Lezioni di Romanesco

michela

Dama Nera
IMPARIAMO IL ROMANESCO

Per molti non-romani la comprensione del romanesco parlato presenta qualche difficoltà, ma la comprensione del romanesco scritto potrebbe forse risultare ancor più ostica.

Diversamente da molti altri dialetti, la struttura della frase rimane simile a quella italiana; ciò che differisce maggiormente sono le singole parole, per come esse sono pronunciate, ma anche per come vengono scritte.
In particolare, ciò che nei testi in dialetto spesso colpisce (e disorienta) è la selva di accenti e di apostrofi, necessari a rendere il suono dei molti vocaboli che il romanesco elide o tronca, nonché le molte consonanti raddoppiate, a volte persino all'inizio dei vocaboli.

Come avviene per quasi tutti gli altri dialetti, anche per il romanesco la trascrizione non segue regole specifiche di ortografia: quest'ultima è solitamente basata sul tentativo di riprodurre più o meno fedelmente la pronuncia, il suono delle singole parole. Per questo motivo, a volte, si può incontrare un medesimo vocabolo reso in modo leggermente diverso a seconda dei testi, anche perché alcuni autori tendono a semplificare l'ortografia, confidando nella conoscenza del romanesco da parte dei lettori, e lasciando così questi ultimi liberi di interpretare la pronuncia dei singoli vocaboli.

Ma in ogni caso, il dialetto di Roma è più simile all'italiano di quanto non lo siano quelli di altre città o regioni.
 
L'articolo determinativo maschile singolare il diventa er : il gatto diventa er gatto;
il cane diventa er cane; ecc.

L'altro articolo determinativo maschile singolare, lo, rimane tale.
Quello maschile plurale gli diventa li, con un'elisione dovuta al fatto di essere sempre seguito da vocale: gli occhi diventa l'occhi; gli animali diventa l'animali; ecc.
L'altro articolo maschile plurale, i, cambia a li, senza elisione: i santi diventa li santi; i lampioni diventa li lampioni; ecc.

Gli articoli femminili la e le rimangono invariati.
Gli articoli indeterminativi uno e una di solito perdono la "u", divenendo 'no and 'na: uno specchio diventa 'no specchio; una capra diventa 'na capra; ecc.

L'altro articolo un rimane invariato, ma se è seguito da una vocale, questa oppure la "u" vengono elisi. La vocale cade quando ciò non crea problemi di comprensione alla parola medesima: sopra un tavolo diventa sopr'un tavolo (sopra è comprensibile anche se troncato).
Se la vocale non può essere eliminata a volte la "u" cade: è un gatto! diventa è 'n gatto! (essendo impossibile elidere il verbo è); a volte però nessuna delle due vocali viene elisa, pur tuttavia venendone pronunciata solo una, in ottemperanza alla suddetta regola.
 
Molte preposizioni composte in romanesco vengono scisse nelle loro componenti:


dello, della, dei o degli, delle, si trasformano in de lo, de la, de li, de le; invece del resta der (vedi paragrafo successivo, cambio di "l" con "r").
col, collo, colla, ecc. diventa cor, co lo, co la, ecc.; da notare che nel romanesco classico la preposizione semplice con viene semplicemente accorciata in co, senza apostrofo (e non elisa in co' ).

dallo, dalla, ecc. diventano dar, da lo, da la, ecc.

al, allo, alla, ecc. diventano ar, a lo, a la, ecc.

nel, nella, ecc. seguono la stessa regola (ner, ne lo, ecc.) ma spesso alle due particelle viene inframezzato de come rafforzativo, per cui la preposizione torna ad essere quella semplice ("in"): nella chiesa diventa in de la chiesa; nel mondo può diventare in der monno; ecc.

sul, sullo, sulla, ecc. segue la stessa regola (sur, su lo, su la, ecc.) ma in tal caso vi viene spesso anteposto in come rafforzativo: sulla scala diventa in su la scala (spesso reso anche con in zu la scala).

Quando la preposizione semplice co è seguita da un, solitamente diventa cor (per motivi fonetici): con un coltello diviene cor un cortello.
Tuttavia in romanesco moderno è anche più frequente la forma co 'n cortello

Spesso cor è scritto cór, per distinguerlo da còr (cioè còre = cuore); tuttavia, è assolutamente improbabile che in dialetto romano la parola "cuore" venga mai abbreviata in tal senso: l'uso di porre un accento acuto sulla preposizione è quindi, a mio personale avviso, abbastanza ingiustificato, ma può comunque servire a sottolineare il suono molto chiuso che la vocale "o" deve assumere.


A causa della perdita della "l" da parte degli articoli (come spiegato nel paragrafo precedente), de lo, co lo, ecc. vengono ora pronunciati secondo questa regola fonetica: l'ultima vocale della preposizione semplice (de, co, ecc.) diventa la stessa vocale dell'articolo che segue, e che ha perso la "l".
Di conseguenza, della sposa è ora da'a sposa, nelle strade suona come ne'e strade, nello spazio diventa no'o spazzio, ecc. ecc.
Notare che la doppia vocale è pronunciata senza interruzione nella voce, come un'unico suono molto lungo.
 
Tre vocali all'interno di una medesima sillaba non sono compatibili con la pronuncia romanesca, che ama i suoni cadenzati, e che quindi interviene sui dittonghi e i trittonghi accorciandoli o alterandoli di conseguenza: miei, tuoi, suoi, divengono rispettivamente mia, tua o tui, sua o sui: i libri tuoi diventa li libbri tua (o tui); i miei parenti diventa li parenti mia; ecc.
Talora la regola viene applicata anche ai plurali nostri e vostri (più per associazione fonetica con i precedenti che per reale difficoltà di pronuncia): i soldi vostri diventa li sordi vostra (ma anche più spesso viene lasciato nella forma vostri ).
Altri vocaboli contenenti sillabe con tre vocali vengono corrotti eliminandone una, in genere l'ultima prima dell'accento, come in aiuola, che diventa aiòla, o in puoi, che diventa pòi; oppure il vocabolo viene parzialmente modificato: bue, buoi diventa bove, bovi; ecc.

Alcune volte anche due sole vocali vengono spezzate, se il loro suono è molto diverso (ad esempio i dittonghi "...au...", "...io...", ecc.), mediante l'inserimento di una consonante: paura diventa pavura, Paolo diventa Pavolo, piòlo diventa spesso piròlo, ecc.
Infine, in qualche caso dal dittongo viene rimossa la vocale non accentata: miele diventa mèle, ecc.; ma ciò non avviene spesso: ad esempio piede, bianco, fiato, ecc. restano tali.
(cfr. anche il successivo paragrafo CAMBIO DI "I" CON "R")
 
Er Chirichetto d'una sacrestia
sfasciò l'ombrello su la groppa a un gatto
pe' castigallo d'una porcheria.
-- Che fai? - je strillò er Prete ner vedello
-- Ce vò un coraccio nero come er tuo
pe' menaje in quer modo... Poverello!...
-- Che? -- fece er Chirichetto -- er gatto è suo? --
Er Prete disse: -- No... ma è mio l'ombrello!-
 

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Giulietto mi ha fatto anche venire in mette la doppia/tripla B :

Aerobbbica, Ubbicazzzione (anche con doppia/tripla Z) :lol: :lol: :lol:
 
Il oro dialetto riflette la loro personalità: socievolissimi e senza tanti pprobbblemi.
Secondo me ogni dialetto riflette le caratteristiche di un popolo. Quello Veneto infatti sembra ingenuo e servile... Infatti in tutti i film la cameriera del milanese ricco è veneta :D
I vicentini mangiano Er gatto.
 
Fabio ha detto:
Il oro dialetto riflette la loro personalità: socievolissimi e senza tanti pprobbblemi.
Secondo me ogni dialetto riflette le caratteristiche di un popolo. Quello Veneto infatti sembra ingenuo e servile... Infatti in tutti i film la cameriera del milanese ricco è veneta :D
I vicentini mangiano Er gatto.
Grazie Admin ...
 
:lol: :lol:
 

Allegati

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Piccole lezioni:

Forme di saluto:
BAMBULESH/CIARDA/CIOOO/SCIAO: forma di saluto introduttivo
COME T’ANTITOLI?: qual e il tuo nome di battesimo?
COME T’ARZA?/COME TE BUTTA?: come ti va la vita?
SARIBBECCAMO/SARISDRAIAMO/SARICABARDAMO: forma di saluto e di congedo
SE SEMO VISTI: forma di congedo
BELLA…: forma di saluto a cui generalmente fa seguito il nome del salutato

Notazioni meteorologiche
GIRA VOCE/CORRE MITO CHE FA FREDDO: e giunta notizia che la temperatura e notevolmente bassa
TIRA ‘NA GIANNA/GIANNELLA/CE SE PUZZA DAR FREDDO: il clima e rigido ed insopportabile
ME STO A CACA’ ‘N MANO DAR FREDDO: la temperatura si e notevolmente irrigidita
SENTI CHE BROCCA: esclamazione volta a far notare la particolare rigidità del clima

Unita di misura monetarie
‘NA PIOTTA (PAIOT): unita di misura monetaria corrispondente a 1 euro o 100 euro
‘NA FELLA: unita di misura corrispondente a 50 euro
UN MILLANTE/UN SACCO: unita di misura corrispondente a 1 euro
‘NO SCUDO: unita di misura monetaria corrispondente a 5 euro
‘N BOCCOLONE/’N TESTONE/’NA BRANDA/’NA FRONDA: unita di misura pari a 500 euro

Comunque, la cosa più divertente sono le minacce e gli insulti. Mai come a Roma ho sentito la gente insultarsi e minacciarsi con una foga e una fantasia inarrivabile... Una volta ho sentito uno dire ad un altro, per dargli dello jetttaore: AHO', SE TE VEDE LA MORTE SE GRATTA!!! :lol:
Un altro tizio, in un ingorgo, a uno che continuava a suonare "Ahò, perché nun soni in mezzo alle cosce della tu' moglie che cce stà più traffico?" :lol:
 
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