[Non c’avevamo capito niente] - 2. Inizio curva sull’avampiede, fine curva sul tallone

nedjem

Well-known member
Secondo capitolo della miniserie sui luoghi comuni del mondo dello sci. Per una premessa generale, rimando al primo capitolo.

Ho invertito l'ordine del secondo e terzo capitolo, visto che i commenti al primo portavano più verso questo argomento che verso il tuffo. Quindi del tuffo ne scriverò in seguito.

Inizio curva sull’avampiede, fine curva sul tallone​

Questo è un argomento piuttosto di moda, diciamo che è il nuovo Sacro Graal che si sente consigliare un po’ a tutti. Come in altri casi, l’idea alla base non è sbagliata (anche perché viene diffusa da istruttori nazionali di tutto rispetto, ci mancherebbe), a patto che per metterla in pratica non ci si ritrovi a perdere elementi per strada. Il punto focale è sempre lì, per cercare di rendere le cose semplici si rischia di darne altre per scontate, e se chi deve recepirle non mette insieme i pezzi correttamente rischia di sbagliare senza neanche rendersene conto.

Quindi qual è il punto focale della questione? Ricollegandomi agli ultimi commenti fatti nel capitolo precedente, il punto focale per me è stato quello di capire che nella fase di avanzamento e relativo carico sull’avampiede dovevo mantenere attivamente (e sottolineo “attivamente”) il tallone a contatto con la soletta dello scarpone. Per lungo tempo avevo pensato unicamente a portare avanti il bacino e che fosse sufficiente il giusto scarpone della taglia corretta per mantenere il tallone nella sua sede, o comunque che non fosse necessaria un’azione volontaria; poi ho capito che il risultato non era ottimale. Il tallone magari non si alzava fisicamente grazie allo scarpone, ma le forze che andavo a creare all’interno dello scarpone erano deleterie per una serie di motivi:
  • equilibrio ridotto, perché se sono in punta di piedi ho meno equilibrio rispetto a quando poggio tutta la pianta
  • code scariche, scarsa aderenza e maggior propensione a girare con i piedi almeno nella prima parte di curva: questo inficia anche le fasi successive, nelle quali è più difficile recuperare lo spigolo
  • mi sono procurato una brutta infiammazione a un tallone per la pressione a cui lo sottoponevo a ogni curva. In realtà è stata questa infiammazione a farmi ragionare sull’argomento, e mi è servita come “sensore” per capire che stavo aggiustando il tutto: quando non sentivo male, significava che avevo mantenuto attivamente il tallone al suo posto, se mi affidavo unicamente allo scarpone sentivo dolore.
  • ultimo ma non ultimo, si sfondano le scarpette degli scarponi con una velocità maggiore. Questo può non essere un problema per chi fa poche giornate all’anno, ma per chi ne fa tante può significare riuscire a fare una stagione in più con la stessa scarpetta.
Come ho ottenuto lo scopo di mantenere attivamente il tallone a contatto con la soletta dello scarpone? Credo che ormai si sia capito, la chiave è sempre l’azione di dorsiflessione (o “chiusura”) della caviglia (consultare il capitolo precedente per maggiori info). Quello che forse non ho chiarito nel primo capitolo è che questa è un'azione che aggiungo al normale movimento del bacino, non è un qualcosa che sostituisce l'avanzamento. Semplicemente lo completa.

Il discorso è similare se parliamo della fase di chiusura della curva, durante la quale il focus di un numero sempre maggiore di sciatori evoluti è quello di portare il carico sul tallone: se la caviglia è chiusa attivamente l’effetto è ottimo, si avverte chiaramente una chiusura della curva super solida che restituisce sensazioni di grande tenuta.
Se invece la caviglia è aperta portare il carico sul tallone porterà nella maggior parte dei casi a un arretramento (per quanto piccolo ed eventualmente gestito/limitato dagli addominali) e a un probabile cedimento, perché il corpo si ritroverà disallineato e dovrà quindi gestire i carichi unicamente grazie alla forza muscolare. Inoltre aumenterà il pendolo sull’asse antero/posteriore, rendendolo molto più difficile da gestire sia come tempismi, sia come sforzi. Se arretro troppo, dovrò portarmi molto avanti per recuperare la centralità, se invece creo solidità con la contrazione dei muscoli tibiali riesco ad avere un pendolo più contenuto, più rapido e più facilmente gestibile.

Questo è il motivo per cui, al momento attuale, ho qualche dubbio sul voler riaprire la caviglia volontariamente tra una curva e l’altra. Onestamente non ho ancora trovato una fase in cui la chiusura della caviglia non sia utile. Mi rendo conto che ci sono fasi in cui aumento l’intensità dell’azione e fasi in cui non ci penso, ed è possibile che nelle fasi in cui non ci penso ci sia un’apertura “automatica” (viene meno la chiusura volontaria, può essere che avvenga un’apertura involontaria). Però in generale mi viene da dire che mantenere quel tipo di azione muscolare su tutto l'arco di curva male non fa, perché è utile in tutte le fasi della curva (cambio compreso se inseriamo almeno una componente di rilascio della gamba esterna, ma non voglio andare OT).
Anche in questo caso, non sto dicendo che l'azione di caviglia sia sufficiente per gestire totalmente le azioni sull'asse anteroposteriore: semplicemente rende tutto il resto molto più solido, rapido ed efficace.

Altro piccolo aspetto, che inserisco qui perché è correlato e non merita una discussione a parte: la contrazione volontaria del gluteo esterno alla curva. Argomento discusso sui livelli medio/alti, ho provato a farlo per lungo tempo senza riuscirci e non capivo perché. Se il bacino non è allineato correttamente, se c’è un minimo arretramento, non si riesce a creare una buona contrazione attiva del gluteo, non c’è verso. Ci si riesce invece quando l'allineamento è corretto, e di nuovo, la contrazione dei tibiali nel mio caso è risultata fondamentale. È quindi un ottimo feedback per capire se si è realmente allineati correttamente o se si ha solo l’impressione di esserlo.

Spero che questo post chiarisca qualche punto che ho lasciato scoperto nel primo capitolo, se vi sembra che manchi qualcosa sarei felice se voleste aggiungere ciò che credete opportuno.
 
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Leggendo molte interpretazioni del gesto tecnico sul forum, andando oltre la validità o meno dell'interpretazione, mi viene spesso la sensazione che si dia più valore al gesto in sé che considerarlo uno strumento per godere al massimo della sciata, interpretando il terreno, la superficie e anche il proprio mood del momento.

Per come la vedo io un buon sciatore deve essere in grado di variare i dettagli della propria sciata in modo consapevole e anzi traendone godimento. La consapevolezza e il controllo del gesto e delle sue conseguenze è quello che, per me, definisce lo sciatore maturo.

Trovi una neve un po' più pesante e profonda e vuoi fare qualche curva sfruttando qualche arretramento e/o apertura di caviglia a fine curva? Senti la neve ha tanto grip, tiene molto e metti dentro una sequenza "pure carving" sfruttando piacevolmente solo la sciancratura senza dissociare o caricare? Vedi davanti a te un piccolo avvallamento del terreno e lo usi per staccare gli sci da terra fare un cambio "volante" in mezzo a tante carvate classiche?
Un bravo sciatore riesce a capire se può fare queste interpretazioni e quale sarà l'output finale. Altrimenti sciare diventa una cosa molto più noiosa.

Sperimentare tutto, farlo proprio e poi gestirlo a piacimento, anche quello che alcuni classificherebbero come errore, ma, se voluto, errore non è.
 
Tutto molto interessante, ma in quale "indirizzo tecnico siamo" ? Perchè il discorso dei talloni cambia a seconda delle scuole, eh...
 
Tutto molto interessante, ma in quale "indirizzo tecnico siamo" ? Perchè il discorso dei talloni cambia a seconda delle scuole, eh...
Quando un’idea è interessante credo si possa prendere a prescindere dalla provenienza. La prima volta credo di averlo letto in “ultimate skiing”, quindi scuola americana. Sono certo che ne parlassero anche Tom Gellie, scuola australiana, Deb Armstrong, di nuovo americana, Jean Francois Beaulieu, canadese, e anche la nostra Barbara Milani. Ultimamente ne sento parlare anche dai maestri italiani quindi direi che è un argomento sdoganato anche qui da noi.
 
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....Apex ... Angolo caviglia... Direzione della spinta della gamba..( freccia gialla)
 

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....Apex ... Angolo caviglia... Direzione della spinta della gamba..( freccia gialla)
Forse sarebbe meglio argomentare un minimo, altrimenti diventa difficile capire cosa tu voglia dire e per risponderti bisogna tirare a indovinare. Forse vuoi dire che Tom Gellie (credo sia lui) non si preoccupa di tenere la caviglia chiusa su tutto l’arco di curva? Se il tuo intento era questo, ti risponderei che:
  1. Tom Gellie non parla di chiusura attiva della caviglia, l’ho nominato solo a proposito della chiusura curva sul tallone
  2. Anche se la caviglia è fisicamente aperta, non significa che non ci sia tensione muscolare dei muscoli tibiali per limitare l’apertura
  3. In quella piega il bacino è abbastanza arretrato, non so se la prenderei come esempio a cui tendere in senso assoluto
 
Sei abbonato a Big Picture skiing ? Partecipi alle lezioni online e al forum ? Ci sono ore di discussione sul front side heavy e il back side heavy .... Per farla breve potremmo dire che Tom parla di peso avanti a inizio curva e peso indietro in chiusura curva ...ma lo fa' partendo dal presupposto che la parte più pesante del nostro corpo sta dal bacino in su , quindi lo usa a piacimento. Sulla contrazione dei tibiali non ricordo lezioni in merito ma immagino lo dia per scontato nel momento in cui bisogna tenere la caviglia solida .
 
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Forse sarebbe meglio argomentare un minimo, altrimenti diventa difficile capire cosa tu voglia dire e per risponderti bisogna tirare a indovinare. Forse vuoi dire che Tom Gellie (credo sia lui) non si preoccupa di tenere la caviglia chiusa su tutto l’arco di curva? Se il tuo intento era questo, ti risponderei che:
  1. Tom Gellie non parla di chiusura attiva della caviglia, l’ho nominato solo a proposito della chiusura curva sul tallone
  2. Anche se la caviglia è fisicamente aperta, non significa che non ci sia tensione muscolare dei muscoli tibiali per limitare l’apertura
  3. In quella piega il bacino è abbastanza arretrato, non so se la prenderei come esempio a cui tendere in senso assoluto
Arretrato ? Con che cosa?
 
Sei abbonato a Big Picture skiing ? Partecipi alle lezioni online e al forum ?
No, non più, gli ultimi video che ho guardato risalgono a più di un anno fa e non ricordo che parlasse di azioni di questo tipo.
Arretrato ? Con che cosa?
Non ho scritto che lo sciatore è arretrato, ho scritto che il bacino mi sembra molto arretrato, ovviamente rispetto ai piedi. Può essere che il frame mi inganni, ma mi sembra che, nonostante la forte piega che in parte giustifica questo ipotetico arretramento, il bacino sia più indietro del dovuto. Purtroppo dal taglio della foto non si vede la spatola, e comunque l’obiettivo deforma quindi non è affidabile, ma ho anche la sensazione che lo sci sia più deformato verso la coda piuttosto che uniformemente per tutta la sua lunghezza.
 
Posizionamento del bacino arretrato e centralità sono due cose ben diverse ... L'importante lo sai è dove cade la risultante che permette il vincolo.
 
Posizionamento del bacino arretrato e centralità sono due cose ben diverse ... L'importante lo sai è dove cade la risultante che permette il vincolo.
Va bene, ammettiamo tranquillamente che in quel frame tutti i segmenti siano dove devono essere, non c’è nessun problema, non voglio trovare per forza un errore a uno sciatore che tra l’altro mi piace, non ne ho alcun interesse.
Mi piacerebbe però tornare al tema originario, ossia l’azione di chiusura volontaria. Secondo te qui non c’è tensione muscolare a livello dei tibiali? E anche ammesso che non ci sia, basta che Tom Gellie non la attui per dire che non si fa o che non sia utile farlo? Ci sono dei contro che hai trovato, oltre ai vantaggi che io ho percepito su di me? Questi sono i punti che credo sarebbe interessante affrontare.
 
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Se devo parlare delle mie sensazioni , e ovviamente questa idea di dorsi flessione non posso non averla sperimentata nel tempo, figuriamoci proprio io che le ho provate tutte , devo dire che non mi ha prodotto nessun beneficio, infatti ho lasciato perdere anche per il tipo di impegno muscolare richiesto al quale non mi sono mai adattato . Trovavo che questa tensione mi impediva di cercare veramente lo spigolo dello sci con il piede nella sua parte interna per quanto riguarda lo sci dominante o esterno . Ma certamente sei ti ha prodotto dei benefici " certificati visivamente" , perché le nostre sensazioni spesso ci ingannano , fai bene a parlarne .
 
Eppure... la dorsiflessione contraendo il tibiale accompagnata dalla contrazione degli addominali aiuta a stare sopra il piede (piede che arretra rispetto al bacino)
Piede che quindi chiude l'angolo della caviglia (tra piede e tibia), caviglia chiusa che permette a piede e tibia di essere più compatti e forti per tenere con precisione e forza lo sci sullo spigolo....
La durezza dello scarpone contribuisce quindi a contrastare la chiusura della caviglia ed ottimizzare la compattezza di piede e tibia in funzione delle forze in gioco.
 
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Eppure... la dorsiflessione contraendo il tibiale accompagnata dalla contrazione degli addominali aiuta a stare sopra il piede (piede che arretra rispetto al bacino)
Piede che quindi chiude l'angolo della caviglia (tra piede e tibia), caviglia chiusa che permette a piede e tibia di essere più compatti e forti per tenere con precisione e forza lo sci sullo spigolo....
La durezza dello scarpone contribuisce quindi a contrastare la chiusura della caviglia ed ottimizzare la compattezza di piede e tibia in funzione delle forze in gioco.

Eppure provando così a secco (fino a dicembre non posso far altre prove) a caviglia chiusa ho sensazione che mi risulti meno facile far movimento di pronazione/supinazione. Non so se magari una volta sugli sci cambi il feeling. Mi sembra come di avere minor escursione nei movimenti, come se me la bloccassi un po'.
 
Io invece mi sono fatto l'idea che la chiusura della caviglia aiuti (o ne sia addirittura parte integrante?) i movimenti di pronazione/supinazione del piede. Mi spiego meglio. Prendiamo il piede esterno che deve supportare la maggior parte del carico. Sempre provando a secco, se lo metto di taglio (pronazione o eversione) e chiudo la caviglia (alzo l'alluce verso la tibia, per capirci) sento che si forma un arco plantare "mediale" (tra tallone e alluce, per intenderci) piuttosto solido, con due punti di appoggio ben definiti. Cosa ne pensate?
 
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