PARTE TERZA: IL DOLCE
Va bè, potrei anche chiuderla qui perché la parte davvero bella del viaggio è finita. Però resta ancora un giorno di sci, domenica. E quale posto migliore per chiudere questa avventura di Jackson Hole?
Breve flashback: anno accademico 2001-2002, all’epoca studiavo alla University of Chicago dove ho conosciuto Justin. Abbiamo subito legato grazie alla comune passione per lo sci. Lui reduce da due anni da ski bum a Jackson Hole, io ragazzo della pianura padana con molte meno sciate nelle gambe di quante ne avrei voluto avere. Fatto sta che per spring break organizziamo un viaggio con relative fidanzate e altri amici proprio a Jackson Hole. Per me è un’illuminazione, la prima volta che capisco cosa vuol dire sciare a 360 gradi, non solo dentro ma anche e soprattutto fuori dalle piste battute. Da li è partita la mia passione per la neve fresca e tutto quello che ne è seguito.
Ha quindi un sapore speciale tornarci a venti anni esatti di distanza, per chiudere questi fantastici otto giorni di sci made in the USA. Peccato solo che il meteo sia pessimo, la neve poca, i piedi massacrati dai quattro giorni precedenti. Quindi di sicuro non una sciata memorabile, ma pazienza, per quello ci sono stati i sette giorni prima di questo.
Un logo inconfondibile
Primi in fila per la prima funivia!
La mitica, ormai in pensione
E la nuova in arrivo
La discesa più bella giù dalle Hoback, come ai vecchi tempi
Piccolo aneddoto: il giornaliero a Jackson oggi costerebbe 200 cocuzze. Però hanno una promozione speciale: il “Golden Ticket”. Praticamente se hai uno stagionale per una qualunque stazione sciistica in qualunque parte del mondo il giornaliero è a metà prezzo. Sfodero quindi il mitico stagionale del Bondone, pagato poco più di 300 euro, che mi frutta 100 dollari di sconto. Ho quasi ammortizzato lo stagionale solo con questo giorno di sci.
Finita la sciata ci rimettiamo in viaggio per tornare a Bozeman. Quattro ore di macchina in cui godermi ancora una volta i panorami ampi del west americano, poi cena in famiglia da Justin ed è ora di fare le valigie per tornare in Italia.
E ora che sono qui una parte di me è rimasta sulle rive di Grassy Island. Mi porto via un po’ di rimpianto per non aver fatto queste esperienze da giovane quando tutto sarebbe stato più facile, ma anche una grande soddisfazione per aver avuto la possibilità di farlo adesso, con la consapevolezza che altre avventure ci aspettano. Sempre che riusciamo a convincere le rispettive famiglie a lasciarci partire di nuovo.
THE END