Alcune riflessioni sulle valanghe...

amen

Snowboarder
Mi sento di condividere con voi queste riflessioni che ho letto su Calcarea, bel blog di montagna di un concittadino...

Valanghe (tre vittime nella Lesachtal)

Ci ho pensato su un po’ prima di decidermi a dare risalto a questo articolo, comparso domenica su Tre vittime di una valanga nella Lesachtal » Austria vicina - Blog - Repubblica.it
Non volendo trovarmi, dopo averla tante volte criticata, a recitare la parte del beccamorto che usa per un risibile scopo un tragico fatto di cronaca.

Poi ho considerato che se non riflettiamo su determinate questioni a botta calda, abbiamo meno probabilità di essere convincenti e di modificare le convinzioni e i comportamenti propri e di chi legge. Da scialpinista dell’ultima ora non mi sento però di fare commenti, che risulterebbero verosimilmente impropri e avventati. Spero che qualche autorevole lettore intervenga per focalizzare i possibili insegnamenti che i praticanti di scialpinismo potrebbero trarre da questa terribile vicenda.

Dalla lettura del resoconto, molto particolareggiato, posso solo elencare una breve serie di elementi in ordine sparso, così come mi sono venuti in mente: non per la prima volta risultano coinvolte persone esperte e di sicuro informate sulla problematica del distacco di valanghe. Segno evidente, al di là delle personali responsabilità, che la valutazione del pericolo, diversamente che in altre attività praticabili in ambiente montano (alpinismo,arrampicata), è oggettivamente molto difficile. Mi viene quindi spontanea una domanda: se sbagliano i più esperti, cosa aspettarsi da quelli che ne sanno molto di meno?

Una così alta imprevedibilità dovrebbe consigliare enorme prudenza soprattutto quando le previsioni siano già di per sè catastrofiche: valutazione di rischio 4 dal Bollettino Valanghe, pendio aperto con inclinazione già ragguardevole, quantità di neve accumulata in un versante esposto ai forti venti dei giorni precedenti. E così via….

13.01.18-lawine2_726_guggenberger.jpg


“Tre vittime di una valanga nella Lesachtal“

“Aveva un fronte di 300 metri e una lunghezza di 200 la valanga che venerdì ha travolto tre scialpinisti austriaci, mentre stavano salendo al Mittagskofel (2250 metri), un monte minore della dorsale carnica, sul versante carinziano, a soli due chilometri in linea d’aria dalla cresta di confine con l’Italia, tra il Peralba e il Volaia. Le vittime sono Manfred Steiner, 56 anni, di St. Lorenzen im Lesachtal, capo della stazione del soccorso alpino della valle, e i coniugi Konrad ed Helene Hofmann, rispettivamente di 51 e di 41 anni, di Frohn, anch’essi membri della locale squadra di soccorso alpino (lei era stata una delle prime donne ad entrarne a far parte). Il primo lascia tre figli ormai cresciuti; i coniugi Hofmann, due figli piccoli, Clemens di 9 anni e Juliana di 7.

Erano partiti all’alba, nonostante le avverse condizioni meteo e il pericolo valanghe di livello 4 (forte), che avrebbe dovuto sconsigliarli dal muoversi. Il percorso sale da Mühlenwirt e attraversa dapprima abetaie, che nel tratto superiore lasciano il campo ad ampi pendii erbosi, in questi giorni ricoperti dalla neve recentemente caduta in abbondanza. La tragedia è avvenuta in questo tratto, a quota 1850, quando alla vetta li separava un buon dislivello di 400 metri circa. Ieri gli uomini della Polizia alpina hanno cercato di ricostruirne la dinamica.

I tre escursionisti stavano risalendo un pendio con un’inclinazione di 35° circa, quando all’improvviso, 270 metri più in alto, si è distaccato un primo lastrone di neve, che ha causato un effetto a catena, con il successivo distacco di altri quattro blocchi. Gli escursionisti sono stati così travolti da un’enorme massa di neve, che li ha dispersi in un raggio di cento metri. Il fenomeno dev’essere stato improvviso, tanto che uno dei tre, che aveva nello zaino un sistema air-bag antivalanga, non ha fatto in tempo ad azionarlo e a provocarne il rigonfiamento.

Data la quota, si suppone che la disgrazia sia avvenuta al mattino, mentre i tre stavano ancora salendo. Non ci sono stati testimoni. L’allarme è stato dato soltanto nel primo pomeriggio dai genitori della donna, che attendevano la figlia e il genero per il pranzo e, non vedendoli arrivare, hanno chiamato il soccorso alpino.

Le ricerche sono state complicate dal fatto che i tre non avevano lasciato detto a nessuno la meta della loro ascensione. È stato necessario così ispezionare tutte le valli laterali della Lesachtal, finché a Mühlenwirt non è stata trovata la loro auto. Ciò ha consentito di concentrare le ricerche verso il Mittagskofel. Vi hanno partecipato 40 uomini delle squadre di soccorso della Lesachtal, di Hermagor e della valle della Drava, con il supporto di un elicottero “Libelle” della polizia e di due cani.

La valanga è stata individuata abbastanza facilmente, ma, date le dimensioni, le ricerche con le sonde sono state piuttosto laboriose. Non è stato riferito se i tre scialpinisti fossero dotati di rilevatori Arva e se questi strumenti abbiamo agevolato il ritrovamento dei corpi. In ogni caso, dato il tempo trascorso, sarebbe stato un miracolo trovarli ancora in vita, sepolti a un metro di profondità. Due salme sono state rinvenute in breve tempo, la terza ha richiesto una ricerca più lunga. Poi tutte sono state trasportate a valle con l’elicottero e ricomposte della chiesa di Obergail.

La disgrazia ha provocato uno choc nella popolazione della Lesachtal, di cui le tre vittime erano membri attivi. Inevitabile la domanda sull’opportunità di mettersi in marcia in presenza di un pericolo valanghe di livello 4. E che dire poi del fatto di non aver comunicato ad alcuno la meta? Gli uomini del soccorso alpino non hanno voluto rispondere. Le vittime erano loro colleghi e uno, anzi, il loro capo. I funerali saranno ccelebrati martedì prossimo, alle 11.”
 
Beh Max, che vuoi dire :( ... è sempre difficile analizzare da casa una situazione avvenuta in montagna. Purtroppo tutti sbagliamo, esperti o non esperti. Tra l'altro non conosco la salita in questione, percui non ci provo neanche a giudicare. Sicuramente loro la conoscevano molto bene.
Mi viene da fare solo una considerazione, tra l'altro non specificatamente legata al caso specifico, e che è che con grado 4, quando si sceglie una gita, oltre che valutare che questa sia facile e non percorra pendii pericolosi, bisogna anche ricordarsi di tener sempre conto che non sia esposta a possibili valanghe che si staccano dai pendii laterali. Cosa questa cui forse non tutti tengono in considerazione. A volte anche una innoqua stradina di fondo valle nel bosco può essere molto pericolosa con i gradi 4 o 5.
 
linko questa discussione di un altro incidente avvenuto non molto lontano...

http://www.skiforum.it/forum/discussioni-generali/66351-valanga-casera-razzo-1-morto.html

e le considerazioni del capo del soccorso alpino cadorino


articolo di montagna.tv

Valanghe e incidenti, perchè le vittime sono sempre gli esperti e i prudenti?
17 dicembre 2012 Autore: Sara Sottocornola

“Era un grande esperto di montagna”, “molto prudente”, “assolutamente non spericolato”. Sono queste le frasi che circolano, immancabilmente, il giorno dopo un incidente in montagna. Circolano oggi, dopo che alcune persone sono morte travolte dalle valanghe di neve fresca dopo forti precipitazioni. E sono circolate in quasi tutti i grossi incidenti recenti e meno recenti in quota.

Voglio chiedervi perchè. Perchè venerdì è arrivata una grossa nevicata e tra ieri e oggi ci è toccato scrivere di 5 morti in valanga. Colpa dei giornali? Simpatica idea. Basterebbe chiuderli e sarebbero tutti vivi, allora? Poi vorrei sapere perchè, più spesso di quanto sarebbe logico, sono i prudenti e gli esperti a finire vittima di incidenti. Pensateci sinceramente. Le possibilità sono tre: non erano così esperti, lo erano ma hanno sottovalutato la situazione, sono solo sfortunati.

Forse per qualcuno può essere consolatorio pensare una cosa del genere. Ma personalmente a me fa rabbia quando qualcuno muore in montagna, soprattutto se sono i cosiddetti “esperti” che, invece, dovrebbero essere quelli che sopravvivono e si salvano. Altrimenti vuol dire che la montagna è un gioco al massacro, che tu puoi essere più o meno bravo ma quando ti tocca ti tocca. E’ così? Credo proprio di no.

La fatalità certo gioca molto, in ambienti come questo. Ed è molto difficile stabilire dei limiti. Ma la sfortuna non può essere causa e spiegazione del 100% degli incidenti. Riconoscerlo, forse, ci aiuterebbe a evitarne altri. Forse non molti, ma qualcuno magari sì.

L’altro giorno un amico guida alpina mi faceva notare che i bollettini meteo non sono “Vangelo”, e che il pericolo valanghe può essere 4 in un vallone e 2 sul pendio a fianco. Gli ho risposto che secondo me erano comunque indicazioni utili per i meno esperti, perchè la valutazione del pendio non è così immediata per tutti. A me risuonano ancora in testa le voci degli istruttori del corso di scialpinismo che martellavano sul pericolo valanghe: le frasi come “è bello uscire con tanta neve fresca ma è una delle cose più rischiose che ci siano se non sai valutare esattamente il percorso”. Forse mi restano in mente perchè sono fifona.

Però mi chiedo, non sarà che a volte ci si sente di poter gestire con sicurezza situazioni che in realtà sono al limite delle propria capacità di valutazione? Non sarà che questo accade più spesso a coloro che vanno più spesso in montagna? Io sinceramente di discorsi così: “ma chi se ne frega” “ma tanto non succede niente”, tra risate e sghignazzi, ne ho sentiti fare tanti, ma tanti, da amici e da sconosciuti. La maggior parte delle volte è vero, va tutto bene. Nessuno però lo ammette, quando purtroppo capita qualcosa. Era sempre una cosa super-sicura di super-esperti che è andata male per chissà quale motivo. Oppure è il milanese che ha sbagliato le scarpe. Vie di mezzo, zero.

Certo, il rispetto del dolore dei familiari è prioritario in questi casi. Ma a volta mi piacerebbe anche vedere qualche analisi obiettiva, in cui si riconoscono eventuali errori che magari un domani possono essere evitati da altri.

E per carità basta con i commenti patetici, frasi fatte come “inseguiva un sogno ed è morto per quello”, perchè fanno solo rabbia. “Gli alpinisti veri sono quelli che rimangono vivi”: è una frase detta da tutti i più grandi, non sempre può essere rispettata e forse sarebbe meglio ricordarselo. Questa linea di pensiero fa solo male alla montagna.

In montagna si può morire, come per strada: non è un merito, al massimo una fatalità. Ma non sempre.

(pubblicato il 17.12.2012 su Valanghe e incidenti, perchè le vittime sono sempre gli esperti e i prudenti? | Montagna.TV)
 
Entro in questi topic con il massimo rispetto.. Non sono un esperto di scialpinismo ne' di valanghe, pero' faccio un lavoro che ha come attivita' principale le parole "gestione del rischio" , naturalmente in un ambito completamente diverso dalla montagna e dallo sci. Vi posso dire e confermare che e' frequente, tra i piu' esperti, trovare persone che tendono a minimizzare il rischio per eccesso di confidenza e fiducia nei propri mezzi, dimenticando che la stragrande maggioranza degli eventi avversi avviene non per una precisa incapacita' ( come molti pensano) , ma per una serie di piccole inadempienze, spesso, di per se' , non sufficienti per provocare l'evento avverso, ma che messe insieme, provocano il danno. E' la teoria dei "buchi nel formaggio svizzero" di james Reason
Human error

Ecco. Gli esperti morti sotto la valanga erano sicuri di loro stessi, delle loro attrezzature, ma non hanno considerato, ad esempio, la velocita' della valanga, tanto che nessuno e' riuscito ad aprire l'airbag che li avrebbe fatti galleggiare sulla neve...
 
Parlo dalla mia bassissima esperienza nel campo. In modo molto pacato.

Quello che ho capito io, da quando vado fuoripista sia con impianti che senza è che l'incidente tragico spessissimo è causato da una concatenazione di decisioni errate, casualità e comportamenti sul campo sbagliati. Non è mai (o almeno lo è molto raramente) un solo errore a determinare la tragedia ma tante piccole scelte che t'incanalano, fatalmente, verso la tragedia. Se non hai la capacità e la sensibilità di comprendere e "vedere" la "catena" e, quindi, di spezzarla vai incontro all'incidente ovvero a quella situazione in cui sei in totale balia degli eventi. Quand'è così spesso va male.

I meno esperti hanno la fortuna di avere meno dimestichezza, resistenza fisica, capacità tecnica e caparbietà. Queste "non qualità" li salvaguardano. Quante volte insieme ai miei amici avremmo voluto andare avanti e ci siamo fermati, pur non essendo necessario, per stanchezza fisica, per un qualche assembramento di nuvole sospetto poi rivelatosi una chimera, per semplice paura ? Tante tantissime volte. Abbiamo rinunciato a tante gite inutilmente ma chissà (nessuno può dirlo), forse dietro una di queste si sarebbe potuto nascondere l'incidente grave.

Per gli esperti non è così. Riescono a far fronte a situazioni contingenti con facilità grazie ad esperienza ed allenamento. La montagna è bella perchè ti pone davanti a difficoltà da risolvere via via crescenti. Ognuno può trovare pane per il proprio livello. Arrivi ad un punto che sei talmente bravo e ti fidi talmente delle tue capacità da riuscire a bypassare le difese naturali che il tuo istinto di sopravvivenza ti pone davanti e non sei più capace, a livello inconscio, di leggere "la catena" o di temerla a sufficienza.

Sarebbe interessante che qualcuno con capacità ed esperienza sopra la media (ed in questo forum ci sono) intervenisse per dire la sua tanto per capire il perchè e quali meccanismi mentali spingono personale del soccorso alpino a risalire un pendio di 35° con pericolo valange 4 e tanta neve al suolo....

Quest'ultima frase è scritta pensando anche ai due ragazzi morti a Roccaraso mentre si trovavano in una zona famosa per le valanghe disastrose... perchè erano li se conoscevano bene il luogo e le conseguenze che può provocare il distacco di uno spesso ed ampio lastrone di neve ? Non è una domanda polemica.. veramente vorrei capire i meccanismi mentali. Chissà diventassi un giorno anch'io esperto... magari salvo la ghirba...
 
Vi posso dire e confermare che e' frequente, tra i piu' esperti, trovare persone che tendono a minimizzare il rischio per eccesso di confidenza e fiducia nei propri mezzi, dimenticando che la stragrande maggioranza degli eventi avversi avviene non per una precisa incapacita' ( come molti pensano) , ma per una serie di piccole inadempienze, spesso, di per se' , non sufficienti per provocare l'evento avverso, ma che messe insieme, provocano il danno. E' la teoria dei "buchi nel formaggio svizzero" di james Reason
Human error

Quoto il tuo intervento!! È ciò che accade ad es. nel mondo aeronautico.......
 
argomento affrontato più volte....in questo caso ci troviamo di fronte a una situazione strana per le dolomiti.....fino a domenica mattina c'era un sacco di neve fresca leggera ma lenta causa basse temperature.....noi abbiamo girato sul sella venerdì e sabato senza nessun problema, molti altri hanno tracciato quasi tutta la marmolada, la zona di arabba, eccetera.....e non si muoveva niente neanche arrivando a ciodo e mettendosi di traverso....

domenica dopo le 12 al san pellegrino dove era stato tracciato la poca neve nuova, molto più umida, andava giù al primo sfioro, dove non era tracciato le fette che partivano comprendevano i 50-80 cm leggerissime dei giorni precedenti.....quindi secondo me il grado 4 c'era tutto

probabilmente l'incidente di casera razzo e quello di arabba sono molto diversi per dinamica e svolgimento.....ma secondo me c'é un fattore comune....indipendentemente da esperienza, attrezzatura e forma mentis con la quale si affronta un pendio

che si tratti di esperti o meno esperti, di cinquantenni o trentenni, la nostra attività é bellissima ma allo stesso tempo rischiosa, e spesso, per fare un pendio con più o meno neve fresca, più o meno ripido, ce la giochiamo, chi fa le stesse cose e non ammette questo mente a sé stesso....quelli che invece non accettano un certo grado di rischio scelgono pendii con bassa pendenza, in bosco fitto, su neve assestata e trasformata.....cose che per uno sciatore/snowboarder di medio alto livello sono scartate in partenza

ancora oggi leggo su un noto forum di skialp qualche "tradizionalista" che scrive " la sciata tipo freeride carica molto di più il pendio rispetto alle curve strette classiche".....quando invece é evidente che uno sciatore. o snowboarder che scende quasi dritto e molto veloce non carica il pendio o molto poco e se si muove qualcosa ha qualche speranza di evitare di essere travolto......

io la vedo così. ....oggi ci sono molti scialpinisti anche esperti e molti freeriders.....e molti cercano la neve fresca, spesso si rischia più del dovuto (anche noi l'abbiamo fatto e ci é andata bene), poi se si viene contagiati dalla mentalitá stile chamonix é anche peggio.....
 
aggiungo un altro spunto

http://montagnasicura.it/j/images/stories/ms/rischio_valanghe_cai_2010_04.pdf

Il rischio valanghe, Fattore umano e trappole euristiche

Bravo Amen,
fai bene a tirar fuori questi argomenti. E' da un po' che il forum si è spento.... non c'è più forse quel fervore di qualche annetto fa, quando ci si accapigliava su questioni etiche e personali... ed è invece l'anima delle piccole comunità come queste, secondo me. E forse è compito nostro, di quelli che da più tempo abzzicano qui e che hanno qualche capello bianco, tener vivo lo spirito critico.
Da ormai qualche anno, e ne vado fiero, frequento la montagna in inverno in modo diverso. Diverso dalle masse ovine che sciamano lungo i tratturi segnati. Questo richiede cervello, cuore, coraggio e un po' di incoscienza. E da qualche inverno, ormai, ho raggiunte delle convinzioni.
La prima è che quello che più ci attrae è proprio l'imponderabilità. Puoi fare un bel cuneo di slittamento prima di partire, leggere i bollettini, guardare i cristalli al microscopio, consultare il volo degli uccelli, sacrificare un gallo nero ad Odino... ma niente ti dice che tornerai intero a casa... mi spiego. Non esiste prova che cento metri più sotto il pendio non sia completamente diverso da come è qui, ora. E quando ci entrerai a 50-60km/h non potrai che sperare che tutto vada bene.... ci sono così tante incognite e variabili da rendere impossibile una previsione seria. Ci si attesta su una media, un calcolo probabilistico, ma son fatte salve milioni di eccezioni. E questo, mettetevi l'animo in pace, a noi piace.
La seconda, cari miei, è che l'esperienza a volte frega. Ti è andata bene un migliaio di volte, e si tende a sottovalutare il rischio. Se si è stanchi, se c'è un giovane che scalpita e a cui fai da mentore, se c'è una biondina con un bel sorriso, se c'è fresca perfetta... come dice l'articolo ben scritto, trappole euristiche, in cui tutti cadiamo... la più frequente per me è davvero l'istinto del lupo, la prima traccia... devo stare davanti, è incontrollabile... e mi espongo a più rischi di tutti... lo so. lo accetto. Ci vuole un po' di fortuna.... L'esperienza deve suggerirti come non entrare nei casini, ma se già sei dentro è fatta...
Questa è la mia opinione, basata su anni di belle esperienze e grosse strette di culo... ma tutte andate a buon fine complice il buon senso.
Scrivete, esponete i vostri pensieri.... non può che farci bene.
Doc.
 
Bravo Amen,
fai bene a tirar fuori questi argomenti. E' da un po' che il forum si è spento.... non c'è più forse quel fervore di qualche annetto fa, quando ci si accapigliava su questioni etiche e personali... ed è invece l'anima delle piccole comunità come queste, secondo me. E forse è compito nostro, di quelli che da più tempo abzzicano qui e che hanno qualche capello bianco, tener vivo lo spirito critico.
Da ormai qualche anno, e ne vado fiero, frequento la montagna in inverno in modo diverso. Diverso dalle masse ovine che sciamano lungo i tratturi segnati. Questo richiede cervello, cuore, coraggio e un po' di incoscienza. E da qualche inverno, ormai, ho raggiunte delle convinzioni.
La prima è che quello che più ci attrae è proprio l'imponderabilità. Puoi fare un bel cuneo di slittamento prima di partire, leggere i bollettini, guardare i cristalli al microscopio, consultare il volo degli uccelli, sacrificare un gallo nero ad Odino... ma niente ti dice che tornerai intero a casa... mi spiego. Non esiste prova che cento metri più sotto il pendio non sia completamente diverso da come è qui, ora. E quando ci entrerai a 50-60km/h non potrai che sperare che tutto vada bene.... ci sono così tante incognite e variabili da rendere impossibile una previsione seria. Ci si attesta su una media, un calcolo probabilistico, ma son fatte salve milioni di eccezioni. E questo, mettetevi l'animo in pace, a noi piace.
La seconda, cari miei, è che l'esperienza a volte frega. Ti è andata bene un migliaio di volte, e si tende a sottovalutare il rischio. Se si è stanchi, se c'è un giovane che scalpita e a cui fai da mentore, se c'è una biondina con un bel sorriso, se c'è fresca perfetta... come dice l'articolo ben scritto, trappole euristiche, in cui tutti cadiamo... la più frequente per me è davvero l'istinto del lupo, la prima traccia... devo stare davanti, è incontrollabile... e mi espongo a più rischi di tutti... lo so. lo accetto. Ci vuole un po' di fortuna.... L'esperienza deve suggerirti come non entrare nei casini, ma se già sei dentro è fatta...
Questa è la mia opinione, basata su anni di belle esperienze e grosse strette di culo... ma tutte andate a buon fine complice il buon senso.
Scrivete, esponete i vostri pensieri.... non può che farci bene.
Doc.

Concordo Doc.

Da quando peraltro lessi il buon Oden ed il concetto di "hot spot", alla fine è difficile prendere per buone le nozioni relative a cunei, stratificazione, etc.. Con questo non vuol dire che non siano utili, ma che di fatto RIDUCONO semplicemente un RISCHIO.

E' come alla roulette.. giochi i cavalli, i gemelli, la terzina, ma la chance che esca il doppio zero ce l'hai sempre, punto.
 
Concordo Doc.

Da quando peraltro lessi il buon Oden ed il concetto di "hot spot", alla fine è difficile prendere per buone le nozioni relative a cunei, stratificazione, etc.. Con questo non vuol dire che non siano utili, ma che di fatto RIDUCONO semplicemente un RISCHIO.

E' come alla roulette.. giochi i cavalli, i gemelli, la terzina, ma la chance che esca il doppio zero ce l'hai sempre, punto.

Direi che basterebbe la CONSAPEVOLEZZA che il rischio esiste a prescindere anche quando prendiamo tutte le precauzioni del caso per ridurre di molto gli incidenti. Da come si buttano alcune persone sembra che si trovino al sicuro fra le pareti della loro casa. Sembra che loro siano invulnerabili. Quando parlo di certe persone parlo di tutti in momenti diversi... a tutti prima o poi la vena si chiude di fronte ad un pendio intonso e APPARENTEMENTE sicuro
 
Ma allora è più giustificato chi è ignaro e passa piuttosto di chi è consapevole del rischio e nonostante questo passa lo stesso.
Personalmente credo che rinunciare al pendio quando ce l'hai davanti è difficile, perciò tendo a rinunciare da casa, scegliendo un posto meno pericoloso a priori, è una rinuncia più facile.

Quello che però mi spaventa è la ressa da prima traccia, io non vedo molta gente che si ferma a valutare i pendii, tutti giù a cannone e chi si ferma è perduto. Mah...
Che fine ha fatto, prima tu, poi io e fermati in una posizione sicura?

Tra l'altro uno può essere anche coscienzioso, ma se trova la gente che gli cliffa sopra la testa, cosa ci può fare?
 
Top