E' il giorno dopo Ferragosto, anche se troviamo sempre il modo di portare a casa qualche gitarella pure con il tempo incerto siamo ormai nell'ultima settimana orobica di quest'estate, ed è ora di fare una bella gita con il piccolo sulle spalle e il nonno al seguito.
La lettura delle previsioni è corretta e decidiamo di dirigerci giustamente verso ovest, quindi Val Brembana. Anzi, se possibile in uno dei punti più ad Ovest, la zona del Rifugio Gherardi, che ho riscoperto in questi ultimi anni dopo averla snobbata in modo del tutto insensato.
Certo, ora quando c'è da portare 16-17 kg in spalla gli equilibri e le idee cambiano, fare i 1000m di dislivello è la mia massima aspirazione. C'è da stare attenti al meteo in maniera diversa, c'è da programmare le soste e il pranzo in maniera ottimale per non stufare il minialpinista.
Certo quando ti alzi alle 6.45 e dal balcone di casa vedi questo la voglia se anche non ce l'hai ti viene...
Vista dalla mia casetta orobica: Monte Rosa di primo mattino
Il cielo è più terso che mai su verso i Piani di Quindicina, splendido promontorio che domina la Valle Asinina, una diramazione della più nota Valle Taleggio.
Partiamo in direzione del rifugio Gherardi seguendo il comodo sentiero per Foppa Lunga e incontrando i pastori che conducono giù sul sentiero una ventina di vacche. Questo naturalmente causa i primi dispendi di energie, perchè il nostro fidato Franklyn non gradisce la presenza così vicina dei grossi bovini.
La zona ora nuovamente pianeggiante della Foppa Lunga è decisamente bucolica e introduce benissimo la rampetta che ci porta alla vista del vicino Rifugio Gherardi, perfettamente posizionato sui verdeggianti Piani d'Alben.
I Piani di Quindicina, dove parte il segnavia 153
La baita di Foppa Lunga, 1506m
Verso la pianura, vi assicuro che a occhio nudo e nella foto ad alta risoluzione oltre agli appennini si vede anche il mare
Escursionisti nei pressi della Foppa Lunga
In arrivo al rifugio Angelo Gherardi
Una delle baite vicino al rifugio
Il nonno e Fede al rifugio
Laghetto sospeso sulla Val Asinina dal rifugio
Verso il cuore delle Orobie: ben visibili Diavolo di Tenda e Redorta sulla sinistra
Dopo aver placato un adoloscente che inveiva contro il proprio papà per l'inadeguatezza (a dir suo troppo breve) della gita scelta e aver loro suggerito un leggero ampliamento del giro previsto per mediare, ripartiamo alla volta del roseo ex rifugio Cesare Battisti, posto a guardia degli infiniti verdi dei Piani d'Alben.
Da qui si diparte la breve ma più ripida tratta che conduce alla Bocchetta di Regadur, puntinata sulle carte - forse perchè attraversa terreno più detritico e franoso - ma assolutamente ben curata ed agile.
Dalla bocchetta, dove peraltro spira un vento gelido in una già molto fredda giornata d'Agosto, si capiscono due cose: la prima è che il luogo è eccezionalmente panoramico, la seconda è che il tempo sta cambiando.
Fino a qui non avevamo deciso dove puntare oltre la bocchetta, ora optiamo per la più dolce cima dell'Aralalta, anche se l'ultimo tratto tirerà su bene.
Verso l'ex rifugio Cesare Battisti
Bocchetta di Regadur, vista verso Nord
Piani dell'Avaro e dietro M. Disgrazia
Mi piace talmente tanto che la metto anche orizzontale. L'unica cosa che stona è l'ultimo tornante del Passo S. Marco
Verso il Pizzo dei Tre Signori. A sinistra, sopra il P.so Camisolo e il Rif. Grassi, spunta il Legnone
Laggiù la cima del M. Aralalta (e nascosto dietro il gemello Pizzo Baciamorti)
Pangocciolo per il nonno e Fede alla Bocchetta di Regadur
Si riparte per la cima in un cielo sempre più coperto, è tempo di fare cambio in spalla e far faticare un po' anche la mamma. Un bel tratto che si espone sul versante Nord porta alla piana della Pozza Chignolo. Da qui la cima sembra comoda, ma man mano che ci si fa sotto il pendio sembra sempre più erto.
Mentre saliamo l'ultimo breve ma faticosissimo tratto le nebbie ci circondano, addirittura prima della cima qualche goccia di pioggia ci complica i piani. Se non avessimo il bimbo nessun problema, si capisce che non è niente di che, però con il bimbo questo ci mette fretta, ed è un vero peccato.
La cresta finale, erbosa e molto semplice, è veramente scenografica tra le luci che cambiano e la nebbia che sale e si sposta. Personalmente starei qui secoli, ma si sa, le mamme sono un pelo più apprensive e allora ci limitiamo a pochissimi minuti di vetta nei quali prepariamo il tettuccio per la discesa e ci bardiamo che neanche fossimo a quota ottomila. A dire il vero siamo prossimi agli 0 gradi, qui a duemila metri quasi tondissimi.
Dietro di noi fa capolino anche la vicinissima cima gemella del Pizzo Baciamorti, ma non mi è consentito andare a suonare la campana. Meglio fiondarsi giù.
Poco oltre la Bocchetta Regadur, sul 101 Sentiero delle Orobio Occidentali
Sodadura, Cima Piazzo e dietro lo Zuccone dei Campelli
La pozza Chignolo con dietro la cima del M. Aralalta
Pozza e pezzate
Il nonno quasi in vetta, un pelo provato
Sul crinale occidentale del M. Aralalta
Sulla cresta finale, là in fondo al sole la zona del Rif. Nicola e del Cazzaniga-Merlini
Marti, Fede e il Sodadura nella nuvola
Sguardo giù alla pozza dalla cima
Nonno in cresta
Ultimi sforzi sotto qualche goccia di pioggerella
Ancora la spettacolare cresta erbosa
Nebbia che va nebbia che viene
Laggiù il Pizzo Baciamorti, 5 minuti che non posso concedermi
Nonno Cesare ci raggiunge
Il rifugio Cazzaniga-Merlini
Sguardo a NE, troppe cime per elencarle
Scesi velocemente alla Bocchetta di Regadur ecco tornare un po' di sole. Ma sarà una breve parentesi.
Al rifugio entriamo in un'atmosfera unica, una volta finito di assaporare delle vere prelibatezze. Fuori piove, non forte ma piove. Dentro un tizio prende la chitarra, l'altro canta. Dopo poco altri si uniscono a suon di canti lombardi, ma non solo. In poco è un succedersi di note, canti, applausi e l'atmosfera si fa veramente distante dalla triste realtà nella quale spesso ci tuffiamo nelle nostre grigie pianure. Questa è VITA. Si va avanti parecchio ma vorrei non finisse mai. Anche Fede si diverte, balla e prova a canticchiare. Il nonno li sa tutti questi canti e dopo qualche bicchiere di vino è in preda a un delirio lirico.
Vabbè, tocca anche guardarsi fuori e appena spiove ci tuffiamo giù sulla mulattiera. Verso casa, ma pur sempre in ferie ancora per un po' di giorni.
Al rifugio tra canti, cibo e buon vino
La lettura delle previsioni è corretta e decidiamo di dirigerci giustamente verso ovest, quindi Val Brembana. Anzi, se possibile in uno dei punti più ad Ovest, la zona del Rifugio Gherardi, che ho riscoperto in questi ultimi anni dopo averla snobbata in modo del tutto insensato.
Certo, ora quando c'è da portare 16-17 kg in spalla gli equilibri e le idee cambiano, fare i 1000m di dislivello è la mia massima aspirazione. C'è da stare attenti al meteo in maniera diversa, c'è da programmare le soste e il pranzo in maniera ottimale per non stufare il minialpinista.
Certo quando ti alzi alle 6.45 e dal balcone di casa vedi questo la voglia se anche non ce l'hai ti viene...
Vista dalla mia casetta orobica: Monte Rosa di primo mattino
Il cielo è più terso che mai su verso i Piani di Quindicina, splendido promontorio che domina la Valle Asinina, una diramazione della più nota Valle Taleggio.
Partiamo in direzione del rifugio Gherardi seguendo il comodo sentiero per Foppa Lunga e incontrando i pastori che conducono giù sul sentiero una ventina di vacche. Questo naturalmente causa i primi dispendi di energie, perchè il nostro fidato Franklyn non gradisce la presenza così vicina dei grossi bovini.
La zona ora nuovamente pianeggiante della Foppa Lunga è decisamente bucolica e introduce benissimo la rampetta che ci porta alla vista del vicino Rifugio Gherardi, perfettamente posizionato sui verdeggianti Piani d'Alben.
I Piani di Quindicina, dove parte il segnavia 153
La baita di Foppa Lunga, 1506m
Verso la pianura, vi assicuro che a occhio nudo e nella foto ad alta risoluzione oltre agli appennini si vede anche il mare
Escursionisti nei pressi della Foppa Lunga
In arrivo al rifugio Angelo Gherardi
Una delle baite vicino al rifugio
Il nonno e Fede al rifugio
Laghetto sospeso sulla Val Asinina dal rifugio
Verso il cuore delle Orobie: ben visibili Diavolo di Tenda e Redorta sulla sinistra
Dopo aver placato un adoloscente che inveiva contro il proprio papà per l'inadeguatezza (a dir suo troppo breve) della gita scelta e aver loro suggerito un leggero ampliamento del giro previsto per mediare, ripartiamo alla volta del roseo ex rifugio Cesare Battisti, posto a guardia degli infiniti verdi dei Piani d'Alben.
Da qui si diparte la breve ma più ripida tratta che conduce alla Bocchetta di Regadur, puntinata sulle carte - forse perchè attraversa terreno più detritico e franoso - ma assolutamente ben curata ed agile.
Dalla bocchetta, dove peraltro spira un vento gelido in una già molto fredda giornata d'Agosto, si capiscono due cose: la prima è che il luogo è eccezionalmente panoramico, la seconda è che il tempo sta cambiando.
Fino a qui non avevamo deciso dove puntare oltre la bocchetta, ora optiamo per la più dolce cima dell'Aralalta, anche se l'ultimo tratto tirerà su bene.
Verso l'ex rifugio Cesare Battisti
Bocchetta di Regadur, vista verso Nord
Piani dell'Avaro e dietro M. Disgrazia
Mi piace talmente tanto che la metto anche orizzontale. L'unica cosa che stona è l'ultimo tornante del Passo S. Marco
Verso il Pizzo dei Tre Signori. A sinistra, sopra il P.so Camisolo e il Rif. Grassi, spunta il Legnone
Laggiù la cima del M. Aralalta (e nascosto dietro il gemello Pizzo Baciamorti)
Pangocciolo per il nonno e Fede alla Bocchetta di Regadur
Si riparte per la cima in un cielo sempre più coperto, è tempo di fare cambio in spalla e far faticare un po' anche la mamma. Un bel tratto che si espone sul versante Nord porta alla piana della Pozza Chignolo. Da qui la cima sembra comoda, ma man mano che ci si fa sotto il pendio sembra sempre più erto.
Mentre saliamo l'ultimo breve ma faticosissimo tratto le nebbie ci circondano, addirittura prima della cima qualche goccia di pioggia ci complica i piani. Se non avessimo il bimbo nessun problema, si capisce che non è niente di che, però con il bimbo questo ci mette fretta, ed è un vero peccato.
La cresta finale, erbosa e molto semplice, è veramente scenografica tra le luci che cambiano e la nebbia che sale e si sposta. Personalmente starei qui secoli, ma si sa, le mamme sono un pelo più apprensive e allora ci limitiamo a pochissimi minuti di vetta nei quali prepariamo il tettuccio per la discesa e ci bardiamo che neanche fossimo a quota ottomila. A dire il vero siamo prossimi agli 0 gradi, qui a duemila metri quasi tondissimi.
Dietro di noi fa capolino anche la vicinissima cima gemella del Pizzo Baciamorti, ma non mi è consentito andare a suonare la campana. Meglio fiondarsi giù.
Poco oltre la Bocchetta Regadur, sul 101 Sentiero delle Orobio Occidentali
Sodadura, Cima Piazzo e dietro lo Zuccone dei Campelli
La pozza Chignolo con dietro la cima del M. Aralalta
Pozza e pezzate
Il nonno quasi in vetta, un pelo provato
Sul crinale occidentale del M. Aralalta
Sulla cresta finale, là in fondo al sole la zona del Rif. Nicola e del Cazzaniga-Merlini
Marti, Fede e il Sodadura nella nuvola
Sguardo giù alla pozza dalla cima
Nonno in cresta
Ultimi sforzi sotto qualche goccia di pioggerella
Ancora la spettacolare cresta erbosa
Nebbia che va nebbia che viene
Laggiù il Pizzo Baciamorti, 5 minuti che non posso concedermi
Nonno Cesare ci raggiunge
Il rifugio Cazzaniga-Merlini
Sguardo a NE, troppe cime per elencarle
Scesi velocemente alla Bocchetta di Regadur ecco tornare un po' di sole. Ma sarà una breve parentesi.
Al rifugio entriamo in un'atmosfera unica, una volta finito di assaporare delle vere prelibatezze. Fuori piove, non forte ma piove. Dentro un tizio prende la chitarra, l'altro canta. Dopo poco altri si uniscono a suon di canti lombardi, ma non solo. In poco è un succedersi di note, canti, applausi e l'atmosfera si fa veramente distante dalla triste realtà nella quale spesso ci tuffiamo nelle nostre grigie pianure. Questa è VITA. Si va avanti parecchio ma vorrei non finisse mai. Anche Fede si diverte, balla e prova a canticchiare. Il nonno li sa tutti questi canti e dopo qualche bicchiere di vino è in preda a un delirio lirico.
Vabbè, tocca anche guardarsi fuori e appena spiove ci tuffiamo giù sulla mulattiera. Verso casa, ma pur sempre in ferie ancora per un po' di giorni.
Al rifugio tra canti, cibo e buon vino
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