17 Ago 14 // La rinuncia, il caprone e il ripiego - M. Ferrante

Mac751

Old school supporter
Ci sono delle volte in cui - si sa - bisogna rinunciare a qualcosa, magari a un piccolo grande sogno.
Il piccolo sogno di mezz'estate era riportare Martina su una via ferrata, convincerla per una volta a lasciare ai nonni il piccolo alpinista e goderci noi qualcosa che era abitualmente nostro prima del lieto evento.
Non è stato facile organizzare questa giornata attorno alla Presolana, ma a spingerci è stato anche un meteo dei più perfetti al mattino e la consapevolezza che saremmo potuti salire veloce su per la mitica "Ferrata della Porta", lunga sì ma anche facile, secondo gli standard di 2-3 anni fa.
Tutto è pronto, decidiamo anche di salire con la seggiovia in quota, in quel di Colere, per arrivare freschi freschi all'inizio della lunga via. E così è. Si passa per un Rifugio Albani già in fermento, d'altronde è una Domenica di mezz'Agosto, e poi si costeggia lo splendido laghetto di Polzone fin verso la Guaita. Quanti ricordi, qui, delle meravigliose discese polverose.
Si scende, brevemente, fino ad attraversare un pendio ancora pieno di neve. Poco dopo è lì il tormentato attacco della via. Su per i tornantini ghiaiosi non me ne accorgo, ma la tensione sta salendo. Le ultime infide roccette fanno di peggio. Siamo pronti. O meglio, sono pronto.
Martina non ricorda bene come legare il kit, non c'è problema e lo sistemo io. E parto su per la prima scaletta. In un certo senso non mi sembra vero.
Quando arrivo al secondo tronco Martina parte come da manuale. Ma la pacchia dura cinque, forse sei scalini.
Mi rendo conto che la Presolana, la sua parete Nord, è tetra. Che la ferrata è probabilmente lunga, anche se facile. Mi rendo conto in un attimo che volevo fosse pronta come una volta, quando sicuramente si notava che era ben più portata di me al movimento "verticale". Ma non lo è. Si scende.

Sì, per un attimo ho pensato di continuare io e di rivederci per pranzo alla Baita Cassinelli. Forse non sarebbe venuta neanche male la cosa. Ma non l'ho fatto, siamo scesi insieme dall'infido sentierino e tornati sui nostri passi su verso il Rifugio Albani.
Da qui, ormai, il ripiego è uno solo: il Monte Ferrante. Oddio, è un ripiego di qualità. Tanti neanche ci si mettono ad affrontare l'ultima esposta rampetta per la cima e si fermano sull'erboso Ferrantino. Ma noi dobbiamo sfruttare questo raro momento e dare un senso ulteriore alla giornata, o quantomeno giustificare l'uso degli scarponi tosti e dei Compeed, per la miseria.

Forse a voler cancellare questa prima parte della giornata anche la macchina fotografica deciderà di perdere le foto fatte fino a qui, al secondo passaggio al Rifugio Albani.

Arriviamo a Passo Scagnello, dove ci accoglie un caprone, pecorone, o sa la miseria cosa sia. Però è incredibilmente bello e fotogenico qui, sui confini tra il verdeggiante profilo del Mare in Burrasca e il tetro spigolo Nord della Regina.
Funge da richiamo per molta gente, però decisamente restia ad avvicinarsi troppo, non si sa mai.

La Valle di Scalve dai pressi del Rifugio Albani. Dietro il gruppo dell'Adamello.
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Lui
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Lui a Passo Scagnello
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Marti lo esamina ma senza avvicinarsi troppo
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Affilamento corna
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Lui e il Mare in Burrasca, dietro la Nord
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Transitiamo anche dallo Chalet dell'Aquila, e anche qui è un fiume di ricordi. La Miriam e i taglieri, le goliardate col layez, con piano_b, con ale e gli altri.
Lo strappetto successivo ci conduce sugli splendidi ripiani erbosi del Ferrantino, ideali per un picnic se non esistesse la Miriam.
Laggiù il Ferrante e il suo cupolotto. Saliamo, dietro di noi lo scenario lunare del comprensorio sciistico di Colere, in fondo la Presolana sempre più avvolta nelle nubi a fare la guardia.
Pensiamo che ora saremmo stati lassù, non in cima ma proprio dove ci sono più nubi, sul Monte Visolo. Saremmo stati in uno scenario meraviglioso e orrido allo stesso tempo. Forse non proprio l'ideale per il ritorno alle vie ferrate di Martina. Meglio così, penso.

Sui ripiani erbosi verso il M. Ferrante
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La rampa verso la cima
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La Presolana presa di mira (come sempre) dalle nubi
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Zoom verso il Lago d'Iseo
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Siamo sulla cima. Forse era questo il tipo di gita che serviva oggi. Nonostante la rinuncia siamo contentissimi di essere qui a mirare il Lago d'Iseo, la Regina e la Valle di Scalve.
E con il tempo che cambia il gran finale non può che essere una visita alla Miriam. Come ai vecchi tempi.

Il Sentiero delle Orobie taglia i pendii della quota 2268 e porta verso il Vigna Vaga e il Pizzo di Petto
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Pizzo Camino e i suoi fratellini
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Marti sospesa sulla Valzurio, in vetta al Monte Ferrante
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La Valle di Scalve, con ben in vista Schilpario alla sua testata
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Tanti colori verso il lago
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Il comprensorio sciistico di Colere: ben illuminati il paese e la stazione intermedia di Malga Polzone
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Monte Ferrante: croce di vetta
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Orobieeee :skiamo::love:

La Val di Scalve è una delle zone Orobiche per me più belle! Davvero niente male quelle corna :D
 
Sono e penso siamo allibiti, queste Orobie sono un angolo (e non tanto piccolo) meraviglioso!
Presolana Unesco subito!
Simpatico anche il caprone anche se ho bruttissimi ricordi con quegli animali (spesso rincorrono i bimbi e li scornano :D).
 
queste Orobie sono un angolo (e non tanto piccolo) meraviglioso

Se non fosse che............ cioè.......... vedi quell'opprimente cappa grigio/bianca che le sovrasta, quella roba che volgarmente si chiaman nubi? Ecco, in tutta l'estate ci saranno 2 forse 3 giorni in cui il cielo si vede per intero. :evil:
Tanto per dirne una, il 17 agosto stesso, mentre Mac camminava sotto una nuvolaglia incalzante, al Tonale (quindi neanche così lontano) le prime nuvole comparivano solo verso le 16 dopo una mattinata e un primo pomeriggio completamente sereni.
Non è una maledizione orobica, s'intende, tutte le Prealpi soffrono del medesimo problema. È che dopo n camminate fatte in mezzo all'umidità quando sul resto della montagna lombarda è sereno, ti chiedi se non valga la pena farsi quella mezz'ora in più di auto pur di avere del blu sopra la testa.
Invece il cielo terso d'autunno o d'inverno con la vista sulla nebbia della Pianura è qualcosa di estremamente appagante. ;)
 
Sono e penso siamo allibiti, queste Orobie sono un angolo (e non tanto piccolo) meraviglioso!
Presolana Unesco subito!
Simpatico anche il caprone anche se ho bruttissimi ricordi con quegli animali (spesso rincorrono i bimbi e li scornano :D).

Che la Presolana vada venerata almeno al pari di altre divinità è fuori discussione.

Se posso dare il mio parere - a prescindere dal fatto che amo queste montagne perché le ho nel cuore - le Orobie non sono le montagne più belle del mondo, sia chiaro. Bisogna conoscerle, sono intime nei loro scorci migliori. Sono molto antropizzate, quindi a rimanere intatti sono solamente alcuni luoghi e alcuni percorsi. Tutto molto diverso in questo senso dagli ambienti carnici e giuliani che frequento maggiormente ora, a tratti del tutto isolati e selvaggi.

Anche i sentieri migliori delle Orobie però non sono spesso tra i più frequentati e conosciuti e, per quanto posso, chiunque venga a far visita ai posti che conosco meglio sarà sicuramente fatto viaggiare nei segreti di questi posti meravigliosi più ancora che in bellezze riconosciute come queste del report, alla portata di (quasi) tutti.

Nonostante Ste abbia in buona parte ragione, posso aggiungere che l'intimità, la particolarità di un luogo non può venir disturbata dalle nubi. Semplicemente perché il clima è parte integrante di un luogo, delle sue culture e delle abitudini di che lo vive da vicino. Le nubi, l'umidità e la pioggia ad esempio generano erbe di primissima qualità e abbondanza, dando spazio ad alpeggi frequentissimi e ad una produzione di formaggi tra le più importanti. Questo ha condizionato la dieta, il lavoro, il turismo, il modo di pensare di chi vive qua.
 
Peccato che nella bergamasca abbiano una testa... [emoji19]

Poco turismo serio, pochi servizi, pochi hotel....e tante seconde case...[emoji20]

E parlo anche per quanto riguarda l'inverno...
 
Beh, dai, questa non me l'aspettavo... un orobico credente come te che non conosce il Tagliaferri, che è anche il secondo rifugio più alto delle Orobie.
È raggiungibile da diversi punti, ma per bene che ti vada sono almeno 3 ore di cammino.
 
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