Il futuro delle piccole stazioni: morire o investire?

andrea ski

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Ora è un dato certo: le positive previsioni sulla stagione invernale 2015/2016 non si sono avverate a causa di un inizio disastroso, solo in parte rimediato a fine stagione. E così siamo a un decremento di presenze pari al -5,1% e a una diminuzione del fatturato del -5,7% rispetto ai dati dello scorso anno, ma a un ben più allarmante -21,1% se consideriamo il parametro del risultato aziendale (EBITDA); e perfino nei pochi casi di stazioni con presenze in crescita i margini non ci sono più. Lo ha detto Skipass Panorama Turismo, l’osservatorio del turismo montano promosso da ModenaFiere e realizzato dalla società di marketing turistico Jfc che monitora ben 61 stazioni.
Le condizioni meteo hanno infatti condizionato l’andamento di dicembre 2015 e gennaio 2016, mesi nei quali si concentra il 49,3% delle presenze italiane in montagna e il 33,6% delle presenze straniere. Nell’inverno 2015/2016 il comparto ha perso una quota economica di rilievo, pari a 576 milioni di euro, riportando il fatturato al di sotto dei 10 miliardi, e più esattamente a 9 miliardi 527 milioni di euro. Il recupero completo delle presenze e del fatturato grazie al fine stagione è stato possibile per non più del 60% delle destinazioni. Nonostante ciò ci sono le mosche bianche che tengono e anzi crescono. Per esempio, perfino la bistrattata Cortina, fresca di assegnazione Mondiali 2021, ha avuto il 21% di ‘primi ingressi’ in più sulle piste e ben 1 milione di presenze. “Il primo risultato che emerge è quello di un settore che – nonostante una stagione tra le più difficili dal punto di vista dell’innevamento – continua a generare appeal: quando le cime si imbiancano e l’ambiente assume il fascino tipico della montagna invernale, la tendenza dei si inverte e si proietta in un fine stagione esaltante”, dice Massimo Feruzzi, amministratore delegato di Jfc, lasciando intravvedere qualche barlume di ottimismo in un orizzonte fosco.
Perché la crisi c'è: già nel disinteresse generale sono state decine e decine le stazioni sciistiche divenute ‘fantasma’ negli ultimi anni, anche se magari tali stazioni – non facciamo nomi - continuano ad apparire su vecchie guide e data base. Ma anche nei comprensori consolidati, fateci caso, chiusure e dismissioni si fanno strada in maniera subdola, anche perché conviene dichiarare km di piste doppi del vero e conviene non correggere le mappe… (sono note al riguardo le lamentele della clientela in zone come Vialattea o Appennino dove nei giorni feriali non tutti gli impianti vengono aperti...ci torneremo anche su questo tema).
E allora, stante questa crisi, che si evidenzia a volte strisciante, a volte in modo eclatante e traumatico, mi sono spesso interrogato sul futuro delle piccole stazioni sciistiche: chiudere o riciclarsi? Fondersi con le grosse, mediante nuovi collegamenti (spesso fantasiosi…) oppure dedicarsi alle nicchie, come il freeride? Nessuna località ha per ora avuto questo coraggio: lasciare le piste selvagge e abbandonate... Puntare su poche piste buone solo per gli agonisti e gli impallinati, oppure coltivare il target delle famiglie con bimbi? La salvezza è forse crescere e crescere e investire? O magari porsi all’attenzione come stazione sostenibile ‘impianti-free’, cioè lasciare solo itinerari per escursioni a piedi o sci da alpinismo?

Che fare dunque? Non ho mai individuato una risposta sensata a questo dubbio. Pur da cosiddetto esperto, ricette non ne ho. Ma l’argomento sta diventando attuale, molto attuale. E lo vivremo, il problema, molto presto. Ci saranno notevoli sommovimenti nei prossimi anni nella rete impiantistica italiana… Sono contrario a interventi pubblici, anche se in effetti le province autonome godono di un vantaggio competitivo. Credo allora che bisognerà farsene una ragione e accettare un’evoluzione, anzi, una selezione drastica, e lasciare che le cose abbiano il loro corso naturale. A meno di colpi di scena, tipo un nuovo Tomba, o 10 anni consecutivi di tanta neve e freddo, lo sci sarà sempre un po’ in calo, forse terrà anche in termini assoluti, ma il panorama delle località dove si potrà sciare cambierà: il 90% delle piccole non collegate, specie se sotto i 1500 metri è destinato a morire (si salveranno solo alcune dell’Alto Adige, dove lo sci, come in Svizzera e in Austria, ha un ruolo sociale riconosciuto), e lo sci si concentrerà su pochi grandi comprensori, ben collegati o di gran nome, oppure in medi comprensori ma con organizzazione perfetta, come ad esempio Paganella Ski che avuto +8,11% di sciatori nelle 124 giornate di apertura. In un certo senso è già così.

Tenendo anche conto che nei prossimi anni nevicherà sempre meno e più tardi dunque l' innevamento diventerà indispensabile sotto i 2000m , ma gli impianti piccoli cosa faranno ? I comuni e le regioni sosterranno questi progetti ?

L' articolo è stato preso in parte da ****.it e l' ho trovato molto interessante e vorrei sentire le vostre opinioni su questo tema molto attuale .
 
Ultima modifica:
In effetti il problema esiste soprattutto per le stazioni medio piccole che hanno le loro entrate da sciatori giornalieri o da fine settimana che pernottamenti di 1 o 2 notti.Ti dici contrario a interventi pubblici ma questi ci sono già in tutte le regioni,e servono per sostenere l'economia locale,che andrebbe al collasso senza quel tipo di aiuto.Ci sono appunto le stazioni medio piccole qui in Appennino dalle mie parti come Abetone,Sestola,Corno alle Scale,ecc..dove durante l'inverno gli alberghi,i locali di svago,panettieri,alimentari, e chi più ne ha più ne metta, vivono anche grazie al turismo della neve,e se ha fine stagione(quella passata ne è l'esempio lampante)non ci fosse un aiuto da parte della regione quelle zone con i loro abitanti si ritroverebbero in gravissima difficoltà.Inoltre una parte dei soldi che giungono dalle regioni ritornano indietro alle regioni stesse tramite il giro di affari che indirettamente creano attraverso la tassazione

Per quanto riguarda la Via Lattea con impianti chiusi durante la settimana,quello è dovuto secondo me a una miopia sul turismo e investimenti ormai decennale, difficilmente recuperabile
Sono stato a sciare in Via Lattea,ha delle belle piste e ci tornerei.
 
In effetti il problema esiste soprattutto per le stazioni medio piccole che hanno le loro entrate da sciatori giornalieri o da fine settimana che pernottamenti di 1 o 2 notti.Ti dici contrario a interventi pubblici ma questi ci sono già in tutte le regioni,e servono per sostenere l'economia locale,che andrebbe al collasso senza quel tipo di aiuto.Ci sono appunto le stazioni medio piccole qui in Appennino dalle mie parti come Abetone,Sestola,Corno alle Scale,ecc..dove durante l'inverno gli alberghi,i locali di svago,panettieri,alimentari, e chi più ne ha più ne metta, vivono anche grazie al turismo della neve,e se ha fine stagione(quella passata ne è l'esempio lampante)non ci fosse un aiuto da parte della regione quelle zone con i loro abitanti si ritroverebbero in gravissima difficoltà.Inoltre una parte dei soldi che giungono dalle regioni ritornano indietro alle regioni stesse tramite il giro di affari che indirettamente creano attraverso la tassazione

Per quanto riguarda la Via Lattea con impianti chiusi durante la settimana,quello è dovuto secondo me a una miopia sul turismo e investimenti ormai decennale, difficilmente recuperabile
Sono stato a sciare in Via Lattea,ha delle belle piste e ci tornerei.

Anche secondo me gli interventi delle regioni contribuiscono al miglioramento dell attraverso la tassazione ma si dovrebbe ampliare un pò il discorso guardando dove vengono investiti i soldi ? In impianti piccoli medio o gradi dove è che si deve puntare . Ecco secondo me gli impianti piccoli dovrebbero cercare almeno di entrare i comunicazione con quelli più gradi come viene fatto per esempio con kalausbeg-valle aurina-joctail oppure tra sandomenico-haletch arena . Poi ci sono anche impianti come Cervinia ski che investono tutto l' utile dalla società per migliorare notevolmente i servizi offerti e questo permette soprattutto dal versante italiano di avere prezzi molto convenienti per lo sci ed un pò meno per le strutture alberghiere ed i ristoranti ce sono gestiti dai privati ed anche questo è un punto che potrebbe sicuramente migliorare .

Riguardo alla via lattea credi che abbiano sbagliato investimenti ed adesso debbano recuperare ancora parte dei soldi ?
 
Io credo che il futuro del turismo montano in Italia stia nella capacità di attrarre sempre più clientela internazionale, anche a causa di una clientela italiana che invecchia, che si impoverisce, e che segue le mode "sportive" in modo imprevedibile.

Le località svizzere e austriache, avendo questa esigenza da sempre a causa del relativamente limitato bacino d'utenza locale, hanno da tempo investito in quest'ottica e oggi posti come Verbier, Saint Anton o Zermatt sono invasi da una clientela internazionale, spesso danarosa, 9-10 mesi all'anno.

Notavo recentemente come in Val d'Aosta alcune stazioni, in particolare Cervinia e Courmayeur, nonostante la tradizionale difficoltà dei valdostani a fare sistema e saper accogliere i turisti in modo decente, salvo eccezioni, siano in certi periodi frequentate più da stranieri che da Italiani.

Nel periodo delle settimane bianche (Gennaio-Marzo e oltre) l'occupazione alberghiera arriva a punte di 60-70% di stranieri, cosa impensabile qualche anno fa, specialmente in località che erano territorio di caccia quasi esclusivo di famiglie borghesi milanesi, torinesi o comunque del Nord Italia.

In questo contesto, chi ha già da anni puntato sul turismo alberghiero invece che sulle seconde case (su tutti, le Dolomiti) è fortemente avvantaggiato, perché il primo presupposto per puntare al turismo straniero è avere una capacità ricettiva sufficiente e di buon livello, con accesso ai circuiti internazionali di tour operator e siti di prenotazioni online.

Le località con poche strutture alberghiere e infestate da seconde case (tipico esempio le prealpi lombarde, ma anche molte località piemontesi e alcune valdostane e valtellinesi) rimangono tagliate fuori da questo processo di internazionalizzazione e a mio parere avranno molta difficoltà a rilanciarsi, indipendentemente dalle loro dimensioni. Un'ancora di salvezza, se non ostacolato da lobby e ben regolamentato, potrebbe essere il potenziale mercato creato, anche per le seconde case, da piattaforme digitali come airbnb.

Un secondo punto fondamentale è puramente legato al marketing. La clientela internazionale, per forza di cose, non ha una conoscenza diretta dei luoghi e delle sue attrattività, ma si muove in base a pochi fattori che creano il "brand" di una stazione sciistica e lo rendono riconoscibile.

In questo caso le stazioni situate in grandi comprensori collegati fra loro sono avvantaggiate, perché il turista straniero valuta i km di pista disponibili (anche se è un imbranato che ne percorrerà pochissimi) come un primo dato oggettivo del "valore" della stazione.

Poi le stazioni situate in aree con montagne iconiche (Monte Bianco, Cervino, Monte Rosa, Dolomiti) hanno nuovamente il vantaggio di potersi associare a brand già affermati (chi non conosce le Dolomiti?), facilmente identificabili anche all'estero.

Altri fattori (collegamenti con gli aeroporti, offerta di shopping e servizi, vita notturna, eventuale sci estivo, possibilità di praticare altri sport e attività oltre allo sci, rispetto dell'ambiente etc) completano poi il pacchetto dell'offerta "ideale" per il potenziale turista straniero.

Va da sé che per valorizzare tutti questi aspetti occorrono investimenti. Di nuovo appaiono avvantaggiate le località in regioni a Statuto Speciale (Vallée e TAA), dove il supporto pubblico, seppure in calo, svolge un ruolo determinante, e quelle che sapranno fare "sistema" con le località vicine e al loro interno, raccogliendo fondi per gli investimenti tra tutti gli attori interessati (Comuni, Regione, Albergatori, Ristoratori, Proprietari, Commercianti, Comunità Montane etc), sul modello svizzero.

Infine il fattore climatico giocherà anch'esso un ruolo determinante: avere neve naturale (sebbene logicamente integrata da quella artificiale) per tutta la stagione sarà fondamentale non solo per attrarre i turisti, ma anche per mantenere i costi di gestione a livelli accettabili.

In questo senso la quota del domaine skiable, la sua esposizione e frequenza nel ricevere precipitazioni con una certa costanza faranno la differenza.
 
Io credo che il futuro del turismo montano in Italia stia nella capacità di attrarre sempre più clientela internazionale, anche a causa di una clientela italiana che invecchia, che si impoverisce, e che segue le mode "sportive" in modo imprevedibile........In questo senso la quota del domaine skiable, la sua esposizione e frequenza nel ricevere precipitazioni con una certa costanza faranno la differenza.

Mi trovo pienamente d' accordo con tè si deve puntare sui turisti stranieri e sugli alberghi e vorrei aggiungere anche la possibilità di praticare varie attività anche nei periodi estivi come : sci , mountain bike , escursioni guidate , la possibilità di poter arrivare con tutti i mezzi e offrire vari pacchetti che possano comprendere tutte le esigenze di un eventuale turista italiano o meno .

Per quanto riguarda i comuni e le regioni purtroppo in Italia , a differenza della Svizzera , sono sempre meno motivati ad investire sugli impianti sciistici ad eccezione delle province autonome come Aosta ; Ma io proprio non capisco perché non debbano investire in questo settore ???!!!

PS : non ho riportato tutto il messaggio precedente per problemi di leggibilità .
 

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Riscrivo un mio pensiero quando si parla, ad esempio, di unire 2 località apparentemente vicine, su 2 versanti opposti della stessa montagna...
Riguarda in particolare il Corno alle Scale (BO) e comprensorio della Doganaccia (PT).

Si tratta di 2 località vicine, ognuna con le sue perle e pregi, ognuna con i suoi difetti e problemi.

Credo che parte del discorso si possa estendere ad alcuni ragionamenti sia Appenninici, sia Alpini.


Collegare Corno e Doganaccia è un crimine contro la montagna.

Riespongo le mie motivazioni qui, evolutesi nel tempo facendo parecchi trekking nell'area occidentale del Corno alle Scale e della valle di Ospitale:


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Originariamente scritto da madflyhalf

Ben venga lo skipass unico, Appennino Superski :D, Corno (di qua e di là)-Cimone-Abetone, sarebbe un'ottima idea, purché lo standard qualitativo si muova nella direzione giusta, senza scendere a compromessi, senza passare per scuse sedendosi sugli allori (aka paraculare)
Anche perché, non credo ci siano tanti allori su cui sedersi in questo periodo.

Per il collegamento con gli impianti la vedo dura, sarebbe già tanta roba unire Corno e Doganaccia, ma temo più per uno scemio ambientale, quindi il mio è un "Per ora, no". Non è categorico e assolutamente rivedibile.




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Originariamente scritto da madflyhalf
Io lo spero per un altro motivo: il Corno è una montagna fortemente antropizzata che ha però 2 zone meravigliosamente selvagge.
Il primo è la parete Est con la profondissima valle del Silla, e la zona del monte Gennaio; il secondo è lo Spigolino fino alla zona di Ospitale.

Tracciare un collegamento con la Doganaccia significa sventrare un pezzo di montagna, creare collegamenti forzati su versanti sud spesso poco innevati anche in pieno inverno, o peggio ancora sul pendio nordest (noto mostro appenninico: parete molestissima che scarica valanghe anche grosse, ogni anno).

Se si vuole favorire il turismo in queste zone, con uno skipass unificato magari, bisogna giocare su altri genere di investimenti che portino albergatori e gestori degli impianti a proporre pacchetti differenzianti. Magari non saranno la soluzione a tanti reali problemi, ma un'opportunità in più.

C'è comunque un thread apposito se ne è parlato tanto.






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Originariamente scritto da madflyhalf
Non è che la vicinanza geografica si traduca perfettamente in vicinanza infrastrutturale.

Se frequentaste di più le zone, vi accorgereste che sarebbe

1) uno scempio ambientale
2) una cretinata sciistica
3) uno spreco di soldi

Prendendo questa mappa

Corno-alle-%20Scale.jpg


si nota che tra gli impianti del Poggio della Doganaccia e del Cupolino (i più vicini del Corno, ricordandoci che in val di Gorgo non c'è più nulla e poi vedremo il perché) c'è:

- il versante sud dello Spigolino, che in tardo febbraio non ha quasi più neve ed è impraticabile (e quindi una cretinata sciistica) sci ai piedi
- il versante NNO dello Spigolino, totalmente da ripensare e comunque parecchio ripido
- il versante NE dello Spigolino, noto mostro Appenninico di freeride, parete che ha pendenze di quasi 60°, scarica spesso e anche roba grossa (fondo erboso ripidissimo...), inoltre in cima si forma spesso una pericolosa cornice di neve per nulla sicura nemmeno in periodi di freddo pungente prolungato; inoltre tale lato vede le sorgenti del Dardagna, effettuare lavori lì sarebbe massacrare una delle aree più belle e selvagge del Parco (e le cascate a valle), davvero uno scempio ambientale
- la zona del passo del Lupo/Cingio Sermidiano, affrontabile solo con un impianto ex novo da costruire, ma andrebbe prima riqualificata il passo della Croce Arcana (che per me è bellissimo sterrato), e la valle di Ospitale. Tuttavia questo passaggio però precipita in verticale dal versante Dardagna (sopra le cascate per intenderci)!!


C'erano una volta gli skilift in val di Gorgo... tolti perché la zona ha pendii instabili ed era difficile da collegare alle Polle e Rocce.


Mettetevela via, Doganaccia-Corno è infattibile, tentare un collegamento sciistico lì è buttare via soldi, rovinare l'ambiente del crinale appenninico, e fare una robaccia esposta a sud o peggio ancora in zone a continuo rischio slavine!




E' anche una balla che ci guadagnerebbero gli Emiliani... al momento i frequentatori del Corno alle Scale non sentono il bisogno di piste inferiori e con esposizione peggiore. E' vero che sono pochi i frequentatori Emiliani del Corno rispetto al Cimone, ma il Cimone ha ben altre esposizioni! Chi passerebbe onestamente da Cimone (esposizione nordest, nord e nordovest) a Corno per sciare su 1/3 di comprensorio esposto a sudovest? Di fatto nessuno se non per sfizio di provare una volta...

La gestione del Corno alle Scale è sicuramente passate in mani criminose (Zaccanti), con voglia di strafare e mille progetti, ma poca concretezza (Cornofun), ora è in mano a Ottolupi/Zerolupi che gestisce l'area Cimoncino al Cimone e che, dopo 1 anno pieno di difficoltà organizzative, si è dovuto destreggiare in un anno di difficoltà climatiche allucinanti, ma che ci sta provando.


Per riqualificare lo sci Appenninico bisogna legare le mani ai 20000 soci dell'Abetone in modo che la piantino di litigare in un perfetto campanilismo toscano; bisogna dare un calcio in culo a quelli del Cimone che gestiscono un comprensorio coi piedi sotto mille aspetti, sapendo che tanto è il comprensorio più grande da Roccaraso ad Andalo e le piste le hanno sempre piene, anche quando piove e scrivono che nevica; bisogna dare 2 obiettivi concreti al Corno alle Scale per mettere su un'offerta seria per qualità delle piste e degli impiantisti galattico.

Li unisci tutti in una sala, li fai sfogare e gli dici: tiriamo fuori uno skipass unico per i 4 comprensori (Abetone, Cimone, Corno, Doganaccia) e noi regione mettiamo in piedi
PRIMI 3 ANNI
- riqualificazione paesi interessati (Lizzano-Vidiciatico-La Cà; Cutigliano-Doganaccia; Valli del Cimone; Abetone)
- incentivi a settimane bianche e turismo più stanziale e non di soli weekend
- servizi navetta con minibus da 25-30 posti da Lizzano a Cutigliano; da Cutigliano ad Abetone; da Lizzano a Cimoncino; da Cimoncino ad Abetone)
- ampliamento servizi navetta da Stazione FF.SS di Porretta Terme, Pistoia;
SECONDI 5 ANNI E IN BASE AI RISULTATI DEI PRIMI 3
- se c'è margine, riqualificazione di alcuni impianti (biposto Cavone con vendita seggiole vecchie perché io ne compro una; quadriposto lenterrima del Cimone che collega Polle per rientro a Cimoncino, detta La Pioda ed nuèter)
-
servizi navetta bi-settimanali sabato pomeriggio e martedì sera da Bologna FS e Firenze FS
- sgravi fiscali sui servizi alberghieri (NO SECONDE CASE)
- turismo estivo (su cui onestamente grazie alla GEA e promozione dei SENTIERI DEI PARCHI stanno lavorando tanto)

Di qui, i singoli comprensori possono far nascere pacchetti per Pasque alte, Capodanni e Natali (3gg in città d'Arte BO-FI-PT e 4gg di sci), skipass 1 area, 2 aree, 4 aree, chi più ne ha più ne metta...


Costruire un impianto tra Corno e Doganaccia non serve a una beata fava, soldi buttati nel cesso, in un periodo in cui la PA dovrebbe indirizzare gli investimenti cercando di coinvolgere più operatori possibili e non 1 solo enorme per favorire poi chissà chi.

Già da quest'anno è partita una promozione del Corno alle Scale che chi sottoscrive Skipass annuale, riceve 4 giornate omaggio al Cimone o Abetone... è un inizio.
 
I motivi li avete già esposti tutti...condivido al 100% su tutto quello già scritto.

Ma come uscirne??
Secondo me con gli investimenti sulla vivibilità turistica della montagna nelle 4 stagioni.
E' impensabile oggi puntare tutto su 4 mesi l'anno (quando va bene), ed è impensabile puntare soprattutto solo sullo sci alpino,
visti gli inverni scarsi che ormai ci affliggono!!

Prendiamo un comprensorio medio, come ce ne sono tanti, col range di piste 1500/2200 e un inverno buono su tre.
Quanto può durare??
Iniziamo a diversificare (mi viene in mente Merano2000), con percorsi per le ciaspole, piste da slittino, rifugi in quota facilmente raggiungibili dalle famiglie..
ed ecco che in inverno magari si può sopravvivere anche nelle stagioni difficili..

E poi chiudiamo tutto??
Macchè, impianti aperti anche d'estate, MTB, downhill, escursioni, piste ciclabili...
Dove vado io (Dolomiti) è pieno dei ritiri del calcio, sapete quanta gente portano??
E poi fanno i Suoni delle Dolomiti, e feste in valle ogni weekend...

La montagna per sopravvivere deve lavorare quasi tutto l'anno.
Lo sci deve essere una componente, ma ci deve essere molto, molto di più..
:HIP
 
Scusa madyhalf, ma sono in disaccordo. Per unire due stazioni vicine come dogana cita e corno alle scale basta assai poco, e poco impattante. Basta un impianto semplice, anche ski-lift, e qualche skiweg largo 6 metri al massimo. Ed una stazione media è' molto più forte di due stazioni piccole.
 
Ma dove scusa?? :|
Non so se ci sei mai stato e hai idea della stabilità (del manto ma anche della montagna stessa), profondità di valle, larghezza e pendenza dei versanti... La fattibilità è un omicidio-suicidio. Nessuno vorrà mai caricarsi dei costi di costruzione ex novo di impianti sicuramente sottosfruttati, piste rischiose da mantenere aperte, antropizzazione di un Parco Naturale!
 
Copio le stesse considerazioni fatte su **** ...

Concordo con le conclusioni dell'articolo, si andrà verso una drastica selezione naturale. Ritengo però che molti piccoli comprensori siano stati progettati male, soprattutto sugli Appennini emiliani vedo poche piste blu ... un comprensorio piccolo dovrebbe rivolgersi di più a principianti/neofiti o poco esperti, che a livello turistico sono la maggioranza, gli esperti cercano comprensori grandi per fare più piste possibile .

Se poi aggiungi il fatto che con l'autostrada del brennero da una città dell'Emilia arrivi nello stesso tempo in Trentino ...
 
Copio le stesse considerazioni fatte su **** ...

Concordo con le conclusioni dell'articolo, si andrà verso una drastica selezione naturale. Ritengo però che molti piccoli comprensori siano stati progettati male, soprattutto sugli Appennini emiliani vedo poche piste blu ... un comprensorio piccolo dovrebbe rivolgersi di più a principianti/neofiti o poco esperti, che a livello turistico sono la maggioranza, gli esperti cercano comprensori grandi per fare più piste possibile .

Se poi aggiungi il fatto che con l'autostrada del brennero da una città dell'Emilia arrivi nello stesso tempo in Trentino ...

Quale articolo? :shock:
 
I motivi li avete già esposti tutti...condivido al 100% su tutto quello già scritto.

Ma come uscirne??
Secondo me con gli investimenti sulla vivibilità turistica della montagna nelle 4 stagioni.
E' impensabile oggi puntare tutto su 4 mesi l'anno (quando va bene), ed è impensabile puntare soprattutto solo sullo sci alpino,
visti gli inverni scarsi che ormai ci affliggono!!

Prendiamo un comprensorio medio, come ce ne sono tanti, col range di piste 1500/2200 e un inverno buono su tre.
Quanto può durare??
Iniziamo a diversificare (mi viene in mente Merano2000), con percorsi per le ciaspole, piste da slittino, rifugi in quota facilmente raggiungibili dalle famiglie..
ed ecco che in inverno magari si può sopravvivere anche nelle stagioni difficili..

E poi chiudiamo tutto??
Macchè, impianti aperti anche d'estate, MTB, downhill, escursioni, piste ciclabili...
Dove vado io (Dolomiti) è pieno dei ritiri del calcio, sapete quanta gente portano??
E poi fanno i Suoni delle Dolomiti, e feste in valle ogni weekend...

La montagna per sopravvivere deve lavorare quasi tutto l'anno.
Lo sci deve essere una componente, ma ci deve essere molto, molto di più..
:HIP

Mi hai tolto le lettere dalla tastiera!
A parte che alcune stazioni (nel cuneese ne conto tre) stanno puntando sul freeride e sul lasciare parte dei comprensori non battuti nelle giornate di powder, purtroppo questo implica un notevole investimento nella messa in sicurezza costante delle piste interessate, ma ha risultati incoraggianti.

Ma come giustamente detto ada Emi70, la montagna deve lavorare tutto l'anno, sia per compensare stagioni avide di neve, sia per avere uno slancio maggiore negli investimenti e creare un indotto che non si limiti ai 4 mesi invernali.

In francia l'han capito da 10 anni e oggi ci sono piccole stazioni che sopravvivo grazie alla MTB, in italia c'è solo Caldirola, che ormai apre il bikepark ai primi di maggio per chiuderlo a fine novembre...
 
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