Secondo me è accanimento, per non di emigrare ti ostini a restare in posti senza futuro, condannandoti a roderti il fegato incazzandoti ed insultando 365 giorni un gestore che, per quanto deludente, la danza della neve non potrà mai impararla.
Ma come puoi passare la vita ad aspettare una nevicata dal Rodano, che oramai arriva una volta ogni due anni e, mentre è in corso attaccarti a social a perculare gli ambientalisti con “non fiocca più

”. E poi durante le “finestre fredde” che oramai durano 7 ore e sono in totale due ogni inverno, versare bile a fiumi nei social contro chi non accende i cannoni, anche quando dopo son previste due settimane di sciroccone.
non posso che condividire..
Questi poveri maestri, preso atto che sono certi di non poter lavorare con continuità o al massimo pochi giorni in un anno, di cosa campano? prenderanno fondi regionali o europei o qualche sussidio di disoccupazione per mantenersi senza "lavoro"? Resilienza uber alles, ma fare il maestro di sci dove non c'è mai la neve diventa paradossale quasi come essere un "ottimo pornoattore che sta facendo voto di astinenza". Peraltro qui parliamo di una professione che richiede necessariamente un costante esercizio per essere validamente praticata, mi sembra che ci sia qualcosa di paradossalmente strano...
Secondo me. levata come sempre la fortunata e eccellente eccezione di Roccaraso, tra tanti fattori in pirmis climatici, il declino delle stazioni appenniniche è cominciato proprio quando nella gestione a livello normativo e operativo sono diventate protagoniste le "realtà locali". Quasi tutte le stazioni (vedi le marsicane) nascono su intuizioni, investimenti e/o speculazioni di soggetti privati estranei al territorio (che all'epoca era dedito a pastorizia e altre attività in estinzione) che portano innovazione, soldi, progetti; in pochi anni rivoluzionano il territorio creando alberghi, impianti e immobili, molti dei quali di qualità e gusto opinabile. Quando il tutto passa di mano o vede la maggior partecipazione delle "risorse locali" si passa alla staticità se non al declino, sicuramente legato al ciclo economico, ambientale e di altri aspetti, ma anche ineluttabilmente dovuto anche alla maggior pressione e presenza di logiche di "cortile", invidie, conflitti, mancanza di lungimiranza.
Lo dico cinicamente ma ad eccezione della succitata eccellenza, il legame al territorio è una delle zavorre che frena le crescita professionale, economica, di visione di ex potenziali località turistiche. Esempio evidente il maestro che invece di ambire al massimo del guadagno e del prestigio formandosi nelle eccellenze mondiali del nord Italia, rimane a "casetta" a lamentarsi che non lo facciano lavorare, Ovviamente ci sono poche ed eccellenti eccezioni, come chi ha fatto esperienza "al nord" o all'estero e può portare il suo valore aggiunto quando rientra "a casa". In verità chiunque porta nuove idee e progetti che siano nello sci, impianti, mtb, attività estive viene quasi sistematicamente "rigettato" dal sistema, o trova un muro di gomma che lo fa desistere o "scappare".
Per quanto riguarda il mondo immobiliare di quasi tutte queste stazioni si aprirebbe uno scenario troppo ampio. Prendendo atto che investimento immobiliare sulla montagna ad eccezione di roccaraso, lo puoi fare solo dove c'è altissima richiesta turistica, non in appennino. Con i costi che sono del tutto non confrontabili a quelli che sopportavano i genitori che "investirono" nelle case, residence, appartamenti etcc nelle nuove stazioni dell'epoca in appennino, oggi se si considerano gli oneri seconda casa, i costi utenze, la manutenzione di tutto si puo parlare tranne che di investimento.. Ovvio che anche "l'immobiliarista" di turno specula in quanto tale, e magari si prende un intero residence da vecchi proprietari esasperati, con difficoltà, disinteresse o "acqua alla gola" e riesce comunque "a fare girare" qualcosa, riaffittando, frazionando, rivendendo..
Poi la "disperazione turistica" innescata dal covid, che qualcuno citava con grande sarcasmo sul forum, dove gli "urbani" hanno riscoperto gli spazi aperti delle vecchie località appenniniche, apprezzando la natura, il verde, al contempo assuefandosi alla vista di ruderi di impianti, immobili fatiscenti o diroccati, abbandono, degrado, ha portato a una "microrinascita" del mercato locale delle stazioni.
Come egregiamente
@Vettore2480 indicava il fenomeno che ha preso piede su tutti è il "dove si mangia, come si mangia", conosco stazioni con 0 alberghi e 12 ristoranti, impianti quasi sistematicamente chiusi ma non trovi un coperto nel weekend manco se ti spari, è questo il futuro della montagna?