Curiosità geografiche naturali e antropiche - O vero come si divertono i Nerd skifosi

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provo a fare uno schizzo anch’io
Eccolo qua, bello rozzo (in rosso gli spartiacque tra bacini):
tosc-emi-rom.jpg

Il Sillaro, che è classicamente indicato come torrente di confine tra Emilia e Romagna (perlomeno in pianura), è ben lontano da toccare la catena spartiacque tirreno-adriatico.
Questo rappresenta effettivamente un problema perché bisogna decidere su quale fondovalle far passare il confine tra appennino emiliano e appennino romagnolo: sull'emilianissimo fondovalle del Setta o sul romagnolissimo fondovalle del Santerno?

Per me è Santerno, mi sembra la scelta meno problematica. Ne consegue come corollario che Firenzuola, nella Romagna toscana, essendo sulla sinistra del Santerno giace geograficamente nell'Appennino emiliano.
 
Appurato che la stazione di Zum Zeri rientra nell'Appennino ligure e non nel tosco-emiliano, mi confermate che Careggine (Alpi apuane) e Secchieta (Pratomagno) vanno considerate come stazioni del "sub-appennino"? L'Amiata con il suo piccolo comprensorio, invece, andrebbe catalogato come "anti-appennino", giusto? Detto questo, mi confermate pure che in Emilia e Romagna non vi è traccia di "sub-" o "anti-appennini"? Quindi, il comprensorio di Pellegrino parmense insiste nell'Appennino ligure, esatto? Strano per una località di collina a pochi chilometri da Parma e dalla pianura. Perché non si parla mai di "Preappennino" così come si parla di "Prealpi"?
 
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Sono lusingato 😁

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Mi chiedo comunque perché Imola e le colline retrostanti, benché romagnole, siano aggregate alla provincia di Bologna (si tratta dei sette comuni di Imola, Dozza, Mordano, Casal Fiumanese, Borgo Tossignano, Fontanelice, Castel del Rio).

Ieri, leggendo, sono venuto a sapere che i tre comuni di Casal Fiumanese, Fontanelice e Castel del Rio, il cui territorio si estende sulle colline del Sillaro e del Santerno a valle del confine con la Toscana, entrarono a far parte della provincia di Bologna solo nel 1884 (con la legge n. 2328 di quell'anno) abbandonando contestualmente la provincia di Ravenna.

I restanti comuni - ovvero Imola, Dozza, Mordano e Borgo Tossignano - appartengono alla provincia italiana di Bologna dalla sua costituzione nel 1859, però nella precedente suddivisione amministrativa dello Stato Pontificio questi erano parte (e qui si potrebbe aggiungere l'avverbio "giustamente") della Legazione di Ravenna...

Riassumendo: perché l'Imolese è stato strappato a forza dal materno seno ravennate per essere unito allo straniero bolognese?
 
Ultima modifica:
La più importante via di comunicazione in zona, la via Emilia, forse ha giocato un ruolo chiave a unire Imola più a Bologna che a Ravenna...

Risulta strano anche a me, certo è che rimane ormai una città a se stante, con una realtà consolidata molto diversa da Bologna (si pensi alla Ceramica vs Packaging), che potrebbe far (ex) provincia da sola, con 70.000 abitanti…


Avendo svariati amici Imolesi (città), si sentono molto più bolognesi che romagnoli…
 
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Occhèi, quindi romagnoli più di lingua che di cuore.
Bisogna continuare fino a Faenza per trovare finalmente un romagnolo through and through?
 
No ribadisco secondo me piu vai verso l’Appennino e più la romagnolità (di terra,
molto diversa da quella di mare), emerge inequivocabilmente.

Uno di Fontanelice è piu simile sicuramente a uno di Mercato Saraceno, che di Castello

Rimanendo in aria SS9, da Castelbolognese in giù l’orgoglio rmerge
 
Grazie della testimonianza di un quasi-indigeno.

Visto che hai citato Mercato Saraceno, vorrei allegare questa vecchia cartina:
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Essa deve essere di poco antecedente al distacco del circondario di Rocca San Casciano dalle provincia di Firenze e sua aggregazione alla provincia di Forlì.

Si vede che la provincia di Fiorenza, e quindi la Toscana, si estendeva fino a includere parte dell’attuale comune di Sarsina (Sorbano) sulla sponda sinistra del Savio; passando il Savio si entrava nel territorio di Sant’Agata Feltria, ovvero nelle Marche.

Sant’Agata Feltria era sicuramente il più eccentrico dei comuni marchigiani: parte del suo territorio si estende sulla Val Marecchia, ma un’altra parte (compreso il borgo stesso) si trova nel bacino del Savio. Com’è noto Sant’Agata, insieme a una manciata di altri comuni del Montefeltro, ha “cambiato casacca” passando all’Emilia Romagna una decina d’anni fa.

Insomma, fino a un centinaio circa d’anni fa il torrente Savio, in corrispondenza più o meno dell’attuale uscita di Sarsina sulla E45, separava la Toscana dalle Marche; ora invece quei luoghi sono, anche amministrativamente, Romagna piena.
 
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