spino71
Demone bianco ubriaco
Giovedì 19 agosto, dopo diversi giorni di tempo incerto, il meteo si è messo una mano sulla coscienza e ci ha permesso di fare per la prima volta la “Ferrata i magnifici quattro” intitolata alle guide alpine che persero la vita nell'operazione di soccorso il 26/12/09 in Val Lasties.
Prima di partire, mi ero letto i commenti su Planet Mountain.com che erano i seguenti:
Si sale arrampicando su una roccia compatta, che in molti tratti si presenta povera di appigli e tale da richiedere una progressione molto tecnica, pur se disturbata per via dell’umidità propria di questo ambiente, la quale contribuisce a rendere poco pulita la roccia, sulla quale è spesso presente una patina superficiale friabile un po’ fastidiosa per la progressione in aderenza; altre volte vi si trova invece depositato del terriccio.
La via è di buona fattura ma piuttosto essenziale in rapporto all’impegno del percorso, che comprende vari tratti verticali o a strapiombo. I cavi sono presenti con continuità e risultano sempre ben tesi; sono pure presenti (con sobrietà) degli appoggi per i piedi. Si ha comunque la sensazione di un certo compiacimento nella scelta del percorso e nella collocazione degli infissi, che testimonia l’evidente intenzione di creare una super-ferrata.
Il primo tratto è stato attrezzato in modo da scoraggiare chi non fosse abbastanza preparato, ma coloro che dovessero proseguire e trovassero poi insormontabile il successivo tratto, costituito senza soluzione di continuità dalla risalita di una fessura verticale, una espostissima traversata strapiombante verso destra ed una ulteriore faticosa risalita, avrebbero qualche difficoltà a procedere a ritroso fino alla base delle rocce. Risulterebbe utile in tal caso una corda per discesa in doppia. Dopo la parte intermedia su sentierino attrezzato, la ferrata riprende con altri faticosi passaggi, che tuttavia risultano un po’ più facili del tratto chiave sopra esposto.
L’itinerario deve quindi essere percorso solo da chi si senta adeguatamente preparato; in caso contrario esso rischia di risultare ben poco divertente e di provocare la moltiplicazione degli interventi dei colleghi dei quattro valorosi soccorritori cui la ferrata è stata dedicata. Si tratta infatti di un percorso che richiede un impegno psico-fisico fuori dal comune, tale da fare di questa ferrata quella che in assoluto può essere considerata (luglio 2010) la più difficile delle Dolomiti, per la lunghezza dei passaggi difficili ed atletici. La ferrata risulta tecnicamente più difficile della Costantini alla Moiazza (anche se questa ha uno sviluppo ben maggiore), della pur severa Piazzetta sul Piz Boè, della Stella Alpina all’ Agner o della recente Sci Club 18 al Faloria; è ben più impegnativa della vicina Kaiserjager sul Col Ombert, della Pertini sullo Stevia o della celeberrima Tomaselli a Punta Fanes, come pure della Pisetta sul Dain Piccolo, ai margini del territorio dolomitico.
Alla tecnica di arrampicata deve associarsi una buona forza di braccia ed è certo preferibile non avere sulle spalle zaini pesanti, particolarmente fastidiosi nei tratti a strapiombo. Da evitare, infine, condizioni meteorologiche non stabili.
Avendo fatto già diverse ferrate tra cui la Tomaselli e la Cesare Piazzetta, mi chiedevo se la recensione così bastarda corrispondesse alla realtà oppure fosse stata un po' pompata per scoraggiare i più inesperti. Ora, dopo averla fatta, posso dire che è... VERAMENTE BASTARDA!! Hanno proprio ragione, tutta un'altra cosa rispetto alle altre ferrate dolomitiche: altra concezione, altra difficoltà.
A chi interessa, si arriva a Pozza di Fassa, si gira a sx per Meida - Valle San Nicolò, si procede sempre dritti fino a Malga Crocifisso, ancora dritti 500 mt e sulla sx si trova un bello spiazzo dove lasciare l'auto. Già da qui si può vedere parte dello sviluppo della ferrata e farsi un'idea (la prima metà è tra le pareti che si vedono nella foto, proprio in opposizione alla posizione da cui si guarda)
Lasciata qui l'auto, si segue la strada asfaltata per un centinaio di metri fino a quando sulla sx si vede uno spiazzo con un ponte di legno ed è già visibile il cartello con le indicazioni.
Da qui si procede lungo il sentiero di avvicinamento nel bosco (molto piacevole) per circa mezz'ora
Giunti all'attacco c'è la targa commemorativa e penso che, almeno un pensiero a chi per provare a salvare gli altri ha sacrificato la propria vita, sia obbligatorio. (scusate la mano inferma...)
Qui si capisce immediatamente che le cose si fanno serie: cavo verticale, pochi appoggi per i piedi, forza di braccia a nastro...
Primo tratto impegnativo fisicamente fino al punto chiave: altra salita verticale, traverso moolto molto esposto, strapiombante, che butta in fuori con piedi su cavo d'acciaio...Se non piace il vuoto ci si caga addosso solo a vederlo...e poi ultimi metri completamente verticali per uscire (freccia)
Due prima di noi (il ragazzino è scivolato ed è rimasto attaccato con le mani come Superman...me coioni...l'ho visto davvero male...)
L'uscita bella bastarda...
L'uscita vista dalla strada (dietro i pini)
Qui si può rifiatare e mangiarsi un panino sul prato in tutta tranquillità...
Consiglio vivamente di munirsi di anello di fettuccia o meglio daisy chain da regolare ad altezza mento per attaccarsi ai chiodi che reggono i cavi per riposare le braccia (sempre se stare all'indietro verso il vuoto non vi dà il panico); le braccia sono davvero sollecitate tantissimo in questo traverso e non potete assolutamente permettervi di finirle in quel tratto!!!
Una vista del secondo tratto sempre molto verticale
Una foto di una parete dei Maerins dove arrampica gente da rivista...con bella veduta della Valle S. Nicolò
Dalla cima, splendida vista del Catinaccio (se non dico eresie vero?)
Dopo essersi ingozzati alla Baita Cuz, discesa per i prati e pensieri da FREEMMINCHIARIDER!!!!(Yeah)
In conclusione, bellissima ferrata ma dovete essere sicuri delle vostre possibilità...
Prima di partire, mi ero letto i commenti su Planet Mountain.com che erano i seguenti:
Si sale arrampicando su una roccia compatta, che in molti tratti si presenta povera di appigli e tale da richiedere una progressione molto tecnica, pur se disturbata per via dell’umidità propria di questo ambiente, la quale contribuisce a rendere poco pulita la roccia, sulla quale è spesso presente una patina superficiale friabile un po’ fastidiosa per la progressione in aderenza; altre volte vi si trova invece depositato del terriccio.
La via è di buona fattura ma piuttosto essenziale in rapporto all’impegno del percorso, che comprende vari tratti verticali o a strapiombo. I cavi sono presenti con continuità e risultano sempre ben tesi; sono pure presenti (con sobrietà) degli appoggi per i piedi. Si ha comunque la sensazione di un certo compiacimento nella scelta del percorso e nella collocazione degli infissi, che testimonia l’evidente intenzione di creare una super-ferrata.
Il primo tratto è stato attrezzato in modo da scoraggiare chi non fosse abbastanza preparato, ma coloro che dovessero proseguire e trovassero poi insormontabile il successivo tratto, costituito senza soluzione di continuità dalla risalita di una fessura verticale, una espostissima traversata strapiombante verso destra ed una ulteriore faticosa risalita, avrebbero qualche difficoltà a procedere a ritroso fino alla base delle rocce. Risulterebbe utile in tal caso una corda per discesa in doppia. Dopo la parte intermedia su sentierino attrezzato, la ferrata riprende con altri faticosi passaggi, che tuttavia risultano un po’ più facili del tratto chiave sopra esposto.
L’itinerario deve quindi essere percorso solo da chi si senta adeguatamente preparato; in caso contrario esso rischia di risultare ben poco divertente e di provocare la moltiplicazione degli interventi dei colleghi dei quattro valorosi soccorritori cui la ferrata è stata dedicata. Si tratta infatti di un percorso che richiede un impegno psico-fisico fuori dal comune, tale da fare di questa ferrata quella che in assoluto può essere considerata (luglio 2010) la più difficile delle Dolomiti, per la lunghezza dei passaggi difficili ed atletici. La ferrata risulta tecnicamente più difficile della Costantini alla Moiazza (anche se questa ha uno sviluppo ben maggiore), della pur severa Piazzetta sul Piz Boè, della Stella Alpina all’ Agner o della recente Sci Club 18 al Faloria; è ben più impegnativa della vicina Kaiserjager sul Col Ombert, della Pertini sullo Stevia o della celeberrima Tomaselli a Punta Fanes, come pure della Pisetta sul Dain Piccolo, ai margini del territorio dolomitico.
Alla tecnica di arrampicata deve associarsi una buona forza di braccia ed è certo preferibile non avere sulle spalle zaini pesanti, particolarmente fastidiosi nei tratti a strapiombo. Da evitare, infine, condizioni meteorologiche non stabili.
Avendo fatto già diverse ferrate tra cui la Tomaselli e la Cesare Piazzetta, mi chiedevo se la recensione così bastarda corrispondesse alla realtà oppure fosse stata un po' pompata per scoraggiare i più inesperti. Ora, dopo averla fatta, posso dire che è... VERAMENTE BASTARDA!! Hanno proprio ragione, tutta un'altra cosa rispetto alle altre ferrate dolomitiche: altra concezione, altra difficoltà.
A chi interessa, si arriva a Pozza di Fassa, si gira a sx per Meida - Valle San Nicolò, si procede sempre dritti fino a Malga Crocifisso, ancora dritti 500 mt e sulla sx si trova un bello spiazzo dove lasciare l'auto. Già da qui si può vedere parte dello sviluppo della ferrata e farsi un'idea (la prima metà è tra le pareti che si vedono nella foto, proprio in opposizione alla posizione da cui si guarda)
Lasciata qui l'auto, si segue la strada asfaltata per un centinaio di metri fino a quando sulla sx si vede uno spiazzo con un ponte di legno ed è già visibile il cartello con le indicazioni.
Da qui si procede lungo il sentiero di avvicinamento nel bosco (molto piacevole) per circa mezz'ora
Giunti all'attacco c'è la targa commemorativa e penso che, almeno un pensiero a chi per provare a salvare gli altri ha sacrificato la propria vita, sia obbligatorio. (scusate la mano inferma...)
Qui si capisce immediatamente che le cose si fanno serie: cavo verticale, pochi appoggi per i piedi, forza di braccia a nastro...
Primo tratto impegnativo fisicamente fino al punto chiave: altra salita verticale, traverso moolto molto esposto, strapiombante, che butta in fuori con piedi su cavo d'acciaio...Se non piace il vuoto ci si caga addosso solo a vederlo...e poi ultimi metri completamente verticali per uscire (freccia)
Due prima di noi (il ragazzino è scivolato ed è rimasto attaccato con le mani come Superman...me coioni...l'ho visto davvero male...)
L'uscita bella bastarda...
L'uscita vista dalla strada (dietro i pini)
Qui si può rifiatare e mangiarsi un panino sul prato in tutta tranquillità...
Consiglio vivamente di munirsi di anello di fettuccia o meglio daisy chain da regolare ad altezza mento per attaccarsi ai chiodi che reggono i cavi per riposare le braccia (sempre se stare all'indietro verso il vuoto non vi dà il panico); le braccia sono davvero sollecitate tantissimo in questo traverso e non potete assolutamente permettervi di finirle in quel tratto!!!
Una vista del secondo tratto sempre molto verticale
Una foto di una parete dei Maerins dove arrampica gente da rivista...con bella veduta della Valle S. Nicolò
Dalla cima, splendida vista del Catinaccio (se non dico eresie vero?)
Dopo essersi ingozzati alla Baita Cuz, discesa per i prati e pensieri da FREEMMINCHIARIDER!!!!(Yeah)
In conclusione, bellissima ferrata ma dovete essere sicuri delle vostre possibilità...