano che scendo, la sento cambiare sotto gli sci. Non riprendo la traccia di salita, ma uso la vecchia pista, che mi riporta sopra i ruderi dell’impianto. Da qui in giù è praticamente colla. Potevo svegliarmi prima, questa mattina.
Facendo attenzione ad evitare qualche sasso e qualche chiazza d’erba, seguo la traccia di salita e, troppo in fretta, mi ritrovo al parcheggio.
Mi ci ritrovo un po’ più leggera, come accade ogni volta, ma soprattutto quando sono da sola. Lascio la testa libera di vagare, così non ascolta le gambe stanche, il cuore che si lamenta, il naso infreddolito.
Oggi ha pensato che montagna, salita, neve, solitudine, felicità, fatica, cima sono tutti nomi femminili. Che i mughi di oggi mi han fatto sentire libera più di mille mimose. E che fino a qualche tempo fa, non mi sarei mai sognata di potermi permettere tutti quei sostantivi: non avrei mai pensato potessero appartenermi così tanto da sentirne forte la mancanza.
Lo dico sempre: arrivo in cima dopo, perché penso troppo

Apro gli occhi. Appoggio i piedi per terra. Apro le tende. Nevica. Tantissimo. Strada imbiancata.
Il mio cervello “Non puoi stare sul divano con una giornata così! Muoviti, esci!”
Risultato: un’ora e mezza per salire (con tanto di montaggio di catene), due ore di boschetti in Panarotta, sotto una spettacolare nevicata, un’ora per scendere (con relativo smontaggio catene).
Oggi.
Apro gli occhi. Appoggio i piedi per terra. Apro le tende. C’è un cielo limpidissimo.
Il mio cervello “Non puoi stare sul divano con una giornata così! Muoviti, esci!”
Forse dovrei chiedere al mio cervello di definire meglio “così”, la prossima volta.

Risultato: parto alla volta del Cornetto di Folgaria. Perché sono da sola, e là posso andare tranquilla, ma anche perché sono dieci giorni che fra impegni familiari e doloretti vari non metto le pelli sotto gli sci e quindi va benissimo un giretto tranquillo, che mi permetta di godermi il sole.
Arrivo al parcheggio tardi e trovo uno spiltboarder che sta già sistemando nel baule le sue cose. Gli chiedo come sia messo il percorso e mi dice “Beh, ora forse è un po’ tardi, ma se ti sbrighi a salire, è una figata!”. Pronti qua, aggancio gli scarponi e via che parto.

Risalgo la vecchia pista da sci, già tutta arata e trifolata per bene. Credo che trovare questa gita intonsa sia praticamente impossibile.



Salgo comodamente seguendo un paio di curve e arrivo ad un bivio: proseguo a destra, continuando a seguire la vecchia pista.
Arrivo a quelli che credo essere i ruderi della vecchia stazione della seggiovia, e comincio a salire la parte un po’ più pendente della pista dismessa.

Davanti a me un paio di scialpinisti che raggiungo ricalcando la loro traccia (quella bella spianata, mica quella delle tutine che vanno su dritte e filate e io mi faccio saltar fuori un polmone a seguirla). Quando li saluto, mi sfugge un sorriso. Credo fossero padre e figlio: il primo avrà avuto un’ottantina d’anni. :shock: Passo dopo passo si è goduto la sua gitarella. E io che a neanche la metà dei suoi anni sono piena di acciacchi e magagne!


Proseguo lungo la vecchia pista fino a quando la traccia si immette a sx, nel bosco.


La salita si ammorbidisce, e man mano che ci si sposta a sinistra il bosco lascia spazio ad un mugheto infinito.

Fa impressione! Mughi a destra, mughi a manca, mughi, mughi ovunque! D’estate dev’essere un inferno qui!


Poi il traversetto finisce e si sbuca su un’altra vecchia pista.

La si risale per poi prendere ancora a sinistra.

Si arriva poi all’anticima, dove passa un simpatico venticello freddino.

Mi affretto in su, percorro gli ultimi metri di dislivello, e piano piano sbucano un po’ di montagne. La Vigolana, il Pizz di Levico, sotto la Valsugana, in fondo la catena del Lagorai con Cima d’Asta. E poi, il Brenta, il Caré Alto, l’Altissimo, lo Stivo e pure il Pasubio.




Con calma (qui non c’è vento ed il sole è quello che ti scalda per bene le ossa) tolgo le pelli, mentre arriva un altro scialpinista (moooooolto più ginnico di me….non ho guardato, ma credo si sia tolto le pelli senza togliere gli sci :shock::shock
Io, con un po’ più di calma comincio a scendere. Sopra la neve è ancora molto bella, sciabile e divertente. Mano a mano che scendo, la sento cambiare sotto gli sci. Non riprendo la traccia di salita, ma uso la vecchia pista, che mi riporta sopra i ruderi dell’impianto. Da qui in giù è praticamente colla. Potevo svegliarmi prima, questa mattina.

Facendo attenzione ad evitare qualche sasso e qualche chiazza d’erba, seguo la traccia di salita e, troppo in fretta, mi ritrovo al parcheggio.
Mi ci ritrovo un po’ più leggera, come accade ogni volta, ma soprattutto quando sono da sola. Lascio la testa libera di vagare, così non ascolta le gambe stanche, il cuore che si lamenta, il naso infreddolito.
Oggi ha pensato che montagna, salita, neve, solitudine, felicità, fatica, cima sono tutti nomi femminili. Che i mughi di oggi mi han fatto sentire libera più di mille mimose. E che fino a qualche tempo fa, non mi sarei mai sognata di potermi permettere tutti quei sostantivi: non avrei mai pensato potessero appartenermi così tanto da sentirne forte la mancanza.
Lo dico sempre: arrivo in cima dopo, perché penso troppo