Vorrei raccontarvi la mia piccola disavventura, finita per fortuna nel migliore dei modi; forse potrà valere come esempio per qualcuno.
Parto da Parma poco prima delle 6, arrivo ad Alagna val Sesia alle 9,15. La giornata è bella, ma fa molto caldo: scio pressoché senza interruzioni fino alle 13, seguendo a grandi linee il Monterosa Ski-tour. La neve tiene bene al mattino, ma appena ripasso il colle Bettaforca e cambio versante tutto diventa una brodaglia avvolgente che mi fa faticare il triplo.
Funivor alagna-salati
Pista nera Moos, Gressoney
Piste in zona Frachey-Champoluc
Fuoripista sotto Passo Sarezza
VIsta del Cervino
Muro finale pista Jolanda, l'ultima discesa godibile
Dopo una breve pausa pranzo, nel pomeriggio la situazione non cambia; decido allora verso 15 di salire a punta Indren, per godermi l'ultima lunga discesa ad alta quota: anche quassù la neve non è splendida e io sono abbastanza stanco, ma con un po' d'impegno, seguendo l'itinerario palettato, riesco a scendere fino al rifugio, dove mi fermo per una meritata sosta caffè.
Il Canale che scende da punta Indren (dell'Acquila forse)
All'inizio (notare la neve)
A metà
Alla fine
Panorama della zona
Ma il tempo stringe, e non voglio rischiare di rimanere nella valle di Gressoney: così mi rimetto dopo poco in marcia. Ad un certo punto le tracce si separano verso un altro canalotto, mentre la strada coi paletti resta sulla sinistra: è qui che faccio l'errore.
Per non rischiare seguo la stradina che però mi porta in un una conca, dove comincia a salire: dopo i primi passi la stanchezza si fa sentire tutta in una volta, insieme al caldo ed alla sete; non riesco ad arrivare in fondo alla salita, allora decido di costeggiare un pendio di neve fresca per provare ad aggirarla: ma ancora mi ritrovo in una vallatina chiusa.
Ora oltre alla fatica mi prende anche il panico: su non riesco più ad andarci, giù è ripidino e non so dove si arrivi. Decido di scendere: cado, ma riesco a recuperare e rimettermi gli sci. Dio vuole che proprio in quel momento vedo passare più giù un gruppo, che torna dal rifugio seguendo la traccia che ho abbandonato prima. Li seguo e con le ultime forze riesco a raggiungere in tempo l'ovovia del Gabiet.
Sulla cabina però sto male: sudatissimo, sento tutto “informicolato”, faccio fatica a stare in piedi e a respirare... per fortuna c'erano altre persone che mi hanno un minimo assistito durante il lunghissimo percorso con tanto di pause: arrivato al passo Salati gli uomini del soccorso alpino mi accolgono subito.
Misurano i battiti e la pressione, che risulta bassissima, mi chiedono chi sono ecc... poi chiamano l'ospedale di Novara, da dove decidono di mandare l'elisoccorso.
Abbandono così in volo, dopo le 17 circa, le piste del Monte Rosa!
Alla fine mi portano al più vicino ospedale di Borgo Sesia: scendo dall'elicottero in barella e con tanto d'alluminio addosso, “codice giallo” mi hanno detto: ma di fatto appena mi siedo sulla barella del pronto soccorso sto già molto meglio, e penso piuttosto al cazziatone dei miei (la macchina ce l'ho ancora su ad Alagna...).
Dai primi controlli risulta tutto a posto, ma devo restare per altre visite e per l'analisi del sangue, oltre che per aspettare i miei genitori da Parma.
Secondo il medico si è trattato di un classico “mal di montagna”: trovandomi sopra i 2500 metri lo sforzo fisico mi sarebbe risultato molto più ostico. Di certo è così, ma sono convinto che anche il caldo abbia fatto la sua parte: anche a Madesimo quest'anno ho sciato e faticato a quote simili, ma c'era una temperatura ed una neve ben diversa; infatti non mi è successo nulla.
Morale della favola: meglio non avventurarsi fuori pista da soli, soprattutto se non si ha l'attrezzatura adatta e non si conosce il luogo.
A me è andata di lusso perché sono “crollato” ormai davanti al punto di soccorso, ma se mi fosse successo là in mezzo alla neve fresca, a meno di un'ora dalla chiusura delle piste, potrei non essere qui a raccontarlo.
Insomma, la mia stagione si è conclusa con una giornata di 21 ore: 7 di viaggio, 7 sugli sci e 7 all'ospedale di Borgo Sesia, dove attorno a mezzanotte gironzolavo scalzo (le scarpe erano ancora sulla macchina...), con una fame che avrei mangiato un maiale, e invece ho dovuto cenare qui:
Non crediatevi mai più forti della montagna!

PS: un pubblico ringraziamento davvero di tutto cuore al soccorso alpino e alla polizia di Alagna, che si sono dimostrati più che mai disponibili e professionali...
Parto da Parma poco prima delle 6, arrivo ad Alagna val Sesia alle 9,15. La giornata è bella, ma fa molto caldo: scio pressoché senza interruzioni fino alle 13, seguendo a grandi linee il Monterosa Ski-tour. La neve tiene bene al mattino, ma appena ripasso il colle Bettaforca e cambio versante tutto diventa una brodaglia avvolgente che mi fa faticare il triplo.
Funivor alagna-salati

Pista nera Moos, Gressoney

Piste in zona Frachey-Champoluc



Fuoripista sotto Passo Sarezza

VIsta del Cervino

Muro finale pista Jolanda, l'ultima discesa godibile

Dopo una breve pausa pranzo, nel pomeriggio la situazione non cambia; decido allora verso 15 di salire a punta Indren, per godermi l'ultima lunga discesa ad alta quota: anche quassù la neve non è splendida e io sono abbastanza stanco, ma con un po' d'impegno, seguendo l'itinerario palettato, riesco a scendere fino al rifugio, dove mi fermo per una meritata sosta caffè.
Il Canale che scende da punta Indren (dell'Acquila forse)
All'inizio (notare la neve)

A metà

Alla fine

Panorama della zona

Ma il tempo stringe, e non voglio rischiare di rimanere nella valle di Gressoney: così mi rimetto dopo poco in marcia. Ad un certo punto le tracce si separano verso un altro canalotto, mentre la strada coi paletti resta sulla sinistra: è qui che faccio l'errore.
Per non rischiare seguo la stradina che però mi porta in un una conca, dove comincia a salire: dopo i primi passi la stanchezza si fa sentire tutta in una volta, insieme al caldo ed alla sete; non riesco ad arrivare in fondo alla salita, allora decido di costeggiare un pendio di neve fresca per provare ad aggirarla: ma ancora mi ritrovo in una vallatina chiusa.
Ora oltre alla fatica mi prende anche il panico: su non riesco più ad andarci, giù è ripidino e non so dove si arrivi. Decido di scendere: cado, ma riesco a recuperare e rimettermi gli sci. Dio vuole che proprio in quel momento vedo passare più giù un gruppo, che torna dal rifugio seguendo la traccia che ho abbandonato prima. Li seguo e con le ultime forze riesco a raggiungere in tempo l'ovovia del Gabiet.
Sulla cabina però sto male: sudatissimo, sento tutto “informicolato”, faccio fatica a stare in piedi e a respirare... per fortuna c'erano altre persone che mi hanno un minimo assistito durante il lunghissimo percorso con tanto di pause: arrivato al passo Salati gli uomini del soccorso alpino mi accolgono subito.
Misurano i battiti e la pressione, che risulta bassissima, mi chiedono chi sono ecc... poi chiamano l'ospedale di Novara, da dove decidono di mandare l'elisoccorso.
Abbandono così in volo, dopo le 17 circa, le piste del Monte Rosa!
Alla fine mi portano al più vicino ospedale di Borgo Sesia: scendo dall'elicottero in barella e con tanto d'alluminio addosso, “codice giallo” mi hanno detto: ma di fatto appena mi siedo sulla barella del pronto soccorso sto già molto meglio, e penso piuttosto al cazziatone dei miei (la macchina ce l'ho ancora su ad Alagna...).
Dai primi controlli risulta tutto a posto, ma devo restare per altre visite e per l'analisi del sangue, oltre che per aspettare i miei genitori da Parma.
Secondo il medico si è trattato di un classico “mal di montagna”: trovandomi sopra i 2500 metri lo sforzo fisico mi sarebbe risultato molto più ostico. Di certo è così, ma sono convinto che anche il caldo abbia fatto la sua parte: anche a Madesimo quest'anno ho sciato e faticato a quote simili, ma c'era una temperatura ed una neve ben diversa; infatti non mi è successo nulla.
Morale della favola: meglio non avventurarsi fuori pista da soli, soprattutto se non si ha l'attrezzatura adatta e non si conosce il luogo.
A me è andata di lusso perché sono “crollato” ormai davanti al punto di soccorso, ma se mi fosse successo là in mezzo alla neve fresca, a meno di un'ora dalla chiusura delle piste, potrei non essere qui a raccontarlo.
Insomma, la mia stagione si è conclusa con una giornata di 21 ore: 7 di viaggio, 7 sugli sci e 7 all'ospedale di Borgo Sesia, dove attorno a mezzanotte gironzolavo scalzo (le scarpe erano ancora sulla macchina...), con una fame che avrei mangiato un maiale, e invece ho dovuto cenare qui:

Non crediatevi mai più forti della montagna!


PS: un pubblico ringraziamento davvero di tutto cuore al soccorso alpino e alla polizia di Alagna, che si sono dimostrati più che mai disponibili e professionali...