Ci sono delle volte in cui - si sa - bisogna rinunciare a qualcosa, magari a un piccolo grande sogno.
Il piccolo sogno di mezz'estate era riportare Martina su una via ferrata, convincerla per una volta a lasciare ai nonni il piccolo alpinista e goderci noi qualcosa che era abitualmente nostro prima del lieto evento.
Non è stato facile organizzare questa giornata attorno alla Presolana, ma a spingerci è stato anche un meteo dei più perfetti al mattino e la consapevolezza che saremmo potuti salire veloce su per la mitica "Ferrata della Porta", lunga sì ma anche facile, secondo gli standard di 2-3 anni fa.
Tutto è pronto, decidiamo anche di salire con la seggiovia in quota, in quel di Colere, per arrivare freschi freschi all'inizio della lunga via. E così è. Si passa per un Rifugio Albani già in fermento, d'altronde è una Domenica di mezz'Agosto, e poi si costeggia lo splendido laghetto di Polzone fin verso la Guaita. Quanti ricordi, qui, delle meravigliose discese polverose.
Si scende, brevemente, fino ad attraversare un pendio ancora pieno di neve. Poco dopo è lì il tormentato attacco della via. Su per i tornantini ghiaiosi non me ne accorgo, ma la tensione sta salendo. Le ultime infide roccette fanno di peggio. Siamo pronti. O meglio, sono pronto.
Martina non ricorda bene come legare il kit, non c'è problema e lo sistemo io. E parto su per la prima scaletta. In un certo senso non mi sembra vero.
Quando arrivo al secondo tronco Martina parte come da manuale. Ma la pacchia dura cinque, forse sei scalini.
Mi rendo conto che la Presolana, la sua parete Nord, è tetra. Che la ferrata è probabilmente lunga, anche se facile. Mi rendo conto in un attimo che volevo fosse pronta come una volta, quando sicuramente si notava che era ben più portata di me al movimento "verticale". Ma non lo è. Si scende.
Sì, per un attimo ho pensato di continuare io e di rivederci per pranzo alla Baita Cassinelli. Forse non sarebbe venuta neanche male la cosa. Ma non l'ho fatto, siamo scesi insieme dall'infido sentierino e tornati sui nostri passi su verso il Rifugio Albani.
Da qui, ormai, il ripiego è uno solo: il Monte Ferrante. Oddio, è un ripiego di qualità. Tanti neanche ci si mettono ad affrontare l'ultima esposta rampetta per la cima e si fermano sull'erboso Ferrantino. Ma noi dobbiamo sfruttare questo raro momento e dare un senso ulteriore alla giornata, o quantomeno giustificare l'uso degli scarponi tosti e dei Compeed, per la miseria.
Forse a voler cancellare questa prima parte della giornata anche la macchina fotografica deciderà di perdere le foto fatte fino a qui, al secondo passaggio al Rifugio Albani.
Arriviamo a Passo Scagnello, dove ci accoglie un caprone, pecorone, o sa la miseria cosa sia. Però è incredibilmente bello e fotogenico qui, sui confini tra il verdeggiante profilo del Mare in Burrasca e il tetro spigolo Nord della Regina.
Funge da richiamo per molta gente, però decisamente restia ad avvicinarsi troppo, non si sa mai.
La Valle di Scalve dai pressi del Rifugio Albani. Dietro il gruppo dell'Adamello.
Lui
Lui a Passo Scagnello
Marti lo esamina ma senza avvicinarsi troppo
Affilamento corna
Lui e il Mare in Burrasca, dietro la Nord
Transitiamo anche dallo Chalet dell'Aquila, e anche qui è un fiume di ricordi. La Miriam e i taglieri, le goliardate col layez, con piano_b, con ale e gli altri.
Lo strappetto successivo ci conduce sugli splendidi ripiani erbosi del Ferrantino, ideali per un picnic se non esistesse la Miriam.
Laggiù il Ferrante e il suo cupolotto. Saliamo, dietro di noi lo scenario lunare del comprensorio sciistico di Colere, in fondo la Presolana sempre più avvolta nelle nubi a fare la guardia.
Pensiamo che ora saremmo stati lassù, non in cima ma proprio dove ci sono più nubi, sul Monte Visolo. Saremmo stati in uno scenario meraviglioso e orrido allo stesso tempo. Forse non proprio l'ideale per il ritorno alle vie ferrate di Martina. Meglio così, penso.
Sui ripiani erbosi verso il M. Ferrante
La rampa verso la cima
La Presolana presa di mira (come sempre) dalle nubi
Zoom verso il Lago d'Iseo
Siamo sulla cima. Forse era questo il tipo di gita che serviva oggi. Nonostante la rinuncia siamo contentissimi di essere qui a mirare il Lago d'Iseo, la Regina e la Valle di Scalve.
E con il tempo che cambia il gran finale non può che essere una visita alla Miriam. Come ai vecchi tempi.
Il Sentiero delle Orobie taglia i pendii della quota 2268 e porta verso il Vigna Vaga e il Pizzo di Petto
Pizzo Camino e i suoi fratellini
Marti sospesa sulla Valzurio, in vetta al Monte Ferrante
La Valle di Scalve, con ben in vista Schilpario alla sua testata
Tanti colori verso il lago
Il comprensorio sciistico di Colere: ben illuminati il paese e la stazione intermedia di Malga Polzone
Monte Ferrante: croce di vetta
Il piccolo sogno di mezz'estate era riportare Martina su una via ferrata, convincerla per una volta a lasciare ai nonni il piccolo alpinista e goderci noi qualcosa che era abitualmente nostro prima del lieto evento.
Non è stato facile organizzare questa giornata attorno alla Presolana, ma a spingerci è stato anche un meteo dei più perfetti al mattino e la consapevolezza che saremmo potuti salire veloce su per la mitica "Ferrata della Porta", lunga sì ma anche facile, secondo gli standard di 2-3 anni fa.
Tutto è pronto, decidiamo anche di salire con la seggiovia in quota, in quel di Colere, per arrivare freschi freschi all'inizio della lunga via. E così è. Si passa per un Rifugio Albani già in fermento, d'altronde è una Domenica di mezz'Agosto, e poi si costeggia lo splendido laghetto di Polzone fin verso la Guaita. Quanti ricordi, qui, delle meravigliose discese polverose.
Si scende, brevemente, fino ad attraversare un pendio ancora pieno di neve. Poco dopo è lì il tormentato attacco della via. Su per i tornantini ghiaiosi non me ne accorgo, ma la tensione sta salendo. Le ultime infide roccette fanno di peggio. Siamo pronti. O meglio, sono pronto.
Martina non ricorda bene come legare il kit, non c'è problema e lo sistemo io. E parto su per la prima scaletta. In un certo senso non mi sembra vero.
Quando arrivo al secondo tronco Martina parte come da manuale. Ma la pacchia dura cinque, forse sei scalini.
Mi rendo conto che la Presolana, la sua parete Nord, è tetra. Che la ferrata è probabilmente lunga, anche se facile. Mi rendo conto in un attimo che volevo fosse pronta come una volta, quando sicuramente si notava che era ben più portata di me al movimento "verticale". Ma non lo è. Si scende.
Sì, per un attimo ho pensato di continuare io e di rivederci per pranzo alla Baita Cassinelli. Forse non sarebbe venuta neanche male la cosa. Ma non l'ho fatto, siamo scesi insieme dall'infido sentierino e tornati sui nostri passi su verso il Rifugio Albani.
Da qui, ormai, il ripiego è uno solo: il Monte Ferrante. Oddio, è un ripiego di qualità. Tanti neanche ci si mettono ad affrontare l'ultima esposta rampetta per la cima e si fermano sull'erboso Ferrantino. Ma noi dobbiamo sfruttare questo raro momento e dare un senso ulteriore alla giornata, o quantomeno giustificare l'uso degli scarponi tosti e dei Compeed, per la miseria.
Forse a voler cancellare questa prima parte della giornata anche la macchina fotografica deciderà di perdere le foto fatte fino a qui, al secondo passaggio al Rifugio Albani.
Arriviamo a Passo Scagnello, dove ci accoglie un caprone, pecorone, o sa la miseria cosa sia. Però è incredibilmente bello e fotogenico qui, sui confini tra il verdeggiante profilo del Mare in Burrasca e il tetro spigolo Nord della Regina.
Funge da richiamo per molta gente, però decisamente restia ad avvicinarsi troppo, non si sa mai.
La Valle di Scalve dai pressi del Rifugio Albani. Dietro il gruppo dell'Adamello.
Lui
Lui a Passo Scagnello
Marti lo esamina ma senza avvicinarsi troppo
Affilamento corna
Lui e il Mare in Burrasca, dietro la Nord
Transitiamo anche dallo Chalet dell'Aquila, e anche qui è un fiume di ricordi. La Miriam e i taglieri, le goliardate col layez, con piano_b, con ale e gli altri.
Lo strappetto successivo ci conduce sugli splendidi ripiani erbosi del Ferrantino, ideali per un picnic se non esistesse la Miriam.
Laggiù il Ferrante e il suo cupolotto. Saliamo, dietro di noi lo scenario lunare del comprensorio sciistico di Colere, in fondo la Presolana sempre più avvolta nelle nubi a fare la guardia.
Pensiamo che ora saremmo stati lassù, non in cima ma proprio dove ci sono più nubi, sul Monte Visolo. Saremmo stati in uno scenario meraviglioso e orrido allo stesso tempo. Forse non proprio l'ideale per il ritorno alle vie ferrate di Martina. Meglio così, penso.
Sui ripiani erbosi verso il M. Ferrante
La rampa verso la cima
La Presolana presa di mira (come sempre) dalle nubi
Zoom verso il Lago d'Iseo
Siamo sulla cima. Forse era questo il tipo di gita che serviva oggi. Nonostante la rinuncia siamo contentissimi di essere qui a mirare il Lago d'Iseo, la Regina e la Valle di Scalve.
E con il tempo che cambia il gran finale non può che essere una visita alla Miriam. Come ai vecchi tempi.
Il Sentiero delle Orobie taglia i pendii della quota 2268 e porta verso il Vigna Vaga e il Pizzo di Petto
Pizzo Camino e i suoi fratellini
Marti sospesa sulla Valzurio, in vetta al Monte Ferrante
La Valle di Scalve, con ben in vista Schilpario alla sua testata
Tanti colori verso il lago
Il comprensorio sciistico di Colere: ben illuminati il paese e la stazione intermedia di Malga Polzone
Monte Ferrante: croce di vetta