Ho appena letto “Senza mai arrivare in cima” di Paolo Cognetti.
E’ il resoconto di un lungo trekking nella regione del Dolpo, politicamente nepalese ma abitata da tibetani.
La materia è interessante, ma la narrazione è appesantita dalle continue elucubrazioni dell’autore sulla purezza della montagna, la sacralità del viaggio, la ricerca di se stessi, l’elogio dell’essenziale in contrapposizione al dominio del superfluo nel mondo moderno, eccetera eccetera.
Insomma: non lo consiglio.
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Consiglio invece la lettura di un libro che mi è tornato in mente dopo avere archiviato il lavoro di Cognetti, e cioè “Con il favore degli Dei” di Tichy.
E’ il racconto dell’agile spedizione austriaca, capitanata dall’autore, che riuscì a salire per la prima volta sul Cho Oyu.
Lo lessi un paio di anni fa, dopo essermi imbattuto per caso in una traduzione inglese liberamente disponibile in rete.
Il libro, direi poco conosciuto, manca del tremendo pathos che pervade ad esempio ogni pagina del celeberrimo “Annapurna”; ma ne è privo perché quella spedizione austriaca, a parte il fatto che non incontrò ostacoli rilevanti nella conquista di quel (relativamente) facile ottomila, era costruita in modo affatto diverso da tutte le altre ad essa coeve.
Colpisce l’approccio rispettoso e sinceramente interessato dell’autore nei confronti degli indigeni e della loro cultura, ed è molto bello leggere del progressivo formarsi di intensi legami di amicizia con i membri nepalesi della spedizione, alcuni dei quali (uno in particolare) ebbero un ruolo alpinistico fondamentale per il successo dell’impresa.
Quindi, più che di un’impresa eroica, il libro narra di un’intensa avventura con il lieto fine, vissuta con gioia e in amicizia.