pennzoil
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Ci sono posti che chiamiamo casa, dove ci sentiamo parte di tutto ciò che ci circonda, le Alpi Giulie per me sono questo, montagne relativamente basse, forse non estetiche come le Dolomiti e men che meno blasonate come le Alpi Occidentali, eppure con un fascino ipnotico tutto loro.
Fra tutte le cime che costellano questa catena ce n'è una che probabilmente ne è la più rappresentativa, il Mangart, si staglia imponente sopra la conca dei laghi di Fusine, a delineare il confine tra Italia e Slovenia.
Alle pendici della conca del Mangart, a quota 1300 circa, si trova uno tra i rifugi più bazzicati e facilmente raggiungibili in regione, lo Zacchi, ormai diventato una sorta di albergo preso d'assalto ogni stagione da avventori di vario genere.
Eppure basta spostare lo sguardo qualche centinaio di metri più in là, verso i pendii dell' Alpe Vecchia, per imbarcarsi in un viaggio in un altra dimensione, fatta di silenzi, di neve e di imponenti pareti pregne di storia dell'alpinismo, quello vero.
Tra Veunza e Piccolo Mangart si incunea un canale senza nome che non sbuca in nessuna forcella o cima, invisibile dalla vallata e anche dalla strada che sale al rifugio, sciato per la prima volta non molto tempo fa, se non erro da degli austriaci.
Negli ultimi tempi la voce si è sparsa e il canale del Piccolo Mangart è diventato una meta abbastanza gettonata tra gli scialpinisti in cerca del ripido, oltre che per la sua relativa facilità di raggiungimento (circa 1300 d+ con uno sviluppo non esagerato) anche per il fatto che, essendo incassato tra alte pareti, non vede praticamente mai la luce del sole, il che aiuta a mantenere la neve al suo interno quantomeno decente, anche molti giorni dopo le ultime precipitazioni.
- al centro della foto, si intravede l' inizio del canale, che rimane comunque ancora nascosto per la sua quasi totalità -
Tutto è cominciato dalla mia indecisione cronica sulle gite, parto da solo la domenica mattina con l'intenzione di fare Forca Riomoz a Sella Nevea, mentre guido però mi ritorna in mente quel canale di cui avevo letto pochi giorni prima, perché non andare a vedere?
Così è deciso, alle 9 arrivo al parcheggio dei laghi di Fusine, è una bella giornata di sole e il termometro segna -8.
Mi avvio percorrendo la strada forestale che porta al Rifugio Zacchi, per poi deviare sulla destra qualche centinaio di metri prima di raggiungerlo, verso la conca dell'Alpe Vecchia.
Attraversato un fitto bosco risalgo l'ampio pendio che porta all'imboccatura del canale, a dire il vero non senza qualche difficoltà, la neve è dura e stoico proseguo senza rampant, decidendomi a calzarli solo dopo uno scivolone di un paio di metri, non cominciano bene...
Sistematomi in un terrazzino alla base del couloir ne approfitto per riposarmi e valutare il da farsi, non ho una gran voglia di avventurarmici dentro da solo, quasi quasi salgo giusto un pezzo per vedere com'è e poi faccio dietro front mi dico, ma proprio in quel momento vedo un altro scialpinista salire verso di me, Carlo, lo aspetto e incoraggiati dalla reciproca compagnia calziamo i ramponi e decidiamo di salire assieme.
invitante no?
La pendenza inizialmente è sui 40°, c'è spazio di manovra, la neve è dura ma non ghiacciata e a tratti si trova ancora quel centimetro di polvere riportata.
Salendo però la faccenda comincia a farsi più seria, le pareti si stringono sempre di più e il canale man mano si impenna, fino ad arrivare ad una sorta di imbuto, il punto più stretto e ripido, stando alle relazioni intorno ai 50°.
- salendo verso l' imbuto -
Oltre il budello torna ad allargarsi anche se la pendenza cala solo lievemente, fino ad arrivare ad interrompersi a quota 2200 circa, dove sistemati in una specie di grotta possiamo finalmente tirare fiato e organizzare cambio di assetto, il punto più alto del canale, oltre solo rocce e verticale, le viscere delle Alpi Giulie.
solly MTN 95, gran sci, ma non nego che con queste condizioni del manto avrei gradito un po' di ciccia in più...
La discesa è stata inizialmente contenitiva, un po' di sano derapage per prendere confidenza, anche perché la pendenza e le condizioni della neve non concedevano margine di errore, poi un paio di curve col freno a mano tirato prima di raggiungere l'imbuto, di nuovo qualche metro di derapage e finalmente, raggiunta la metà bassa del canale, la sciata si è fatta più divertente, direi quasi liberatoria, nonostante il manto marmoreo in pieno stile Julian Alps, ce l' eravamo portata a casa!
-On the way down-
Il rientro sui pendii dell'Alpe Vecchia è all'insegna delle condizioni nivologiche più variegate, un susseguirsi di crosta, polvere pesante e pavimento tirato a lucido, ma come si suol dire, aveva anche dei difetti,
ne è uscita una sciata comunque divertente e sicuramente "didattica".
Dopo un breve ripellamento ci ricolleghiamo alla strada che scende ai laghi di Fusine, zigzagando tra le comitive di turisti della domenica in un battibaleno siamo al parcheggio, ritorniamo alla civiltà, che solo pochi minuti prima ci sembrava così lontana, immersi come eravamo in quel mondo quasi surreale.
Mi ci è voluto un attimo per metabolizzare l'impresa, sicuramente non mi ero mai spinto così in là con gli sci ai piedi, ma al di là di questo è stato un viaggio nel vero senso del termine, nel cuore delle montagne di casa, in un canale che un po' come noi friulani è schivo, non si svela finché non sei abbastanza vicino da poterlo toccare.
Nei meandri delle Giulie ho guadagnato un amico e una storia da raccontare, e come disse il buon Forrest Gump, non ho altro da dire su questa faccenda. ✌️
- Scorci che ti rimangono dentro-
Fra tutte le cime che costellano questa catena ce n'è una che probabilmente ne è la più rappresentativa, il Mangart, si staglia imponente sopra la conca dei laghi di Fusine, a delineare il confine tra Italia e Slovenia.
Alle pendici della conca del Mangart, a quota 1300 circa, si trova uno tra i rifugi più bazzicati e facilmente raggiungibili in regione, lo Zacchi, ormai diventato una sorta di albergo preso d'assalto ogni stagione da avventori di vario genere.
Eppure basta spostare lo sguardo qualche centinaio di metri più in là, verso i pendii dell' Alpe Vecchia, per imbarcarsi in un viaggio in un altra dimensione, fatta di silenzi, di neve e di imponenti pareti pregne di storia dell'alpinismo, quello vero.
Tra Veunza e Piccolo Mangart si incunea un canale senza nome che non sbuca in nessuna forcella o cima, invisibile dalla vallata e anche dalla strada che sale al rifugio, sciato per la prima volta non molto tempo fa, se non erro da degli austriaci.
Negli ultimi tempi la voce si è sparsa e il canale del Piccolo Mangart è diventato una meta abbastanza gettonata tra gli scialpinisti in cerca del ripido, oltre che per la sua relativa facilità di raggiungimento (circa 1300 d+ con uno sviluppo non esagerato) anche per il fatto che, essendo incassato tra alte pareti, non vede praticamente mai la luce del sole, il che aiuta a mantenere la neve al suo interno quantomeno decente, anche molti giorni dopo le ultime precipitazioni.
- al centro della foto, si intravede l' inizio del canale, che rimane comunque ancora nascosto per la sua quasi totalità -
Tutto è cominciato dalla mia indecisione cronica sulle gite, parto da solo la domenica mattina con l'intenzione di fare Forca Riomoz a Sella Nevea, mentre guido però mi ritorna in mente quel canale di cui avevo letto pochi giorni prima, perché non andare a vedere?
Così è deciso, alle 9 arrivo al parcheggio dei laghi di Fusine, è una bella giornata di sole e il termometro segna -8.
Mi avvio percorrendo la strada forestale che porta al Rifugio Zacchi, per poi deviare sulla destra qualche centinaio di metri prima di raggiungerlo, verso la conca dell'Alpe Vecchia.
Attraversato un fitto bosco risalgo l'ampio pendio che porta all'imboccatura del canale, a dire il vero non senza qualche difficoltà, la neve è dura e stoico proseguo senza rampant, decidendomi a calzarli solo dopo uno scivolone di un paio di metri, non cominciano bene...
Sistematomi in un terrazzino alla base del couloir ne approfitto per riposarmi e valutare il da farsi, non ho una gran voglia di avventurarmici dentro da solo, quasi quasi salgo giusto un pezzo per vedere com'è e poi faccio dietro front mi dico, ma proprio in quel momento vedo un altro scialpinista salire verso di me, Carlo, lo aspetto e incoraggiati dalla reciproca compagnia calziamo i ramponi e decidiamo di salire assieme.
invitante no?
Salendo però la faccenda comincia a farsi più seria, le pareti si stringono sempre di più e il canale man mano si impenna, fino ad arrivare ad una sorta di imbuto, il punto più stretto e ripido, stando alle relazioni intorno ai 50°.
- salendo verso l' imbuto -
solly MTN 95, gran sci, ma non nego che con queste condizioni del manto avrei gradito un po' di ciccia in più...
-On the way down-

Dopo un breve ripellamento ci ricolleghiamo alla strada che scende ai laghi di Fusine, zigzagando tra le comitive di turisti della domenica in un battibaleno siamo al parcheggio, ritorniamo alla civiltà, che solo pochi minuti prima ci sembrava così lontana, immersi come eravamo in quel mondo quasi surreale.
Mi ci è voluto un attimo per metabolizzare l'impresa, sicuramente non mi ero mai spinto così in là con gli sci ai piedi, ma al di là di questo è stato un viaggio nel vero senso del termine, nel cuore delle montagne di casa, in un canale che un po' come noi friulani è schivo, non si svela finché non sei abbastanza vicino da poterlo toccare.
Nei meandri delle Giulie ho guadagnato un amico e una storia da raccontare, e come disse il buon Forrest Gump, non ho altro da dire su questa faccenda. ✌️
- Scorci che ti rimangono dentro-