Marchionne e lo Statuto dei Lavoratori

capponi

Aquila non capit muscas
Vabbè che stiamo andando in ferie, però cerchiamo di usare quel briciolo di lucidità che ci è rimasta in questo periodo e cerchiamo di analizzare quello che sto per dire senza farci condizionare dai pregiudizi personali esistenti all'interno del forum e da quelli di carattere politico, allora veniamo al dunque:
Partendo da qui
http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/economia/2010/07/27/visualizza_new.html_1876046003.html
e dalle letture dei giornali emerge che il buon Sergio sembrerebbe voglia:
1) Uscire dal CCNL ma la Fiat rimane lo stesso in Confindustria / Federmeccanica
2) Alla scadenza dell'attuale CCNL proporre ai dipendenti di Pomigliano d'Arco (solo a loro?) un nuovo contratto ad hoc tramite la nuova Società e dai rumors pare ci sia il divieto di iscrizione ai Sindacati, divieto di sciopero, se si è in malattia non si è pagati, no mensa ed altre cose.
Ora, premesso che ad eccezione della Fiom ancora non ho visto reazioni particolarmente alterate, e premesso che la proposta di Marchionne è diversa da quella fatta dallo stesso AD agli operai americani di Detroit, CONSIDERANDO CHE TALI SITUAZIONI VANNO A LEDERE ALCUNI PRINCIPI SANCITI DALLA COSTITUZIONE, CHE SUCCEDE A POMIGLIANO ? SUCCEDE CHE PRENDONO LA LEGGE 300/70 (ossia Statuto dei Lavoratori) E LA BUTTANO NEL CESSO ?
No perditempo, cloni, Trolls, poco conoscenti della materia e ....... grazie se mi schiarite le idee.
 
........... dai rumors pare ci sia il divieto di iscrizione ai Sindacati, divieto di sciopero, se si è in malattia non si è pagati, no mensa ed altre cose.

Non sono perditempo nè troll, ma purtroppo neanche fine conoscitore della materia.
Credo però di poter dire che quelli più che rumours sono disturbi: troppo assurdi per poterli anche solo pensare.
Dunque per il momento io penso siano messi in giro per intorbidire le acque e scaldare gli animi.

La situazione Pomigliano è atipica, ma non fino a questo punto.
 
discorso molto lungo e complesso.

in realtà la NewCo riassume gli operai con il nuovo contratto che è stato concordato con le OOSS e che è stato promosso dal referendum interno, quindi di per sè Fiat può fare tranquillamente ciò che intende fare a livello legislativo e costituzionale (non mi pare che ci siano violazioni dello statuto dei lavoratori ma solo "modalità concordate" di esercizio di alcuni diritti)

la realtà dei fatti però è differente:
In Italia il sistema industriale è in forte crisi per differenti motivi tra i quali anche l'ingessamento del mercato del alvoro che si è avuto in alcune aree.
Riscontriamo due differenti aree:
a) contratti iper garantiti
b) ammortizzatore di flessibilità necessario a tenere in piedi il sistema.

nel primo mettiamo anche gli operai che hanno (perchè volute e richieste) condizioni che sono scarsamente premianti per la retribuzone dei migliori in nome di un egualitarismo molto spinto. Mettiamo un sistena di garanzie della pensione, mettiamo un sistema che, nei contratti a T.Indeterminato, pone molti vincoli e, soprattutto, la necessità di concordare qualsiasi intervento a livello sindacale.
nel secondo...mettiamo tutti i collaboratori a progetto, lavoratori atipici etyc etc etc che sono stati creati principalemnte dalla legge BIagi.

è chiaro che servirebbe un equilibrio maggiore, equilibrio tra i cd Diritti acquisiti e i diritti potenziali di tutti. è parimenti chiaro che oggi non possiamo permetterci di avere diritti sempre magigori se non controbilanciati da doveri ANCORA MAGGIORI!

In tale ottica la mossa di Marchionne è uno strappo nelle relazioni industriali che va a sottolineare come ci sia da fare riforme "mature e condivise" (messa in politichese). Tali riforme si fanno con chi ci sta, non si possono fare con tutti. in questo caso è necessario migliorare la produttività e ridurre lo sciopero a pari costo del lavoro. Se si vuole, è così, altirmenti (cosa che io avrei ben fatto) chiudere lo stabilimento, staturarne altri oppure delocalizzare.

Non ne voglio fare una questione etica o di giustizia sociale ma, secondo me, così stanno le cose.
 
Non sono conoscitore però devo dire che la questione mi sta interessando. Da una parte mi sembra che si stia agendo in un modo barbaro che va a buttare nel cesso anni di lotta, dall'altro mi pare si stia agendo in modo serio, che riflette la necessità di seguire i cambiamenti veloci, flessibilità, la ricerca delal qualità.
nel primo mettiamo anche gli operai che hanno (perchè volute e richieste) condizioni che sono scarsamente premianti per la retribuzone dei migliori in nome di un egualitarismo molto spinto.
Infatti, questo è molto "old" ed insensato e taglia le ali alle eccellenze.

Mi vien da dire che se non sarà previsto un qualcosa che renderà partecipe la gente, in modo da definire, alle decisioni ed agli utili, allora questo è un passo indietro. Altrimenti è un processo normale verso la wikinomicizzazione anche di un'industria pachidermica.
 
solo una considerazione:

-con lo stipendio di 1 operaio di Pomigliano paghi 3/4 operai serbi, mettetevi nei panni di chi deve fare un piano di industrializzazione con i relativi costi e deve scegliere dove produrre.

non so come andrà finire, ma non vorrei essere nei panni di alcune delle 2 parti coinvolte.
 

.

qui http://www.adapt.it/acm-on-line/Home/BollettinoAdapt/Speciale/docCat21giugno2010n23.1232.1.50.1.html una rassegna sull'accordo di pomigliano.

quello che sarà, non so. è probabile che fiat diventerà - soprattutto a seguito dell'entrata in chrysler - meno italiana di quello che già è; per quanto riguarda Statuto dei Lavoratori etc, credo che nulla sarà toccato, cambierà il ccnl forse ma è cosa diversa. cmq il CCNL metalmeccanici è quanto di più bizantino si possa trovare nell'ambito delle relazioni industriali.

bisogna taner presente che quanto sta facendo ora fiat nelle relazioni industriali è già successo circa 5 anni fa in germania (ho in mente spt volkswagen, dove è accaduto qualcosa di simile, aumento della produttività a parità di retribuzione).

è interessante anche analizzare le reazioni, ad esempio, in Polonia dove fiat avrebbe dovuto produrre la panda al posto di pomigliano: non è che l'abbiano presa benissimo.

infine, come già detto, se il percorso porterà alla fusione con chrysler questo comporterà l'assunzione di un notevole debito nei confronti dell'amministrazione usa, che aveva concesso ai produttori locali quei sussidi che in italia e in europa erano stati negati (e che a mio avviso hanno spinto fiat a entrare nella società americana: non mi date qua gli incentivi, me li prendo là dove li danno).

in conclusione fiat sta spingendo il più possibile, consapevole del fatto che se non va bene a chi sta qua, ha altri posti dove andare (ma sta succedendo lo stesso in altre parti del mondo e per altri comparti, leggete un po' di stampa estera a riguardo...)

un poco confuso, sory.
 
Nell'epoca della globalizzazione il lavoro emigra verso chi si accontenta di un pugno di riso.
A questo processo un'unica risposta : istituire dazi a livello UE sulle importazioni dai Paesi con lavoro a costo "zero".
 
dal corsera, me l'hanno fatto notare ora!

La pigrizia di un sistema
La tambureggiante iniziativa di Sergio Marchionne, dopo aver affrontato i temi della contrattazione sindacale e della localizzazione degli impianti, è giunta al nodo della rappresentanza. L’ipotesi di disdettare o, come sembra, di derogare al contratto è destinata ad esercitare un impatto dirompente sul sistema delle relazioni industriali e sulla stessa «costituzione economica» italiana, incardinata ancora sul binomio grande impresa-grande sindacato.

È evidente che quel format non tiene più, non fotografa un Paese che ha acquistato una maggiore articolazione delle competenze e del lavoro in virtù della presenza di quattro milioni e mezzo di imprese, otto milioni di partite Iva e due milioni di professionisti. Ora però la contestazione di quel format viene anche dall’interno, è la Fiat a picconarlo, forse definitivamente. Bisognava in qualche maniera presagirlo perché la figura e il curriculum di Marchionne segnavano una evidente discontinuità con i suoi predecessori e con la grande cultura industriale torinese del secolo scorso.
In linea di principio rimescolare le carte, porsi domande nuove, non può che far del bene a un sistema di regole e di valori divenuto anacronistico. Pensiamo ai bizantinismi di quei congressi sindacali che durano mesi e alla fine si concludono con l’approvazione di pasticciate e deludenti mozioni. Pensiamo anche a certi convegni confindustriali privi di indicazioni forti e retrocessi loro malgrado a test del gradimento del politico di turno. Molti di questi riti, di queste ipocrisie — e l’elenco potrebbe essere lungo — hanno fatto il loro tempo ma limitarsi a sostenere che oportet ut Marchionne eveniant, che è bene che le contraddizioni esplodano, non può bastare.

Per quello che i posti di lavoro nell’auto e nell’indotto rappresentano per un’Italia affamata di occupazione c’è bisogno anche di delineare una pars construens. I modernizzatori che vogliono lasciare il segno abbattono il vecchio ma contribuiscono ad edificare il nuovo. E francamente l’idea di una società totalmente liquida, in cui i decisori scelgono di volta in volta sulle convenienze del momento, non costituisce la ricetta vincente. In fondo non deve pensarlo neanche Marchionne, se ha imbarcato nell’operazione di rilancio di Detroit il sindacato Uaw direttamente come azionista. I soggetti della rappresentanza dunque contano e, se vogliono, possono spostare anche le montagne. Se poi dalle vicende dell’auto ci spostiamo a considerare più in generale l’evoluzione della competizione globale non è pensabile che alla sfida cinese— basata su un mix formidabile fatto di capitalismo illiberale, strenua difesa degli interessi nazionali, assenza di vincoli e diritti — si possa rispondere con società atomizzate, totalmente prive di un'idea sistemica. Sarebbe un suicidio.

È quindi più che legittimo chiedersi cosa c’è dietro la curva, cosa si deve attendere non solo il mondo delle tute blu ma anche l’intera industria della componentistica che— non va dimenticato — in Italia vale 3-4 volte il fatturato del solo settore automobilistico. Fortunatamente nella società italiana, complice la Grande Crisi, accanto alle pigrizie vanno registrate anche segnali di novità. La recessione ha mostrato come stia crescendo, principalmente nelle Pmi e nel Nord Est, una complicità tra aziende e lavoratori che già si è dimostrata una risorsa importante e sulla quale si può investire. Sperando che un giorno alla testa della Cgil arrivi un Lama delle piccole imprese. Conosco già l’obiezione. Il capo della Fiat un modello in verità lo sta indicando e l’obiettivo dell’operazione è creare in Italia un sindacato all’americana. Purtroppo però se per gli esseri umani i trapianti si sono dimostrati una straordinaria occasione di allungamento della vita, la stessa cosa non avviene per le società. L’innesto di una tradizione totalmente diversa assai difficilmente riesce a produrre risultati positivi, molto più spesso genera l’indistinto. Se proprio vogliamo cercare dei modelli, dei punti di riferimento, è evidente che dobbiamo guardare alla tradizione sindacale tedesca e a quel tipo di «complicità organizzata». Agli occhi di un manager globale, legato a un timing stringente di decisioni, queste potranno apparire digressioni ma le forze che più si sono battute per modernizzare, a cominciare da Cisl e Uil, hanno bisogno di capire. Alla peggio si può imparare a vivere senza la Fiat, ma non si può vivere senza sapere in quale direzione spingere.

Fortunatamente nella società italiana, complice la Grande Crisi, accanto alle pigrizie vanno registrate anche segnali di novità. La recessione ha mostrato come stia crescendo, principalmente nelle Pmi e nel Nord Est, una complicità tra aziende e lavoratori che già si è dimostrata una risorsa importante e sulla quale si può investire. Sperando che un giorno alla testa della Cgil arrivi un Lama delle piccole imprese. Conosco già l’obiezione. Il capo della Fiat un modello in verità lo sta indicando e l’obiettivo dell’operazione è creare in Italia un sindacato all’americana. Purtroppo però se per gli esseri umani i trapianti si sono dimostrati una straordinaria occasione di allungamento della vita, la stessa cosa non avviene per le società. L’innesto di una tradizione totalmente diversa assai difficilmente riesce a produrre risultati positivi, molto più spesso genera l’indistinto. Se proprio vogliamo cercare dei modelli, dei punti di riferimento, è evidente che dobbiamo guardare alla tradizione sindacale tedesca e a quel tipo di «complicità organizzata». Agli occhi di un manager globale, legato a un timing stringente di decisioni, queste potranno apparire digressioni ma le forze che più si sono battute per modernizzare, a cominciare da Cisl e Uil, hanno bisogno di capire. Alla peggio si può imparare a vivere senza la Fiat, ma non si può vivere senza sapere in quale direzione spingere.

Dario Di Vico
28 luglio 2010
 
Nell'epoca della globalizzazione il lavoro emigra verso chi si accontenta di un pugno di riso.
A questo processo un'unica risposta : istituire dazi a livello UE sulle importazioni dai Paesi con lavoro a costo "zero".

ma la polonia è UE, ad esempio

cmq non è solo e tanto una questione di retribuzione, ma di produttività.

non è che io approvi la politica industriale e di relazioni di fiat; devo ammettere che però sta dando una bella scossa al sistema
 
ma la polonia è UE, ad esempio

cmq non è solo e tanto una questione di retribuzione, ma di produttività.

non è che io approvi la politica industriale e di relazioni di fiat; devo ammettere che però sta dando una bella scossa al sistema

Una bella pugnalata alla schiena ! Come mai non lo hanno pensato quando si discuteva di introdurre gli incentivi per la rottamazione ??:twisted:
 
Penso anch'io come Umbri che sia una vicenda di una complessità mostruosa, e qualsiasi giudizio netto rischia inevitabilmente di essere, anche, un po' grossolano.

Credo che le questioni riguardanti GLI stabilimenti italiani ( perchè come avete visto Termini Imerese, Pomigliano, Mirafiori.....è solo una questione di PRIMA o DOPO ), non si riducano nè a garanzie sindacali acquisite, nè a CCNL, nè a condizioni salariali, ma impattino sulla sopravvivenza stessa di Fiat, e non nel lungo periodo ( 10-15 anni ) ma già nel medio ( 7-8 ).

Quindi, tanto più in un contesto ( quello del mkt automobilistico ) che tutto è tranne che florido, bisogna mettere in conto di cambiare le regole con cui si è agito fin'ora, perchè queste evidentemente non sono più adeguate.

Se poi nel merito si tratti di uscire da una forma contrattuale per entrare in un'altra, o cosa.....beh, non ho la conoscenza specifica del mondo Fiat per poterlo dire, e non è mia abitudine esprimermi su dettagli che non conosco.
Quello che però Marchionne mostra di avere ben chiaro, e che io condivido, è che l'assetto attuale, in cui in nome dell'italianità e della massima occupazione nazionale, governo ( qualsiasi governo ) e sindacati hanno accettato delle marginalità vicine allo zero non è più sostenibile.

Se i governi (attuali e futuri ) accetteranno di pensare ad un sistema strutturale ( quindi NON aiuti a pioggia come è sempre stato, ma sgravi fiscali vincolati a parametri precisi di redditività, occupazione e investimento ) che sia competitivo con quello che la Serbia di turno mette sul piatto, bene.......altrimenti è doloroso, ma vedo poche alternative.
 
Ma diciamoci la verità: l'auto è un prodotto morto, sia per tecnologia, sia perchè la gente si è accorta dei costi mostruosi legati ad essa (polizze, manutenzione, parcheggi). E in tempi di crisi, poi.....Siamo alla fine di un'epoca, negli USA l'hanno già capito, qui come al solito ci arrriveremo tra un po'. Intanto macino km in bici, non si sa mai...:DDD.
 
Una bella pugnalata alla schiena ! Come mai non lo hanno pensato quando si discuteva di introdurre gli incentivi per la rottamazione ??:twisted:

Infatti gli incentivi non sono stati prorogati e ora la Fiat vuole avere mano libera (a differenza della Case Francesi che hanno avuto grossi aiuti in cambio del mantenimento della produzione in Francia).
 
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