Parliamo di Orobie.
Inizio di agosto incerto, e la nostra prolungata presenza in quel di Selvino per ora è iniziata in sordina dal punto di vista escursionistico. Il meteo però non sbaglia, e il primo giorno di clima più secco (ma non troppo) in questa sagra dell'umidità ce lo dobbiamo giocare bene.
Da un po' pensavo a questo giro, che si rivela una gita-monstre non tanto in dislivello ma più per i tempi di percorrenza.
La meta è - come spesso accade quando si punta la Val Brembana - Carona.
Saliamo con la consueta monotonia (abbiate pazienza ma dopo decine di volte...) sulla mulattiera ormai interamente cementata su verso Pagliari. Come spesso accade prima del grazioso borgo ci infiliamo all'ombra nel sentiero estivo, evitando la mulattiera e il nervosismo conseguente al passaggio di qualche jeep.
Faccio fatica. E' ancora molto umido qui nel bosco, e soffro come spesso accade le mie scarse colazioni. 2 Tronky mi riabilitano e si può tornare a fare un ritmo più decente. Il giorno prima siamo stati sull'Alben, devastati dall'umidità prossima al 100%, un pelino le gambe ne risentono ma neanche tanto.
Giunti al bivio per la Val dei Frati la imbocchiamo sapendo che ci aspetta un primo tratto ripido, poi la più pianeggiante costa del lago omonimo, ed infine l'impennata vietata ai deboli di cuore verso il P.so d'Aviasco. Ora però le gambe rispondono molto bene, il fiato pure, e quindi questo tratto lo "voliamo" davvero bene. Anche Franklyn saltella su per le ghiaie miste a terra sempre più ripide finchè incontriamo e sorpassiamo una famigliola diretta ai Gemelli dopo aver pernottato al Calvi. Per un attimo pensiamo che i figli siano un po' piccoletti per venire su questo erto sentiero, ma arrivano poco dopo e ci raggiungono nel luogo che abbiamo scelto per il pit-stop, ormai dopo quasi 3 ore di cammino, poco sotto il P.so d'Aviasco.
Ripartiamo, tagliando il pendio verso il Passo Orientale, affacciato sull'omonimo lago e custode di una vista sublime sulla Presolana. Proprio qui stanno transitando dei giovani stambecchi diretti verso il Passo Occidentale. Arriviamo molto vicini a loro, quando giunge un escursionista con una femmina di labrador che li intimorisce. Pazienza, lasciamo che Franklyn giochi un po' con lei e attacchiamo la lunghissima cresta che ci porterà al M. Cabianca.
Il primo tratto, che di fatto è la salita al Monte dei Frati, è molto ripido e si svolge su un'esile traccia. Da qui in avanti, per qualche ora, non incontreremo nessuno. Il 4 di Agosto.
La salita, dura, è però molto rapida e la cresta si fa via via più comoda e mai esile fino al cimotto con omino di pietra. Di qui per via sostanzialmente pianeggiante di contorna il cupo M. Valrossa, che appare pietroso e dolce sul versante meridionale ma decisamente più severo a settentrione. Questa zona è caratterizzata dai tipici pietrami orobici rossastri, di quelli che fai fatica a capire come si possano essere formati. Un'ampia distesa pianeggiante poco sotto cresta ne è l'esempio, talmente brulla da risultare affascinante.
Il tratto seguente è ora in vista della cime principale del gruppo, il M. Cabianca appunto. Solo un tratto ad aggirare la quota prima del Cabianca risulta malagevole, costringendo ad una discesina infida e alla conseguente contropendenza verso la sella successiva.
Passiamo dunque accando allo sbocco del canale N (tipica scialpinistica ripida della zona), ancora caratterizzato da una rimanenza di cornice nevosa, e prendiamo a salire l'ultima rampa di pietre e sfasciumi in vista ormai della campana di vetta.
La cima è abbastanza ampia e regala forse la vista migliore sulla montagna più bella del settore occidentale delle Orobie, il Pizzo del Diavolo di Tenda, con il Diavolino al suo fianco. Abbiamo finito di salire, per oggi. Sappiamo però che le maggiori insidie sono nel tratto seguente.
Dopo una breve pausa (in realtà abbiamo pensato di mangiare al Calvi una volta scesi dalla normale) ripartiamo. E' l'una e siamo perfettamente in linea con i tempi previsti.
Ad un primo tratto agevole su comodo crestone segue ora una traccia via via più sbiadita (come i bolli, quasi inesistenti) che segue fedelmente la cresta sempre più esile ed esposta. Non è niente di che, ma con noi abbiamo Franklyn, che resiste ma ad un certo punto deve finire nello zaino della malcapitata Martina. Il piccolo pesa ormai quasi 8 chili, e averlo nello zaino su una crestina delicata non è proprio l'ideale.
Con cautela e qualche minuto in più nella percorrenza arriviamo prossimi alla Tacca dei Curiosi, dove la via in cresta finisce a favore di un canalino di ghiaie e neve residua in direzione del Lago dei Curiosi qualche centinaio di metri più sotto.
Erroneamente però (per via di bolli mancanti e sbagliata percezione del tratto percorso) aggiriamo anche la Tacca dei Curiosi e prendiamo a scendere per un canaletto che ci porta fino alla sella successiva. Le esitazioni in questo tratto (che ovviamente non mi convinceva) ci portano a perdere un po' di tempo. Tuttavia ce lo possiamo permettere.
Ora dobbiamo inventarci la via verso il Lago dei Curiosi, che si trova adesso un po' più alla nostra sinistra del previsto. Con molta pazienza individuiamo il percorso migliore e ci caliamo giù prima tra grandi massi, poi su detriti, infine per un canlino erboso che giunge proprio accanto al lago.
Puntiamo ora con veemenza, decisamente affamati e dopo oltre 6 ore di cammino, verso il rifugio Calvi. I saliscendi di questo tratto diventano antipatici, ma il percorso è piuttosto breve. Dopo aver dialogato con un folle biker spagnolo che stava puntando la normale al Cabianca al posto del Passo Portula e averlo indirizzato al meglio, eccoci giungere al rifugio.
Non lo amo, nè lo odio, il Calvi. Però faccio la triste scoperta che il nostro fidato cucciolo non è benvoluto all'interno del locale. Scelta malsana, i cani che vanno in montagna sanno stare tranquilli all'interno di un locale. Scelta deludente, ma in linea con il target che popola di giorno il rifugio, molto consumer. Poco male, stiamo fuori a mangiarci un paio di panini, Franklyn sta con noi.
La discesa verso Carona non serve certo narrarla, penso che tutti i frequentatori delle Orobie la conoscano. Interminabili 2 ore su mulattiera cementata in gran parte, a distruggere quel che resta di piedi e gambe. Ma tant'è, ce la sobbarchiamo contenti per la gita tutto sommato volentieri.
Note
Difficoltà: EE (molti tratti ripidi sparsi per il percorso), cresta delicata sulla via normale al Cabianca. Orientamento molto difficile in caso di maltempo. Nella classificazione in uso da molti orobici è da considerarsi nel complesso ED (escursionismo difficile).
Dislivello: complessivo circa 1600m
Tempi: circa 5h alla cima del M. Cabianca, 1h 30' al Rif. Calvi, 2h il rientro. Totale 8-9h
Allego alcune foto, se servono didascalie chiedete pure!!
Inizio di agosto incerto, e la nostra prolungata presenza in quel di Selvino per ora è iniziata in sordina dal punto di vista escursionistico. Il meteo però non sbaglia, e il primo giorno di clima più secco (ma non troppo) in questa sagra dell'umidità ce lo dobbiamo giocare bene.
Da un po' pensavo a questo giro, che si rivela una gita-monstre non tanto in dislivello ma più per i tempi di percorrenza.
La meta è - come spesso accade quando si punta la Val Brembana - Carona.
Saliamo con la consueta monotonia (abbiate pazienza ma dopo decine di volte...) sulla mulattiera ormai interamente cementata su verso Pagliari. Come spesso accade prima del grazioso borgo ci infiliamo all'ombra nel sentiero estivo, evitando la mulattiera e il nervosismo conseguente al passaggio di qualche jeep.
Faccio fatica. E' ancora molto umido qui nel bosco, e soffro come spesso accade le mie scarse colazioni. 2 Tronky mi riabilitano e si può tornare a fare un ritmo più decente. Il giorno prima siamo stati sull'Alben, devastati dall'umidità prossima al 100%, un pelino le gambe ne risentono ma neanche tanto.
Giunti al bivio per la Val dei Frati la imbocchiamo sapendo che ci aspetta un primo tratto ripido, poi la più pianeggiante costa del lago omonimo, ed infine l'impennata vietata ai deboli di cuore verso il P.so d'Aviasco. Ora però le gambe rispondono molto bene, il fiato pure, e quindi questo tratto lo "voliamo" davvero bene. Anche Franklyn saltella su per le ghiaie miste a terra sempre più ripide finchè incontriamo e sorpassiamo una famigliola diretta ai Gemelli dopo aver pernottato al Calvi. Per un attimo pensiamo che i figli siano un po' piccoletti per venire su questo erto sentiero, ma arrivano poco dopo e ci raggiungono nel luogo che abbiamo scelto per il pit-stop, ormai dopo quasi 3 ore di cammino, poco sotto il P.so d'Aviasco.
Ripartiamo, tagliando il pendio verso il Passo Orientale, affacciato sull'omonimo lago e custode di una vista sublime sulla Presolana. Proprio qui stanno transitando dei giovani stambecchi diretti verso il Passo Occidentale. Arriviamo molto vicini a loro, quando giunge un escursionista con una femmina di labrador che li intimorisce. Pazienza, lasciamo che Franklyn giochi un po' con lei e attacchiamo la lunghissima cresta che ci porterà al M. Cabianca.
Il primo tratto, che di fatto è la salita al Monte dei Frati, è molto ripido e si svolge su un'esile traccia. Da qui in avanti, per qualche ora, non incontreremo nessuno. Il 4 di Agosto.
La salita, dura, è però molto rapida e la cresta si fa via via più comoda e mai esile fino al cimotto con omino di pietra. Di qui per via sostanzialmente pianeggiante di contorna il cupo M. Valrossa, che appare pietroso e dolce sul versante meridionale ma decisamente più severo a settentrione. Questa zona è caratterizzata dai tipici pietrami orobici rossastri, di quelli che fai fatica a capire come si possano essere formati. Un'ampia distesa pianeggiante poco sotto cresta ne è l'esempio, talmente brulla da risultare affascinante.
Il tratto seguente è ora in vista della cime principale del gruppo, il M. Cabianca appunto. Solo un tratto ad aggirare la quota prima del Cabianca risulta malagevole, costringendo ad una discesina infida e alla conseguente contropendenza verso la sella successiva.
Passiamo dunque accando allo sbocco del canale N (tipica scialpinistica ripida della zona), ancora caratterizzato da una rimanenza di cornice nevosa, e prendiamo a salire l'ultima rampa di pietre e sfasciumi in vista ormai della campana di vetta.
La cima è abbastanza ampia e regala forse la vista migliore sulla montagna più bella del settore occidentale delle Orobie, il Pizzo del Diavolo di Tenda, con il Diavolino al suo fianco. Abbiamo finito di salire, per oggi. Sappiamo però che le maggiori insidie sono nel tratto seguente.
Dopo una breve pausa (in realtà abbiamo pensato di mangiare al Calvi una volta scesi dalla normale) ripartiamo. E' l'una e siamo perfettamente in linea con i tempi previsti.
Ad un primo tratto agevole su comodo crestone segue ora una traccia via via più sbiadita (come i bolli, quasi inesistenti) che segue fedelmente la cresta sempre più esile ed esposta. Non è niente di che, ma con noi abbiamo Franklyn, che resiste ma ad un certo punto deve finire nello zaino della malcapitata Martina. Il piccolo pesa ormai quasi 8 chili, e averlo nello zaino su una crestina delicata non è proprio l'ideale.
Con cautela e qualche minuto in più nella percorrenza arriviamo prossimi alla Tacca dei Curiosi, dove la via in cresta finisce a favore di un canalino di ghiaie e neve residua in direzione del Lago dei Curiosi qualche centinaio di metri più sotto.
Erroneamente però (per via di bolli mancanti e sbagliata percezione del tratto percorso) aggiriamo anche la Tacca dei Curiosi e prendiamo a scendere per un canaletto che ci porta fino alla sella successiva. Le esitazioni in questo tratto (che ovviamente non mi convinceva) ci portano a perdere un po' di tempo. Tuttavia ce lo possiamo permettere.
Ora dobbiamo inventarci la via verso il Lago dei Curiosi, che si trova adesso un po' più alla nostra sinistra del previsto. Con molta pazienza individuiamo il percorso migliore e ci caliamo giù prima tra grandi massi, poi su detriti, infine per un canlino erboso che giunge proprio accanto al lago.
Puntiamo ora con veemenza, decisamente affamati e dopo oltre 6 ore di cammino, verso il rifugio Calvi. I saliscendi di questo tratto diventano antipatici, ma il percorso è piuttosto breve. Dopo aver dialogato con un folle biker spagnolo che stava puntando la normale al Cabianca al posto del Passo Portula e averlo indirizzato al meglio, eccoci giungere al rifugio.
Non lo amo, nè lo odio, il Calvi. Però faccio la triste scoperta che il nostro fidato cucciolo non è benvoluto all'interno del locale. Scelta malsana, i cani che vanno in montagna sanno stare tranquilli all'interno di un locale. Scelta deludente, ma in linea con il target che popola di giorno il rifugio, molto consumer. Poco male, stiamo fuori a mangiarci un paio di panini, Franklyn sta con noi.
La discesa verso Carona non serve certo narrarla, penso che tutti i frequentatori delle Orobie la conoscano. Interminabili 2 ore su mulattiera cementata in gran parte, a distruggere quel che resta di piedi e gambe. Ma tant'è, ce la sobbarchiamo contenti per la gita tutto sommato volentieri.
Note
Difficoltà: EE (molti tratti ripidi sparsi per il percorso), cresta delicata sulla via normale al Cabianca. Orientamento molto difficile in caso di maltempo. Nella classificazione in uso da molti orobici è da considerarsi nel complesso ED (escursionismo difficile).
Dislivello: complessivo circa 1600m
Tempi: circa 5h alla cima del M. Cabianca, 1h 30' al Rif. Calvi, 2h il rientro. Totale 8-9h
Allego alcune foto, se servono didascalie chiedete pure!!